di Nicoletta Vittadini
LE APPLICAZIONI DELLA REALTA' VIRTUALE E IL RAPPORTO CON L’IMPRESA
Nell’ambito dei centri di ricerca legati all’attività spaziale e
militare dove, come si è detto, la tecnologia virtuale viene
inizialmente sviluppata, le principali applicazioni sono legate alla
simulazione di situazioni reali a fini di addestramento (al volo
piuttosto che alla permanenza in capsule spaziali) e alla sostituzione
dell’individuo con un robot guidato a distanza in operazioni complesse
o pericolose (per interventi di chirurgia sui campi di battaglia o di
riparazione di navicelle spaziali in orbita).
Tali applicazioni, nonostante la loro estrema specificità, hanno
tracciato la strada per quelle successive.
Il settore medico che fa uso di Realtà Virtuale, ad esempio, prendendo
le mosse dalla telechirurgia si è allargato anche in altre direzioni
dove si sfrutta la capacità della Realtà Virtuale di far compiere
all’utente un’esperienza analoga a quella reale sia dal punto di vista
percettivo che da quello emotivo. Si tratta degli usi nel campo della
riabilitazione; della simulazione preventiva di interventi chirurgici
(cfr. foto pag. 100) o, come nell’italiano progetto Virtabi, della
cura dell’obesità (cfr. disegni pag. 101).
Parallelo è il lavoro dei centri di ricerca chimici e farmaceutici che
scoprono la capacità della Realtà Virtuale di simulare gli esiti
dell’incontro tra molecole diverse (tra cui quelle di un farmaco, ad
esempio) rispettando le regole di comportamento reali degli oggetti
coinvolti e, quindi, con valore scientifico.
Nonostante il campo si amplii e, in parte, si esca dai centri di
ricerca queste applicazioni tendono a non incontrare la dimensione
produttiva e a rimanere legate a un contesto non profit o almeno non
direttamente commerciale.
Un più significativo incontro con la realtà d’impresa si ha, invece,
sulla base di altre direttrici che, in gran parte si manifestano anche
nella dimensione più specificamente italiana.
In una prima fase della diffusione della tecnologia piccole e medie
realtà produttive - appartenenti al settore informatico - hanno
iniziato a interessarsi alla Realtà Virtuale dal punto di vista della
produzione di sistemi o della loro distribuzione a livello locale.
Se le aziende statunitensi che per prime si interessano a questa
attività partono direttamente dalla dimensione produttiva (per la
mancanza di prodotti da distribuire) in Gran Bretagna e in Italia,
seppure con uno scarto di alcuni anni, si verifica un percorso
differente.
In entrambe le nazioni si hanno alcune giovani società attive nel
campo dell’informatica (come softwarehouse) o della comunicazione via
rete (come fornitori di servizi su Videotext) che iniziano a importare
sul mercato locale sistemi (hardware e software) sviluppati altrove.
In Italia, tra il 1990 e il 1991 agiscono in questa prospettiva ad
esempio Ars, Atma e R&C Elgra.
Ben presto, però, a questa attività si affianca quella di sviluppatori
sia di applicazioni specifiche in collaborazione con i committenti,
sia di software innovativi (ad esempio per l’illuminazione degli
ambienti virtuali, nel caso di Atma, o per la diffusione del suono nel
caso di Ars).
Questo stesso percorso, che parte da un primo approccio con il mondo
dell’informatica legato ad altre attività, approda all’importazione di
sistemi stranieri e si apre a uno sviluppo in diverse direzioni, è
proprio anche di realtà aziendali di più recente costituzione (Virtek,
Bios Informatica, Virtual Design di Compugraph, Nauta e Infobyte).
Queste stesse realtà imprenditoriali si orientano, poi, (in Italia a
partire dal 1994) verso la produzione di hardware, e soprattutto di
interfacce come caschi e guanti a basso costo (cfr. foto pag. 103).
