di Cesare Saccani
LO SCENARIO COMPETITIVO INTERNAZIONALE
Il crollo dei sistemi a economia pianificata ha dissolto la grande
contrapposizione tra i due blocchi politici e ha generato un processo
di multipolarizzazione dei sistemi economici a livello di macro aree
geografiche (Unione Europea, Nafta, Asean eccetera).
In questo processo si possono evidenziare alcune tendenze in atto tra
cui:
- crescita elevata dell’interdipendenza economica mondiale;
- bassa crescita economica dei Paesi a sviluppo industriale più
maturo;
- tassi di crescita elevati soltanto per Paesi a sviluppo industriale
più giovane (Cina e India su tutti);
- produzione di massa nei Nic’s (New Industrialization Countries)
anche per prodotti a elevato contenuto tecnologico (esempio:
elettronica);
- spostamento progressivo e focalizzazione in settori science based
and brain intensive nei Paesi a sviluppo più avanzato.
La globalizzazione delle reti di cooperazione, sia nello sviluppo di
conoscenza (esempio: R&S e progettazione) sia nell’applicazione
(produzione-logistica), è diventata una necessità. L’asset primario di
un’azienda diventano sempre più le informazioni e le persone (non le
macchine).
Due esempi aiutano a comprendere la portata del cambiamento in corso.
La Kodak ha tre centri di ricerca primari (Giappone, Europa e Stati
Uniti). Lo sviluppo di un progetto viene svolto da tre gruppi di
lavoro che lavorano in ciascuno dei laboratori per una durata di 8 ore
al giorno. Quando il team europeo termina il lavoro giornaliero
trasmette i risultati a quello americano e quindi a quello giapponese.
Quando il team europeo ricomincia a lavorare al mattino successivo il
progetto ha ricevuto valore aggiunto da altre 16 ore di lavoro. La
riduzione del Time to market è drammatica.
I sistemi di produzione stanno passando da local for global (prodotti
nazionali - produzione nazionale - mercati internazionali) a global
for global (prodotti multilocali - produzione multilocale - mercati
globali). Il modello Fiat 158, il cui lancio è previsto per il 1996, è
pensato da un team di progettazione che opera in diversi Paesi e la
sua produzione sarà effettuata (con le personalizzazioni per l’area di
mercato servita) in stabilimenti in Brasile, Marocco, Turchia, Polonia
e (forse) Cina.
La nuova sfida è quella di conciliare forme organizzative basate
sull’auto-organizzazione e sull’apprendimento, approcci manageriali
avanzati e nuove tecnologie per consentire all’uomo di sprigionare
tutta la sua creatività e capacità di generare valore. Tutto questo
dovrà accadere su scala planetaria.
Sul piano delle infrastrutture affinché questo avvenga si stanno
avviando i processi per la costituzione di reti globali di supporto
alle imprese. Il Vice Presidente americano Gore ha già annunciato in
una recente riunione del G7 (febbraio 1995) la costituzione di una
Infrastruttura Globale di Comunicazione e nel Rapporto Bangemann,
pubblicato dalla Commisione dell’Unione Europea, si fissa l’idea-
obiettivo della “Società dell’Informazione Globale”.
Gli investimenti infrastrutturali si inseriscono, almeno per quanto
concerne l’Europa, in un quadro di politica economica e industriale
che si impernia intorno a due obiettivi fondamentali:
- il progressivo rinnovamento della capacità competitiva delle sue
imprese;
- il consolidamento delle economie dei Paesi vicini (Est Europa, Nord
Africa e Medio Oriente) per evitare eventi (flussi di immigrazione
difficilmente controllati, tensioni etniche ecc.) incontrollabili.
L’Italia nel suo insieme non può permettersi di auto-escludersi dal
grande processo in corso e deve comunque cercare di valorizzare il
grande patrimonio che possiede basato sulle piccole imprese a elevata
flessibilità ed elevata imprenditorialità e propensione agli scambi
internazionali.
Per l’Amministrazione Pubblica si pone il problema di interpretare un
nuovo ruolo impiegando le diverse forme di sostegno possibili (per
esempio, finanziamenti, politiche di sostegno alla ricerca, servizi
reali alle imprese) per inserire l’Italia nelle grandi reti globali in
via di costituzione.
Per le imprese il compito è quello di rivedere, in tutto o in parte, i
propri approcci strategici imparando a gestire in modo efficace
soluzioni organizzative in grado di conciliare la cooperazione e la
competizione.
