vai al sito della Camera di Commercio di Milano

Impresa & Stato N°31 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

L'ESPERIENZA URBAN CENTER IN USA E' TRASFERIBILE A MILANO?

di Gianfranco Scurati


Alcune considerazioni sulla ricerca di Paolo Fareri Urban Center -l’esperienza statunitense presentata al convegno organizzato dallaCamera di Commercio il 18 maggio 1995.

L’INTERESSE PER GLI URBAN CENTER da parte dell’Aim - Associazionedegli Interessi Metropolitani - è vivo perché anch’essa opera conmodalità, su tematiche e in posizioni riconducibili ad alcune dellecaratteristiche degli Urban Center: la promozione di innovazione, lacapacità di offrire un tavolo neutrale ad attori di differenteprovenienza, il sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica, ilproporre all’Amministrazione locale progetti, iniziative, soluzioni.
Interessate e attente dunque sono state la lettura e le considerazionisulla ricerca di Fareri e da queste scelgo alcune riflessioni e spuntiche riguardano anche argomenti non di primo piano, ma che vale la penadi evidenziare.
Importanti sono i comuni denominatori o gli elementi di omogeneitàdegli Urban Center Usa che emergono dall’analisi vasta e dettagliatadi Fareri.
Nell’ambito di uno di essi, l’education, mi è sembrata significatival’esperienza della New School for Social Research di New York cheorganizza la Graduate School of Management and Urban Policy performare chi possa gestire in modo innovativo ed efficace le politichedelle Amministrazioni locali.
In una situazione in cui queste Amministrazioni hanno necessità dipersone altamente formate, master di questo genere sarebbero veramenteutili.
Altra caratteristica che si ritrova negli Urban Center è ilcoinvolgimento e la partecipazione dei cittadini nei processi diproposta, critica, progetto: dalle riunioni del "lunch con panino"organizzate dallo Spur di San Francisco, agli esami più raffinati etecnologici di Esc di New York e alle Community DevelopementCorporation emerge un tipico atteggiamento statunitense derivato pensoda situazioni di frontiera (i pionieri, i villaggi sperduti): allorala necessità di partecipare ciascuno per la propria parte, didiscutere il da fare, di prendere le decisioni in comune era un mododi vivere e talvolta di sopravvivere.
Atteggiamento, questo, cioè del farsi coinvolgere, che è unbell’esempio di civiltà e di maturità.
Ricorderei in questo contesto, per quanto concerne Milano, gliorganismi e i gruppi che fanno capo o promossi dalle Zone, anche sequesto ente è un momento istituzionale e quindi opportunamente daescludere dal concetto di Urban Center. Ritengo invece che la Zona,come luogo fisico e non come istituzione, possa costituire un punto diaggregazione e di riferimento come l’Urban Center Municipal ArtSociety di New York.
Un cenno merita il Design alert della Philadelphia Foundation forArchitecture che organizza referendum su pareri "contro" decisionidella municipalità, pareri elaborati dalla Foundation stessa. Ci vuoletutto lo spirito di democrazia e ingenuità Usa per attuare un similereferendum.
O la Foundation ha un equilibrio e un’obiettività grandissimi esoprattutto duraturi negli anni o il rischio di una possibilestrumentalizzazione è enorme. Però l’idea del referendum percartolina, la quale spiega il pro e il contro e dà anche un indirizzoè una forma di partecipazione che, al minimo, è "simpatica" e, piùseriamente, può essere positiva.
Un’attenzione particolare mi è stata poi sollecitata dallapartecipazione e dal coinvolgimento delle associazioni professionalinelle attività degli Urban Center. Mi riferisco in particolareall’Architecture in Education della Philadelphia Foundation forArchitecture, encomiabile per la sua consistenza e per il pubblico - iragazzi - cui è destinata. Mi è piaciuto il suggerimento di Farerinell’ultimo capitolo della sua ricerca di mobilitare a Milano taliassociazioni professionali.
Come ingegnere mi piace affermare che sarebbe auspicabile che venissepotenziata e attivata l’uscita degli ordini professionali degliingegneri e degli architetti dal proprio ambito tecnico/professionalee dalle funzioni istituzionali: l’esempio di Philadelphia dovrebbeessere portato a loro conoscenza...
Non possiamo escludere che anche negli Usa, al di là dei casi positivie di successo di cui Fareri ci ha dato un esempio emblematico, non visiano stati casi in cui le iniziative o le attività degli Urban Centernon siano state vincenti.
