di Giorgio Gentili
RIVITALIZZAZIONE DEI SOTTERRANEI DELLA GALLERIA
L’obiettivo centrale della presente ipotesi progettuale – che, va
precisato subito, si presta a essere implementata e migliorata, per
esempio mediante un concorso internazionale – sta nella valorizzazione
di tali sotterranei mengoniani, spesso utilizzati in maniera impropria
se non sconveniente, e dimenticati dalla cultura ufficiale.
Negli spazi sottostanti i quattro bracci della Galleria (larga 14
metri), e in quelli sottostanti l’Ottagono, l’Architetto Mengoni
ricavò degli spazi molto belli e piuttosto ampi. Una serie di pilastri
lungo gli assi longitudinali dei quattro bracci, a intervalli di 5
metri circa, danno luogo a una doppia serie di moduli rettangolari di
5 metri per 7, il cui intradosso a volta ribassata è a 4,50 metri dal
pavimento. Al centro di ogni modulo, l’Architetto ha posto un elegante
“occhio” ottagonale, in ottone e vetro, che affiora nel pavimento
della Galleria. Altri occhi semi-ottagonali compaiono a ridosso delle
vetrine. Questi duecento occhi possono essere soltanto un capriccio
decorativo del Mengoni? O invece sottolineano la presenza di altri
spazi esistenti sotto la quota pedonale?
La grande novità della Galleria sta nella invenzione spaziale della
“strada coperta”: la massa edilizia è rotta in quattro quadranti,
costituiti da altrettanti edifici, che fanno da facciata alle quattro
strade pedonali, coperte da vetrate all’altezza dell’ultimo piano. Il
livello sotterraneo, che per brevità denomineremo “Sottogalleria”, è
caratterizzato dagli ampi spazi centrali dei moduli prima descritti,
ubicati sotto i quattro bracci della Galleria, e dai più minuti spazi,
generalmente usati come depositi, che scale interne collegano ai
negozi soprastanti. Il punto è che i mezzanini del metrò e i
sotterranei della Galleria sono, come si è detto, complanari e
separati fra loro da un semplice diaframma di cemento. Aprendo un
varco in questo diaframma, la Sottogalleria verrebbe posta a contatto
con un elevatissimo flusso di persone, garantendosi, all’occorrenza,
una frequentazione potenziale davvero eccezionale.
C’è da chiedersi se sia giusto che tali spazi – sotterranei sì, ma
centrali e nobilissimi – debbano rimanere sottoutilizzati,
inaccessibili ai cittadini e ai visitatori. Questo stato di cose ci
sembra insostenibile, tanto più che tutto il complesso immobiliare
della Galleria appartiene al demanio del Comune di Milano, quindi alla
collettività milanese. Vale poi la pena ricordare che tali spazi sono
posti nel cuore di una delle metropoli più vivaci d’Europa, in un
luogo che ospita una concentrazione ineguagliabile di episodi
emblematici noti in tutto il mondo, capaci di grande appeal, quindi
oggetto di una frequentazione altissima e crescente.
IPOTESI DI UTILIZZO DELLA SOTTOGALLERIA
Il patrimonio demaniale del piano ipogeo della Galleria Vittorio
Emanuele consiste in circa 13.500 metri quadrati. Nella nostra ipotesi
progettuale si è ritenuto che una parte consistente di quegli spazi
sotterranei, 2000 mq circa, venga destinata alla circolazione pubblica
dei visitatori. Questi spazi, che ripropongono i quattro bracci della
soprastante Galleria, si incontrano in un largo centrale posto sotto
l’Ottagono. Al fine di evitare dei “cannocchiali” troppo lunghi (anche
in rapporto alla loro limitata altezza) è parso conveniente dare loro
una forma a turbina. Il loro calibro di 7 metri è pari a quello delle
strozzature determinate dai dehors affacciati dei ristoranti della
Galleria.
Considerando che le parti veramente pregiate, destinabili alle
attrezzature da insediare, sono le due fasce prospicienti tali
percorsi pubblici che hanno una profondità variabile dai sette ai nove
metri la “vera polpa” dell’intervento è valutabile in 5000 mq circa.
