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Impresa & Stato n°34

SOLUZIONI?
CERCHIAMOLE ALL'ESTERO

Dalla ricerca emerge un imprenditore più maturo, ma anche fattori di base negativi.
Ma per rimediare, non occorre "reinventare l'ombrello"...

di
ALDO FUMAGALLI

Alcuni dati della ricerca potrebbero indurre a giudizi più pessimistici del necessario sulla salute e la vitalità del sistema imprenditoriale. Ma i dati vanno visti alla luce della composizione del campione delle imprese, che comprende artigiani, commercianti, piccoli industriali, terziario. Per esempio, il fatto che "solo" il 20% delle imprese intervistate sia entrato in rapporti di joint venture, tenendo presente il campione, può essere valutato come un dato positivo.
Altri aspetti positivi sono il permanere della tendenza alla creazione di nuove imprese e il ruolo della famiglia come luogo di stimolo, di formazione culturale e valoriale che crea le condizioni per l'inizio di una impresa. Positivo anche il fatto che il profitto non sia più considerato l'obiettivo primario, ma una condizione, necessaria, ma non sufficiente, da ottemperare per essere un buon imprenditore; che il ruolo dell'imprenditore venga percepito come agente generatore di ricchezza, e attore dello sviluppo del Paese. Ciò indica una importante maturazione culturale. Emerge anche una minoranza di imprenditori disposti ad assumersi responsabilità in prima persona in campo politico-amministrativo. Anche questo è un fatto nuovo e positivo, come pure l'atteggiamento verso il ruolo dello Stato, la richiesta di una solidarietà non da ridurre ma da rendere efficiente.
Forse il dato più importante è quello relativo alla soddisfazione dell'imprenditore riguardo alla propria vita: un indice elevato, che esprime fiducia e volontà positiva nei confronti delle sfide della vita e della professione.
Vi sono tuttavia anche aspetti negativi. In particolare, la riduzione delle possibilità di creazione di nuova impresa per chi ha meno opportunità in termini culturali, familiari, di risorse finanziarie. È un cambiamento preoccupante, dopo un trentennio contrassegnato da una estrema vitalità imprenditoriale non condizionata dallo status sociale. Significa che la nostra società, invece di andare verso un modello di società aperta alle opportunità, si sta chiudendo.
A mio avviso vi sono quattro fattori che oggi contribuiscono a rendere più difficile la via imprenditoriale a chi non parta da uno status sociale almeno medio.
Il primo è il problema del collegamento tra sistema educativo-formativo e mondo del lavoro. Negli USA l'università è uno dei fulcri principali dove nascono e si esprimono nuove figure imprenditoriali. La ricerca applicata è estremamente diffusa e sostenuta, spesso finanziata da aziende, e da Fondazioni. Gli imprenditori escono dall'università o da scuole professionali. Tutto ciò avviene in maniera molto remota in Italia. Il secondo è di tipo finanziario. In molti altri Paesi il venture capital è favorito dall'ambiente culturale, finanziario, legislativo. È ritenuto normale e giusto che un investitore venga adeguatamente remunerato per il rischio di finanziare nuove idee, avventure imprenditoriali; perciò è incentivato a farlo e il nuovo imprenditore può accedere al capitale. In Italia il finanziamento dello start up viene ancora troppo spesso solo dalla famiglia, o dai circuiti delle amicizie; altrimenti è difficilissimo iniziare nuove attività, soprattutto quelle manifatturiere che richiedono investimenti iniziali elevati. E infatti la ricerca evidenzia che proprio nelle attività manifatturiere si riduce il numero di nuovi imprenditori. Il terzo è il rapporto con la Pubblica amministrazione. Tutto è complicato e irrigidito, ogni procedura ha un insieme di vincoli e di norme che si traducono in costi; le sovrastrutture legislative, normative, burocratiche, amministrative costituiscono una barriera per chi vorrebbe iniziare un'attività imprenditoriale.
Infine c'è un problema generale di cultura. È scioccante che metà degli intervistati, per esempio, dichiari di non sapere lingue straniere. Come è possibile iniziare un'impresa qualsiasi in un mercato globale dove occorre confrontarsi e interloquire con tutto il mondo? C'è poi il problema culturale della trasparenza nei confronti del mercato finanziario e delle banche, della capacità di superare la dimensione familiare, dell'incapacità di delegare ai collaboratori e così via. Se si vuole rivitalizzare la creazione di nuove imprese, occorre agire soprattutto su queste aree. Non occorre, d'altra parte, inventare nulla di nuovo, basta prendere esempio da ciò che si fa nei Paesi vicini a noi: per esempio in Spagna, dove è stato annunciato un piano molto ben articolato per favorire il risparmio e l'investimento, per risolvere il problema del passaggio generazionale dell'azienda, per dare maggiore solidità patrimoniale alle piccole aziende, per creare nuova occupazione; in Germania, dove il neo-imprenditore trova in molte città uffici, strutture di appoggio, informazioni, ricerche di mercato a un costo limitatissimo per un periodo di alcuni mesi, per permettergli di partire con nuove attività; o in Francia dove esistono agenzie per dare ai nuovi imprenditori, soprattutto ai giovani, consulenza amministrativa e fiscale, per l'impostazione dell'inizio dell'attività aziendale. Mi piace ricordare ad esempio che la città di Parigi, per incoraggiare lo spostamento delle imprese all'esterno dell'area cittadina, ha favorito la creazione di consorzi fra i comuni circostanti per realizzare aree industriali perfettamente attrezzate, gestite privatisticamente anche se a controllo pubblico. Ogni consorzio dispone di un suo BIC, un Parco scientifico tecnologico integrato con l'Università della capitale, uno sportello unico per i rapporti con la Pubblica amministrazione, ecc. Vi è un ultimo punto che merita attenzione: il problema del passaggio generazionale dell'azienda. In Italia è difficile trasmettere l'azienda dai padri ai figli o mantenerne la solidità quando ci sono più soci. Ecco perché molto spesso le aziende si sfasciano o vengono vendute. In alcuni Paesi esistono regole e strutture (Fondazioni, trust, ecc.) organismi e istituzioni che permettono alle aziende una più serena continuità nel tempo, valorizzando quanto di positivo c'è nell'azienda familiare, e limitandone gli aspetti negativi: quali l'incapacità di far crescere il management, di aprirsi al mercato, con le banche e con la Borsa.
Se si vuole favorire la nascita di nuove imprese, non occorre inventare nulla di nuovo: basta guardare cosa stanno facendo i Paesi più dinamici, basta imparare dai nostri errori passati, basta avere più fiducia nei nostri giovani e soprattutto creare un contratto culturale, normativo ed economico affinché la loro creatività, la loro propensione al rischio d'impresa, la loro voglia di sacrificio per un progetto, possano esprimersi al meglio.