L’IMPATTO DELLA COMPLESSITA' SULLE IMPRESE
Fino a pochi anni or sono la complessità del quadro competitivo
consentiva alle imprese di conquistarsi uno spazio stabile sul mercato
perseguendo strategie molto focalizzate su una soltanto delle leve
competitive fondamentali: costo, qualità, innovazione e servizio.
Attualmente l’aumento vertiginoso della complessità obbliga le imprese
a mutare il proprio approccio competitivo e a sviluppare nuove
capacità.
Globalizzazione dei mercati, cambiamento continuo dei bisogni,
fugacità crescente delle opportunità di business, introduzione
continua di nuove tecnologie sono soltanto alcuni dei fattori che
spingono le imprese a perseguire l’eccellenza attraverso la
focalizzazione strategica su tutte le leve competitive citate a cui si
aggiungono la flessibilità e il tempo.
La complessità stimola (e in qualche caso impone) a porsi l’obiettivo
“ideale” di realizzare:
ogni prodotto (in infinita varietà) per ogni cliente (nel segmento di
mercato che si è deciso di servire) in ogni luogo (all’interno
dell’area geografica servita) in ogni quantità (inclusi lotti unitari)
e includendo qualsiasi servizio in ogni istante (possibilmente in
tempo reale) tenendo conto inoltre: della compatibilità ambientale,
della reattività ai cambiamenti tecnologici e dell’economicità.
Il raggiungimento di questo risultato è possibile attraverso:
Non solo | Ma anche |
– l’offerta di singoli prodotti/servizi – l’azione all’interno della struttura industriale esistente – l’adattamento all’ambiente – l’azione come una singola entità – la ricerca della leadership sul prodotto o sul processo |
– l’offerta di soluzioni globali – la partecipazione alla costruzione di nuove strutture industriali – l’auto-organizzazione – l’azione come partner in una rete – la ricerca della leadership su una competenza specifica |
I presupposti di fondo per sostenere con successo la nuova sfida
competitiva sono:
- massimizzare l’efficacia e l’efficienza del processo di
accumulazione di conoscenza (selezionando e distinguendo le
informazioni nel caos);
- massimizzare la velocità di impiego della stessa laddove richiesto
dal mercato (per cogliere opportunità di business sempre più fugaci).
La natura della conoscenza di cui si parla non è soltanto tecnica o
commerciale, nella quale spesso sono proprio i nostri imprenditori a
eccellere. Il riferimento è piuttosto alla conoscenza di natura
organizzativa legata alle capacità di apprendere, comunicare e
relazionarsi con altri, che consente la gestione efficace di
situazioni altamente complesse.
I princìpi guida intorno ai quali si possono sviluppare le capacità di
accumulazione di conoscenza e la gestione efficace della stessa sono:
- l’articolazione delle organizzazioni in reti di piccole unità
operative;
- la costituzione di network informatici “orizzontali” e non
gerarchici;
- lo sfruttamento “attivo” del cervello di ogni persona
nell’organizzazione.
Nelle realtà industriali emergenti l’organizzazione sta mutando
profondamente.
Uno stesso gruppo di persone produce sia il software che l’hardware di
un prodotto (oggi il software è invece prodotto “negli uffici” e
l’hardware “nei reparti produttivi”).
Le persone si aggregano in funzione dei problemi/opportunità, anche a
lunga distanza, attraverso i network informatici, creando gruppi “ad
hoc” per ogni esigenza.
Gruppi di piccole aziende si combinano tra loro in vario modo in
funzione delle necessità. Così un’azienda può essere, rispetto a
un’altra, cliente e fornitore allo stesso tempo, concorrente o alleata
a seconda “dell’oggetto” di business del momento. I confini
territoriali si dilatano fino a scomparire. Le imprese tendono a
integrare i propri processi operativi su scala planetaria. È normale
che allo sviluppo di un nuovo prodotto partecipino simultaneamente
persone che si trovano a migliaia di chilometri di distanza.
La “piccola scala” diventa la norma resa possibile dalla tecnologia
della microelettronica, dall’interazione stretta col mercato e dalla
mutua interdipendenza di produttori e consumatori, possibilmente anche
fisicamente più vicini.
I casi di aggregazioni temporanee di alcune imprese che, per sfruttare
un’opportunità di business del mercato, agiscono come fossero un’unica
impresa sono sempre più frequenti. Siamo in presenza delle “aziende
virtuali”.
Queste nascono e si sviluppano all’interno di reti integrate a diversi
livelli lungo una stessa catena di business costituite da nuclei
interattivi, articolati in gruppi e sottogruppi, che condividono
alcune infrastrutture (sistemi informativi, sistemi gestionali,
valori) e sono in grado di rispondere creativamente ai continui
cambiamenti di scenario e mercato (fatto da considerare normale).