Una parte di tali spazi dovrà essere riconfermata a uso delle
attrezzature che ora li occupano, cosicché saranno prudenzialmente
disponibili per le nuove destinazioni non più di 3000 mq. I restanti
6500 mq si è supposto che o vengano utilizzati quali retro delle
attrezzature suddette, oppure mantengano gli usi attuali. Comunque
dovranno ospitare anche le centrali tecnologiche (elettriche,
termiche, frigorifere, telefoniche...) del complesso immobiliare della
Galleria, dopo una loro indispensabile concentrazione, radicale
razionalizzazione e messa a norma al fine di ripristinare condizioni
di sicurezza spesso carenti.
In conclusione la massa di manovra su cui è possibile contare per le
attrezzature sostitutive si aggira complessivamente sui 5000/6000 mq.
È questo un “volano” sufficiente per far decollare una così complessa
operazione? Lo si vedrà dopo avere analizzato altre questioni di
fattibilità.
Nel nostro schema è previsto che gli accessi ai sotterranei della
Galleria vengano garantiti da: i contigui mezzanini del metrò; quattro
gruppi di scale, mobili e fisse, da realizzare alle estremità dei
bracci della crociera; un paio di scale esistenti prossime
all’Ottagono, il cui calibro totale basti al deflusso del pubblico nei
casi di emergenza. La soluzione dei problemi tecnici dei sotterranei
(quali l’illuminazione, l’areazione e l’impiantistica) potrà essere
impostata una volta che sia appurato il loro effettivo stato di
conservazione e venga formulata un’attendibile ipotesi circa le
attività e le funzioni che il Comune intenderà insediarvi.
Ciò premesso, quali nuove attrezzature potrebbero essere insediate nei
5000 o 6000 mq della Sottogalleria? Questo intervento non va
assolutamente concepito né come un “centro commerciale”, secondo
l’accezione corrente del termine; né come un’occasione per compiere
più o meno velate operazioni speculative. (Nel merito, la stampa ha
fornito inesplicabilmente un pessimo servizio di informazione.) Stante
la proprietà demaniale del complesso, sembra ovvio che debbano essere
privilegiate le attrezzature capaci di offrire la massima utilità
sociale: cioè i servizi civili-sociali, le attività culturali e di
intrattenimento. Tuttavia in considerazione della loro grande capacità
di appeal, non potranno mancare alcuni esercizi commerciali (negozi al
dettaglio, ristoranti e bar) per integrare e migliorare l’offerta
degli esercizi operanti nel piano superiore e nell’intorno. Il mix di
tali attrezzature non può essere certo improvvisato, ma dovrà
risultare da accurate analisi dell’offerta del centro città e da
apposite ricerche di merchandising, a opera di istituti specializzati.
Resta da chiarire il timing dell’operazione. Entro il 1997 il Comune
sarà in grado, se vorrà farlo, di disdettare gli inquilini che
attualmente occupano oltre 2/3 degli spazi locati nei sotterranei.
Malauguratamente un solo esercizio, occupante 1900 mq proprio sotto
l’Ottagono in base a un contratto rinnovabile all’anno 2004, fa da
tampone e da scacco matto all’utilizzo della Sottogalleria. Se però il
Comune deciderà di valorizzare e utilizzare razionalmente gli ipogei
mengoniani, quello spazio potrebbe essere libero prima dell’anno 2000,
ovvero fra quattro anni a partire da oggi. Si tratta del lasso di
tempo più o meno necessario per effettuare:
- la progressiva liberazione degli spazi più strategici della
Sottogalleria;
- tutte le operazioni conoscitive e progettuali preliminari (rilievi e
analisi dell’edificio e dei relativi impianti, varie progettazioni,
ricerche di mercato...);
- un concorso internazionale aperto alle Società Promotrici in grado
di farsi carico della progettazione, degli interventi edilizi
(effettuati su input forniti dal Comune stesso) e della gestione
almeno iniziale del complesso.
