di Alessandra Romanò
L’indice Cciaa-Irs -
note metodologiche
Per la costruzione dell’indice dei prezzi delle materie prime Cciaa
Irs, le scelte che sono state effettuate riguardano essenzialmente
quattro ordini di fattori:
- la scelta delle merci rappresentative dell’import italiano;
- la scelta delle varietà significative tra quelle rilevate sui
Bollettini della Camera di Commercio;
- la numerosità campionaria;
- la procedura di aggregazione degli indici elementari.
Per la scelta delle merci da inserire nel paniere è stato
effettuato uno studio sulla composizione dell’import italiano
nell’ultimo decennio al fine di individuare quelle più
rappresentative. È stato
contemporaneamente fissato il vettore dei pesi del commercio
internazionale utile per l’aggregazione degli indicatori elementari.
La scelta delle varietà, tra quelle disponibili sui Bollettini
camerali, è stata effettuata essenzialmente sulla base di tre
considerazioni: la continuità della rilevazione, l’omogeneità
merceologica delle quotazioni rilevate e i riscontri quantitativi
desunti dalle statistiche di commercio internazionale. L’ampiezza
campionaria totale è stata decisa a priori considerando essenziale
l’esigenza di facile aggiornamento dell’indice stesso. Sono stati
selezionati 43 prodotti aventi mercato internazionale.
Per
l’attribuzione delle numerosità in termini relativi, e cioè per
stabilire il numero di merci da afferire a ogni sottogruppo
merceologico, si è tenuto conto sia della rilevanza in termini di
valore delle importazioni di ciascun sottogruppo, sia del grado di
correlazione fra le diverse varietà; cioè più elevato è il valore
delle importazioni di ogni singola merce, maggiore è il numero delle
varietà scelte per rappresentare il gruppo merceologico; più elevata
è la correlazione tra le diverse varietà, minore è il numero di
varietà necessarie per rappresentare adeguatamente il sottogruppo
merceologico.
Per l’aggregazione degli indici elementari è stata utilizzata la
procedura di Laspeyres, dopo aver verificato che i valori ottenuti
con strutture di pesi variabili non risultano significativamente
diversi. L’anno base è il 1990; come è noto, l’anno di riferimento è
fondamentale in quanto determina la struttura di ponderazione degli
indici elementari in sede di aggregazione. L’opportunità di
modificare la struttura dei pesi dovrà essere valutata sulla base
dell’evoluzione della composizione dell’import italiano.
L’indice totale risulta quindi essere costruito considerando un
paniere di 43 prodotti di base, ciascuno ponderato per i pesi del
commercio internazionale. In particolare il comparto degli alimentari
rappresenta il 20,8 % del totale, quello dei non alimentari il 39,9%
e gli energetici coprono circa il restante 40 per cento.
Sono stati computati sette indici settoriali - bevande, cereali,
carni, grassi, fibre, vari industriali e metalli - che consentono di
verificare l’andamento dei costi delle materie prime nei diversi
comparti.
Nella Tabella 1 sono sintetizzati i valori storici dell’indice per i
comparti generali e le successive disaggregazioni.
Il confronto
con l’indice Confindustria
Il confronto con un indice costruito su quotazioni internazionali -
tipicamente l’indice Confindustria - consente di evidenziare il
potenziale inflativo presente nella filiera delle materie prime ma
non ancora giunto sui prezzi in lire. L’evidenza infatti di un
differenziale tra i due indicatori implica che le variazioni
intervenute sulle quotazioni internazionali e le oscillazioni dei
tassi di cambio non si sono ancora traslate sui costi sostenuti
dall’industria importatrice o che, a fronte di modeste oscillazioni
alla fonte, il mercato d’importazione stia scontando costi elevati a
causa dei ritardi di trasferimento di incrementi precedenti.
