La progressiva scoperta da parte della scienza economica della
natura imperfetta dei mercati se, da un lato, ha dato centralità,
nelle analisi, ai processi di sviluppo delle istituzioni sociali
e dei sistemi di regole che governano le transazioni tra gli operatori
economici, dall'altro ha spinto a considerare con maggiore attenzione
le forme di disfunzione di tali meccanismi di organizzazione dell'economia
come potenziali cause di crisi e involuzione dei sistemi socio-economici.
La diffusione dei comportamenti criminali, con la loro connotazione
puramente coercitiva e violenta e con la loro natura intrinseca
di violazione di norme generalmente condivise - non solo di quelle
codificate in forme legislativa, ma anche di quelle più
profonde radicate nell'etica di una collettività -, costituisce
al contempo sia una causa che l'effetto di tali disfunzioni.
Quanto più i comportamenti criminali si diffondono e si
organizzano, quanto più trascendono l'ambito della devianza
e della marginalità per diventare strumenti per l'ottenimento
di obiettivi socialmente riconosciuti (la ricchezza, il consenso,
ecc), tanto più forte diviene il nesso di causa-effetto
che li lega alla crisi dei sistema socio-economici in cui si diffondono
e tanto più pervasivi risultano i circoli viziosi che vi
si generano.
La diffusione sui mercati di comportamenti fraudolenti, specialmente
se mimetizzati nelle forme organizzative delle attività
economiche legali, distruggendo il capitale fiduciario degli operatori,
può incidere in maniera determinante sui costi di transazione
e sulla stabilità delle relazioni di scambio, in particolare
di quelle più complesse e di maggiore valore aggiunto.
Al contempo, le opportunità di profitto per chi opera illegalmente
sui mercati legali divengono maggiori, quanto inefficiente e costosa
risulta l'implementazione delle regole che disciplinano le transazioni
e quanto più imperfetti sono i flussi di informazione tra
gli operatori, circa la qualità di beni e di servizi e
l'affidabilità dei partner.
L'istituzionalizzazione di ambiti di scambio per beni e servizi
illegali, mentre si fonda su meccanismi di funzionamento e di
regolazione delle transizioni completamente estranei alle regole
e alle istituzioni della comunità degli affari, al contempo
apre opportunità di impiego delle risorse, circuiti di
accumulazione e flussi finanziari in grado di distorcere il corretto
funzionamento della concorrenza sui mercati legali. La diffusione
di forme di violenza e di criminalità organizzata e finalizzata
a obiettivi di arricchimento e potere, mina alla radice il funzionamento
delle relazioni di scambio, costituisce un sistema, una vera e
propria sovrastruttura istituzionale, per la tutela della proprietà
negli ambiti illegali di attività economica. La violenza
acquisitiva, interviene direttamente sui sistemi di enforcement
dei diritti di concorrenza e le regole dello scambio, facendo
sì che l'opzione predatoria risulti, essa stessa, la forma
ottimale dell'azione individuale. Nell'area metropolitana milanese,
per quanto la vitalità delle sue istituzioni economiche
e sociali indichi in maniera incontrovertibile come i processi
disfunzionali anzidetti non abbiano ancora intaccato il tessuto
dell'economia locale, gli anni '90 hanno registrato, da parte
dei principali soggetti istituzionali, una serie di segnali d'allarme
che rendono necessario un investimento in termini di monitoraggio
e riflessione.
Al di là dell'enfasi, differente per livello e per focalizzazione
sulle fattispecie di reato, in funzione dei diversi ruoli e sensibilità
istituzionali, il livello dell'allarme sociale risulta essenzialmente
focalizzato su quattro tipologie di fenomeni:
1) il grado di sviluppo nell'area dei cosiddetti "mercati
illegali", ossia di ambiti di scambio di beni o servizi illeciti
"istituzionalizzati" dalla continuità e dall'organizzazione
delle transazioni messe in atto dai soggetti economico-criminali
che vi operano;
2) la diffusione di comportamenti illeciti, penalmente rilevanti,
nell'ambito di relazioni economicamente significative, le quali
"normalmente" coinvolgerebbero soggetti legali: tipicamente
le transazioni economiche che prendono forma sui mercati legali
e le relazioni tra operatori privati e soggetti individuali che
gestiscono direttamente, per conto di istituzioni pubbliche, le
funzioni di regolazione e controllo dei mercati e le stesse attività
economiche (pubblici funzionari, manager di imprese pubbliche,
liberi professionisti che esercitano funzioni di pubblico interesse,
ecc.) o tra gli stessi operatori privati e soggetti individuali
che con modalità e gradi differenti sono in grado di influire
sulla gestione di tali funzioni (funzionari di partito, componenti
delle assemblee politico-legislative, membri politici degli apparati
di governo, ecc.);
3) il livello di sviluppo dimensionale e organizzativo dei
comportamenti criminali violenti e di quelli strettamente acquisitivi;
4) il grado di connessione tra le tre fenomenologie criminali
precedenti, attraverso lo sviluppo di forme di transazione legale-illegale
e la diffusione di attività violente o acquisitive più
direttamente correlate alle attività economiche legali
e illegali.