Questo tipo di “rete” viene definito “sistema olonico” ove a circolare
sono le informazioni piuttosto che i beni fisici.
Per queste ragioni la progettazione e l’introduzione di infrastrutture
di reti che supportino il collegamento e l’interazione tra gruppi di
imprese in Paesi diversi diventano prioritarie.
Nel nuovo ambiente di business occorre:
1) essere consapevoli del grande cambiamento necessario;
2) acquisire visioni di lungo termine a livello globale;
3) investire sui sistemi di preparazione del lavoro (dal Cad/Cam al
Cad/Cae) più che sugli impianti produttivi;
4) spostare l’enfasi dall’hardware al software;
5) integrare fortemente tutti i processi operativi (progettazione,
vendite, produzione e gestione dei materiali) lungo intere catene di
business;
6) aggregare interi gruppi di imprese su scala internazionale;
7) riportare l’uomo (e non la macchina) al centro dell’attenzione;
8) rendere i sistemi di produzione altamente adattabili a molti tipi
di cambiamento;
9) prevenire gli effetti negativi sull’ambiente e sul luogo di lavoro.
I PERCORSI SEGUITI DAI LEADER
Per vincere le sfide imposte dal nuovo ambiente di business le imprese
(grandi e piccole) di tutto il mondo si stanno attrezzando seguendo
percorsi e logiche diversi che tuttavia presentano un denominatore
comune: la costituzione di reti integrate di piccole unità operative
che garantiscano elevata flessibilità, stabilità delle prestazioni e
rapidità di innovazione attraverso la capacità di collegarsi tra loro
in tempo reale quando richiesto dal mercato per cogliere le
opportunità che si presentano.
Le grandi imprese hanno avviato da tempo delle azioni di profonda
ristrutturazione intorno a:
- riprogettazione e semplificazione dei processi di business (Bpr);
- focalizzazione sulle attività a elevato valore aggiunto;
- esternalizzazione di quelle a basso valore aggiunto (outsourcing,
spin-off);
- appiattimento delle gerarchie (lean enterprise);
- decentramento dei poteri decisionali;
- integrazione operativa con intere reti di fornitori (Comakership e
Prosumership).
Queste imprese possono sfruttare la presenza, al loro interno, di
maggiore “intelligenza strategica” e di una maggiore dotazione di
infrastrutture di collegamento che favoriscono la realizzazione di
processi organici di destrutturazione e articolazione in rete.
L’intelligenza strategica è particolarmente importante nelle attività
di:
- elaborazione di vision di medio-lungo periodo sull’evoluzione attesa
del sistema di business d’appartenenza;
- pianificazione (definizione del deployment degli obiettivi e delle
azioni);
- controllo (monitoraggio di tempi e costi del processo di
ristrutturazione e articolazione).
Le imprese che hanno saputo meglio di altre trasformare la struttura e
la strategia competitiva hanno recuperato importanti vantaggi di
costo, di differenziazione, di innovazione e di flessibilità (sui
volumi e sul mix) entrando in nicchie di mercato da sempre lasciate al
presidio delle piccole e medie imprese (Pmi).
Per le piccole e medie imprese, che attualmente possono ancora
competere soltanto sui costi o sulla flessibilità, si presenta il
rischio di perdere progressivamente spazi di mercato occupati da
sistemi integrati di imprese di maggiori dimensioni.
La spiccata imprenditorialità individuale, tradizionale punto di forza
della nostra Pmi, rischia di non essere più sufficiente se non viene
valorizzata all’interno di sistemi integrati aperti alla
partecipazione di altre imprese.
In effetti alcune esperienze di successo maturate proprio in aziende
di piccola dimensione mostrano l’urgenza di un nuovo salto qualitativo
della capacità imprenditoriale consistente nel perseguire strategie
basate sulla aggregazione e sull’integrazione dei processi operativi
con altre imprese senza rinunciare ai vantaggi della piccola scala
(flessibilità, reattività e bassi costi).
La scelta è dell’aggregazione spontanea tra imprese fondata su:
- integrazione dei processi operativi (progettazione - produzione -
logistica);
- armonizzazione dei sistemi gestionali e di controllo;
- condivisione di valori e di processi di apprendimento;
consente di aggirare i limiti strutturali della Pmi (bassa
capitalizzazione media, proprietà familiare) e gli ostacoli degli
elevati costi (finanziari e organizzativi) derivati dalle strategie di
crescita per linee interne senza per questo ridurre la tradizionale
flessibilità e reattività.
