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Impresa & Stato N°30 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

REALTA' VIRTUALE E IMPRESA

di Nicoletta Vittadini


A PARTIRE DAL 1990, anno in cui il convegno Realtà Virtuale.
Simulazione, realtà, fantasia ha introdotto la tecnologia virtuale in Italia, si è assistito a una significativa esplosione di interesse (oggi in parte offuscato dall’attenzione alle reti informatiche) da parte dei media, degli ambienti accademici e di ricerca, e del mondo produttivo.
Da un lato questo interesse ha reso la definizione della Realtà Virtuale patrimonio comune della maggior parte dei lettori attenti di riviste e quotidiani, dall’altro, però, ha caricato il termine virtuale di una serie di valori che finiscono per renderlo poco significante. Virtuali, infatti, sono anche gli ambienti condivisi dagli utenti di Internet così come i giornali trasmessi via rete poiché si tratta di "oggetti" e "luoghi" indipendenti dallo spazio reale e non direttamente tangibili dagli utenti.
Non appare, quindi, inopportuno ribadire che con il termine Realtà Virtuale si intende definire un ambiente tridimensionale costruito all’interno del computer in immagini di sintesi e corredato da oggetti, che reagiscono all’intervento dell’uomo sulla base di regole di comportamento loro attribuite a priori. L’uomo può "entrarvi", muoversi al loro interno e interagire con ciò che vi trova toccando e spostando a suo piacimento.
Ci sono due modi per compiere questo salto nel virtuale. Con alcuni sistemi (attualmente i più diffusi) si indossa un casco dotato di visori stereoscopici posti davanti agli occhi dell’utente e di cuffie che veicolano immagini e suoni provenienti dal mondo virtuale. Si è così isolati dal mondo reale e "immersi" in un ambiente sintetico. Il casco è collegato al computer in modo che esso sia in grado di individuare la posizione della testa dell’utente e di calcolare le immagini da inviargli in risposta ai suoi movimenti. Inoltre, indossando un guanto collegato al computer da cavi in fibre ottiche si può vedere l’immagine di sintesi corrispondente alla propria mano e, muovendola, toccare e spostare gli oggetti (cfr. foto pag. 97)
Con altri sistemi, invece, l’immagine dell’utente è ripresa da una telecamera e inviata al computer che la "inserisce" nell’ambiente virtuale. L’individuo si vede così proiettato in un ambiente sintetico e muovendosi nel mondo reale fa muovere in esso il suo "alter ego" virtuale, come nel caso delle realizzazioni di Myron Krueger.
Gli ambienti tridimensionali costruiti all’interno del computer possono essere completamente fantastici e consentire di esplorare ambienti diversi per forma o per regole di comportamento da quello reale.
Si tratta dei casi che, alcuni autori, definiscono Realtà Artificiale. Oppure ci si può immergere in simulazioni di ambienti reali esistenti o che esisteranno - è il caso dei progetti architettonici - per studiarli o verificarne le caratteristiche e, in quest’altro caso, si potrà parlare di Realtà Virtuale anche se attualmente questa distinzione è poco utilizzata.
Infine questi mondi possono essere la sintesi in immagini di oggetti presenti in un luogo reale "visti"attraverso appositi dispositivi di cui è dotato un robot collegato al computer. In questo caso i movimenti compiuti dall’utente nel mondo virtuale sono in grado di guidare l’azione a distanza del robot consentendo quella che viene definita una Telepresenza.
La Realtà Virtuale, anche se apparentemente è una tecnologia estremamente giovane, non fa altro che portare a compimento alcune tensioni già presenti negli esperimenti di visione tridimensionale e di proiezione delle immagini a 360º degli anni Cinquanta e Sessanta. Ed è proprio negli anni Sessanta che iniziano ad agire i primi pionieri come Ivan Sutherland -creatore nel 1968 dell’"Head mounted display"progenitore di tutti gli occhiali e i caschi con cui oggi ci addentriamo nei mondi sintetici - e Myron Krueger, che negli stessi anni costruisce ambienti virtuali non immersivi come Videoplace.
È solo con gli anni Ottanta, però, che la Realtà Virtuale giunge a essere una tecnologia compiuta ed esce dai centri di ricerca militari e spaziali -dove è stata sviluppata negli anni Settanta- per giungere a presentarsi nella forma del primo sistema commerciale prodotto dalla Vpl di Jaron Lanier e Tom Zimmermann.
Grazie a questi cambiamenti la Realtà Virtuale assume una vita propria. La ricerca, prima confinata nei laboratori, inizia a preoccuparsi di acquisire una diffusione commerciale e di quali saranno i suoi possibili utenti.
