vai al sito della Camera di Commercio di Milano

Impresa & Stato n°36

IL NUOVO VOLTO
DELLA CAMERA DI COMMERCIO

Il nuovo Consiglio camerale dovrà essere capace di valorizzare le posizioni e le istanze culturali maturate nel rapporto con le associazioni

di
MICHELE PORCELLI

Si apre, con la costituzione del Consiglio camerale, una delle fasi più significative del nuovo volto della Camera di Commercio: quello della formazione dei suoi organi di governo.
La crucialità del momento e il carattere di novità dell'organo sono resi evidenti dall'ampiezza delle riflessioni e delle aspettative che intorno a esso si vanno delineando.
Un dibattito che in qualche caso - assumendo un rilievo di portata ben diversa - arriva addirittura a travalicare l'ambito stesso dell'operatività della Camera, fino ad abbracciare in un unico "ragionamento" i progetti e le ipotesi di riforma delle istituzioni locali.
Mentre, all'estremo opposto, si tende a concentrare più strettamente l'attenzione - anziché sul ruolo delle Camere nella loro ricca articolazione - su quello del Consiglio, quasi dimenticando che esso è uno degli organi di governo della Camera, anche funzionale alla costituzione degli altri - Giunta e Presidente - che sono complessivamente responsabili, assieme alla struttura burocratica, dei compiti e del funzionamento della Camera stessa.

ESPERIENZE DA CONSOLIDARE
È stato rilevato in diverse occasioni che molti aspetti della Legge n. 580 riprendono e sistematizzano, nei princìpi e nelle regole, quella che è stata ed è l'esperienza operativa della Camera di Milano: credo che questa "rispondenza" indichi la prospettiva giusta per guardare al ruolo del prossimo Consiglio camerale.
Un ruolo che è indicato in modo netto dalla legge: luogo di determinazione dell'indirizzo generale della Camera stessa, di deliberazione del bilancio, di base elettorale degli altri organi e di predisposizione dello statuto. Quest'ultimo sarà il compito peculiare del primo Consiglio. Rispetto a questa azione, come rispetto alla determinazione degli indirizzi generali, sarà decisiva la capacità di trasferire nel Consiglio le posizioni e le istanze culturali maturate in questi anni nei rapporti tra Camera e realtà associative. L'obiettivo da perseguire è che il Consiglio esprima il momento di definitiva sistematizzazione e messa a frutto di quanto è stato costruito fino a oggi; il rischio da evitare è quello di considerare questa fase come una sorta di momento zero, che non riconosca il vissuto di questi anni. Un rischio che a Milano sarebbe particolarmente grave, perché particolarmente preziosa - per il processo di costruzione del ruolo del Consiglio camerale - è l'esperienza maturata e consolidata fin qui.
Soprattutto, sarebbe negativo avanzare soluzioni che enfatizzino impropriamente il ruolo del Consiglio, quasi dimenticando gli scopi complessivi e gli altri organi della Camera. Pensare a gestioni assemblearistiche, attribuirgli ruoli ed enfasi impropri e non previsti dalla legge, vorrebbe dire rendere quest'organo un ambito difficilmente governabile in termini di operatività e, sul piano formale, farne un "luogo" dalla fisionomia incerta.
È bene, allora, riaffermare due presupposti "di fatto". Da un lato, la missione fondamentale delle Camere, che le vede chiamate a "svolgere funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese" e a svolgere le funzioni amministrative e relative al mercato che sono loro proprie: una missione, del resto, che la Camera di Milano persegue con determinazione ed efficacia. Dall'altro l'esigenza, innegabile e urgente, di rendere il nostro territorio competitivo con quelle aree che presentano valide alternative di investimento e sviluppo d'impresa; aree che, nel tempo, tendono a essere sempre più numerose.