Questa via non è immune da insidie (dovute a elevato individualismo,
sfiducia verso la collaborazione, resistenza a investire su
infrastrutture di rete, i cui vantaggi sono da condividere con altri
e, soprattutto, non sono visibili nel breve termine ecc.) ma le
esperienze maturate dalle imprese che hanno avviato questo tipo di
integrazione strategica hanno dimostrato la consistenza dei vantaggi
economici che si possono ottenere.
Attraverso l’aggregazione sui processi operativi è infatti possibile
coniugare tutti i vantaggi della piccola dimensione
(imprenditorialità, flessibilità, reattività) con quelli della grande
dimensione (scambio continuo di informazioni, condivisione dei costi
per le infrastrutture, condivisione dei costi per la accumulazione di
conoscenza).
Per le Pmi appare tuttavia un problema di non facile soluzione: in
presenza di debole intelligenza strategica (per la elaborazione di
vision e di piani d’azione proiettati anche nel medio-lungo periodo) e
in assenza di unità di comando (per governare il processo di
aggregazione) è possibile costruire, possibilmente in modo
controllato, questo tipo di “reti”?
I NUOVI BISOGNI DELLE PMI
Effettivamente, come si è detto sopra, la scelta dell’aggregazione e
dell’integrazione dei processi operativi tra Pmi richiede
l’acquisizione di nuove capacità a diverso livello.
Un elenco sommario dei bisogni emergenti per le Pmi comprende fattori:
A) Culturali
– Pensiero sistemico per comprendere le dimensioni del cambiamento in
atto e il sistema di riferimento all’interno del quale si agisce;
– Capacità di apprendimento rapido per acquisire rapidamente le
informazioni che servono per sfruttare le opportunità di business;
– Capacità di relazione con altri per sfruttare al massimo i vantaggi
della condivisione della conoscenza;
– Statistica per aumentare la comprensione della variabilità delle
reti dei processi.
B) Strategico organizzativi
– Visioning per elaborare quadri strategici di riferimento validi nel
medio-lungo periodo;
– Networking per costituire aggregazioni di imprese;
– Pianificazione per governare meglio i tempi e le modalità di
aggregazione e di integrazione dei processi;
– Definizione di regole comuni per governare in modo efficace il
comportamento della rete e dei singoli nodi rispetto alla concorrenza.
C) Operativi
– Analisi di mercato per conoscere in profondità le dinamiche,
esplicite e implicite, dei bisogni del cliente, delle sue aspettative
e del suo grado di soddisfazione;
– Progettazione per accelerare i tempi di ingegnerizzazione di un
nuovo prodotto attraverso la riprogettazione parallela e integrata di
tutti i componenti e parti;
– Pianificazione per sincronizzare le attività produttive e i cicli di
lavorazione riducendo le scorte intermedie e reagendo efficacemente
agli eventi imprevisti;
– Qualità per garantire uno standard qualitativo adeguato e accettato
dal cliente minimizzando i costi globali per le attività di controllo.
L’impresa di piccole dimensioni è in grado di soddisfare questi
bisogni? Quale funzione deve assolvere l’Amministrazione Pubblica?
Di fronte a questo nuovo scenario la risposta alla complessità non
riguarda soltanto le imprese, chiamate a rivedere profondamente il
proprio modo di agire, ma anche la stessa Amministrazione Pubblica
(Ap), spinta a verificare l’appropriatezza delle strategie di supporto
allo sviluppo delle Pmi nelle sue diverse forme (finanziamenti e
servizi reali).
LA SITUAZIONE ATTUALE DEI SUPPORTI PUBBLICI ALLE IMPRESE
In linea generale gli interventi a sostegno delle Pmi nel nostro Paese
presentano, alcune caratteristiche peculiari tra cui:
- prevalenza di azioni finalizzate al breve periodo (tattiche)
rispetto a quelle finalizzate al medio-lungo (strategiche);
- debole coerenza strategica e operativa tra le azioni stesse;
- scarsa attenzione alle soluzioni adottate a livello internazionale;
- focalizzazione sulla soddisfazione di bisogni espliciti delle
imprese rispetto a quelli latenti.
Gli interventi di sostegno alle Pmi privilegiano in genere quelli
finalizzati a soddisfare bisogni espliciti richiesti direttamente dal
mondo imprenditoriale. Ovviamente questo tipo di azioni è più facile
da pianificare e gestire, la valutazione del loro impatto è più
immediata e la loro efficacia nel breve periodo è, in molti casi,
notevole.
Viceversa le azioni caratterizzate da una maggiore proiezione in
avanti nel tempo e da una valenza più fortemente strategica e
orientata a sostenere i processi di internazionalizzazione, rispondono
invece a bisogni che si trovano allo stato latente in quanto non
ancora del tutto espressi da parte delle aziende.
