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Impresa & Stato N°30 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

LA RAPPRESENTANZA DEI CONSUMATORI NELLE CAMERE

di Renato Strada


VORREI PARLARE più in generale della Legge 580, alla cui elaborazione ho partecipato nella scorsa legislatura. Non mi lascio prendere la mano e mi attengo alle regole. Voglio soltanto ricordare che, contemporaneamente all’approvazione della Legge 580, abbiamo votato un’altra legge, piccola ma significativa, la Legge 70, che affida alle Camere di Commercio un ruolo fondamentale su tutta la materia ambientale, un ruolo rilevante, che secondo me sviluppa e allarga proprio il tema della funzione di filtro, di sportello delle Camere di Commercio rispetto all’insieme dei problemi delle imprese.
Ma passo al tema del mio intervento: i consumatori. Il Ministro Gnutti, cogliendo tra l’altro un’importante novità inserita nella legge di riforma delle Camere di Commercio, ha costituito una Commissione, che io ho l’onore di presiedere, proprio dedicata alle politiche per i consumatori. Una figura nuova, un personaggio misterioso.
Chi è dunque il consumatore? Chi è quest’araba fenice che compare oggi anche all’interno del sistema camerale? L’unica definizione che finora ho trovato (in Italia non esistono definizioni quadro, né di legge, né di giurisprudenza) è soltanto quella che deriviamo nelle nostre norme dalle direttive comunitarie e che dice: il consumatore . Di questa definizione voglio soltanto cogliere un aspetto: si parla "di beni e di servizi".
Per servizi si intendono non solo i servizi professionali, i servizi del terziario eccetera. Si parla anche di servizi a rete e pubblici dove il protagonista è il consumatore da noi spesso chiamato utente. Perché sottolineo questo aspetto? Perché irrompe nella Camera di Commercio, anche attraverso la figura del consumatore, il tema della città territorio, della città e dei suoi servizi a rete (i trasporti, il gas, l’elettricità, l’acqua e tutto ciò che entra nelle imprese ed entra nelle famiglie, dal telefono al teleriscaldamento ai rifiuti); temi che irrompono, attraverso la figura del consumatore, nelle materie di pertinenza e nella vita delle Camere di Commercio. Vorrei collegare questa mia considerazione a un altro passaggio logico: dove nasce un incontro dei vari interessi presenti nella Camera di Commercio?
Sui servizi, soprattutto sui servizi di pubblica utilità, e in generale anche sui prodotti, l’incontro avviene su un valore, su una politica, che è quella della qualità: della qualità che viene indagata, certificata, premiata, la qualità dei prodotti ma anche la qualità dei servizi.

