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Impresa & Stato n°34

CONCILIAZIONE

Artigiani:
i costi della "dis-giustizia"


14.000 miliardi persi ogni anno:
questo il costo della burocrazia per le PMI.
E il punto più dolente è quello della giustizia: durata dei processi e procedure fallimentari.

di
IVANO SPALANZANI

Le piccole imprese subiscono, oltre a tutti i vincoli e costi "da burocrazia" (oltre 14.000 miliardi, con i quali si potrebbero creare 200.000 posti di lavoro), anche le conseguenze dell'inefficienza della giustizia civile e dell'eccessivo numero di processi accumulatisi nel corso degli anni.
I dati emersi da una recente indagine di Confartigianato sul fenomeno dei crediti insoluti sono, a questo proposito, estremamente significativi: ogni anno, gli artigiani rinunciano a recuperare ben 3.500 miliardi dai clienti e dai committenti a causa soprattutto dei tempi lunghi della giustizia e degli alti costi di un'azione legale.
Le disfunzioni della macchina burocratica impediscono così al cittadino-imprenditore di esercitare i propri diritti, oltre a sottrargli risorse preziose per svolgere la propria attività, per effettuare investimenti, per creare occupazione e sviluppo. Ora le imprese artigiane hanno finalmente un'arma per difendersi dai cattivi pagatori e dall'inefficienza del "pubblico": possono cioè avvalersi della facoltà di chiedere il decreto ingiuntivo, come previsto nella legge di riforma del processo civile, la n. 534 del 20 dicembre 1995. In questo modo viene sanata una palese discriminazione a danno degli artigiani che, d'ora in poi, sulla base dell'emissione della fattura potranno chiedere all'autorità competente (Giudice di pace o pretore) il provvedimento d'urgenza nei confronti dei debitori.
Anche le procedure fallimentari non sono immuni dalla lentezza, dagli eccessi burocratici, dalle contraddizioni normative che caratterizzano il funzionamento della Pubblica amministrazione. Pochi mesi fa, nel corso di un convegno organizzato da Confartigianato a Genova sul tema "Fallimento: il danno e la beffa", abbiamo presentato una ricerca dalla quale emerge che in Italia la durata media di un fallimento va dai 4 ai 7 anni, ma in alcune zone si può arrivare anche a 10 o addirittura a 20 anni.
La complessità e i tempi della burocrazia si fanno pagare cari dagli imprenditori. Infatti dopo una lunga attesa, non vi è nemmeno la certezza di recuperare i propri crediti, visto che solo il 3,5% dei fallimenti si chiude con il pagamento integrale dei debiti.
Se il problema riguarda tutto il sistema imprenditoriale, a essere maggiormente penalizzato è l'imprenditore artigiano che, per quanto riguarda il fallimento, si trova stretto in una sorta di "tenaglia". Da un lato, a causa di vincoli e ambiguità legislative, non sa cosa potrà accadergli in un momento di difficoltà e se potrà essere escluso dal fallimento. Dall'altro, come creditore di aziende fallite, gli viene in molti casi negato dalla giurisprudenza un diritto, peraltro riconosciuto dalla legge, all'ammissione al credito privilegiato. La conseguenza di questa schizofrenia legislativa si traduce, in molti casi, in danni devastanti per la stessa impresa artigiana creditrice spesso costretta al fallimento a causa del fallimento altrui. Oltre al danno, dunque, la beffa. Senza dimenticare che i tempi biblici per chiudere un fallimento provocano il deperimento delle merci, l'obsolescenza di macchine e attrezzature, cioè il dissolvimento del patrimonio imprenditoriale, con perdite di migliaia di miliardi. Un aspetto paradossale che si scontra con gli interessi sia dell'azienda fallita che del creditore. Non solo: spesso i gravi limiti e i ritardi della burocrazia e della giustizia civile finiscono per alimentare "circuiti specializzati" che approfittano delle situazioni di fallimento. Per sanare questa grave situazione, è indispensabile agire su due fronti. Da un lato, occorre maggiore chiarezza e univocità della normativa e delle sue applicazioni per assicurare una migliore tutela dell'azienda artigiana, nello spirito dell'art. 45 della Costituzione che recita: «la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato». Ai fini dell'assoggettabilità al fallimento, infatti, l'artigianato non può essere definito solo in base a criteri di