Verrebbero così ripetute le medesime modalità e procedure sfociate nel
concorso internazionale con cui, nel secolo scorso, il Comune,
dimostrando un’antiveggenza che rese Milano famosa nel mondo, realizzò
la Galleria affidandone l’esecuzione alla Società londinese “City of
Milan Improvement Company Limited”.
A questo punto c’è da chiedersi quali vincoli o quali circostanze si
oppongano al pieno utilizzo e funzionamento della Sottogalleria.
Abbiamo individuato cinque principali ordini di ostacoli.
1) I 5000/6000 mq realisticamente disponibili costituiscono una massa
critica insufficiente per far decollare l’operazione e raggiungere
risultanti qualificanti. La dimensione va più o meno triplicata,
utilizzando eventuali spazi circostanti.
2) La presenza di un solo polo generatore di flussi, la stazione MM,
all’estremo sud del sistema, dà luogo a un’irrorazione sbilanciata: il
braccio nord della Sottogalleria, funzionando a guisa di cul de sac,
rischia una scarsa frequentazione. Un secondo polo, all’estremo di
questo braccio nord, equilibrerebbe bene il flusso dei visitatori.
3) Nell’ambito degli spazi ipogei della Galleria non vi è alcuna
valida ubicazione alternativa, da proporre al negozio che occupa i
2000 mq, baricentrici e strategici, sotto l’Ottagono.
4) Gli spazi ipogei hanno una limitata flessibilità per il fatto che i
pilastri sono piuttosto massicci e in alcune parti piuttosto fitti: il
modulo massimo è di 7 metri per 5 metri. Tali locali sono sì adatti
per negozi, ristoranti e alcuni servizi, che infatti si trovano al
piano terreno della Galleria. Però sono inadatti alle attrezzature
socioculturali (sale per riunioni, convegni, esposizioni) che
richiedono grandi spazi. E proprio da esse il Comune potrebbe trarre
la maggiore utilità sociale, anche stanti la loro altissima centralità
e accessibilità.
5) L’illuminazione naturale degli spazi di circolazione nella
Sottogalleria renderebbe molto gradevole l’ambiente. Ciò implica la
soluzione di delicati problemi di restauro e di arredo su cui non ci
addentriamo. Sarebbe infatti inopportuno fuorviare i contribuiti
derivanti dal concorso internazionale che il Comune di Milano intende
bandire.
L’UTILIZZO DEL SOTTOSUOLO DI PIAZZA DELLA SCALA
La direttrice dominante dei flussi che frequentano la Galleria è da
Piazza Duomo verso Piazza della Scala. Qui giunti, i flussi esitano,
si disperdono o ritornano indietro. Più che un luogo di sosta o
meeting point, Piazza della Scala è un luogo di transito; anzi è
divenuto il luogo deputato della protesta contro il Comune. Se però,
in corrispondenza della piazza, venisse creato un “polo” capace di
forte appeal ambientale e di efficace attrattiva e visibilità, quegli
esitanti flussi ne verrebbero calamitati diffondendosi poi lungo le
vie Manzoni e S. Margherita, ora frequentate frettolosamente sia dai
cittadini, sia dai turisti.
Si rifletta sull’uso delle piazze centrali circostanti la Galleria.
Gli spazi underground sottostanti le Piazze Duomo, Cordusio, Cairoli,
Missori, S. Babila, Cavour sono occupati dal metrò; quelli delle
Piazze Diaz e Beccaria lo sono da garage, quelli di Piazzetta Liberty
da un cinematografo. Sotto Piazza della Scala c’è tuttora un
terrapieno. Probabilmente vi giacciono le tracce degli edifici
demoliti, per far posto all’ala ottocentesca, eretta dall’Architetto
Luca Beltrami, a completamento di Palazzo Marino. Qualora però si
scavasse sotto Piazza della Scala, per ricavarvi due livelli
sotterranei, verrebbe realizzato l’auspicato “secondo polo” della
Sottogalleria, con una dimensione di circa 9000 mq lordi.