A seguito della nascita di queste attività di importazione e di
sviluppo di applicazioni (e talvolta di hardware) si aprono alcuni
nuovi settori di mercato e si manifestano alcune particolari esigenze.
Il primo ambito (tuttora trainante) del mercato dei sistemi di Realtà
Virtuale è quello dell’intrattenimento.
Esso offre, dal punto di vista della società che importa il sistema,
il vantaggio di vendere o noleggiare l’hardware e il software ludico
(spesso prodotto dalla stessa casa madre) così come sono. Per chi lo
acquista o noleggia, invece, costituisce un’occasione di immediata
applicazione senza bisogno di alcuna ristrutturazione di processi o
spazi (i sistemi vengono collocati, infatti, nelle grandi sale
giochi).
Il secondo ambito del mercato delle applicazioni che si apre è quello
dell’impresa produttiva.
Si tratta di un mercato complesso che presenta diverse sfaccettature.
Innanzitutto, a livello internazionale, si hanno tre "cavalli di
Troia" della penetrazione della Realtà Virtuale nell’industria: la
robotica; il Cad e i simulatori per l’addestramento.
La tecnologia virtuale, infatti, tende a essere utilizzata come
un’ulteriore evoluzione di sistemi già presenti nella realtà
produttiva o libero professionale, e si innesta in ambienti che
presentano già una competenza rispetto all’uso delle tecnologie
informatiche e una consapevolezza dei vantaggi che esse possono
apportare, nonché, talvolta, che hanno già subìto una ristrutturazione
in tal senso.
Rispetto alla robotica, la Realtà Virtuale si configura, come si è già
detto, come strumento di controllo a distanza dei robot per consentire
loro di agire al posto dell’uomo in ambienti pericolosi. In questo
ambito, a livello europeo, è attiva la Gran Bretagna dove pionieri
come Bob Stone dell’Advanced Robotics Research (oggi Intelligent
Systems Solutions Ltd), già dal 1988, in collaborazione con la North
Sea Diving Supervision, ha elaborato sistemi di telepresenza che
sostituissero l’intervento umano nelle operazioni sottomarine.
Rispetto all’uso di sistemi Cad la Realtà Virtuale si configura come
uno strumento per rendere più efficace e meno costosa la
progettazione.
Si ha, allora, la realizzazione di edifici nella dimensione virtuale
rispetto ai quali è possibile verificare l’abitabilità, l’ergonomia,
l’impatto ambientale prima della costruzione effettiva. Non solo, ma
si realizzano ricostruzioni ed esplorazione di ambienti inesistenti o
non altrimenti visitabili prendendo a prestito l’idea del museo o
della ricostruzione di città ormai perdute.
In una prospettiva più legata al settore industriale e produttivo si
hanno operazioni come quelle della Caterpillar e della General Motors
che hanno sostituito i modelli in scala 1:1 realizzati nella fase di
verifica ergonomica degli abitacoli dei veicoli, con modelli virtuali.
In questo modo le verifiche e gli eventuali cambiamenti vengono
operati con minore dispendio economico e di tempo.
Infine, la presenza nelle grandi industrie, già a partire degli anni
Sessanta, di simulatori per l’addestramento dei dipendenti destinati a
operazioni complesse, ha fatto sì che, nell’ambito di queste stesse
imprese, le innovazioni apportate dai sistemi virtuali fossero
riassorbite con grande facilità. Nel contesto italiano si possono
segnalare imprese come Alitalia e Fiat che si avvalgono
rispettivamente di un simulatore di volo per la verifica delle prassi
operative in situazioni di emergenza e di un simulatore di guida per
lo studio dei processi attentivi e il miglioramento della
progettazione. Altre società, poi, hanno allo studio nuove
applicazioni e sistemi ad esempio per il training del personale delle
piattaforme petrolifere off-shore del mediterraneo (Atma).
Le applicazioni legate alla progettazione, però, in quanto forma di
contatto tra azienda e potenziale acquirente stanno costituendo un
ponte con un altro settore, che ha rivolto una specifica attenzione
alla Realtà Virtuale solo recentemente: la comunicazione d’impresa.