L’opportunità di effettuare confronti scindendo l’indice globale in
totale esclusi i combustibili ed energetici deriva da una doppia
considerazione. In primo luogo si ritiene che le modalità e i tempi
di trasferimento di oscillazioni delle quotazioni internazionali e
dei tassi di cambio sia sostanzialmente diverso tra i due comparti,
secondariamente l’impossibilità di reperire quotazioni in lire
tempestive dei combustibili ha portato all’inclusione temporanea
nell’indice del petrolio Brent in dollari al quale quindi si applica
il tasso di cambio mensile. Si ritiene che questa operazione non
introduca andamenti spuri nella valutazione dei prezzi effettivamente
pagati dall’industria nazionale in quanto, da analisi effettuate, si
evince una strettissima correlazione fra le quotazioni del petrolio
Brent e il valore medio unitario all’importazione che rappresenta il
costo medio sostenuto dalla nostra economia per l’acquisto delle
diverse varietà di petrolio e che viene sostituito nell’indicatore
nel momento in cui il dato è reso disponibile. La valutazione
separata dei due comparti è inoltre avvalorata dal fatto che il peso
relativo della componente petrolifera nell’indice Confindustria è
pari al 55,1% mentre nell’indice Cciaa-Irs al 39,3%; l’indice totale
Confindustria è quindi fortemente influenzato dalle fluttuazioni
delle quotazioni petrolifere, rispecchiando la situazione dell’import
italiano di fine anni Ottanta.
Dal confronto tra i nuovi indici con quelli Confindustria (vedi le
Figure 1 e 2), emergono le seguenti considerazioni:
- nel lungo periodo i due indici presentano il medesimo andamento;
- i due indici producono le stesse fluttuazioni cicliche;
- l’indice Cciaa-Irs tende a smussare sensibilmente le oscillazioni
registrate dall’indice Confindustria.
In particolare si osserva una differenza sostanziale fra gli indici
relativi al totale esclusi i combustibili e gli energetici. Per
quanto riguarda questi ultimi si ha un andamento solidale per tutto
il periodo considerato. Nel confronto fra le due serie storiche degli
indici (1990-1995) è stato impiegato per l’indice della Camera di
Commercio il valore medio unitario del petrolio, e quindi quotazioni
in lire, il che avvalora l’ipotesi precedentemente esposta secondo la
quale il rapporto tra andamento delle quotazioni internazionali e
dinamica del costo effettivo è molto stretto. Pertanto, il prezzo che
l’industria italiana paga per approvvigionarsi di tali prodotti
corrisponde sostanzialmente al valore che emerge nei mercati
internazionali con l’applicazione del tasso di cambio.
Il confronto relativamente ai due indicatori totali esclusi i
combustibili mostra invece una relazione non immediata tra le
quotazioni internazionali delle materie prime non combustibili e i
costi sostenuti dalla nostra economia per l’approvvigionamento. Il
differenziale fra gli indici che emerge dalla fine del 1992
contribuisce ad avvalorare l’ipotesi che la sostanziale stabilità
del tasso d’inflazione degli anni ’93 e ’94 - nonostante una delle
più forti svalutazioni della nostra storia recente - sia stata
dovuta, oltre che a fattori moderatori insiti nella situazione
congiunturale, ai ritardi con cui è avvenuta la traslazione delle
oscillazioni dei tassi di cambio sui prezzi effettivamente pagati.
L’indice Confindustria esclusi i combustibili del settembre ’93
registra un incremento percentuale tendenziale del 26%, contro il
14% dell’indice Cciaa-Irs. A dicembre ’94 la variazione su dicembre
’92 è stata rispettivamente del 50% e del 42% a indicare che quasi
tutte le variazioni risentite nei mercati internazionali si sono
traslate sui prezzi pagati dalla nostra economia. In seguito alla
risalita dei costi delle materie prime avvenuta tra il 1993 e il
1994 il differenziale tra i due indici si è ulteriormente
incrementato, evidenziando il potenziale inflativo presente nella
filiera delle materie prime ma non ancora giunto ai prezzi in lire.
Nel 1995 esiste ancora una scollatura tra i due indicatori che non
sembra ridursi.