In pochi anni nascono altri sistemi oltre a quello di Vpl, come il Virtuality prodotto dalla britannica WIndustries e il Provision della società Division Ltd, oltre a software che consentono la costruzione di mondi sempre più sofisticati e moltiplicano gli standard a disposizione degli sviluppatori di applicazioni. Parallelamente proseguono le ricerche finalizzate al miglioramento dell’interazione tra individuo e ambiente per arrivare ad agire nel mondo virtuale in un modo sempre più "naturale".
Vengono sviluppati caschi che consentono visualizzazioni sempre più efficaci utilizzando visori a cristalli liquidi o a tubi catodici. Si studiano forme di retroazione tattile e dispositivi in grado di registrare non solo i movimenti della mano, ma anche quelli di tutto l’avambraccio come nel caso delle interfacce progettate dall’Arts Lab della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Fino ad arrivare a interfacce che coinvolgono tutto il corpo restituendogli la sensazione del movimento nello spazio virtuale. Tra questi ultimi i dispositivi attualmente più avanzati sono il cybertron reso famoso dal film Il tagliaerbe che consente di muovere tutto il corpo dell’utente come se fluttuasse in uno spazio virtuale o la Personal Motion Platform sviluppata dalla Flogiston integrata anche nei simulatori utilizzati per l’addestramento degli astronauti poiché è in grado di riprodurre la posizione naturale del corpo in assenza di gravità.
Parallelamente si evolvono anche i sistemi non immersivi tra i quali Cave (Cave Audio-Visual Environment) sviluppato presso l’Università di Chicago, che restituisce una sensazione di immersione nello scenario sintetico senza l’utilizzo di apparecchiature complicate e ingombranti. Si tratta di una stanza dalle pareti retroproiettate con le immagini, che variano a seconda della posizione dell’osservatore munito di occhialini per la visione stereoscopica. Questo sistema, oltre che per applicazioni artistiche (cfr. foto pag. 99) è stato utilizzato per la modellazione molecolare, la visualizzazione di turbolenze nei fluidi e di organi del corpo umano nonché per verifiche di impatto ambientale ed ergonomiche.
Un ingombro ancora inferiore per l’utente, oltre a un più basso costo di implementazione è garantito dai sistemi di Realtà Virtuale desktop costituiti da simulazioni tridimensionali realizzate all’interno del computer in cui è possibile muoversi e agire al di qua dello schermo operando su mouse o altre interfacce appositamente studiate.
Le tendenze più recenti dello sviluppo tecnologico sono costituite, infine, dalla costruzione di ambienti virtuali di tipo non immersivo condivisibili in rete (cfr. foto pag. 99), e dalla cosiddetta augmented reality, ovvero la sovrapposizione di immagini generate dal computer e di immagini provenienti dal mondo reale.

LE APPLICAZIONI DELLA REALTA' VIRTUALE E IL RAPPORTO CON L’IMPRESA

Nell’ambito dei centri di ricerca legati all’attività spaziale e militare dove, come si è detto, la tecnologia virtuale viene inizialmente sviluppata, le principali applicazioni sono legate alla simulazione di situazioni reali a fini di addestramento (al volo piuttosto che alla permanenza in capsule spaziali) e alla sostituzione dell’individuo con un robot guidato a distanza in operazioni complesse o pericolose (per interventi di chirurgia sui campi di battaglia o di riparazione di navicelle spaziali in orbita).
Tali applicazioni, nonostante la loro estrema specificità, hanno tracciato la strada per quelle successive.
Il settore medico che fa uso di Realtà Virtuale, ad esempio, prendendo le mosse dalla telechirurgia si è allargato anche in altre direzioni dove si sfrutta la capacità della Realtà Virtuale di far compiere all’utente un’esperienza analoga a quella reale sia dal punto di vista percettivo che da quello emotivo. Si tratta degli usi nel campo della riabilitazione; della simulazione preventiva di interventi chirurgici (cfr. foto pag. 100) o, come nell’italiano progetto Virtabi, della cura dell’obesità (cfr. disegni pag. 101).
Parallelo è il lavoro dei centri di ricerca chimici e farmaceutici che scoprono la capacità della Realtà Virtuale di simulare gli esiti dell’incontro tra molecole diverse (tra cui quelle di un farmaco, ad esempio) rispettando le regole di comportamento reali degli oggetti coinvolti e, quindi, con valore scientifico.
Nonostante il campo si amplii e, in parte, si esca dai centri di ricerca queste applicazioni tendono a non incontrare la dimensione produttiva e a rimanere legate a un contesto non profit o almeno non direttamente commerciale.
Un più significativo incontro con la realtà d’impresa si ha, invece, sulla base di altre direttrici che, in gran parte si manifestano anche nella dimensione più specificamente italiana.