La necessità di superare il livello del semplice allarme
e di dare un contenuto, in termini di individuazione delle dinamiche
in atto nell'universo criminale milanese, alle aree di rischio
sopra individuate, può almeno in prima approssimazione
essere soddisfatta da una lettura ragionata delle rilevazioni
statistiche sulla criminalità - sulla base dell'attività
di Magistratura e forze dell'ordine - effettuate dall'ISTAT e
da altri enti relativamente alla provincia di Milano e al periodo
1990-94 (includente, nel periodo di riferimento i comuni attualmente
parte della provincia di Lodi).
CRESCE LA CRIMINALITA' ECONOMICA
Se all'inizio del quinquennio considerato, le componenti più
dinamiche della criminalità milanese potevano individuarsi
tra quelle di tipo tradizionale legate alla violenza e ai mercati
illegali, nel corso degli anni la progressiva accelerazione della
diffusione dei comportamenti penalmente rilevanti nell'economia
legale, assieme a un rallentamento generalizzato delle componenti
inizialmente più attive, costituiscono le linee portanti
della trasformazione in atto.
I reati di cosiddetta criminalità economica (commessi in
relazione a transazioni economiche legali tra privati e pubblico/privato),
che hanno luogo in ambiti sociali caratterizzati da relazioni
economico-politiche istituzionalizzate e normalmente legali, presentano
negli anni più vicini un andamento significativamente più
accelerato, rispetto all'insieme dei comportamenti criminali -
che manifestano comunque un crescente dinamismo. Il numero di
reati commessi in relazione a transazioni tra soggetti privati
triplica il suo valore nella prima metà degli anni '90,
con una brusca accelerazione del tasso annuo di crescita tra il
1991 e il 1992 e un rallentamento molto più contenuto negli
anni successivi. Anche per i reati commessi in relazione a transazioni
tra soggetti privati e pubblici il periodo tra il 1991 e il 1992
segna una drastica inversione di tendenza. In questo caso il raffreddamento
della dinamica espansiva risulta molto più repentino (da
un tasso annuo di crescita del 128% si passa a uno del 28% nell'anno
successivo, e a un tasso negativo nell'ultimo anno considerato).
In complesso nel quinquennio considerato i reati nell'ambito
di relazioni tra operatori pubblici e privati raddoppiano il loro
numero. La dinamica dei crimini violento/acquisitivi, per quanto
significativa, tende progressivamente a raffreddarsi, mentre i
reati sui mercati illegali presentano negli ultimi due anni considerati
tassi di sviluppo negativi. La dinamica più esplosiva
è invece riscontrabile per quei reati (riciclaggio e ricettazione)
che trasformano i proventi delle attività illecite in potere
d'acquisto sui mercati legali, evidenziando la permeabilità
della labile linea di confine tra il sistema della produzione
illegale di redditi e il sistema economico legale. Questi reati
registrano nel 1994 una quintuplicazione rispetto all'inizio deldecennio:
nel 1993 la variazione rispetto al 1990 era pari all'818 per cento.
La constatazione di un rallentamento della dinamica del segmento
violento/acquisitivo della criminalità milanese sollecita
un'analisi più dettagliata mirata a esplorare l'evoluzione
organizzativa delle attività criminose assieme al loro
livello di complessità e di radicamento nel sistema socio-economico.
