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Impresa &Stato n°34

Economia e criminalità a Milano

La diffusione dei comportamenti criminosi si salda alla crisi
del sistema socio-economico, istituzionalizzando i mercati illegali.
Un contributo dell'Osservatorio della Camera di Commercio di Milano.

di
Federico Lasco

La progressiva scoperta da parte della scienza economica della natura imperfetta dei mercati se, da un lato, ha dato centralità, nelle analisi, ai processi di sviluppo delle istituzioni sociali e dei sistemi di regole che governano le transazioni tra gli operatori economici, dall'altro ha spinto a considerare con maggiore attenzione le forme di disfunzione di tali meccanismi di organizzazione dell'economia come potenziali cause di crisi e involuzione dei sistemi socio-economici. La diffusione dei comportamenti criminali, con la loro connotazione puramente coercitiva e violenta e con la loro natura intrinseca di violazione di norme generalmente condivise - non solo di quelle codificate in forme legislativa, ma anche di quelle più profonde radicate nell'etica di una collettività -, costituisce al contempo sia una causa che l'effetto di tali disfunzioni.
Quanto più i comportamenti criminali si diffondono e si organizzano, quanto più trascendono l'ambito della devianza e della marginalità per diventare strumenti per l'ottenimento di obiettivi socialmente riconosciuti (la ricchezza, il consenso, ecc), tanto più forte diviene il nesso di causa-effetto che li lega alla crisi dei sistema socio-economici in cui si diffondono e tanto più pervasivi risultano i circoli viziosi che vi si generano.
La diffusione sui mercati di comportamenti fraudolenti, specialmente se mimetizzati nelle forme organizzative delle attività economiche legali, distruggendo il capitale fiduciario degli operatori, può incidere in maniera determinante sui costi di transazione e sulla stabilità delle relazioni di scambio, in particolare di quelle più complesse e di maggiore valore aggiunto. Al contempo, le opportunità di profitto per chi opera illegalmente sui mercati legali divengono maggiori, quanto inefficiente e costosa risulta l'implementazione delle regole che disciplinano le transazioni e quanto più imperfetti sono i flussi di informazione tra gli operatori, circa la qualità di beni e di servizi e l'affidabilità dei partner.
L'istituzionalizzazione di ambiti di scambio per beni e servizi illegali, mentre si fonda su meccanismi di funzionamento e di regolazione delle transizioni completamente estranei alle regole e alle istituzioni della comunità degli affari, al contempo apre opportunità di impiego delle risorse, circuiti di accumulazione e flussi finanziari in grado di distorcere il corretto funzionamento della concorrenza sui mercati legali. La diffusione di forme di violenza e di criminalità organizzata e finalizzata a obiettivi di arricchimento e potere, mina alla radice il funzionamento delle relazioni di scambio, costituisce un sistema, una vera e propria sovrastruttura istituzionale, per la tutela della proprietà negli ambiti illegali di attività economica. La violenza acquisitiva, interviene direttamente sui sistemi di enforcement dei diritti di concorrenza e le regole dello scambio, facendo sì che l'opzione predatoria risulti, essa stessa, la forma ottimale dell'azione individuale. Nell'area metropolitana milanese, per quanto la vitalità delle sue istituzioni economiche e sociali indichi in maniera incontrovertibile come i processi disfunzionali anzidetti non abbiano ancora intaccato il tessuto dell'economia locale, gli anni '90 hanno registrato, da parte dei principali soggetti istituzionali, una serie di segnali d'allarme che rendono necessario un investimento in termini di monitoraggio e riflessione.