Questo tipo di azioni è più difficile da identificare e presuppone, da
parte degli amministratori pubblici, una profonda comprensione delle
tendenze in atto nel mondo industriale e, soprattutto, una notevole
capacità di elaborazione di visioni in grado di anticipare i trend
futuri.
Vale la pena svolgere su queste basi alcune considerazioni.
Normalmente, in presenza di bisogni espliciti da parte delle imprese,
il mercato dei servizi alle imprese (compreso quello della consulenza)
è in grado di auto-organizzarsi e di generare rapidamente una capacità
di offerta di servizi in grado di soddisfarli e di coprire, in tempi
rapidi, i costi sostenuti per l’investimento in attrezzature e
formazione delle persone. Casi tipici, in questi ultimi anni, sono il
mercato della consulenza sulle Iso 9000 e sulla certificazione dei
prodotti obbligatoria (esempio: macchine).
È utile sottolineare che il momento in cui i bisogni delle imprese
diventano espliciti è successivo al momento in cui si sono registrati
i presupposti per la loro nascita e i bisogni si trovavano allo stato
latente.
L’attuale velocità di cambiamento ambientale impone invece nuove
priorità tra cui:
- anticipare i bisogni latenti;
- investire maggiormente, accettandone i rischi, in conoscenza e in
tecnologia;
- diffondere più rapidamente le soluzioni in linea con quelle
emergenti a livello mondiale nei Paesi più avanzati.
Nel settore privato, l’investimento in nuovi servizi alle imprese ad
alto contenuto di tecnologia e di know-how è sostenuto prevalentemente
da imprese che possono permettersi cicli di Roi (Return On Investment)
più lunghi rispetto a quelli dei concorrenti.
Una delle conseguenze naturali è la lenta disseminazione di know-how
avanzato (normalmente accessibile soltanto ai “clienti” di dimensioni
maggiori).
DUE ESEMPI: I CENTRI DI SERVIZI REALI E I SUPPORTI ALL’INNOVAZIONE
A titolo di esempio citiamo due soluzioni: i Centri di Servizi alle
imprese partecipati da Enti locali (Regioni, Camere di Commercio ecc.)
e le leggi regionali a supporto dell’innovazione (di prodotto, di
processo e manageriale) nelle Pmi.
In molte regioni sono state create delle reti di Centri di Servizi
alle imprese per l’innovazione (tecnologica e manageriale).
La loro azione strategica dovrebbe essere subordinata al perseguimento
di un unico obiettivo: anticipare i bisogni emergenti delle imprese e
investire su progetti e servizi mirati a diffondere gli approcci
manageriali e le tecnologie più innovative per consentire loro di
integrarsi sul nuovo scenario economico mondiale.
La logica di fondo dovrebbe essere quella della sperimentazione
continua di nuovi servizi da mantenere fino al momento in cui la
domanda di servizi passa dallo stato latente a quello esplicito e il
mercato dell’offerta privata si consolida. Si giustifica in questo
modo l’allocazione di risorse pubbliche su servizi a elevato contenuto
di conoscenza e di tecnologia e un ciclo del Roi per la formazione del
personale, l’acquisto di attrezzature e la sperimentazione di nuovi
servizi più lungo e a maggior rischio.
Quello che si verifica nella realtà è molto diverso. Tranne poche
eccezioni, i Centri di Servizi, pur avendo alle spalle il sostegno
pubblico, presentano una forte focalizzazione della propria attività
su servizi tradizionali entrando spesso in concorrenza diretta con il
mercato privato. La forza propulsiva sul sistema industriale si
attenua. Gli investimenti in formazione avanzata del personale si
riducono al minimo e la capacità di realizzazione di progetti
innovativi è sempre più scarsa. L’azione si esaurisce nel servizio a
piccoli gruppi di imprese locali su progetti “a basso contenuto di
innovazione” e a “basso rischio” con debolissimo respiro sia nel tempo
(eccesso di focalizzazione sul breve periodo), sia nello spazio
(debole proiezione su scala internazionale).
In questo quadro il sistema industriale sostiene di fatto alcuni costi
impliciti:
- la distorsione della concorrenza sul mercato privato dei servizi
alle imprese;
- l’insufficiente supporto al processo di innovazione dei servizi
stessi;
- l’insufficiente integrazione nei mercati internazionali.