Un primo insieme di indicazioni può essere tratto dalla
considerazione delle singole fattispecie che compongono l'insieme
denominato "Reati corrispondenti a comportamenti violenti
e acquisitivi". Prevalgono decisamente, in questo insieme,
i comportamenti violenti con finalità esplicitamente acquisitiva.
Ma la dinamica più alta è quella dei comportamenti
violenti con finalità indistinta. Nel primo gruppo emergono
i delitti di danneggiamento a beni materiali (con un picco di
crescita del 606% registrato nel 1992) e più in generale
i reati di minore gravità (percosse, lesioni personali,
danni). Ne risultano due prime indicazioni di massima. Da un lato
la necessità di approfondire la natura delle finalità
di questi reati: il danneggiamento di cose può ad esempio
nascondere minacce a scopo estortivo. Dall'altro la considerazione
che la criminalità milanese tende a spostarsi da forme
ad alta intensità di violenza (tipicamente gli omicidi)
a forme di violenza diffusa ma di minore intensità. Indicazione,
questa, confermata anche dall'andamento del secondo gruppo di
fattispecie delittuose per il quale si registra una contrazione
della dinamica delle componenti più violente. Un discorso
a parte meritano l'estorsione, i sequestri di persona a scopo
estortivo e di rapina, e l'associazione mafiosa. L'andamento del
numero di estorsioni denunciate, prima fortemente crescente e
poi stabile, può indicare sia una riduzione della fenomenologia
estortiva, sia uno spostamento da forme predatorie ad alto contenuto
di violenza diretta verso l'instaurarsi di un regime intimidatorio
e di una razionalizzazione delle forme di prelievo. Lo proverebbe
anche la stabilizzazione dei reati di danneggiamento e di sequestro
di persona a scopo estortivo e di rapina. La minore dinamica dei
sequestri di persona rispetto a quella delle rapine segnala l'abbandono
di tale attività da parte delle componenti più organizzate
ed efficienti della criminalità milanese. Le rilevazioni
per alcuni reati delle denunce all'Autorità Giudiziaria
da parte delle forze dell'ordine, per quanto disomogenee rispetto
ai dati precedenti, confermano l'idea di un processo di razionalizzazione
dei comportamenti criminali violenti e acquisitivi. Il trend crescente
della quota di omicidi commessi durante furti o rapine sul totale
conferma che tale ipotesi di attività criminale stia divenendo
appannaggio di soggetti con limitate capacità organizzative.
La progressiva riduzione degli omicidi per motivi di mafia rispecchia
invece il consolidamento delle forme più evolute e strutturate
di criminalità.
ANCHE IL CRIMINE SI RIORGANIZZA
L'analisi dell'evoluzione dei comportamenti acquisitivi dal punto
di vista degli obiettivi colpiti evidenzia due tendenze:
1) la progressiva riduzione del peso delle attività
acquisitive scarsamente remunerative e rischiose (scippi, borseggi,
furti su auto in sosta, in ferrovia e in uffici postali).
2) Una crescita progressiva dei reati di natura predatoria
che necessitano di un passaggio intermedio tra l'appropriazione
illegale dei beni e la trasformazione della refurtiva in potere
d'acquisto (furti in appartamenti, negozi, mezzi di trasporto
merci, di autoveicoli e di opere d'arte, rapine nelle gioiellerie
e su automezzi pesanti), e di quelli più remunerativi (tipicamente
le rapine in banca per le quali l'ABI segnala tra il '93 e il
'94 una crescita significativa dell'ammontare medio rapinato nella
provincia di Milano e una riduzione del numero di azioni criminali
non riuscite).
A completare il quadro delineato contribuisce infine l'accelerazione
della dinamica dei reati connessi alle transazioni tra settori
illegali e legali (riciclaggio e ricettazione).
Si delineano così tre elementi caratterizzanti:
1) un'evoluzione delle componenti più efficienti e
organizzate della criminalità verso forme meno violente
e predatorie con un riposizionamento nel settore di intermediazione
(riciclaggio e ricettazione) che consente un controllo capillare
della cosiddetta microcriminalità.
2) Un aumento dei comportamenti violenti e acquisitivi di
tipo diffuso e meno intensivo, humus di incertezza della proprietà
e dell'incolumità individuale favorevole al radicarsi di
sistemi mafiosi come forme di garanzia alternative a quelle (statali
o collettive) normalmente funzionanti nei contesti economici e
sociali legali.
