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Impresa & Stato n°36

PER LE IMPRESE, UNA NUOVA
STATUALITÀ EUROPEA

di
PIERO BASSETTI

Con i nuovi Consigli si compie la trasformazione delle Camere di Commercio. Quali strategie, quale ruolo delle associazioni, per esprimere la natura delle Camere di Commercio di autonomia funzionale al servizio delle imprese.
Il nuovo modello di stato nell'epoca della
glocalization.

Proprio in questi giorni si porta a compimento una fase fondamentale del lungo processo di trasformazione delle Camere di Commercio, iniziato con l'autoriforma, proseguito grazie all'impulso della Legge 580, e culminante con l'insediamento dei nuovi Consigli, i membri dei quali sono designati direttamente dalle associazioni imprenditoriali, dei lavoratori e dei consumatori, secondo le modalità del Dpr 501.
Non è dunque un caso se Impresa & Stato, che di questa trasformazione è stata, negli anni, non soltanto testimone ma fra i diretti e più attivi protagonisti, dedichi questo numero a ospitare un dibattito che registra i punti di vista di chi, nel mondo delle imprese come in quello delle istituzioni, da questa trasformazione è coinvolto direttamente - in quanto partecipe dei nuovi organi di governo camerali - o lo potrà essere in quanto, come noi auspichiamo, i risultati di questo processo di cambiamento contribuiscano a costituire un innesco, o quanto meno un paradigma esemplare, di una più vasta revisione delle forme della statualità. Revisione da fondare principalmente sui principi della sussidiarietà, del pluralismo istituzionale e della nuova costituzione europea, e che dunque affianchi ai tradizionali meccanismi della rappresentanza politica territoriale quelli nuovi di tipo "funzionale" e meta-nazionale, gli unici oggi capaci di dare una risposta efficace alla nuova domanda di rappresentanza espressa dal mondo degli interessi. Una risposta che deve infatti tener conto delle complesse problematiche poste nel nostro Paese da una popolazione di imprese senza eguali nel mondo per numero e densità, nate nel locale ma vocate al globale, sempre meno disponibili a valutare il rapporto con lo Stato se non in termini di costi-benefici, sempre più libere nella scelta della propria localizzazione direttiva, produttiva, fiscale, e mai quanto oggi tentate dalle possibilità di sperimentare relazioni con la sfera pubblica più convenienti e soddisfacenti scegliendo - su un ventaglio europeo se non già mondiale - fra amministrazioni locali, regionali, statali, in competizione per assicurare ai propri territori i benefici degli investimenti produttivi. Proprio sulla base di analisi siffatte la Camera di Commercio milanese e questa rivista diedero vita negli anni scorsi a un laboratorio insieme di teoria e di prassi - probabilmente unico in Italia - che ha accompagnato e stimolato la riforma delle Camere, sviluppando un confronto di idee, proposte e iniziative estremamente ricco, e giungendo nella sua fase più avanzata a identificare il tema delle "autonomie funzionali" (al quale non a caso è stato dedicato ampio spazio sugli ultimi numeri di Impresa & Stato) come tema centrale per l'avvio di processi di cambiamento verso una nuova statualità, sul quale è appunto in pieno svolgimento una discussione in tutte le sedi politiche implicate dal progetto delle riforme istituzionali.
Ne è sortito un dibattito articolato ma sostanzialmente concorde sulla valutazione che solo per questa via i processi di riforma possono superare il rischio di impasse fra il vecchio centralismo ormai a pezzi e le tentazioni di risolverne le contraddizioni attraverso misure di mero decentramento burocratico-territoriale.
Non è infatti con soluzioni minimalistiche (ma non per questo destinate a incontrare minori resistenze nella loro realizzazione) palesemente inadeguate rispetto sia alle questioni strutturali - ricostruire il "patto politico" con i cittadini, in particolare con quei cittadini molto speciali che sono le imprese - sia a quelle più contingenti, che si può tentare di quadrare il cerchio fra risanamento dei bilanci pubblici e rilancio dell'attività economica e dell'occupazione; che si puòrendere l'Italia più accettabile a una Europa che tende sempre più a dividersi fra "ins" e "outs", e commisura al proprio livello di diffidenza il prezzo della partecipazione degli "outs" ai processi di integrazione. In questo contesto si colloca temporalmente il compimento della trasformazione della Camera di Commercio, rappresentato dal cambiamento dei suoi organi di governo, ora legittimati da processi di selezione democratici. Con questo passaggio termina la fase "illuministica" di una lunga stagione autoriformatrice guidata da una classe dirigente del sistema camerale che ha interpretato e tradotto in azioni e iniziative la domanda e gli interessi delle imprese.
Con l'insediamento dei nuovi Consigli il frutto ormai maturo della riforma viene consegnato nelle mani dei rappresentanti delle imprese e delle loro associazioni affinché siano essi a decidere direttamente e con piena responsabilità gli indirizzi strategici della Camera nell'interesse dell'intera business community.