L’analisi degli ultimi dati disponibili (Tabella 2) mette in evidenza
come nell’ultimo anno le variazioni tendenziali dell’indice Cciaa-Irs
totale esclusi i combustibili, siano dal mese di gennaio a giugno
sistematicamente superiori rispetto a quelle registrate dall’indice
Confindustria. Cioè l’indice che rappresenta il costo pagato
dall’industria italiana per l’acquisto di materie prime presenta
tassi di crescita maggiori rispetto all’indice Confindustria nei
primi mesi dell’anno.
Si assiste a una inversione della tendenza che aveva visto l’indice
Confindustria totalizzare variazioni medie sempre superiori a quelle
dell’indice Cciaa-Irs. Questo risultato indica che il costo sostenuto
dall’industria nazionale per l’acquisto di materie prime non
energetiche, ha subìto all’inizio del ’95 degli incrementi anno su
anno maggiori rispetto a quelli registrati dalle quotazioni in
dollari e dalle oscillazioni del tasso di cambio. Si evidenzia quindi
come nel periodo considerato si siano ripercossi sui prezzi pagati
per le materie prime gli aumenti, che erano probabilmente
antecedenti, delle quotazioni internazionali o le oscillazioni dei
tassi di cambio.
Si osserva inoltre come le variazioni congiunturali dei due indici
non sempre evidenziano la stessa dinamica, avvalorando ulteriormente
l’ipotesi di esistenza di vincoli contrattualistici e clausole che
limitano gli effetti del rischio di cambio e di repentine variazioni
dei prezzi all’origine.
Conclusioni
La predisposizione del nuovo indice dei prezzi delle materie prime da
parte della Camera di Commercio, sembra soddisfare diversi requisiti.
Innanzitutto l’indicatore assume una doppia valenza: operativa e
conoscitiva. Da una parte infatti è uno strumento di sicuro interesse
e utilità per gli operatori i quali potranno valutare l’andamento dei
costi di approvvigionamento delle materie prime effettivamente
sostenuti dalla nostra economia - prescindendo dall’effetto di tutta
la contrattualistica dei rapporti di fornitura - e quindi disporre di
maggiori informazioni per valutare la dinamica reale del sistema
economico e per indirizzare le scelte potilico-economiche.
D’altra parte, l’indice potrebbe essere oggetto d’interesse degli
studiosi in quanto, attraverso l’utilizzo di tecniche econometriche,
si presta a essere strumento di previsione. Possono quindi essere
prospettati scenari e valutate le conseguenze di shock delle
variabili esogene sui prezzi per le materie prime pagati
dall’industria importatrice, si può inoltre quantificare il
potenziale inflativo presente al primo livello della
commercializzazione nonché i futuri tempi di trasferimento e quindi
aumentare le informazioni disponibili per comprendere la dinamica
inflazionistica nazionale.
L’indice dei prezzi delle materie prime costituisce inoltre un
esempio tra le possibili valorizzazioni delle potenzialità
informative detenute dal sistema camerale. L’utilizzo delle
rilevazioni contenute nei Bollettini per la costruzione
dell’indicatore aggregato consente infatti di utilizzare una parte
del cospicuo patrimonio informativo di cui la Camera dispone in tema
di prezzi, il cui risultato può essere sottoposto ad una costante
verifica qualitativa, ad esempio attraverso il confronto
sull’andamento di lungo periodo con gli indicatori
disponibili.L’indice sarà tempestivamente computato e diffuso dalla
Camera di Commercio che ne curerà la rappresentatività nel tempo e la
verifica della significatività rispetto al fenomeno che vuole
sintetizzare. La predisposizione del nuovo indice si colloca quindi
tra i servizi diretti che la Camera offre in termini di monitoraggio
e di informazione economica e non è escluso che l’indice delle
materie prime costituito secondo le linee descrittive diventi un
importante punto di riferimento in materia nel nostro Paese.
Alessandra Romanò