guadagno o profitto. Questo poiché, a differenza di altri tipi di impresa, la componente lavoro ha una funzione prevalente rispetto al capitale. La ricchezza dell'azienda artigiana sta nella capacità professionale, nella "cultura del fare", nella partecipazione diretta dell'imprenditore al lavoro. L'artigiano, insomma, non può essere assimilato al resto del mondo imprenditoriale. Spesso a un'impresa corrisponde una famiglia. E il fallimento di un artigiano corrisponde al fallimento di una famiglia. Per questi motivi, abbiamo chiesto che siano rimosse le condizioni eccessivamente rigide imposte dalla legge attuale che rendono difficile per l'impresa artigiana utilizzare le procedure concorsuali "conservative" (come l'amministrazione controllata e il concordato preventivo), in modo che l'azienda possa essere aiutata a evitare il dramma (irreversibile) del fallimento. Come del resto avviene per le medie e grandi imprese in crisi per le quali la legge prevede un trattamento di particolare attenzione e di sostegno in funzione del loro risanamento e della protezione dei posti di lavoro.
La nostra seconda proposta riguarda la "patologia" burocratica che finisce per "uccidere" le imprese. Cinque anni di attesa, quando non sono 10 o 20, per chiudere un fallimento corrispondono a un'assurda "condanna a vita" dalla quale non è facile "uscire vivi".
Ecco, allora, l'esigenza di ricostruire l'infrastruttura pubblica all'insegna dell'efficienza e della produttività. Per garantire il rispetto dei diritti dei cittadini "ostaggio" di 200mila leggi e degli "abusi" della burocrazia e assicurare la libertà d'iniziativa economica, è indispensabile semplificare e razionalizzare gli adempimenti, eliminare le norme che ostacolano l'attività imprenditoriale, ottimizzare le risorse e riorganizzare il pubblico impiego azzerando sprechi e privilegi. Abbiamo calcolato che, ogni anno, i cittadini italiani sono costretti a "lavorare" 20 giorni all'anno per ottenere 380 milioni di certificati a causa delle disfunzioni della Pubblica amministrazione e dell'assenza di dialogo e coordinamento tra gli uffici pubblici. Gli imprenditori artigiani, in particolare, sono costretti a far fronte a 292 voci di imposte, tasse, concessioni e accise equivalenti a 60-100 scadenze l'anno, una ogni cinque giorni, un pagamento effettivo ogni 11 che "costano" il 2,50% degli oneri totali dell'azienda. Per muoversi nel labirinto della burocrazia, un'impresa artigiana spende 5 milioni l'anno soltanto per la tenuta delle scritture contabili. Ma non è solo questo. Le stesse imprese perdono 7.000 miliardi in ore/lavoro per pagare in tempo, per ricorrenze, scadenze e per far fronte ad adempimenti spesso inutili. Il disagio degli imprenditori è dunque legato al come si paga, più che al quanto.
Tutto questo per dire che le attuali disfunzioni della macchina burocratica, il complicato rapporto tra cittadini e Pubblica amministrazione non sono indifferenti rispetto a una politica di sviluppo dell'imprenditoria e dell'occupazione.
Gli imprenditori vogliono creare reddito e posti di lavoro, non perdere tempo e denaro a "produrre" milioni di certificati e ad attendere per anni di veder riconosciuti i propri diritti.
Confartigianato, da anni impegnata nella battaglia contro l'"abuso di burocrazia" e per migliorare il rapporto tra Stato e cittadini, ha promosso la costituzione del "Comitato per l'abolizione del certificato inutile", presieduto dall'ex Presidente della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre.
Nel denunciare le disfunzioni dell'apparato pubblico, intendiamo contribuire a semplificare la vita dei cittadini e imprenditori e consentire di destinare allo sviluppo le risorse oggi sprecate per "finanziare" la burocrazia.
Il nostro obiettivo consiste nell'aiutare i cittadini a diventare consapevoli dei propri diritti e a farli valere. Una maggiore coscienza civica è infatti l'arma più efficace per innescare la partecipazione, la denuncia e la proposta costruttiva dei singoli e delle Associazioni.
Ci riterremo soddisfatti se, anche con il nostro impegno, la Pubblica amministazione riuscirà a raggiungere quegli standard di efficienza e di produttività che hanno fatto dell'artigianato e delle piccole imprese italiane un modello apprezzato in tutto il mondo.