CDC E NUOVE AUTONOMIE FUNZIONALI
Ciò comporta, evidentemente, un mutamento di prospettiva che riguarda sia il lato interno che quello esterno dell'istituzione camerale. Se infatti fino a oggi la Camera di Commercio era, prevalentemente, un pezzo di Amministrazione pubblica che guardava all'esterno, verso le imprese, ora è una istituzione dal cui interno le imprese, tramite le loro associazioni, guardano verso l'Amministrazione pubblica, lo Stato: quello nazionale da trasformare, quello europeo quasi tutto da costruire. Le associazioni delle imprese, facendo il loro ingresso nella Camera di Commercio, divengono ora dirette protagoniste di una fase evolutiva e di profonda trasformazione dell'assetto istituzionale della tradizione politica del Paese. Il sistema delle Camere di Commercio, in quanto rete di istituzioni incaricate della cura degli interessi delle imprese e del mercato, collocate, nell'ordinamento e nella organizzazione dello Stato, al di fuori delle tradizionali relazioni esistenti fra i diversi organi di rappresentanza fondati sul territorio, è già parte a pieno titolo di quelle istituzioni definite "autonomie funzionali".
Siamo oggi nel pieno della discussione sul ruolo e la funzione delle autonomie funzionali nel quadro istituzionale del nostro Paese. Per la prima volta nella storia dell'evoluzione dei sistemi costituzionali democratici - non solo in Italia - è stato introdotto nell'ordinamento, con una legge dello Stato, il concetto di autonomia funzionale, come istituto che si affianca a quello tradizionale delle autonomie locali, ponendo complessi problemi di riconfigurazione generale del sistema giuridico e di ridefinizione delle relazioni fra i diversi segmenti istituzionali. Ma proponendo anche, e in modo ancora più pregnante, l'elemento innovativo di un sistema istituzionale che prende atto, per la prima volta, del problema di raccordare economia e istituzioni politico-amministrative nell'epoca storica della società complessa e del primato della teknè. Una complessità che significa struttura policentrica e poliarchica, sistemi di regole per la governance anziché tecniche di government; una teknè radicata nell'autonomia delle conoscenze e competenze delle nuove professioni e di nuovi ceti professionali globali, capce di ridurre se non ancora di annullare le barriere spazio-temporali che fondavano confini e competenze dei vecchi Stati nazionali.
Ecco perché la discussione attualmente in atto sulle autonomie funzionali risulterebbe arretrata e inadeguata se non partisse dal riconoscimento del nuovo dato di fatto, sinteticamente definito dal termine glocalization come intreccio di processi globalizzanti e autonomistici, che accerchiano ed erodono i presupposti della sovranità degli Stati.
La fine del rapporto univoco istituzioni-territorio pone in termini completamente nuovi e diversi i problemi della libertà e della rappresentanza democratica, del governo degli interessi, ed esige un nuovo disegno di Stato che sappia unire in una matrice efficiente istituzioni fondate sulla rappresentanza territoriale e istituzioni fondatesulla rappresentanza funzionale. In questo processo, certamente non breve, il sistema delle Camere di Commercio potrà svolgere appieno il suo ruolo se saprà posizionarsi rispetto al sistema istituzionale, consolidando il principio della complementarità (e non della alternatività) tra autonomie funzionali e autonomie territoriali, tra governo della funzione e governo del territorio. Sarà questo uno dei compiti più delicati e complessi che i nuovi Consigli dovranno affrontare.

