di Gianfranco Chierchini
QUALE URBAN CENTER A MILANO?
Alla luce di questo quadro, MeglioMilano presenta qui quello che
potremmo chiamare un percorso di avvicinamento all’Urban Center. E il
primo elemento riguarda la natura di Urban Center che meglio si
configura per Milano.
L’indagine di Fareri presenta funzioni di Urban Center tratte da
esperienze statunitensi assai diverse tra loro, da quella propositiva
nei confronti delle autorità a quella di sostegno alle sue decisioni,
a quella d’intervento rispetto a specifiche fasce di disagio.
Solo accennare a queste possibilità, senza prendere in considerazione
altre varianti, in particolare della Germania, crea una sorta di
disorientamento e assieme di desiderio a dar vita subito a un Urban
Center milanese che assommi in sé tutte le caratteristiche descritte.
Qualcuno potrebbe sostenere che Milano non abbia bisogno di una
struttura con queste molteplici funzioni?
È fin troppo ovvio sostenere che la scelta non può essere né casuale
("incominciamo da qualche parte, ma cominciamo") né, per così dire,
estetica ("ci piace di più un Urban Center con queste
caratteristiche").
MeglioMilano, accanto a limitate ma significative realizzazioni
finalizzate a "migliorare" la vivibilità urbana e soprattutto a
dimostrare che miglioramenti in apparenza complessi sono invece
possibili, ha favorito la riflessione su questo tema da tempo, ma in
particolare con due iniziative.
UN’ASU A MILANO
La prima è stata circa cinque anni fa, quando MeglioMilano presentò
un’indagine svolta in tre Paesi, Francia, Germania e Stati Uniti,
finalizzata a evidenziare il ruolo dei soggetti pubblici e privati
all’interno di quelle che abbiamo chiamato Asu, Associazioni di
Stimolo Urbano, che concorrono a risolvere problemi che la Pubblica
Amministrazione da sola non può affrontare.
Emergevano caratteristiche entrate di lì a poco nella cultura comune:
preponderante in Francia il peso della Amministrazione Pubblica,
addirittura di quella centrale, che attraverso l’Asu riesce a
intervenire sui problemi, coinvolgendo soggetti privati e la
collettività; all’opposto, negli Stati Uniti, determinante il ruolo
delle associazioni private con cui poi il potere locale interloquisce
e presta attenzione; più equilibrato in Germania il ruolo dei due
soggetti che di comune accordo decidono di dar vita a un’Asu e di
indirizzarla su questo o quel problema specifico.
La considerazione di fondo era che un’Asu come MeglioMilano non poteva
rientrare in nessuno dei tre schemi; semmai trovava una parziale
somiglianza con alcuni casi tedeschi, ad esempio con il Munchner
Forum, senza però poter contare su di una collaborazione strutturata
con l’Amministrazione Pubblica, come invece avveniva nella metropoli
bavarese.
Si rafforzava così in MeglioMilano l’orientamento iniziale emerso nel
confronto tra i suoi soci fondatori: svolgere una funzione di
"cerniera" tra cittadinanza e Amministrazione, tra i bisogni della
prima e i vincoli della seconda. I progetti sul traffico, ad esempio,
realizzati dall’associazione nella sua prima fase di attività, hanno
visto infatti la partecipazione di promotori privati e l’assenso del
Comune a specifiche iniziative.
PER "MILANO, CITTA' D’EUROPA"
Il secondo momento è stato il Convegno "Milano, città d’Europa",
organizzato da MeglioMilano lo scorso dicembre, in collaborazione con
uno dei suoi soci, la casa editrice Abitare Segesta, e, più che con il
patrocinio, con l’adesione politica dell’Amministrazione. Al Convegno
hanno tra l’altro partecipato diverse Asu, o Urban Center, di Francia
e di Germania, spiegando direttamente il modo con cui operano.
I progetti di Fiori, Guiducci e Morganti per dotare Milano di quelle
infrastrutture e di quei servizi che le permetterebbero di diventare
più europea, erano accompagnati dalle indicazioni di Camagni per
mettere in moto le necessarie risorse private; in un documento finale,
la cui lettura chiudeva i due giorni dei lavori, veniva indicata la
"metodologia" con la quale il Pubblico Amministratore dovrebbe
intervenire tra pianificazione urbana e project financing. Per
l’attuale dibattito, è opportuno qui riprenderne i punti salienti.
Chiarita la "vocazione" della città, che nel nostro caso vede una
sostanziale convergenza, dagli impieghi di tecnologia avanzata alla
produzione culturale nelle sue più diverse forme, l’Amministrazione,
veniva sottolineato, non può che dedicarsi ad accompagnare e a
rafforzare tale vocazione, attraverso articolati e organici programmi.
