Impresa & Stato N°31 - Rivista della Camera di Commercio di Milano
PER MILANO UN URBAN CENTER ALL'EUROPEA
di Gavino Manca
COSA HANNO IN COMUNE, al di là del raffronto analitico che tra poco ne
sottolineerà similitudini e differenze, le esperienze di Urban Center
statunitensi che vengono presentate oggi?
Incontestabilmente, il fatto di essere, a prescindere dalle
specificità di vocazione e di funzioni che ciascuna di esse presenta,
dei laboratori di idee sulle città e sui loro possibili assetti,
fisici e funzionali.
Si tratta, senza dubbio, di "casi" ai quali dobbiamo guardare con
attenzione, per riflettere sulla valenza che la creazione di una
struttura di Urban Center potrebbe avere anche per la nostra città.
Ma bisogna tener conto, nella "lettura" di queste validissime
esperienze, del grado di complessità decisamente minore delle realtà
urbane statunitensi (sulle cui esigenze questi Urban Center sono stati
ritagliati) rispetto a quelle europee, tra le quali Milano si colloca.
Pur senza arrivare a teorizzare esperimenti di "clonazione" che
risulterebbero sicuramente poco efficaci, sarebbe quindi utile dare un
seguito a questo incontro, approfondendo con un ulteriore studio
l’analisi delle esperienze europee di Urban Center (a partire da
quelle francesi, tedesche e britanniche) dalle quali sarebbero forse
attingibili, da parte di Milano, anche spunti di carattere
organizzativo e operativo, oltre che concettuale.
Ma torniamo all’incontro di oggi. Per la ricchezza dei contributi che
ci propone, ritengo che esso debba rappresentare uno stimolo per una
riflessione, anche alla luce delle esperienze altrui, su Milano, sul
suo presente e sul futuro che vorremmo per essa.
Da rappresentante del mondo produttivo, vedo due categorie di imprese
esprimere, nei confronti di Milano, una "domanda - certo non solo di
spazi insediativi - di città".
Quelle che hanno concentrato qui le loro risorse e le loro strutture,
che hanno scelto Milano come cuore della loro attività, che qui
operano e da qui allacciano i loro rapporti.
E quelle che, pur avendo sede altrove, guardano a questa città come a
un punto di riferimento nevralgico per accedere alle funzioni urbane
più qualificate, per dialogare con l’esterno, per affacciarsi al
mercato con la consapevolezza che poter contare su di un contesto
forte significa molto in una competizione sempre più nettamente
influenzata da fattori esterni all’azienda.
Entrambe si chiedono quale ruolo potrà giocare nei prossimi anni la
nostra città nel contesto europeo.
Entrambe guardano con attenzione alle sue potenzialità, legate alla
presenza di un mix di settori e di funzioni economico-produttive
estremamente ricco e interessante.
Pur con tutte le sue lacune infrastrutturali e funzionali, infatti,
Milano mantiene il suo carattere di città direzionale completa,
contraddistinta dal permanere di un articolato tessuto industriale
sempre più "immateriale" e dalla crescente presenza di un terziario
diversificato e qualificato: dal sistema bancario e finanziario alle
strutture borsistiche, dal commercio alle assicurazioni, dalla ricerca
scientifica e tecnologica alle università, per citare solo alcune
componenti.
Pesano, invece, i problemi derivanti da ritardi e omissioni che hanno
finito per limitare la funzionalità operativa della città, in termini
di carenze infrastrutturali, di difficoltà a livello urbanistico nel
rapporto tra settori operativi e residenza, di collegamenti inadeguati
quantitativamente e qualitativamente rispetto a un’area di riferimento
che va ben oltre i confini comunali e provinciali.
Viene da chiedersi, guardando a queste lacune e, insieme, alle
potenzialità della città, se ci sarà ancora nel futuro una domanda di
"produttivo" rivolta a Milano, e quali caratteristiche potrà avere.
Assolombarda sta lavorando su questo tema nella convinzione che,
recuperate le criticità oggi presenti, Milano non possa perdere una
componente strategica e così "vocazionale" per la città.
Bisogna cioè lavorare per creare uno scenario che restituisca a Milano
un ruolo di soggetto economico forte nella competizione
internazionale.
Le condizioni di questo processo possono essere costruite dallo stesso
sistema delle imprese milanesi, attraverso il consolidarsi di
specializzazioni produttive avanzate a livello europeo, il
rafforzamento della presenza di imprese leader, una maggior
interdipendenza del tessuto imprenditoriale locale, un’estensione dei
processi di internazionalizzazione.
Tutto ciò a condizione che il contesto metropolitano sia in grado di
favorire la valorizzazione delle diverse componenti che, insieme,
permettono agli operatori di esprimere al meglio tutte le loro
potenzialità.
Si tratta di un numero decisamente elevato di variabili, in molti casi
coincidenti con la realizzazione di interventi infrastrutturali
adeguati a supportare le molteplici e complesse dinamiche che hanno
luogo nella città.