L’effetto più evidente è quello che i Centri di Servizi, anziché
seguire una strategia basata sul cambiamento continuo per mantenere la
posizione d’avanguardia rispetto al sistema industriale di
riferimento, finiscono, in molti casi, per focalizzarsi su strategie
di stabilizzazione che li porta rapidamente ad allontanarsi dalle
imprese e a perdere così la funzione propria di innovatori.
Un secondo ordine di considerazioni può essere svolto sulle forme di
incentivazione pubblica.
La logica di distribuzione di risorse (sempre più scarse) alle imprese
si basa su princìpi di:
- focalizzazione su attività con un limitato ambito di riferimento
all’interno dell’azienda (ottimizzazione della funzione);
- bassa selettività (con conseguente possibilità di concedere delle
risorse a imprese non meritevoli e diminuzione delle risorse a
disposizione per quelle più interessanti).
Tali princìpi non sono discutibili a priori ma suscitano una domanda
fondamentale: è più opportuno concentrare le risorse (sempre più
scarse) su azioni generiche e finalizzate a favorire “l’adeguamento
della retroguardia” del sistema produttivo oppure dirottarle, in modo
più mirato, su settori e imprese che desiderano sperimentare soluzioni
di avanguardia sul prodotto (o sul processo, o sull’organizzazione)?
In altre parole: l’Amministrazione Pubblica deve limitarsi a svolgere
un ruolo di follower, e perseguire una strategia adattativa
consistente nell’offrire dei supporti per soddisfare bisogni reali
(entrando, se necessario, anche in concorrenza con il mercato
privato), oppure di “innovatore” (nel senso shumpeteriano del
termine), e perseguire una strategia basata su servizi innovativi tesi
ad anticipare bisogni futuri?
LA SCELTA STRATEGICA DEL SUPPORTO PUBBLICO ALLE IMPRESE: FOLLOWER O INNOVATORE
L’azione strategica e operativa di un’Amministrazione Pubblica che
decide di svolgere il ruolo di follower è caratterizzata
dall’obiettivo della disseminazione di know-how. In tal caso il
recupero (anche politico) dei costi è più immediato (efficacia nel
breve periodo) ma l’azione complessiva presenta una debolezza nei
confronti del sistema delle imprese di riferimento in quanto debole
nella anticipazione “dei bisogni” e in ritardo fisiologico rispetto
alla loro evoluzione (inefficacia nel medio-lungo periodo).
La misura dell’efficacia di una strategia basata sulla followership si
lega al “numero di imprese servite sul territorio per unità di tempo”
e all’impatto sul territorio dell’azione di disseminazione di know-
how.
Nel caso di Amministrazione Pubblica “innovatore” l’azione strategica
e operativa è guidata dall’obiettivo dell’innovazione e della
partecipazione alla produzione di know-how. Il ritorno sugli
investimenti è più dilatato nel tempo e più difficilmente misurabile
inoltre può forse creare problemi nel breve.
La misura dell’efficacia di una strategia basata sull’innovazione si
lega piuttosto alla “qualità” degli stimoli generati e indirizzati
verso la business community locale e alla capacità di sostenere un
ruolo trainante nell’introduzione e nella diffusione di approcci
manageriali avanzati e innovazioni tecnologiche.
Osservando il comportamento dell’Amministrazione Pubblica dei Paesi
più avanzati, in particolare Stati Uniti, Giappone, Francia e
Germania, è evidente uno spostamento progressivo degli obiettivi e
delle strategie dal ruolo di follower a quello di innovatore.
In effetti la scelta di privilegiare i servizi basati
sull’innovazione, sia del contenuto che del processo di erogazione,
favorisce la riappropriazione della dimensione “politica” nel senso
proprio del termine, ossia della capacità di anticipare le tendenze in
atto nei sistemi industriali per indirizzarne il sentiero evolutivo.
In Italia, a differenza di quanto accade in altri Paesi l’assunzione
del ruolo di “innovatore”, da parte dell’Amministrazione Pubblica, non
sembra essere perseguita con pari vigore.
IL NUOVO RAPPORTO CON LE IMPRESE: DA FORNITORE DI SERVIZI A PARTNER OPERATIVO
La trasformazione del ruolo dell’Amministrazione Pubblica da follower
a innovatore in un ambiente di business che tende sempre più a
caratterizzarsi per una forma di concorrenza tra sistemi implica la
necessità di cambiare prima di tutto il tipo di rapporto con le
imprese.
Da fornitore occasionale di servizi alle imprese sarà sempre più
necessario che le articolazioni territoriali dell’Amministrazione
Pubblica diventino partner stabili all’interno di sistemi integrati di
imprese.