Il ricco tessuto sociale presente a Milano, per certi aspetti più
ricco che altrove, per quanto sopra detto, deve insomma sorreggere
l’Amministrazione in queste prospettive di realizzazione, esprimendone
direttamente i bisogni e realizzando così un "tavolo di lavoro" comune
che rappresenti un modello di democrazia avanzata. Aspetto questo di
cui non c’è molto da dubitare.
Più complessa, invece, è la realizzazione di quello che è stato
chiamato "ponte di comando": non si tratta di un nuovo organismo, ma
piuttosto di uno strumento all’interno dell’Amministrazione, della
stessa segreteria politica del sindaco, capace di individuare nei
diversi assessorati il responsabile operativo di un progetto e di
delegargli la realizzazione sino alla messa in opera finale. Lo si
chiami project leader, oppure manager, o in altro modo ancora, poco
importa: l’importante è che sia responsabile in toto della
realizzazione decisa e che risponda da tutti i punti di vista
dell’avanzamento dei lavori, delle difficoltà incontrate e delle
scelte adottate.
Crediamo che in questa prospettiva, certamente non semplice, ma per
molti versi obbligata, si debba inserire il dibattito sull’Urban
Center milanese e sul suo ruolo. Ruolo che potrebbe essere così
sintetizzato:
- Amalgamare e rendere compatibili fra loro i bisogni e le esigenze
che popolazione e determinati settori economici esprimono, rispetto a
uno specifico progetto. Tutti siamo d’accordo, ad esempio, che
Malpensa 2000 dovrà avere livelli di accessibilità elevati,
un’accoglienza adeguata, servizi alla persona e alle imprese
competitivi eccetera. Un Urban Center dovrà favorire un consenso
diffuso, presentare le alternative al "ponte di comando", avendo
esplorato con le diverse componenti economiche e sociali i pro e i
contro, e avendoli presentati al tavolo dei decisori, assieme ai
benefici, agli elementi caratterizzanti giudicati fondamentali, al
miglioramento della vivibilità complessiva dei cittadini eccetera.
- Sostenere, una volta compiute le decisioni, l’andamento della
realizzazione, favorendola con interventi di comunicazione, di
consenso, di monitoraggio, di raccordo tra i diversi Enti pubblici, i
settori economici coinvolti e l’opinione pubblica nel suo complesso.
- Far sapere ai potenziali utilizzatori che "quel" determinato
progetto si sta realizzando con quelle determinate caratteristiche,
con quelle possibilità di indotto, con quelle suscettibilità di
aggregazioni ecc., soprattutto con l’impegno a venire incontro alle
esigenze di ciascuno, sia esso fruitore, sia esso investitore.
È evidente che quest’ultima funzione attiene maggiormente alla politica
del marketing urbano, politica che si può sviluppare se il "quadro di
comando" funziona e se le sue decisioni sono il frutto di un dialogo
svolto in precedenza con le rappresentanze economiche.
Alla luce di quanto sin qui espresso, la situazione di Milano è, più
che debole, contraddittoria. Siamo infatti in presenza di notevoli
progettualità, anche di respiro, proposte dal mondo milanese, ma tra
loro non amalgamate, addirittura talvolta contrapposte. Inoltre, molti
Enti rappresentativi della società milanese hanno messo in moto
strutture operative, di cui oggi gli stessi promotori sono magari non
entusiasti, ma che rappresentano quella ricchezza, quel sottofondo che
possono sbloccare la situazione. Sempre, naturalmente, che la Pubblica
Amministrazione svolga la sua parte.
In questa prospettiva, un’Asu come MeglioMilano, che con la sua
funzione di "cerniera", oltre che con i risultati acquisiti e con la
metodologia ormai affinata, può far compiere passi avanti a questo
processo di crescita. Accanto al tema della mobilità, delle persone e
delle merci, si trova oggi impegnata sui temi ambientali, sul
miglioramento dei servizi al cittadino e alle imprese, sul
rafforzamento dell’offerta "città" ai suoi abitanti e ai suoi ospiti.
E sempre più spesso riceve sollecitazioni da parte delle Pubbliche
Amministrazioni locali, per collaborare a loro iniziative o per
svolgere proposte. MeglioMilano, che vede tra i suoi soci fondatori
Automobile Club, Camera di Commercio e Unione del Commercio, oltre
alle quattro Università milanesi, svolge già la sua parte, oggi di
“stimolo” e di realizzazioni “esemplari”, domani di intervento là dove
sarà giudicato più necessario da quel tavolo di lavoro ove le
rappresentanze politiche possano discutere con quelle economiche e
decidere sul futuro di Milano.
La strada non è semplice, ce ne rendiamo tutti conto, eppure Milano
possiede già molti strumenti per procedere in questa direzione.
D’altro canto, non esistono scorciatoie, nel senso che se all’Urban
Center si chiedesse di coprire le carenze decisionali, o di
sostituirsi a chi quelle carenze deve risolvere, esso sarebbe
destinato al fallimento, semplicemente perché gli si chiederebbe di
svolgere un ruolo che non è, né potrebbe esserlo, suo.