In una prima fase della diffusione della tecnologia piccole e medie realtà produttive - appartenenti al settore informatico - hanno iniziato a interessarsi alla Realtà Virtuale dal punto di vista della produzione di sistemi o della loro distribuzione a livello locale.
Se le aziende statunitensi che per prime si interessano a questa attività partono direttamente dalla dimensione produttiva (per la mancanza di prodotti da distribuire) in Gran Bretagna e in Italia, seppure con uno scarto di alcuni anni, si verifica un percorso differente.
In entrambe le nazioni si hanno alcune giovani società attive nel campo dell’informatica (come softwarehouse) o della comunicazione via rete (come fornitori di servizi su Videotext) che iniziano a importare sul mercato locale sistemi (hardware e software) sviluppati altrove. In Italia, tra il 1990 e il 1991 agiscono in questa prospettiva ad esempio Ars, Atma e R&C Elgra.
Ben presto, però, a questa attività si affianca quella di sviluppatori sia di applicazioni specifiche in collaborazione con i committenti, sia di software innovativi (ad esempio per l’illuminazione degli ambienti virtuali, nel caso di Atma, o per la diffusione del suono nel caso di Ars).
Questo stesso percorso, che parte da un primo approccio con il mondo dell’informatica legato ad altre attività, approda all’importazione di sistemi stranieri e si apre a uno sviluppo in diverse direzioni, è proprio anche di realtà aziendali di più recente costituzione (Virtek, Bios Informatica, Virtual Design di Compugraph, Nauta e Infobyte).
Queste stesse realtà imprenditoriali si orientano, poi, (in Italia a partire dal 1994) verso la produzione di hardware, e soprattutto di interfacce come caschi e guanti a basso costo (cfr. foto pag. 103).
A seguito della nascita di queste attività di importazione e di sviluppo di applicazioni (e talvolta di hardware) si aprono alcuni nuovi settori di mercato e si manifestano alcune particolari esigenze.
Il primo ambito (tuttora trainante) del mercato dei sistemi di Realtà Virtuale è quello dell’intrattenimento.
Esso offre, dal punto di vista della società che importa il sistema, il vantaggio di vendere o noleggiare l’hardware e il software ludico (spesso prodotto dalla stessa casa madre) così come sono. Per chi lo acquista o noleggia, invece, costituisce un’occasione di immediata applicazione senza bisogno di alcuna ristrutturazione di processi o spazi (i sistemi vengono collocati, infatti, nelle grandi sale giochi).
Il secondo ambito del mercato delle applicazioni che si apre è quello dell’impresa produttiva.
Si tratta di un mercato complesso che presenta diverse sfaccettature. Innanzitutto, a livello internazionale, si hanno tre "cavalli di Troia" della penetrazione della Realtà Virtuale nell’industria: la robotica; il Cad e i simulatori per l’addestramento.
La tecnologia virtuale, infatti, tende a essere utilizzata come un’ulteriore evoluzione di sistemi già presenti nella realtà produttiva o libero professionale, e si innesta in ambienti che presentano già una competenza rispetto all’uso delle tecnologie informatiche e una consapevolezza dei vantaggi che esse possono apportare, nonché, talvolta, che hanno già subìto una ristrutturazione in tal senso.
Rispetto alla robotica, la Realtà Virtuale si configura, come si è già detto, come strumento di controllo a distanza dei robot per consentire loro di agire al posto dell’uomo in ambienti pericolosi. In questo ambito, a livello europeo, è attiva la Gran Bretagna dove pionieri come Bob Stone dell’Advanced Robotics Research (oggi Intelligent Systems Solutions Ltd), già dal 1988, in collaborazione con la North Sea Diving Supervision, ha elaborato sistemi di telepresenza che sostituissero l’intervento umano nelle operazioni sottomarine.
Rispetto all’uso di sistemi Cad la Realtà Virtuale si configura come uno strumento per rendere più efficace e meno costosa la progettazione.
Si ha, allora, la realizzazione di edifici nella dimensione virtuale rispetto ai quali è possibile verificare l’abitabilità, l’ergonomia, l’impatto ambientale prima della costruzione effettiva. Non solo, ma si realizzano ricostruzioni ed esplorazione di ambienti inesistenti o non altrimenti visitabili prendendo a prestito l’idea del museo o della ricostruzione di città ormai perdute.
In una prospettiva più legata al settore industriale e produttivo si hanno operazioni come quelle della Caterpillar e della General Motors che hanno sostituito i modelli in scala 1:1 realizzati nella fase di verifica ergonomica degli abitacoli dei veicoli, con modelli virtuali. In questo modo le verifiche e gli eventuali cambiamenti vengono operati con minore dispendio economico e di tempo.