Al di là dell'enfasi, differente per livello e per focalizzazione sulle fattispecie di reato, in funzione dei diversi ruoli e sensibilità istituzionali, il livello dell'allarme sociale risulta essenzialmente focalizzato su quattro tipologie di fenomeni:
1) il grado di sviluppo nell'area dei cosiddetti "mercati illegali", ossia di ambiti di scambio di beni o servizi illeciti "istituzionalizzati" dalla continuità e dall'organizzazione delle transazioni messe in atto dai soggetti economico-criminali che vi operano;
2) la diffusione di comportamenti illeciti, penalmente rilevanti, nell'ambito di relazioni economicamente significative, le quali "normalmente" coinvolgerebbero soggetti legali: tipicamente le transazioni economiche che prendono forma sui mercati legali e le relazioni tra operatori privati e soggetti individuali che gestiscono direttamente, per conto di istituzioni pubbliche, le funzioni di regolazione e controllo dei mercati e le stesse attività economiche (pubblici funzionari, manager di imprese pubbliche, liberi professionisti che esercitano funzioni di pubblico interesse, ecc.) o tra gli stessi operatori privati e soggetti individuali che con modalità e gradi differenti sono in grado di influire sulla gestione di tali funzioni (funzionari di partito, componenti delle assemblee politico-legislative, membri politici degli apparati di governo, ecc.);
3) il livello di sviluppo dimensionale e organizzativo dei comportamenti criminali violenti e di quelli strettamente acquisitivi;
4) il grado di connessione tra le tre fenomenologie criminali precedenti, attraverso lo sviluppo di forme di transazione legale-illegale e la diffusione di attività violente o acquisitive più direttamente correlate alle attività economiche legali e illegali.
La necessità di superare il livello del semplice allarme e di dare un contenuto, in termini di individuazione delle dinamiche in atto nell'universo criminale milanese, alle aree di rischio sopra individuate, può almeno in prima approssimazione essere soddisfatta da una lettura ragionata delle rilevazioni statistiche sulla criminalità - sulla base dell'attività di Magistratura e forze dell'ordine - effettuate dall'ISTAT e da altri enti relativamente alla provincia di Milano e al periodo 1990-94 (includente, nel periodo di riferimento i comuni attualmente parte della provincia di Lodi).

CRESCE LA CRIMINALITA' ECONOMICA
Se all'inizio del quinquennio considerato, le componenti più dinamiche della criminalità milanese potevano individuarsi tra quelle di tipo tradizionale legate alla violenza e ai mercati illegali, nel corso degli anni la progressiva accelerazione della diffusione dei comportamenti penalmente rilevanti nell'economia legale, assieme a un rallentamento generalizzato delle componenti inizialmente più attive, costituiscono le linee portanti della trasformazione in atto.
I reati di cosiddetta criminalità economica (commessi in relazione a transazioni economiche legali tra privati e pubblico/privato), che hanno luogo in ambiti sociali caratterizzati da relazioni economico-politiche istituzionalizzate e normalmente legali, presentano negli anni più vicini un andamento significativamente più accelerato, rispetto all'insieme dei comportamenti criminali - che manifestano comunque un crescente dinamismo. Il numero di reati commessi in relazione a transazioni tra soggetti privati triplica il suo valore nella prima metà degli anni '90, con una brusca accelerazione del tasso annuo di crescita tra il 1991 e il 1992 e un rallentamento molto più contenuto negli anni successivi. Anche per i reati commessi in relazione a transazioni tra soggetti privati e pubblici il periodo tra il 1991 e il 1992 segna una drastica inversione di tendenza. In questo caso il raffreddamento della dinamica espansiva risulta molto più repentino (da un tasso annuo di crescita del 128% si passa a uno del 28% nell'anno successivo, e a un tasso negativo nell'ultimo anno considerato). In complesso nel quinquennio considerato i reati nell'ambito di relazioni tra operatori pubblici e privati raddoppiano il loro numero. La dinamica dei crimini violento/acquisitivi, per quanto significativa, tende progressivamente a raffreddarsi, mentre i reati sui mercati illegali presentano negli ultimi due anni considerati tassi di sviluppo negativi. La dinamica più esplosiva è invece riscontrabile per quei reati (riciclaggio e ricettazione) che trasformano i proventi delle attività illecite in potere d'acquisto sui mercati legali, evidenziando la permeabilità della labile linea di confine tra il sistema della produzione illegale di redditi e il sistema economico legale. Questi reati registrano nel 1994 una quintuplicazione rispetto all'inizio deldecennio: nel 1993 la variazione rispetto al 1990 era pari all'818 per cento. La constatazione di un rallentamento della dinamica del segmento violento/acquisitivo della criminalità milanese sollecita un'analisi più dettagliata mirata a esplorare l'evoluzione organizzativa delle attività criminose assieme al loro livello di complessità e di radicamento nel sistema socio-economico.