Con l’occasione può anche venire recuperata a usi sociali una parte
dei contigui sotterranei di Palazzo Marino (900 mq circa) e della
Ragioneria Comunale (800 mq circa). L’utilizzo del sottosuolo di
Piazza della Scala produce quindi una superficie utile di oltre 10.000
mq. Sommando a tale superficie i 5000/6000 mq lordi della
Sottogalleria, si superano i 15.000 mq destinabili alle varie
attrezzature. Si oltrepassa cioè la presumibile soglia critica
dell’operazione.
Andrebbe poi valutata l’opportunità di ricavare da quota -9 a quota -
15 altri due livelli per un garage a rotazione il quale potrebbe
contenere circa 360 posti auto, a vantaggio delle attrezzature
ospitate nel complesso, oltreché del successo finanziario
dell’operazione
Le superfici indicate nelle Tabelle sono ricavate da un nostro layout,
i cui disegni accompagnano questo testo, che ottimizza l’uso degli
spazi ipogei esistenti o da realizzare. Tale layout è stato
presentato, in forma più sintetica ma con contenuto analogo, alla
Commissione Consigliare Commercio del Comune di Milano, per volere del
Presidente Dottor Bontempelli. Eccone una breve descrizione.
Allo sbocco verso nord della nostra Sottogalleria si incontra un ampio
spazio coperto a due livelli, illuminato da una cupola vetrata. La
sommità della cupola emerge con discrezione in Piazza della Scala,
giacché rimane sotto l’altezza dell’occhio. Al primo piano di
quell’ampio spazio si apre, al centro, un vuoto ottagonale (16 m di
diametro) circondato da una balconata. Lungo i lati esterni della
balconata ci sono le vetrine; all’interno, oltre il parapetto che
delimita il vuoto centrale, si domina la sottostante piazzetta
illuminata dalla cupola vetrata.
La doppia altezza di questo spazio e la sua illuminazione naturale
creano un suggestivo effetto drammatico, un arricchimento spaziale
dell’intero sistema ipogeo qui proposto. I due livelli sono fra loro
collegati da scale mobili e fisse; da ascensori panoramici e per
handicappati. Tramite un breve tunnel sottopassante via Manzoni e
sovrapassante i tubi della MM3, il livello balconata può essere
connesso con uno spazio di 750/850 mq ricavabile sotto il largo
delimitato dal Teatro alla Scala e dal Toulà Biffi Scala. Tale spazio
sotterraneo potrebbe essere una espansione del Teatro accessibile dai
suoi atri e utilizzabile, ad esempio, per le prove dell’orchestra che
impediscono, ora, il pieno uso del palcoscenico. La piazzetta sita al
2° livello va immaginata come un prezioso spazio multiuso a vantaggio
della collettività. Ma anche, prima e dopo gli spettacoli, come un
secondo foyer informale e non elitario della Scala.
Quali destinazioni si converrebbero agli oltre 7000 mq di spazi
“netti” affittabili che si possono ricavare sotto Piazza della Scala?
Anzitutto si è tenuto conto delle indicazioni fornite dal Presidente
della Commissione Consigliare Commercio Dottor Bontempelli, dal
Presidente della Commissione Consigliare Urbanistica Dottor Rizzo e
dal Presidente dell’Apt Architetto Grassi, in occasione del dibattito
organizzato da Telelombardia nel maggio ’95. In ispecie:
- 1100 mq per un Centro Congressi, collegato con i recuperati
sotterranei di Palazzo Marino, (3 sale congressi da 350, 150, 70 posti
più foyer, guardaroba_) a disposizione dell’Amministrazione Comunale e
della collettività milanese;
- 1000 mq per spazi riservati a Internet, volti a familiarizzare i
milanesi con l’uso culturale, professionale e ludico dell’informatica;
- 400 mq a uso delle attività di volontariato e per la terza età,
problemi metropolitani emergenti del terzo millennio, nei recuperati
sotterranei della Ragioneria.
In sinergia con i 500 mq dell’antistante piazzetta del livello
inferiore, può funzionare un “ristorante etnico” di 1000 mq
complessivi, dotato di 5/6 salette ciascuna riservata a una cucina
tipica (italiana, francese, spagnola, giapponese...), secondo una
formula fortunatissima.