Come si è detto, la sfida competitiva si sposta dalla concorrenza tra
imprese alla concorrenza tra sistemi di imprese. In questo contesto
anche l’Amministrazione Pubblica è chiamata a inserirsi in modo più
attivo e dinamico in tali sistemi.
Pertanto da “unità risorsa” l’Amministrazione Pubblica e, in
particolare, i Centri di Servizio, devono diventare dei veri e propri
“integratori di sistema” mettendo a disposizione di interi aggregati
di imprese:
- i supporti infrastrutturali per sostenere la competizione basata
sempre più sullo scambio delle informazioni e sempre meno sullo
scambio delle merci;
- l’intelligenza strategica necessaria per la pianificazione delle
azioni finalizzate alla costituzione delle aggregazioni di impresa;
- i servizi reali di supporto ai processi operativi (con particolare
attenzione al processo di progettazione e a quello logistico-
produttivo).
Questo tipo di rapporto presenta una valenza positiva sia per
l’Amministrazione Pubblica che per le imprese.
Per le imprese il vantaggio principale risiede nel fatto di disporre
di un partner in grado di assumersi gli oneri e i rischi di
investimento per accumulare:
- know-how avanzato sugli approcci manageriali (da mettere rapidamente
al servizio degli operatori);
- tecnologia infrastrutturale avanzata a supporto delle reti;
- know-how tecnologico su prodotti/processi da trasferire in tempo
reale a esse.
Per l’Amministrazione Pubblica l’interazione continua col mondo delle
imprese consente invece di:
- migliorare la percezione dei bisogni delle imprese, espliciti e
latenti;
- migliorare l’efficacia delle proprie azioni di supporto.
Il cambiamento del ruolo dell’Amministrazione Pubblica e del tipo di
rapporto intrattenuto da essa con le imprese è possibile attraverso
l’azione simultanea su alcune leve fondamentali tra cui:
- la costituzione di sistemi a rete focalizzati e realmente integrati
tra tutti i centri di produzione di know-how (esempio: università,
centri di ricerca ecc.) e i diversi centri di servizio alle imprese;
- la focalizzazione sulle strategie di sperimentazione e di
innovazione continua di nuovi servizi (senza per questo perdere
contatto con la realtà);
- l’adozione di logiche operative di tipo pull anche nei servizi.
In questo quadro emerge un dato fondamentale: la strategia
dell’innovazione continua e della partnership è possibile soltanto in
presenza di risorse umane di eccellenza.
Per svolgere nei confronti del sistema industriale il ruolo di
“innovatore” è necessario infatti disporre realmente, all’interno
della rete del sistema d’offerta, di tutte le competenze più avanzate
relative a:
- approcci manageriali avanzati;
- organizzazione e gestione dei sistemi di produzione e delle nuove
tecnologie;
- conoscenza profonda dei mercati internazionali.
Queste competenze non si possono acquisire in poco tempo ma è
necessario attivare un processo di progressiva riqualificazione del
personale dell’Amministrazione Pubblica, a partire dalla dirigenza,
anche attraverso una più marcata e continua interazione con le realtà
industriali più avanzate.
Soltanto in questo modo è possibile colmare il gap di credibilità e
autorevolezza che spesso penalizza l’Amministrazione Pubblica, anche
quando funziona bene, nei confronti delle imprese.
Le diverse fasi del processo possono essere supportate
dall’Amministrazione Pubblica attraverso una logica di servizi basati
sul massimo decentramento sul territorio fino ad aprirne l’accesso
diretto presso le imprese (sfruttando le tecnologie dell’informazione
e comunicazione).
Sul piano operativo le capacità fondamentali richieste per svolgere
efficacemente il supporto alle imprese diventano:
Visioning
Per formulare continuamente, con il coinvolgimento delle imprese più
evolute, le “vision” di medio-lungo periodo di interi sistemi di
business e per guidare le azioni operative che consentono di percepire
i bisogni latenti.
Project management and financing
Per coordinare in modo efficace la pianificazione e la realizzazione
di progetti complessi individuando le forme di copertura finanziaria e
accedendo con maggiore continuità alle risorse messe a disposizione
nell’ambito dei programmi comunitari e non.
Business Process Reengineering
Per stimolare l’analisi continua dei processi di business e per
partecipare alla ingegnerizzazione di intere filiere di imprese agendo
come catalizzatore di sistema e guida strategica alla definizione di
piani d’azione.
IL PROGRAMMA D’AZIONE DI UN’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA INNOVATRICE
La decisione di assumere un atteggiamento più marcatamente orientato
all’innovazione dell’Amministrazione Pubblica e alla partnership
(anche operativa) con il sistema industriale di riferimento porta alla
luce le priorità dell’azione operativa che sono:
- stimolare l’aggregazione tra imprese sul territorio;
- diffondere gli approcci strategici e le tecniche che consentono di
perseguire l’eccellenza;
- impiegare in modo creativo le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione;
- favorire il collegamento tra le reti locali e quelle internazionali.