Un primo insieme di indicazioni può essere tratto dalla considerazione delle singole fattispecie che compongono l'insieme denominato "Reati corrispondenti a comportamenti violenti e acquisitivi". Prevalgono decisamente, in questo insieme, i comportamenti violenti con finalità esplicitamente acquisitiva. Ma la dinamica più alta è quella dei comportamenti violenti con finalità indistinta. Nel primo gruppo emergono i delitti di danneggiamento a beni materiali (con un picco di crescita del 606% registrato nel 1992) e più in generale i reati di minore gravità (percosse, lesioni personali, danni). Ne risultano due prime indicazioni di massima. Da un lato la necessità di approfondire la natura delle finalità di questi reati: il danneggiamento di cose può ad esempio nascondere minacce a scopo estortivo. Dall'altro la considerazione che la criminalità milanese tende a spostarsi da forme ad alta intensità di violenza (tipicamente gli omicidi) a forme di violenza diffusa ma di minore intensità. Indicazione, questa, confermata anche dall'andamento del secondo gruppo di fattispecie delittuose per il quale si registra una contrazione della dinamica delle componenti più violente. Un discorso a parte meritano l'estorsione, i sequestri di persona a scopo estortivo e di rapina, e l'associazione mafiosa. L'andamento del numero di estorsioni denunciate, prima fortemente crescente e poi stabile, può indicare sia una riduzione della fenomenologia estortiva, sia uno spostamento da forme predatorie ad alto contenuto di violenza diretta verso l'instaurarsi di un regime intimidatorio e di una razionalizzazione delle forme di prelievo. Lo proverebbe anche la stabilizzazione dei reati di danneggiamento e di sequestro di persona a scopo estortivo e di rapina. La minore dinamica dei sequestri di persona rispetto a quella delle rapine segnala l'abbandono di tale attività da parte delle componenti più organizzate ed efficienti della criminalità milanese. Le rilevazioni per alcuni reati delle denunce all'Autorità Giudiziaria da parte delle forze dell'ordine, per quanto disomogenee rispetto ai dati precedenti, confermano l'idea di un processo di razionalizzazione dei comportamenti criminali violenti e acquisitivi. Il trend crescente della quota di omicidi commessi durante furti o rapine sul totale conferma che tale ipotesi di attività criminale stia divenendo appannaggio di soggetti con limitate capacità organizzative. La progressiva riduzione degli omicidi per motivi di mafia rispecchia invece il consolidamento delle forme più evolute e strutturate di criminalità.

ANCHE IL CRIMINE SI RIORGANIZZA
L'analisi dell'evoluzione dei comportamenti acquisitivi dal punto di vista degli obiettivi colpiti evidenzia due tendenze:
1) la progressiva riduzione del peso delle attività acquisitive scarsamente remunerative e rischiose (scippi, borseggi, furti su auto in sosta, in ferrovia e in uffici postali).
2) Una crescita progressiva dei reati di natura predatoria che necessitano di un passaggio intermedio tra l'appropriazione illegale dei beni e la trasformazione della refurtiva in potere d'acquisto (furti in appartamenti, negozi, mezzi di trasporto merci, di autoveicoli e di opere d'arte, rapine nelle gioiellerie e su automezzi pesanti), e di quelli più remunerativi (tipicamente le rapine in banca per le quali l'ABI segnala tra il '93 e il '94 una crescita significativa dell'ammontare medio rapinato nella provincia di Milano e una riduzione del numero di azioni criminali non riuscite).
A completare il quadro delineato contribuisce infine l'accelerazione della dinamica dei reati connessi alle transazioni tra settori illegali e legali (riciclaggio e ricettazione).
Si delineano così tre elementi caratterizzanti:
1) un'evoluzione delle componenti più efficienti e organizzate della criminalità verso forme meno violente e predatorie con un riposizionamento nel settore di intermediazione (riciclaggio e ricettazione) che consente un controllo capillare della cosiddetta microcriminalità.