CDC ADEGUARSI ALLA GLOCALIZZAZIONE
Su un altro piano, il nuovo Consiglio dovrà affrontare il tema strategico della collocazione della Camera, quale componente di un complesso sistema a rete che già ora si estende sulla dimensione globale, nel nuovo scenario economico-politico caratterizzato dalla dinamica della "glocalizzazione", cioè dalla doppia spinta verso la dimensione globale (Europa, Mondo) e quella locale (federalismo, distretti produttivi, ecc.). I maggiori benefici per le imprese saranno colti se il sistema camerale saprà sempre meglio qualificare il proprio ruolo nel senso dell'autonomia e della cooperazione nei confronti di tutti gli altri soggetti che agiscono in tali processi e delle altre istituzioni.
Per il sistema camerale, in altre parole, il dialogo con la regione e quello intessuto con Madrid, Trieste o Bruxelles non dovrà porsi come alternativo. La Camera di Commercio, esattamente come le imprese che rappresenta, dovrà continuare ad affondare le proprie radici nell'economia locale ma contemporaneamente saper sviluppare capacità di proiezione globale.
Il sistema delle Camere di Commercio dovrà dunque saper rispondere alla domanda di servizi e di rappresentanza politica espressa dalle imprese e dalle associazioni organizzandosi per filiere funzionali, su scala locale, nazionale, europea e globale, senza schematismi rigidi e senza idiosincrasie. E questa capacità organizzativa potrà crescere proprio grazie alla sua configurazione di sistema a rete, acentrico e asimmetrico, strutturato su molteplici livelli territoriali.
Rispetto a questi, e con riferimento al complesso intreccio di funzioni che su di esso si sviluppano, particolare attenzione dovrà essere posta al livello della città metropolitana, per la rilevanza che i grandi nodi urbani stanno assumendo nella redistribuzione planetaria dell'economia globalizzata come sistema di hubs nei quali tendono a concentrarsi in modo privilegiato le funzioni più pregiate e innovative del tessuto produttivo, costruendo una nuova configurazione delle gerarchie dei sistemi territoriali.

POLITICHE PER IL SISTEMA ECONOMICO-SOCIALE
Proprio qui può assumere un peso importante il valore aggiunto della futura Camera di Commercio, grazie alla sua specificità, vale a dire alla sua natura di istituzione funzionale, complementare alle altre istituzioni, operante a rete, interconnessa con i nodi strategici dell'economia mondiale, capace di rispondere sia alle esigenze di rappresentanza istituzionale che le imprese e le loro associazioni esprimono, sia alla domanda di iniziative specifiche a supporto della crescita del sistema imprenditoriale.
Un'impronta peculiare, data in anni di lavoro del sistema camerale, è infatti la sua capacità di servire le imprese non solo attraverso la promozione dello sviluppo, ma anche espletando in modo innovativo il proprio ruolo istituzionale, amministrativo e di monitoraggio del mercato. Ma il presupposto di un siffatto ruolo è che la Camera di Commercio compiutamente abbandoni il modello garantista tipico della Pubblica amministrazione per immedesimarsi, viceversa, con la cultura del servizio, e sottoporsi alla stessa logica dell'efficacia e dell'efficienza che vale nel mondo dell'impresa, capace quindi di essere, anche qui, caso e paradigma di riforma dello Stato.
La nuova Camera di Commercio, infine, dovrà caratterizzarsi ancora di più secondo il principio di sussidiarietà, rafforzando da un lato l'articolazione e il raccordo tra i soggetti privati, così da favorirne la crescita, e dall'altro lato lavorando per stimolare lo sviluppo dell'offerta di servizi là dove essi possono essere prodotti ed erogati nel modo più economico e utile all'utente. Ecco perché, per esempio, con l'operazione "pre-sportello" la Camera milanese sta portando i servizi presso le associazioni, tramite naturale fra Camera e imprese. Tutto questo potrà realizzarsi nel modo più soddisfacente per gli interessi delle imprese se esse, tramite le loro associazioni, sapranno approcciare il loro nuovo ruolo di governo della Camera con la più elevata sensibilità ai caratteri specifici di questa istituzione, che non è una semplice "agenzia" a cui fare richieste corporative, ma un luogo in cui operare non solo un'integrazione operativa, su progetti e proposte il più possibile intersettoriali, ma anche politica dei vari settori.
Se fino a oggi il ruolo della Camera di Commercio era soprattutto quello di trovare le vie più efficaci per rendere questo segmento di Pubblica amministrazione funzionale alle richieste delle imprese, adesso sono le imprese che, attraverso le associazioni, devono porsi il problema di come organizzare le proprie richieste e i propri bisogni in modo coerente con la natura di istituzione della "loro" Camera.
E dipenderà dal livello di coerenza che sapranno raggiungere, dalla qualità della sintesi che sapranno operare fra i molteplici interessi particolari, se - evitato il pericolo di una riduzione corporativo-settoriale - potrà crescere la capacità di tradurre tutto ciò in politiche generali a favore del sistema produttivo, dell'economia e della società italiana.
Solo a questa condizione l'esperimento innovativo che il sistema delle Camere di Commercio ha fino a oggi costituito nell'ambito del processo di riforma della Pubblica amministrazione e dello stato sfrutterà a pieno le sue potenzialità, e risulterà fecondo nel far nascere nuove modalità di rapporto fra imprese e nuova statualità europea.