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Impresa & Stato n°36

RAPPRESENTANZA DEI CONSUMATORI E REGOLE
DEL MERCATO

di
EMMA BONINO

Nel nuovo Consiglio camerale i consumatori realizzano la loro prima presenza nelle istituzioni. L'Italia è l'unico Paese senza una legge-quadro, necessaria per attuare le politiche europee sui consumatori.

La riforma delle Camere di Commercio in Italia ha permesso di portare una nuova attenzione al problema del coinvolgimento equilibrato di tutte le forze del mercato nei centri di gestione e decisione degli interessi economici.
Mi capita spesso di ripetere che «il mercato ha due gambe»: produttori di beni e servizi da un lato, e consumatori e utenti dall'altro. Pur nella mia ottica liberale che mira a un mercato nazionale ed europeo liberi da lacci e lacciuoli, ritengo che sia compito delle istituzioni garantire un sistema trasparente di regole che permettano un incontro equilibrato tra i leggittimi e rispettivi interessi delle due parti, o delle due "gambe". Da qui l'importanza di una crescita politica e democratica della presenza di rappresentanze organizzate dei consumatori nel processo decisionale e di sorveglianza del funzionamento delle regole del mercato stesso.

PIU FORTE LA RAPPRESENTANZA
DEI CONSUMATORI IN EUROPA
Nella maggior parte dei contesti sociali i consumatori non tendono particolarmente a organizzarsi in associazioni o gruppi. Nella Comunità europea si stima che circa 4 milioni di cittadini siano membri di associazioni dei consumatori. Poiché i gruppi più organizzati si trovano nei Paesi settentrionali dell'Unione europea, la Commissione europea continua ad adoperarsi per rafforzare il movimento nei Paesi meridionali, dove tradizionalmente è esigua la presenza di una struttura a favore dei consumatori.
Il sostegno finanziario alle organizzazioni dei consumatori e alle Regioni è ancora molto basso in tutta l'Europa del Sud. Di conseguenza, ritengo essenziale mantenere e aumentare il sostegno della Commissione per garantire uno sviluppo a breve e medio termine del movimento dei consumatori in questi paesi. Per fare ciò, tuttavia, lo strumento del bilancio comunitario non ha l'ordine di grandezza necessario per garantire l'obiettivo prefisso.
Per la politica dei consumatori in tutti i suoi aspetti, infatti, disponiamo di soltanto 19milioni di Ecu (bilancio 1997). Anche gli Stati membri dovranno quindi fare una loro parte, in complemento all'azione comunitaria.
La Commissione ha modificato ancora una volta i suoi rapporti di consultazione con i consumatori ed è stata in grado di produrre una situazione in cui il nuovo Comitato dei consumatori si compone sostanzialmente di rappresentanti nazionali di organizzazioni concretamente attive in ogni Stato membro. Tale miglioramento si aggiunge all'accesso a cinque organizzazioni europee strutturate sulla base del Mercato interno (Beuc, Cofce, Eiica, Eurocoop, Etuc).
Inoltre, la Commissione si avvale sempre più delle tecniche di ricerche di mercato per studiare le abitudini e gli atteggiamenti dei consumatori europei. Con tale strategia è possibile integrare i pareri espressi dai rappresentanti dei consumatori, permettendo pertanto il raggiungimento di un migliore equilibrio in sede di processo decisionale comunitario. Ancora, abbiamo adottato un approccio più strutturato alla partecipazione dei rappresentanti dei consumatori all'attività di standardizzazione (Cen/Cenelec). Il finanziamento dell'Anec, un consorzio di organizzazioni dei consumatori, per coordinare e gestire i contributi del consumatore agli specifici comitati europei di normazione, offre finalmente la prospettiva di una partecipazione reale.