2) Un aumento dei comportamenti violenti e acquisitivi di tipo diffuso e meno intensivo, humus di incertezza della proprietà e dell'incolumità individuale favorevole al radicarsi di sistemi mafiosi come forme di garanzia alternative a quelle (statali o collettive) normalmente funzionanti nei contesti economici e sociali legali.
3) La crescita in alcuni crimini più violenti di soggetti criminali marginali, meno dotati di capacità organizzative e pertanto meno efficaci nell'esecuzione delle stesse attività criminali.
Le linee di questa ristrutturazione ed evoluzione organizzativa della violenza criminale si evidenziano dai pochi dati statistici disponibili (ben maggiore è la mole di materiale giudiziario prodotto dagli inquirenti) sulla criminalità organizzata di tipo mafioso, che costituisce la forma più evoluta di struttura criminale.
L'importanza crescente (anche se non paragonabile a quella delle regioni di insediamento tradizionale della criminalità mafiosa) della presenza della criminalità mafiosa sul territorio milanese è descritta, anche se solo parzialmente, dai dati relativi alle denunce delle forze dell'ordine. Dai dati più articolati del Ministero dell'Interno emergono con grande evidenza sia la centralità della provincia di Milano rispetto all'area regionale, che il numero elevato di provvedimenti di rilevanza economica (accertamenti patrimoniali, proposte e ordini di sequestro di beni di illecita provenienza).
Le organizzazioni criminali sembrano dunque specializzarsi più nel controllo delle risorse economiche di natura criminale - lo conferma tra l'altro la progressione crescente del valore dei beni sequestrati - che nella gestione diretta delle attività criminali sul territorio.

MERCATI ILLEGALI, RISTRUTTURAZIONE IN ATTO
Come per la criminalità violento-acquisitiva, anche i mercati illegali nascondono, sotto una dinamica dei reati decisamente contenuta, linee di evoluzione più complesse, che emergono solo da un'indagine più approfondita.
Il settore degli stupefacenti spicca immediatamente come il segmento cruciale per l'analisi, sia nelle dimensioni assolute che nella sua dinamica. L'elevato valore delle transazioni e la complessità dei circuiti commerciali della droga indicano inoltre una significativa connessione tra lo sviluppo di questi ultimi e la presenza sia di strutture criminali più evolute che di interconnessioni legale-illegale. Le informazioni rese disponibili dalla Direzione centrale antidroga consentono inoltre di esplorare con buon dettaglio i livelli di complessità e dimensione del circuito economico in cui viene scambiata ciascuna sostanza stupefacente, nonché la presenza di operatori stranieri per ciascun livello organizzativo individuato, e quindi il grado e la natura dei processi di internazionalizzazione del mercato milanese degli stupefacenti.
Le reti del consumo e della vendita di eroina, cocaina e hashish costituiscono, sia per il livello d'attività che generano, che per la loro complessità organizzativa, il fulcro dell'economia degli stupefacenti nell'area milanese. Marijuana, LSD, anfetaminici e altri tipi di stupefacenti ancora poco diffusi sul territorio, seppure in netta crescita, sono gestiti al di fuori delle reti criminali strutturate e delle reti commerciali delle droghe più diffuse, in contesti di scambio che sarebbe in realtà davvero arduo definire come mercati, sia per il basso livello di organizzazione degli operatori che per la discontinuità delle transazioni.
Il business degli stupefacenti evidenzia chiari segnali di un'importante fase di cambiamento, che tuttavia non assume le forme di uno sviluppo dinamico, ma quelle di una ristrutturazione commerciale e organizzativa. Nel triennio 1993-94, considerando come indicatore il numero delle persone denunciate dalle forze dell'ordine, emerge un riassetto dimensionale del settore con una crescente incidenza delle attività di medio-grande dimensione. Se per l'hashish le piccole transazioni costituiscono nel 1994 la quota più ampia (84%), seppur decrescente, del mercato (individuato dalle forze dell'ordine), per l'eroina e ancor più per la cocaina la situazione all'inizio del triennio si ribalta nell'ultimo anno considerato (le piccole transazioni passano dall'80% al 59% per l'eroina e dal 61% al 35% per la cocaina).