EFFICIENZA DELLA P.A.
LA SFIDA CRUCIALE
Circa il primo aspetto, Assolombarda ha sempre condiviso e sostenuto le politiche della Camera che ponevano al primo posto l'obiettivo di essere vera ed efficace Pubblica amministrazione per l'impresa. Un compito impegnativo, che in una realtà pur complessa come Milano è fronteggiato positivamente: un modus operandi a cui di fatto la nostra Camera deve la sua posizione di punta rispetto ad altre amministrazioni, quanto alle dimostrazioni date - nei limiti consentiti da un contesto normativo ancora vincolante - di capacità di riformare la propria organizzazione e di adattarsi alle esigenze d'impresa.
Per questo continuiamo a vedere nella Camera un apripista ideale nelle operazioni di snellimento, sburocratizzazione, facilitazione dei rapporti tra impresa e universo degli adempimenti amministrativi. È un ruolo che essa, meglio di altri, può svolgere in modo efficace, tanto più quanto più saprà orientarsi verso un utilizzo diffuso e pervasivo dei supporti informatici, per il proprio funzionamento interno e nel rapporto con le imprese.
E proprio questo tema - l'efficienza della Pubblica amministrazione e l'impegno diretto per raggiungerla - è verosimilmente la sfida più importante alla quale la Camera non può non candidarsi. Ed è, nello stesso tempo, uno dei grandi temi di interesse generale rispetto ai quali il coinvolgimento delle associazioni nel Consiglio della Camera potrà essere spunto e strumento per aggregare esigenze e ipotesi di soluzione. Quali, poi, gli interventi da attivare per rispondere all'esigenza di rendere competitivo il territorio? Su quali fronti? Lo sviluppo economico, innanzitutto, e l'impegno per le grandi infrastrutture e per i servizi alle imprese.
Sul fronte delle infrastrutture e dei servizi, tradizionalmente le realtà associative riportano alla Camera l'espressione di esigenze ben definite, e a essa indirizzano stimoli progettuali e operativi concreti: rispetto a queste sollecitazioni, sotto il profilo metodologico le modalità di intervento già sviluppate dalla Camera di Milano, con una struttura ad holding fatta da aziende speciali, sembrano idonee a rispondere in modo adeguato.
Anche in questo caso, l'obiettivo di riferimento è la competitività. E il sostegno alla competitività, in una realtà come Milano, si realizza collocando i servizi della Camera, in stretta intesa con le associazioni, su quei terreni nei quali il mercato non ne genera. Per questo è importante, per una struttura come quella camerale, svolgere le proprie iniziative anche mantenendo un'attenta osservazione di quelle sviluppate da altri attori.
Il rischio di dar luogo a una "duplicazione di offerte" è tanto più elevato quanto più è ampio lo sviluppo del mercato del terziario sul territorio: a Milano, evidentemente, è altissimo.

ASSOCIAZIONI
RUOLO DA VALORIZZARE
Si delinea quasi automaticamente, allora, un'altra "linea guida" rispetto alla quale posizionare il ruolo del futuro Consiglio camerale: aggregazione di diverse realtà, non come spunto per una moltiplicazione di strumenti specialistici, ma come possibilità di individuare e utilizzare, a beneficio di interessi collettivi, specifiche esperienze, realtà, competenze.
In questo modo, il disegno va prendendo forme sempre più chiare e definite. Da un lato, un futuro Consiglio che potrà utilmente trovare un ruolo efficace nella impostazione e nella metodologia di lavoro consolidate in questi anni dalla Camera. Dall'altro, una responsabilità e una funzione ben definita per le associazioni che, per ruolo e per storia, hanno contribuito maggiormente a rafforzare il legame tra Camera di Commercio e realtà dell'impresa.
Un'esperienza e un ruolo che dovranno trovare una valorizzazione adeguata, non solo in tutti gli organi di governo della Camera di Commercio, ma anche e principalmente nello statuto.
Esso dovrà sancire e formalizzare il fatto che la Camera trova il suo collegamento con le imprese per il tramite delle associazioni. Ipotesi che prevedessero una emarginazione delle associazioni, o addirittura uno stravolgimento della situazione attuale, comprometterebbero gravemente la possibilità della Camera di svolgere il proprio compito, col grave rischio di trasformare i suoi organi in luoghi di dispute particolaristiche.