A seguito dell’acquisizione da parte della Realtà Virtuale di uno
statuto più pragmatico e meno utopico si è manifestata, infatti, anche
la sua utilità come strumento per far conoscere luoghi e attività
proprie di un’azienda sia al grande pubblico, sia agli operatori del
settore che intrattengono con essa relazioni di collaborazione.
In Italia, le prime applicazioni che si muovono in questa direzione
(risalenti al 1993) risentono ancora della primitiva connotazione
“meravigliosa” di cui era caricata la tecnologia virtuale. I sistemi
vengono, infatti, utilizzati nell’ambito di stand fieristici in cui la
funzione delle applicazioni di Realtà Virtuale è quella di costituire
un’attrazione e un’occasione di divertimento per il pubblico.
A queste prime applicazioni succedono progetti che tendono a combinare
la capacità di stupire del mezzo con un contenuto più ricco dal punto
di vista informativo e più strettamente legato all’azienda.
In Italia si hanno, nel 1994, diversi progetti che si collocano in
questa direzione. Un esempio è costituito da Luce per l’arte di Enel
in cui si trovano realizzazioni ancora concentrate sull’esibizione
delle potenzialità della tecnologia, come la simulazione
architettonica della Basilica di San Pietro (cfr. foto pag. 104) o
della tomba egizia di Nefertari, ma accanto a queste compaiono
produzioni che hanno l’esplicito scopo di illustrare parte
dell’attività di Enel come la ricostruzione virtuale della centrale
idroelettrica di Entracque che si può visitare e dove si può vivere in
diretta il processo di trasformazione dell’energia.
Nella medesima direzione si colloca il progetto Supertechne,
simulazione in ambiente virtuale realizzata dallo studio artistico
Pigreco Correnti Magnetiche che, su sollecitazione della Reggiani
Illuminazioni, ha costruito un ambiente virtuale in cui si può
esplorare l’interno di una lampada (cfr. foto pagg. 106 e 107).
Il fenomeno non è solo italiano, tanto che esiste un progetto analogo
della giapponese Sapporo Beer che presenta, dal punto di vista delle
molecole di Luppolo, il processo di produzione della birra per
attrarre pubblico sul punto vendita (cfr. foto pag. 108).
Infine, i progetti più recenti tendono a sfruttare le potenzialità del
mezzo per consentire una migliore presentazione dei ricchi contenuti
informativi. In questi casi il livello di comunicazione d’impresa
coinvolto non è più quello rivolto a un pubblico indifferenziato, ma
quello che si dirige a possibili partner, collaboratori, acquirenti
importanti. Si tratta, ad esempio, di alcune applicazioni realizzate
nel settore farmaceutico.
Come si è già accennato, però, l’incontro tra la Realtà Virtuale e la
dimensione produttiva ha fatto sorgere anche nuove esigenze.
L’allargamento delle applicazioni di questa tecnologia e la riduzione
dei costi delle apparecchiature necessarie per realizzarle ha fatto sì
che i possibili interlocutori delle società che operano in questo
settore non fossero più soltanto le grandi aziende in grado di
investire forti somme di denaro, ma anche le piccole e medie imprese.
Si è reso così necessario far nascere luoghi e occasioni in cui queste
ultime potessero entrare in contatto con la tecnologia virtuale e con
i vantaggi implicati da una sua applicazione.
Se in Gran Bretagna e in Germania già dagli ultimi anni Ottanta sono
attivi programmi tesi a illustrare alle aziende i vantaggi della
Realtà Virtuale, anche in Italia si cominciano a riscontrare le prime
forme di risposta a questa esigenza.
Ad esempio R&D Virtual World società di consulenza e formazione,
rivolta prevalentemente alle piccole e medie imprese nata a Roma nel
1993 offre corsi di formazione, consulenza e occasioni di incontri
per creare punti di contatto con le realtà italiane e per favorire i
loro rapporti con quelle che operano sul virtuale in altri Paesi
europei.