3) La crescita in alcuni crimini più violenti di soggetti
criminali marginali, meno dotati di capacità organizzative
e pertanto meno efficaci nell'esecuzione delle stesse attività
criminali.
Le linee di questa ristrutturazione ed evoluzione organizzativa
della violenza criminale si evidenziano dai pochi dati statistici
disponibili (ben maggiore è la mole di materiale giudiziario
prodotto dagli inquirenti) sulla criminalità organizzata
di tipo mafioso, che costituisce la forma più evoluta di
struttura criminale.
L'importanza crescente (anche se non paragonabile a quella delle
regioni di insediamento tradizionale della criminalità
mafiosa) della presenza della criminalità mafiosa sul territorio
milanese è descritta, anche se solo parzialmente, dai dati
relativi alle denunce delle forze dell'ordine. Dai dati più
articolati del Ministero dell'Interno emergono con grande evidenza
sia la centralità della provincia di Milano rispetto all'area
regionale, che il numero elevato di provvedimenti di rilevanza
economica (accertamenti patrimoniali, proposte e ordini di sequestro
di beni di illecita provenienza).
Le organizzazioni criminali sembrano dunque specializzarsi più
nel controllo delle risorse economiche di natura criminale - lo
conferma tra l'altro la progressione crescente del valore dei
beni sequestrati - che nella gestione diretta delle attività
criminali sul territorio.
MERCATI ILLEGALI, RISTRUTTURAZIONE IN ATTO
Come per la criminalità violento-acquisitiva, anche i mercati
illegali nascondono, sotto una dinamica dei reati decisamente
contenuta, linee di evoluzione più complesse, che emergono
solo da un'indagine più approfondita.
Il settore degli stupefacenti spicca immediatamente come il segmento
cruciale per l'analisi, sia nelle dimensioni assolute che nella
sua dinamica. L'elevato valore delle transazioni e la complessità
dei circuiti commerciali della droga indicano inoltre una significativa
connessione tra lo sviluppo di questi ultimi e la presenza sia
di strutture criminali più evolute che di interconnessioni
legale-illegale. Le informazioni rese disponibili dalla Direzione
centrale antidroga consentono inoltre di esplorare con buon dettaglio
i livelli di complessità e dimensione del circuito economico
in cui viene scambiata ciascuna sostanza stupefacente, nonché
la presenza di operatori stranieri per ciascun livello organizzativo
individuato, e quindi il grado e la natura dei processi di internazionalizzazione
del mercato milanese degli stupefacenti.
Le reti del consumo e della vendita di eroina, cocaina e hashish
costituiscono, sia per il livello d'attività che generano,
che per la loro complessità organizzativa, il fulcro dell'economia
degli stupefacenti nell'area milanese. Marijuana, LSD, anfetaminici
e altri tipi di stupefacenti ancora poco diffusi sul territorio,
seppure in netta crescita, sono gestiti al di fuori delle reti
criminali strutturate e delle reti commerciali delle droghe più
diffuse, in contesti di scambio che sarebbe in realtà davvero
arduo definire come mercati, sia per il basso livello di organizzazione
degli operatori che per la discontinuità delle transazioni.
Il business degli stupefacenti evidenzia chiari segnali di un'importante
fase di cambiamento, che tuttavia non assume le forme di uno sviluppo
dinamico, ma quelle di una ristrutturazione commerciale e organizzativa.
Nel triennio 1993-94, considerando come indicatore il numero
delle persone denunciate dalle forze dell'ordine, emerge un riassetto
dimensionale del settore con una crescente incidenza delle attività
di medio-grande dimensione. Se per l'hashish le piccole transazioni
costituiscono nel 1994 la quota più ampia (84%), seppur
decrescente, del mercato (individuato dalle forze dell'ordine),
per l'eroina e ancor più per la cocaina la situazione all'inizio
del triennio si ribalta nell'ultimo anno considerato (le piccole
transazioni passano dall'80% al 59% per l'eroina e dal 61% al
35% per la cocaina).