Penso ad esempio a un sistema della mobilità urbana ed extraurbana
efficiente, al sistema aeroportuale e ai collegamenti internazionali;
penso a supporti avanzati per le comunicazioni e allo sviluppo
dell’information technology a uso degli operatori e dei cittadini.
E devo purtroppo rilevare che manca, a Milano, un punto di eccellenza
che svolga un ruolo di catalizzatore, di facilitatore dei processi che
portano a questi e ai molti altri interventi necessari, ai livelli più
diversi.
La città è rimasta per lungo tempo pressoché inerte. In termini
comparativi, quindi, ha fatto passi indietro rispetto ad altre realtà
urbane forti, con un duplice effetto negativo:
- rendere poco interessante per chi vi è insediato restare in un
contesto che spesso non soddisfa nemmeno i suoi bisogni di base;
- disincentivare chi potrebbe farlo a investire in grandi progetti,
per l’incertezza delle condizioni nelle quali l’investimento sarebbe
attivato.
Occorre dunque avviare e portare a compimento un sistema di azioni
finalizzato a rendere concretamente più appetibile, da parte di
Milano, l’ "offerta città" nel suo complesso.
Un’offerta che ha bisogno di almeno due tipi di intervento:
- un miglioramento globale della sua qualità effettiva;
- un miglioramento della sua visibilità e della sua immagine.
Per gli imprenditori e, più in generale, per gli operatori economici,
questi concetti hanno risvolti molto concreti.
Intervenire sulla qualità dell’ "offerta città" significa prima di ogni
altra cosa creare, nell’ambito di un rapporto chiaro e trasparente tra
cittadini o operatori e Amministrazione, condizioni e tempi certi per
la realizzazione degli investimenti. Diversamente, nessuno si sentirà
incentivato a realizzare quei progetti di ampio respiro senza i quali
Milano continuerà a non essere un punto di riferimento a livello
internazionale.
Agire sull’immagine della città vuol dire, a sua volta, ricostruire e
rendere visibile il volto di una metropoli vivace e ricca di stimoli
economici, culturali e sociali.
Entrambi questi compiti - parlo sempre dal punto di vista delle
imprese, che forse avvertono prima e con più forza di altri soggetti
il divario che ci separa da altri centri europei - potrebbero essere
assunti da un Urban Center milanese.
Una struttura che si faccia promotrice di progetti concreti, mirati,
anche di entità contenuta, purché contribuiscano realmente a
migliorare, nelle direzioni indicate, l’ "offerta città".
E purché, prima di tutto, sia chiara la strategia complessiva di
disegno del futuro del sistema urbano all’interno della quale devono
essere collocati. Una strategia senza la quale viene meno
l’indispensabile certezza sulle più importanti scelte nodali e sui
tempi della loro realizzazione.
Un Urban Center, dunque, con un ruolo estremamente operativo, che
lasci alle diverse e autorevoli sedi dove già esso si esprime il pur
doveroso dibattito sui problemi cittadini; soprattutto, che lasci alla
sua collocazione naturale - un Consiglio comunale capace e funzionante
- il compito di rappresentare e mediare i molteplici e differenti
interessi presenti nella città e intorno a essa.
Parlando del non sempre facile rapporto tra la città - intesa in
questo caso soprattutto come Amministrazione - e i suoi fruitori, io
stesso ho espresso più volte l’opportunità di dar vita a Milano a un
Urban Center, un sistema integrato di informazione e promozione
urbana.
Uno strumento finalizzato in primo luogo a favorire il rapporto tra
Amministrazione locale e cittadini sulla base di una crescente
trasparenza delle regole e delle procedure, attraverso una migliore e
più ampia circolazione delle informazioni.
Ma anche un centro operativo in grado di promuovere e realizzare
iniziative mirate di marketing urbano e promozione della città e della
sua immagine presso i potenziali investitori italiani e
internazionali, proponendo un’ "offerta informativa integrata" su
Milano e sulle opportunità di investimento e di business cui essa dà
accesso.
Io credo, in conclusione, che ogni soggetto pubblico o privato debba
assumersi in prima persona le responsabilità e gli impegni che
derivano dal ruolo occupato.
Solo a questa condizione, infatti, un insieme di interlocutori
autorevoli che dialoghi in modo ampio e costruttivo può (invece di
arrogarsi impropriamente compiti decisionali che spettano
istituzionalmente a specifici attori) contribuire a facilitare
l’accettazione di scelte e orientamenti, creando un consenso intorno
alle varie iniziative e promuovendone la realizzazione.
In questa stessa direzione, del "confrontarsi per fare", il mondo
imprenditoriale è disponibile a offrire il suo impegno per realizzare
a Milano una struttura di Urban Center fortemente operativa, orientata
verso l’attivazione di azioni concrete, mirate e puntuali.