A questo punto è possibile tracciare il quadro delle azioni possibili
riconducendole a tre indirizzi strategici fondamentali.
1) Stimoli all’aumento della competitività
In questo indirizzo rientrano le azioni che si pongono l’obiettivo di
stimolare globalmente l’aumento della competitività di un sistema
industriale.
Tra queste azioni si segnalano quelle più consolidate, anche a livello
internazionale (esempio: Premi per la qualità), e quelle in via di
sperimentazione (esempio: Excellence Rating).
2) Progetti di supporto all’aggregazione
In questo indirizzo si possono ricondurre quelle azioni che si
propongono di stimolare l’aggregazione di gruppi di imprese facendo
leva sull’abbattimento di alcuni costi (consulenza per la
pianificazione strategica), sulla raccolta e trattamento di
informazioni sul cliente (esempio: Customer Survey) oppure sulla
possibilità di acquisire un maggior numero di conoscenza grazie a
meccanismi di condivisione (esempio: Network Process Reengineering).
3) Supporti avanzati alla gestione operativa
Il terzo indirizzo è caratterizzato dai servizi avanzati, erogati dai
Centri di Servizi diffusi sul territorio, ai processi operativi delle
imprese e, in particolare, alla progettazione e alla gestione della
produzione.
In molti Paesi l’uso della telematica è entrato profondamente nel
cuore dei processi operativi delle imprese. Per le piccole imprese
l’investimento in attrezzature hardware e software è spesso
proibitivo. In America, in Giappone e anche in Europa sono sorti per
questo delle vere e proprie reti di Centri di Servizi multimediali ai
quali le piccole imprese accedono per usufruire di servizi utili in
diverse fasi della loro attività.
Tra le azioni più significative si possono segnalare la teledidattica,
i supporti alla pianificazione dei cicli di produzione e il supporto
all’azione di ricerca, sviluppo e progettazione parallela (Concurrent
engineering) attraverso la diffusione di Centri Servizi multimediali.
Questi centri diventano un punto di riferimento per Pmi che, pur
essendo fisicamente situate a centinaia di chilometri di distanza,
desiderano partecipare, nello stesso momento, a un’attività di
progettazione. In questo modo il Centro di Servizi si accolla una
parte degli oneri per l’investimento in hardware e software (magari
consorziandosi con i fornitori) mettendo a disposizione una ricca
libreria di tools di progettazione (Cad, Cae) e di prototipazione che
vengono attivati su richiesta dell’utente.
CONCLUSIONE
Il sistema di business sta mutando profondamente. La complessità dello
scenario cambia continuamente e le imprese sono indotte a modificare
gli assetti organizzativi, le strategie e le azioni operative. Le
tecnologie dell’informazione e della comunicazione mettono nelle
condizioni le imprese di integrare tra loro i processi operativi anche
a migliaia di chilometri di distanza.
In questo contesto anche l’Amministrazione Pubblica che intende
rinnovare in senso appropriato il proprio ruolo di supporto alle
imprese deve modificare i propri assetti organizzativi e strategici.
I cambiamenti più importanti che attendono la Amministrazione Pubblica
sono di natura strategica, da follower a innovatore, e di ruolo, da
fornitore occasionale di servizi “estraneo alle imprese” a partner
stabile e integrato in grado di partecipare “insieme alle imprese” al
processo di miglioramento della capacità competitiva a livello
globale.
La costituzione di una rete di Centri di Servizi collegati tra loro
attraverso le tecnologie della multimedialità, inserita in reti più
ampie su scala internazionale e accessibile direttamente alle imprese
diventa un passaggio chiave di questa strategia.
Anche le logiche di finanziamento alle imprese dovranno modificare il
tiro: dai contributi “a pioggia” al finanziamento di progetti
complessi finalizzati alla costituzione di aggregazioni di imprese in
cui nuove forme organizzative, approcci manageriali avanzati e
tecnologie della comunicazione e dell’informazione si coniughino tra
loro per consentire a esse l’ingresso in reti globali.
La nuova sfida competitiva è stata lanciata da tempo, le imprese si
stanno attrezzando ma hanno bisogno di un’Amministrazione Pubblica che
sappia assumere realmente un ruolo di vero e proprio “leader” del
processo di cambiamento. Ogni ritardo accumulato in questa fase sarà
difficilmente colmabile in futuro.