Dal punto di vista della complessità organizzativa si rilevano
modalità organizzative tendenzialmente assai simili a molti
mercati legali maturi. Mentre nel segmento dimensionale inferiore
prevalgono le attività di minore complessità e le
forme associative restano al margine, le strutture operative più
complesse, basate sulla cointerazione di più soggetti criminali,
soprattutto in forme organizzative stabili, tendono a costituire
il modello gestionale prevalente per le attività di medio-grande
dimensione. Questa caratteristica, più marcata per i mercati
di hashish ed eroina, sul mercato della cocaina si struttura come
una progressiva polarizzazione tra attività meno strutturate
finalizzate all'approvvigionamento all'ingrosso del mercato locale
e attività associative orientate alla gestione dei traffici
di lunga distanza. La diversa struttura della catena internazionale
del narcotraffico per le tre sostanze è ancor più
evidenziata dalla differente presenza di operatori stranieri tra
le persone denunciate dalle forze dell'ordine. Se per la cocaina
la limitata presenza di stranieri indica, coerentemente con le
risultanze delle principali inchieste giudiziarie, che il traffico
in Italia è totalmente gestito da operatori nazionali,
per i mercati dell'eroina e dell'hashish la situazione si presenta
più complessa. Per l'eroina la riduzione della percentuale
di cittadini stranieri coinvolti nelle attività di medio-grande
dimensione indica il progressivo spostamento a carico dei trafficanti
italiani delle fasi di approvvigionamento sui mercati esteri dovuto
in gran parte all'emergere dei mercati dei Paesi dell'Est come
vere e proprie zone franche per la conclusione delle transazioni
tra produttori e grossisti. Viceversa costantemente crescente,
anche se non maggioritaria, risulta la quota di stranieri coinvolti
nel traffico di piccola dimensione. Fenomeno a sua volta riconducibile
al coinvolgimento soprattutto nella fase esecutiva di manovalanza
extracomunitaria.
Il mercato dell'hashish presenta una situazione analoga, con un'incidenza
maggiore della presenza di stranieri (nel '94 raggiunge il 45%
nelle attività di piccola dimensione), anche se nell'ultimo
anno la percentuale di cittadini stranieri denunciati per attività
di medio-grande dimensione e buon livello di strutturazione balza
all'80%. L'emergere repentino di questi gruppi più strutturati
di stranieri, in grado di gestire in proprio alcune fasi intermedie
della distribuzione all'ingrosso, è da attribuire, probabilmente,
al salto di qualità di alcuni elementi stranieri, impiegati
in precedenza come manovalanza nello spaccio al minuto, e favoriti
nel tentativo di auto-promozione dai colpi inferti dall'autorità
giudiziaria ai gruppi della 'ndrangheta calabrese che controllavano
tradizionalmente le fasi più remunerative della catena
distributiva dell'hashish. Le linee di ristrutturazione del mercato
degli stupefacenti che emergono dai dati gettano ombre sinistre
sul futuro in quanto indicano maggiori opportunità per
le realtà criminali più evolute, in grado di garantire
una gestione articolata delle proprie risorse: la strutturazione
di canali commerciali con paesi esteri per l'approvvigionamento,
la capacità di governare l'abbondanza di manodopera per
lo spaccio derivante dai flussi migratori irregolari ed infine
la possibilità di garantire una pacifica divisione degli
ambiti di mercato con i gruppi criminali concorrenti. Tutto ciò
favorisce da un lato la strutturazione di gruppi criminali altamente
organizzati, e crea un vantaggio competitivo dall'altro per quelle
realtà criminali già costituite in forme organizzate
e coordinate.
LA CRIMINALITA' NELL'ECONOMIA LEGALE: TRA PUBBLICO E PRIVATO
Passiamo ora alla criminalità che ha luogo in ambiti di
relazione socio-economica caratterizzati da un alto grado di istituzionalizzazione:
tipicamente le relazioni economiche legali e le relazioni politico-economiche
tra soggetti privati e soggetti che svolgono funzioni pubbliche
o di rilevanza pubblica.
La complessità delle fattispecie che rientrano in questa
fenomenologia delittuosa rendono assai ardua l'analisi, in assenza,
tra l'altro, di qualunque genere di informazione statisticamente
coerente sulle caratteristiche dei soggetti coinvolti e delle
attività da essi svolte. I dati disponibili consentono
alcune valutazioni circa il grado di utilizzo, ovvero di coinvolgimento,
nei differenti ambiti di azione criminale delle strutture organizzative
tipiche dei contesti economici e istituzionali legali.