Dal punto di vista della complessità organizzativa si rilevano modalità organizzative tendenzialmente assai simili a molti mercati legali maturi. Mentre nel segmento dimensionale inferiore prevalgono le attività di minore complessità e le forme associative restano al margine, le strutture operative più complesse, basate sulla cointerazione di più soggetti criminali, soprattutto in forme organizzative stabili, tendono a costituire il modello gestionale prevalente per le attività di medio-grande dimensione. Questa caratteristica, più marcata per i mercati di hashish ed eroina, sul mercato della cocaina si struttura come una progressiva polarizzazione tra attività meno strutturate finalizzate all'approvvigionamento all'ingrosso del mercato locale e attività associative orientate alla gestione dei traffici di lunga distanza. La diversa struttura della catena internazionale del narcotraffico per le tre sostanze è ancor più evidenziata dalla differente presenza di operatori stranieri tra le persone denunciate dalle forze dell'ordine. Se per la cocaina la limitata presenza di stranieri indica, coerentemente con le risultanze delle principali inchieste giudiziarie, che il traffico in Italia è totalmente gestito da operatori nazionali, per i mercati dell'eroina e dell'hashish la situazione si presenta più complessa. Per l'eroina la riduzione della percentuale di cittadini stranieri coinvolti nelle attività di medio-grande dimensione indica il progressivo spostamento a carico dei trafficanti italiani delle fasi di approvvigionamento sui mercati esteri dovuto in gran parte all'emergere dei mercati dei Paesi dell'Est come vere e proprie zone franche per la conclusione delle transazioni tra produttori e grossisti. Viceversa costantemente crescente, anche se non maggioritaria, risulta la quota di stranieri coinvolti nel traffico di piccola dimensione. Fenomeno a sua volta riconducibile al coinvolgimento soprattutto nella fase esecutiva di manovalanza extracomunitaria.
Il mercato dell'hashish presenta una situazione analoga, con un'incidenza maggiore della presenza di stranieri (nel '94 raggiunge il 45% nelle attività di piccola dimensione), anche se nell'ultimo anno la percentuale di cittadini stranieri denunciati per attività di medio-grande dimensione e buon livello di strutturazione balza all'80%. L'emergere repentino di questi gruppi più strutturati di stranieri, in grado di gestire in proprio alcune fasi intermedie della distribuzione all'ingrosso, è da attribuire, probabilmente, al salto di qualità di alcuni elementi stranieri, impiegati in precedenza come manovalanza nello spaccio al minuto, e favoriti nel tentativo di auto-promozione dai colpi inferti dall'autorità giudiziaria ai gruppi della 'ndrangheta calabrese che controllavano tradizionalmente le fasi più remunerative della catena distributiva dell'hashish. Le linee di ristrutturazione del mercato degli stupefacenti che emergono dai dati gettano ombre sinistre sul futuro in quanto indicano maggiori opportunità per le realtà criminali più evolute, in grado di garantire una gestione articolata delle proprie risorse: la strutturazione di canali commerciali con paesi esteri per l'approvvigionamento, la capacità di governare l'abbondanza di manodopera per lo spaccio derivante dai flussi migratori irregolari ed infine la possibilità di garantire una pacifica divisione degli ambiti di mercato con i gruppi criminali concorrenti. Tutto ciò favorisce da un lato la strutturazione di gruppi criminali altamente organizzati, e crea un vantaggio competitivo dall'altro per quelle realtà criminali già costituite in forme organizzate e coordinate.

LA CRIMINALITA' NELL'ECONOMIA LEGALE: TRA PUBBLICO E PRIVATO
Passiamo ora alla criminalità che ha luogo in ambiti di relazione socio-economica caratterizzati da un alto grado di istituzionalizzazione: tipicamente le relazioni economiche legali e le relazioni politico-economiche tra soggetti privati e soggetti che svolgono funzioni pubbliche o di rilevanza pubblica.
La complessità delle fattispecie che rientrano in questa fenomenologia delittuosa rendono assai ardua l'analisi, in assenza, tra l'altro, di qualunque genere di informazione statisticamente coerente sulle caratteristiche dei soggetti coinvolti e delle attività da essi svolte. I dati disponibili consentono alcune valutazioni circa il grado di utilizzo, ovvero di coinvolgimento, nei differenti ambiti di azione criminale delle strutture organizzative tipiche dei contesti economici e istituzionali legali.