Nell’ambito dei 1700 mq per attrezzature residue è parso poi utile
destinare:
- spazi superiori ai 1900 mq attuali al negozio che blocca il cuore
della Sottogalleria;
- spazi per “antenne” di istituzioni culturali milanesi quali la Scala
(analogamente al Louvre, Moma...), la Fiera di Milano, la Pinacoteca di
Brera, il Museo Poldi Pezzoli...
Ai livelli sotterranei, mediante rampe o piattaforme mobili, è
possibile far pervenire gli automezzi delle merci, a vantaggio anche
delle unità ubicate nella Sottogalleria.
Si è ipotizzato che la maglia strutturale dell’edificio ipogeo sia di
8 x 8 metri.
In questa ipotesi, il costo indicativo è di 3 milioni al mq (per
locali da consegnare al rustico come d’uso) e include: scavi e
riporti; strutture prefabbricate; impianti tecnici; ambientazione
degli spazi comuni; collegamenti meccanici verticali e infine il
rifacimento della pavimentazione pedonale di Piazza della Scala.
Esclude l’onere dei terreni (del demanio comunale), delle
progettazioni e delle pratiche amministrative. Questa base può servire
a formulare il calcolo finanziario dell’operazione, il cui ammontare
indicativo è intorno ai 50 miliardi.
Il proposto utilizzo del sottosuolo di Piazza della Scala e le
relative opere edili possono essere eseguite anche indipendentemente
dall’utilizzo della Sottogalleria e, come caso limite, prescinderne
totalmente. Dovrebbero, a nostro avviso, precedere i lavori della
Sottogalleria al fine di costituire uno stock di spazi necessari per
liberarne, in via temporanea o definitiva, quei locali che devono
avere una nuova ubicazione.
L’informazione sulla presente proposta di rivitalizzazione e
riqualificazione del cuore urbano milanese è avvenuta prevalentemente
a mezzo della stampa nazionale; in via subordinata a mezzo di
dibattiti televisivi a diffusione regionale. La stampa ha dato
informazioni necessariamente sintetiche, ma spesso parziali e distorte
che hanno dato luogo a critiche, magari autorevoli, ma non
condivisibili. In particolare è stata considerata una “perversione” il
destinare alle funzioni urbane centrali spazi ricavati nel sottosuolo.
A tutte le latitudini il sottosuolo è una preziosa, strategica,
insperata risorsa per le aree centrali delle metropoli, le quali non a
caso ne fanno un uso sempre più intenso. L’architettura ipogea,
divenuta l’interfaccia spaziale della cultura underground, ha perduto
ogni presunta connotazione criptica o sepolcrale. Proprio a Milano lo
provano i frequentatissimi, ampi sotterranei di Ricordi, Rizzoli e
Vergin.
Quanto ai ragionamenti basati sulla convinzione che i sotterranei
della Galleria vadano scavati appositamente, basti ricordare che
esistono dal 1867.
Va detto infine che l’ipotesi di una vistosa “piramide” in Piazza
della Scala, atta a dar luce ai sotterranei, apparteneva, assieme ad
altre sei alternative, alla fase iniziale del progetto. Quella
soluzione – ora del tutto superata da un lucernario “invisibile” –
richiamava la notissima Pyramide del Louvre e ha calamitato
l’attenzione della stampa. Mi auguravo che la provocazione servisse a
elevare il dibattito su Milano al livello dei grandi temi che agitano
le metropoli europee. Intendevo comunque scuotere una città
sfiduciata, stagnante in un letargo più che ventennale. Se Milano ha
l’urgenza di uscire da Tangentopoli, deve uscire al più presto anche
da questa interminabile Letargopoli!
In altri tempi i milanesi non esitarono a promuovere progetti audaci –
alludo al grandioso “sogno” della Galleria – che suscitarono
l’ammirazione dell’intera Europa.
Vorrà ora Milano accettare la sfida di un coraggioso ringiovanimento;
credere ancora nella propria capacità di intraprendere; riaffermare il
primato di quella magnificenza civile che, un tempo, la rese tanto
famosa?