Questo per essere un po’ provocatorio e per dire che anche a Milano unUrban Center potrebbe trovare una difficile risposta per la scarsarecettività delle Amministrazioni locali a recepire proposte esuggerimenti da parte di queste entità.
Inoltre spesso le strutture decentrate o spontanee sono incapaci aessere obiettive e a rappresentare il pensiero medio della popolazioneinteressata al problema: altro fattore questo per non essere ascoltatidall’Amministrazione locale.
A Milano invece vi sono soggetti di tipo associativo orappresentativo, dotati di obiettività e autorevolezza, che promuovonoprogetti, formulano proposte, sviluppano iniziative, ma quale"ascolto" hanno avuto dalle Pubbliche Amministrazioni? in chepercentuale queste sollecitazioni sono state recepite?
Ricordo un esempio anche perché siamo ospiti della Camera diCommercio. La sua Consulta, circa un anno e mezzo fa, ha concluso unostudio condotto con "supertecniche" da Urban Center per individuarequali problemi della città di Milano fossero da affrontareprioritariamente (dalla consegna merci, ai collegamenti con gliaeroporti, dalle aree dismesse al centro congressi). Un lavoroimponente. Che fine ha fatto?
Al di là di questo esempio sarebbe interessante oltreché auspicabileche gli Amministratori presenti - in generale e non solo quelli diMilano - ci dicessero molto serenamente e obiettivamente come hannoreagito o come pensano di rispondere nel futuro a istanze, proposte etematiche che sono state o dovessero essere portate avanti epresentate loro da gruppi organizzati di cittadini o, domani, da unUrban Center.
Per l’aspetto del finanziamento, in Italia vi sono poche fondazioniveramente consistenti e tutte con filoni di attività già ben definitie che assorbono le risorse economiche.
Se però si dovessero costituire entità come Urban Center e la loropresenza e azione fossero efficaci, credibili e autorevoli, destinatea produrre una fattiva reazione dell’Amministrazione locale, ad averericadute positive nella vita della città nei suoi vari aspetti; sequesta azione fosse anche ben visibile e riconosciuta, allora pensoproprio che le poche fondazioni italiane si muoverebbero. E oltre allefondazioni si constaterebbe l’aiuto e i contributi di enti associativie di categoria come prospettato da Fareri.
E infine un accenno all’organismo che rappresento e che pensopressoché la totalità dei milanesi presenti conosca: l’Aim -Associazione degli Interessi Metropolitani.
È da otto anni che opera con ricerche, con progetti e iniziative,spesso, a livello di proposta e di promozione.
L’ultimo progetto realizzato è un’ampia indagine sulla consistenza evitalità degli artisti visuali operanti a Milano.
I questionari da noi spediti sono stati 1400, gli artisti che hannorisposto e sono stati inseriti in una banca dati sono oltre seicentocon una risposta che si avvicina al 50 per cento. È uscito un panoramainteressante e vivace che dimostra una consistenza di tutto rispettodi Milano come città di artisti e artisti designer, che si pone inposizione di alto livello in Europa.
Quattro mostre a cascata dedicate ai nuovi materiali, alla scultura,al design, ai libri e alla pittura, hanno dato conto di questa realtà.
Nei giorni scorsi la Sotis ha pubblicato nelle "Bagatelle" delCorriere della Sera un trafiletto brevissimo che concludeva: chi vuoleschedarsi come artista telefoni all’Aim.
Per colpa o merito della Sotis stanno piovendo le telefonate.
Noi abbiamo fatto tutto questo per attivare un tema che non eravisibile e valutato. Non siamo però in grado, né lo vediamo comenostro compito, gestire il seguito. È certo che con questa iniziativa,il circuito dell’arte a Milano verrebbe potenziato e le ricadutesarebbero oltre che di un’immagine anche economiche. Noi auspichiamoche qualcuno, e un Urban Center sarebbe il soggetto adatto, ci rilevida questo compito oramai gestionale.
E per concludere credo che noi tutti, che vogliamo una città piùefficiente, più ordinata, più pulita, più sicura e perché no più riccain sé e nei suoi abitanti, non possiamo dissociarci dalla MunicipalArt Society di New York quando chiede - anche se con un po’ di enfasicome dice Fareri - di voler una città dove i sogni possano vedere laluce del giorno, sogni di strade sicure e pulite, sogni di una cittàstupenda.