La distinzione più importante è quella tra comportamenti
ristretti alla sfera di interazione tra soggetti privati e azioni
che invece coinvolgono il funzionamento di strutture organizzative
di pubblico interesse. La prima componente prevale decisamente
sia in valori assoluti, sia con riferimento ai tassi di crescita.
Tuttavia la situazione si ribalta qualora si consideri l'evoluzione
nel tempo del numero delle persone denunciate. Esso si evolve
a tassi stabilmente superiori a quelli del numero dei delitti,
evidenziando così una progressiva emersione delle responsabilità
individuali per i comportamenti illeciti attuati. I comportamenti
criminali nelle relazioni tra privati presentano, invece, un grado
di sommersione crescente almeno sino al 1994, anno in cui tale
trend sembra decisamente invertirsi. La crescente capacità
di individuare i responsabili dei delitti commessi nelle relazioni
pubblico-privato è un fenomeno riscontrabile per tutte
le fattispecie di reato, che coinvolgono principalmente l'azione
di funzionari pubblici. Questa emersione è constatabile
con particolare evidenza per i reati di peculato, malversazione
e corruzione, oggetto privilegiato dell'azione del pool "Mani
Pulite" e caratterizza al contempo il reato di omissione
di atti d'ufficio e gli altri a esso connessi. Un'emersione più
incerta e discontinua è invece individuabile per le fattispecie
di reato (falsità in atti, persone e sigilli) che coinvolgono
principalmente l'azione di soggetti privati nello svolgimento
di funzioni di pubblico interesse.
La caratteristica della criminalità milanese, tratteggiata
nei paragrafi precedenti, fanno emergere la centralità
dei fenomeni criminali che hanno luogo in ambiti di interazione
sociale normalmente legali come fattore determinante dei futuri
scenari. Da un lato, infatti, fenomeni come l'evoluzione organizzativa
della criminalità violenta e predatoria, la razionalizzazione
in atto sui mercati illegali più remunerativi, la crescente
permeabilità dell'economia legale ai flussi finanziari
e reali di origine illecita, convergono, almeno tendenzialmente,
verso la diffusione di comportamenti illeciti negli ambiti di
relazioni normalmente legali e lo svuotamento di ruolo delle istituzioni
che strutturano tali ambiti. D'altro conto, la diffusione di comportamenti
illegali nelle relazioni economiche e politico-amministrative
offre allettanti opportunità e ingenti vantaggi competitivi
ai soggetti criminali che dispongono di strutture organizzative
e di coordinamento evolute assieme a ingenti risorse economiche.
L'analisi della criminalità economica e politico-amministrativa
configura un duplice scenario.
Sul versante del rapporto tra cittadino e Pubblica amministrazione,
il rischio criminalità appare in prima approssimazione
riconducibile principalmente alla diffusione progressivamente
crescente di comportamenti illeciti messi in atto da soggetti
che operano all'interno delle istituzioni pubbliche. I dati inoltre
evidenziano chiaramente un'attenuazione della dinamica dei reati
commessi da chi opera come intermediario nel rapporto tra cittadino
e P.A. (professionisti) o da parte dei cittadini stessi. Tuttavia,
a moderare la valutazione del rischio in questo ambito, contribuisce
la rilevazione della notevole capacità di reazione del
tessuto socio-istituzionale milanese. Più critica si delinea
invece la situazione sul versante delle relazioni economiche tra
privati. In quest'ambito il forte dinamismo manifestato da fattispecie
criminali come la truffa, l'appropriazione indebita e l'insolvenza
fraudolenta accompagnato da una ancora debole capacità
di individuare le responsabilità, fa emergere una tendenza
preoccupante.
L'articolazione e la vitalità del sistema economico milanese,
indiscutibili indicatori di efficienza e funzionalità,
costituiscono tuttavia fattori di vulnerabilità all'infiltrazione
criminale e rendono, al contempo, particolarmente delicato e oneroso
l'intervento degli apparati pubblici preposti all'accertamento
delle responsabilità penali. Il necessario intervento per
bloccare la tendenza individuata non può essere pertanto
delegato solamente all'azione repressiva e di accertamento attivabile
dalle autorità inquirenti, ma necessita prioritariamente
dello sviluppo di un'azione preventiva fondata su forme di controllo
e di autoregolazione attivate dalla stessa business community.