La distinzione più importante è quella tra comportamenti ristretti alla sfera di interazione tra soggetti privati e azioni che invece coinvolgono il funzionamento di strutture organizzative di pubblico interesse. La prima componente prevale decisamente sia in valori assoluti, sia con riferimento ai tassi di crescita.
Tuttavia la situazione si ribalta qualora si consideri l'evoluzione nel tempo del numero delle persone denunciate. Esso si evolve a tassi stabilmente superiori a quelli del numero dei delitti, evidenziando così una progressiva emersione delle responsabilità individuali per i comportamenti illeciti attuati. I comportamenti criminali nelle relazioni tra privati presentano, invece, un grado di sommersione crescente almeno sino al 1994, anno in cui tale trend sembra decisamente invertirsi. La crescente capacità di individuare i responsabili dei delitti commessi nelle relazioni pubblico-privato è un fenomeno riscontrabile per tutte le fattispecie di reato, che coinvolgono principalmente l'azione di funzionari pubblici. Questa emersione è constatabile con particolare evidenza per i reati di peculato, malversazione e corruzione, oggetto privilegiato dell'azione del pool "Mani Pulite" e caratterizza al contempo il reato di omissione di atti d'ufficio e gli altri a esso connessi. Un'emersione più incerta e discontinua è invece individuabile per le fattispecie di reato (falsità in atti, persone e sigilli) che coinvolgono principalmente l'azione di soggetti privati nello svolgimento di funzioni di pubblico interesse.
La caratteristica della criminalità milanese, tratteggiata nei paragrafi precedenti, fanno emergere la centralità dei fenomeni criminali che hanno luogo in ambiti di interazione sociale normalmente legali come fattore determinante dei futuri scenari. Da un lato, infatti, fenomeni come l'evoluzione organizzativa della criminalità violenta e predatoria, la razionalizzazione in atto sui mercati illegali più remunerativi, la crescente permeabilità dell'economia legale ai flussi finanziari e reali di origine illecita, convergono, almeno tendenzialmente, verso la diffusione di comportamenti illeciti negli ambiti di relazioni normalmente legali e lo svuotamento di ruolo delle istituzioni che strutturano tali ambiti. D'altro conto, la diffusione di comportamenti illegali nelle relazioni economiche e politico-amministrative offre allettanti opportunità e ingenti vantaggi competitivi ai soggetti criminali che dispongono di strutture organizzative e di coordinamento evolute assieme a ingenti risorse economiche. L'analisi della criminalità economica e politico-amministrativa configura un duplice scenario.
Sul versante del rapporto tra cittadino e Pubblica amministrazione, il rischio criminalità appare in prima approssimazione riconducibile principalmente alla diffusione progressivamente crescente di comportamenti illeciti messi in atto da soggetti che operano all'interno delle istituzioni pubbliche. I dati inoltre evidenziano chiaramente un'attenuazione della dinamica dei reati commessi da chi opera come intermediario nel rapporto tra cittadino e P.A. (professionisti) o da parte dei cittadini stessi. Tuttavia, a moderare la valutazione del rischio in questo ambito, contribuisce la rilevazione della notevole capacità di reazione del tessuto socio-istituzionale milanese. Più critica si delinea invece la situazione sul versante delle relazioni economiche tra privati. In quest'ambito il forte dinamismo manifestato da fattispecie criminali come la truffa, l'appropriazione indebita e l'insolvenza fraudolenta accompagnato da una ancora debole capacità di individuare le responsabilità, fa emergere una tendenza preoccupante.
L'articolazione e la vitalità del sistema economico milanese, indiscutibili indicatori di efficienza e funzionalità, costituiscono tuttavia fattori di vulnerabilità all'infiltrazione criminale e rendono, al contempo, particolarmente delicato e oneroso l'intervento degli apparati pubblici preposti all'accertamento delle responsabilità penali. Il necessario intervento per bloccare la tendenza individuata non può essere pertanto delegato solamente all'azione repressiva e di accertamento attivabile dalle autorità inquirenti, ma necessita prioritariamente dello sviluppo di un'azione preventiva fondata su forme di controllo e di autoregolazione attivate dalla stessa business community.