Infine, la presenza nelle grandi industrie, già a partire degli anni Sessanta, di simulatori per l’addestramento dei dipendenti destinati a operazioni complesse, ha fatto sì che, nell’ambito di queste stesse imprese, le innovazioni apportate dai sistemi virtuali fossero riassorbite con grande facilità. Nel contesto italiano si possono segnalare imprese come Alitalia e Fiat che si avvalgono rispettivamente di un simulatore di volo per la verifica delle prassi operative in situazioni di emergenza e di un simulatore di guida per lo studio dei processi attentivi e il miglioramento della progettazione. Altre società, poi, hanno allo studio nuove applicazioni e sistemi ad esempio per il training del personale delle piattaforme petrolifere off-shore del mediterraneo (Atma).
Le applicazioni legate alla progettazione, però, in quanto forma di contatto tra azienda e potenziale acquirente stanno costituendo un ponte con un altro settore, che ha rivolto una specifica attenzione alla Realtà Virtuale solo recentemente: la comunicazione d’impresa.
A seguito dell’acquisizione da parte della Realtà Virtuale di uno statuto più pragmatico e meno utopico si è manifestata, infatti, anche la sua utilità come strumento per far conoscere luoghi e attività proprie di un’azienda sia al grande pubblico, sia agli operatori del settore che intrattengono con essa relazioni di collaborazione.
In Italia, le prime applicazioni che si muovono in questa direzione (risalenti al 1993) risentono ancora della primitiva connotazione “meravigliosa” di cui era caricata la tecnologia virtuale. I sistemi vengono, infatti, utilizzati nell’ambito di stand fieristici in cui la funzione delle applicazioni di Realtà Virtuale è quella di costituire un’attrazione e un’occasione di divertimento per il pubblico.
A queste prime applicazioni succedono progetti che tendono a combinare la capacità di stupire del mezzo con un contenuto più ricco dal punto di vista informativo e più strettamente legato all’azienda.
In Italia si hanno, nel 1994, diversi progetti che si collocano in questa direzione. Un esempio è costituito da Luce per l’arte di Enel in cui si trovano realizzazioni ancora concentrate sull’esibizione delle potenzialità della tecnologia, come la simulazione architettonica della Basilica di San Pietro (cfr. foto pag. 104) o della tomba egizia di Nefertari, ma accanto a queste compaiono produzioni che hanno l’esplicito scopo di illustrare parte dell’attività di Enel come la ricostruzione virtuale della centrale idroelettrica di Entracque che si può visitare e dove si può vivere in diretta il processo di trasformazione dell’energia.
Nella medesima direzione si colloca il progetto Supertechne, simulazione in ambiente virtuale realizzata dallo studio artistico Pigreco Correnti Magnetiche che, su sollecitazione della Reggiani Illuminazioni, ha costruito un ambiente virtuale in cui si può esplorare l’interno di una lampada (cfr. foto pagg. 106 e 107).
Il fenomeno non è solo italiano, tanto che esiste un progetto analogo della giapponese Sapporo Beer che presenta, dal punto di vista delle molecole di Luppolo, il processo di produzione della birra per attrarre pubblico sul punto vendita (cfr. foto pag. 108).
Infine, i progetti più recenti tendono a sfruttare le potenzialità del mezzo per consentire una migliore presentazione dei ricchi contenuti informativi. In questi casi il livello di comunicazione d’impresa coinvolto non è più quello rivolto a un pubblico indifferenziato, ma quello che si dirige a possibili partner, collaboratori, acquirenti importanti. Si tratta, ad esempio, di alcune applicazioni realizzate nel settore farmaceutico.
Come si è già accennato, però, l’incontro tra la Realtà Virtuale e la dimensione produttiva ha fatto sorgere anche nuove esigenze. L’allargamento delle applicazioni di questa tecnologia e la riduzione dei costi delle apparecchiature necessarie per realizzarle ha fatto sì che i possibili interlocutori delle società che operano in questo settore non fossero più soltanto le grandi aziende in grado di investire forti somme di denaro, ma anche le piccole e medie imprese. Si è reso così necessario far nascere luoghi e occasioni in cui queste ultime potessero entrare in contatto con la tecnologia virtuale e con i vantaggi implicati da una sua applicazione.
Se in Gran Bretagna e in Germania già dagli ultimi anni Ottanta sono attivi programmi tesi a illustrare alle aziende i vantaggi della Realtà Virtuale, anche in Italia si cominciano a riscontrare le prime forme di risposta a questa esigenza.
Ad esempio R&D Virtual World società di consulenza e formazione, rivolta prevalentemente alle piccole e medie imprese nata a Roma nel 1993 offre corsi di formazione, consulenza e occasioni di incontri per creare punti di contatto con le realtà italiane e per favorire i loro rapporti con quelle che operano sul virtuale in altri Paesi europei.