ITALIA, CONSUMATORI IN ATTESA DI UNA LEGGE
Dall'inizio del mio mandato non ho mai mancato di sottolineare l'anomalia italiana, unico Paese a non avere una legge-quadro nazionale sulla protezione dei consumatori e sul riconoscimento delle associazioni. I buoni esempi non mancano: anche gli Stati membri del Sud Europa, pur conoscendo la stessa situazione di scarsa rilevanza politica della protezione dei consumatori e di debolezza relativa delle associazioni, si sono di fatto dotati di una moderna legislazione in materia: tra gli ultimi esempi la Grecia, che dispone di una legge modernissima. Essenzialmente, a livello degli Stati membri, due sono i diversi approcci per il riconoscimento delle associazioni: o il modello tedesco, in cui la verifica della "rappresentatività" dell'ente rappresentante i consumatori è rimessa al giudice (quindi ex post), oppure il modello "francese", secondo il quale l'autorità amministrativa predispone ex ante liste ufficiali di organizzazione rappresentative, a livello nazionale o locale. Non ho intenzione di entrare nel dibattito sul merito dei due approcci, dato che si tratta tipicamente di un aspetto in cui gli Stati membri hanno piena competenza e la Comunità può soltanto riconoscere quanto da essi stabilito. Voglio solo sottolineare che, spesso, il meglio è nemico del bene e che l'esigenza che anche l'Italia si doti finalmente di una legislazione in merito è ormai urgente e irrinunciabile. L'urgenza deriva sia dalla necessità di definire i criteri per il riconoscimento delle associazioni sia, ancora di più, dalla necessità che il ruolo dei consumatori nella partecipazione al processo decisionale e legislativo nazionale sia riconosciuto e codificato. Ho notato con molto piacere che, in questi ultimi due anni, sempre più le associazioni hanno saputo far sentire la loro voce (soprattutto se e quando parlavano insieme), e che Governo, Enti e istituzioni hanno voluto e saputo consultarle: ma questa possibilità non deve essere lasciata solo alla buona volontà, deve anche essere riconosciuta per legge. Ritengo che l'approccio adottato nella riforma delle Camere di Commercio sia un eccellente primo passo nella direzione giusta.
Inoltre ho constatato con interesse nella recente ricerca del Censis sul "ritratto del consumatore italiano" come sia stato rilevato un "crescente bisogno di tutela organizzata" presso i cittadini/consumatori e come quasi il 40% del campione interrogato si sia dichiarato disponibile a sostenere finanziariamente una associazione. Esiste pare ormai una domanda effettiva che potrà essere canalizzata e soddisfatta da un'offerta efficace di rappresentanza e servizio da parte delle associazioni dei consumatori. Siamo quindi forse al momento giusto per il famoso salto di qualità: le associazioni hanno dimostrato l'intenzione e le capacità di lavorare insieme, è dunque il momento opportuno di riconoscerne formalmente il ruolo.
Senza contare che questo riconoscimento è essenziale per l'applicazione della legislazione europea in materia di politica dei consumatori, in particolare per la direttiva, da me recentemente proposta, sull'accesso dei consumatori alla giustizia e le azioni inibitorie. Non solo infatti il riconoscimento sarà essenziale al momento in cui la direttiva in questione sarà approvata e applicata, ma anche ora, in sede di discussione al Consiglio, vari Stati membri rifiutano di progredire nel dibattito sino a quando l'ultimo di loro non avrà eliminato questa carenza. È logico: la direttiva prevede il "mutuo riconoscimento delle associazioni", da un Paese all'altro; prima di impegnarsi in questo senso, gli Stati membri chiedono delle garanzie. A oggi, purtroppo, l'Italia non è in condizioni di fornirne.
Sono da sempre fautrice di un approccio "trasversale" della politica dei consumatori, che deve diventare parte integrante delle altre politiche.
Perché ciò accada, è necessario far crescere informazione, sensibilizzazione, consapevolezza dei consumatori e assicurarne la rappresentanza democratica. Sono certa che la struttura camerale creerà degli ottimi presupposti in questo senso.