Il secondo comma dell'art. 8 della legge 29.12.1993 n. 580 si
limita a prescrivere che "l'Ufficio provvede alla tenuta
del Registro delle Imprese... sotto la vigilanza di un giudice
delegato dal Presidente del Tribunale del capoluogo di provincia",
richiamando quasi alla lettera il dettato del secondo comma dell'art.
2188 del codice civile.
Rispetto alla disciplina transitoria in vigore dal 21.4.1942 al
16.2.1996, la nuova normativa si differenzia innanzitutto per
l'attribuzione della titolarità del potere di vigilanza:
l'art. 5 del DPR 7.12.1995 n. 581 prevede infatti che debba esistere
un decreto di nomina del Giudice del Registro da comunicare tempestivamente
al Conservatore dell'Ufficio (in precedenza il decreto non era
necessario se le funzioni venivano mantenute in capo al Presidente
del Tribunale) e che questo decreto venga emesso dal Presidente
del Tribunale nel cui circondario si trova il Comune nel quale
ha sede la Camera di Commercio (in precedenza veniva emesso dall'ufficio
giudiziario nella cui circoscrizione la società aveva sede).
Le differenze sostanziali riguardano però il contenuto
del potere di vigilanza, che non è stato definito da leggi
o da regolamenti e che deve pertanto essere desunto da un'interpretazione
complessiva delle norme.
Va subito considerato che il legislatore ha scelto di istituire
il Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio, assoggettandolo
in via generale alla vigilanza del Ministero dell'Industria. Il
Giudice del Registro, che appartiene a una diversa pubblica amministrazione,
non ha quindi alcun potere di ingerenza sull'organizzazione dell'Ufficio
del Registro delle Imprese, mentre nel regime transitorio questo
potere era consentito dall'appartenenza sia dell'organo di vigilanza
(Presidente del Tribunale o suo delegato) che dell'Ufficio (Cancelleria
del Tribunale) alla stessa organizzazione amministrativa del Ministero
di Grazia e Giustizia.
IL CONTROLLO RESTA INTERNO
Questa considerazione non consente però di concludere che
oggi il potere di vigilanza del Giudice del Registro è
limitato al solo controllo "esterno" (detto anche eventuale
o successivo), e cioè che si esaurisce negli interventi
di iscrizione e cancellazione di ufficio previsti dagli artt.
2190 e 2191 C.C. Infatti sia il testo dell'art. 2188 C.C. che
quello dell'art. 8 della legge n. 580/93, sopra riprodotto, fanno
ritenere che il contenuto del potere di vigilanza non deve essere
riferito all'Ufficio in quanto tale ma alla sua specifica funzione
di tenuta del Registro: il giudice mantiene quindi un potere di
controllo "interno" al Registro che si esplica come
controllo di legalità sul modo di attuazione della pubblicità
d'impresa e quindi come controllo sugli atti nei quali si sostanzia
la tenuta del Registro.
E' questa la funzione più rilevante del Giudice del Registro
perché assicura da un lato che non vengano iscritti o depositati
atti per i quali il legislatore non prevede pubblicità
di impresa (principio di "tassatività") e d'altro
lato che questi atti siano formalmente e sostanzialmente corretti
(principio di "legalità").
Sul controllo di legittimità va peraltro ricordato che
l'esame dell'Ufficio, e la conseguente vigilanza del Giudice,
presentano un diverso contenuto secondo il tipo di atti da iscrivere
o da depositare. In estrema sintesi, l'iscrizione degli atti societari
già sottoposti al controllo "di omologazione"
del Tribunale e il deposito degli atti che non devono essere iscritti
richiede un semplice controllo di veridicità e di legittimità
formale, mentre l'iscrizione degli atti su domanda richiede anche
un controllo di legittimità sostanziale, con riferimento
alle ipotesi di nullità dell'atto.
NECESSARI ORIENTAMENTI UNIFORMI
L'esigenza di attribuire ai controlli un simile contenuto discende
dalla disciplina unitaria del Registro e dal potere di vigilanza
dell'autorità giudiziaria: non sembra infatti ammissibile
che nella sezione ordinaria del Registro possano essere iscritti
atti che sono stati riconosciuti legittimi nella sostanza e atti
che sono stati valutati legittimi soltanto nella forma e soprattutto
deve essere consentito a un Giudice di intervenire per impedire
la pubblicità di un atto illecito perché contrario
a disposizioni di legge, all'ordine pubblico o al buon costume.
E' di tutta evidenza che un potere di vigilanza di questo contenuto
può raggiungere risultati non penalizzanti per gli utenti
soltanto ove l'attività dell'Ufficio e quella del Giudice
del Registro si svolgano in sintonia e si avverte l'esigenza che
si formi un orientamento uniforme, possibilmente anche a livello
nazionale.
La nuova normativa infine ha ampliato l'ambito di intervento del
Giudice del Registro. La vigilanza infatti, in assenza di espressa
limitazione di legge (che riguarda soltanto il controllo sul REA)
e in considerazione dell'unicità del Registro, va oltre
al controllo relativo alle iscrizioni delle società di
cui all'art. 2200 C.C. (le cosiddette società commerciali)
e comprende gli atti che vengono iscritti nelle sezioni speciali
del Registro e, per il richiamo contenuto nel comma 10 dell'art.
14 del DPR n. 581/95, gli atti soggetti a semplice deposito.
E' soprattutto in questo nuovo ambito, che coinvolge problematiche
giuridiche di rilievo (basti pensare alla definizione di piccolo
imprenditore, a quella di imprenditore agricolo, alla qualifica
di artigiano, all'attività riservata alle società
semplici), che verrà messa a dura prova la sensibilità,
la praticità e il senso di legalità degli organi
del Registro delle Imprese.