In questo momento il Paese sta discutendo, rispetto ai servizi di pubblica utilità, le"carte dei servizi" (la direttiva Ciampi, che ha raccolto questa idea di Cassese) e si stanno elaborando dal basso indicatori della qualità dei servizi, per rendere possibile la comparazione, per regolamentare il settore e definire anche le tariffe e i corrispettivi delle aziende secondo i parametri, appunto, della qualità.
Ebbene, tutto ciò che cos’altro significa se non affrontare un aspetto definito dagli economisti "ambiente esterno dell’impresa"? Che cos’altro è se non affrontare il problema fondamentale per lo sviluppo che è il problema della qualità dell’ambiente esterno, dell’economia esterna all’impresa?
Allora propongo questo punto come questione da approfondire per il sistema camerale. Non ci sono elaborazioni compiute e tanto meno ricette. Credo piuttosto che su questa figura nuova del consumatore le Camere di Commercio possano trovare occasioni di attenzione e di focalizzazione particolare in qualche seminario. Un esempio.
Il Paese sta parlando di autorità, per l’appunto regolatrici in riferimento alle tariffe e agli indicatori di qualità dei servizi, per quel che riguarda le autorità nazionali si sta pensando ad autorità terze rispetto alle imprese e all’amministrazione (le autorità sull’energia, l’acqua, i trasporti, le telecomunicazioni eccetera). È opinione generale che debbano svolgere una funzione terza rispetto all’amministrazione e al mercato. Ma al tempo stesso si sta parlando anche di autorità locali per i servizi pubblici locali. Allora chi, come, può svolgere questa funzione? Vi sono esperienze e convinzioni diverse: c’è chi ritiene che questa funzione di autorità di controllo debba essere incorporata nell’Amministrazione comunale; c’è chi dice, al contrario, che deve essere esterna all’Amministrazione, anche qui soggetto terzo, collocato a livello regionale eccetera. È un dibattito aperto e, soprattutto sulle autorità locali, non esiste una comune visione delle cose. Ho una certezza al riguardo: chiunque sia questo regolatore, questa autorità anche locale, deve incorporare senza dubbio un alto contenuto di professionalità e competenza tecnica. Non si possono avere regolatori interpretati da professori, grandi idee, grandi prospettive senza garantire invece capacità tecnica specifica nella valutazione dei servizi offerti, controllata sul campo, in azienda.
Grande professionalità e grande competenza specifica: chi saprà giocare questo ruolo? Le Camere di Commercio, proprio per le ragioni che dicevo, non possono candidarsi comunque a recitare una parte in questo copione? Non credo a svolgere il compito sic et simpliciter di autorità di regolazione, senza dubbio. Ma un ruolo credo lo debbano, lo possano e secondo me è importante che lo giochino.
Passo al secondo capitolo che voglio affrontare: chi è il consumatore? È una tipica figura che nasce nella letteratura economica. Il ciclo classico è: produzione, distribuzione, consumo. Un pericolo c’è: che dire consumatore equivalga a dire conflittualità; che si ripeta un copione già noto: prima la conflittualità col mondo del lavoro, poi la conflittualità con l’ambientalismo, e ora nasce questa nuova conflittualità che ha come attore, protagonista o ingombrante scocciatore, proprio il consumatore.
A me parrebbe un guaio interpretarlo così. Un guaio che va evitato. Anche perché il consumatore è una figura molto complessa, sociologicamente indefinibile, inafferrabile: tutti d’altronde siamo consumatori (frase fatta, ma vera), anche chi è produttore poi in realtà è per la più parte consumatore; lo si è al mercato, lo si è in casa, lo si è turisti alle Bahamas così come turisti nella pensioncina ligure o riminese. Lo si è come acquirenti di spider o di 500. Il consumatore non è classificabile, né per censo, né per gerarchie, né per altre caratteristiche.
Se tutto ciò è vero ed è una figura complessa, allora torno alla domanda che ponevo fin dall’inizio: dove può nascere l’incontro di questo nuovo attore, di questa nuova figura, dove possiamo ritrovare il terreno comune all’interno delle Camere di Commercio?
Potremmo prendere in considerazione non solo una funzione pubblica regolatrice affidata per legge alle Camere di Commercio, ma potremmo parlare del mercato che si autoregola proprio attraverso l’azione di promozione delle Camere di Commercio.
Qui c’è un incontro reale e importante delle imprese con il consumatore; innanzitutto perché è interesse comune che ci sia il mercato. Il consumatore è la tipica figura economica che vuole la concorrenza, vuole il mercato: non vuole avere un solo panettiere ma ne vuole cinque, poi sceglie lui; la possibilità dell’exit è elemento fondamentale a tutela degli interessi del consumatore.
Ma c’è un secondo capitolo importante per tutti i soggetti economici: agire in un mercato trasparente. Il consumatore deve leggere con facilità e trovare trasparenza negli atti, nei movimenti, nei prodotti, nei contratti, nelle etichette, nella pubblicità eccetera.
Nella letteratura economica spesso si parla del consumatore conoscitore universale delle merci. Di fatto non lo potrà mai essere. Però noi dobbiamo metterlo in condizione di trovarsi in un mercato il più possibile trasparente.
Percorrendo questa logica della trasparenza come terreno comune a tutti gli attori del mercato, al Ministero, sta per essere emanato un Decreto che costituisce un Osservatorio sui prezzi (perché la prima trasparenza è quella dei prezzi ovviamente): si propone che in questo Osservatorio sia presente il sistema camerale, e che si parli non di prezzi finali ma della loro formazione, perché ci sia mercato concorrenziale in tutte le fasi di formazione del prezzo finale.
Ma ci sono altri punti di incontro tra imprese e consumatori: per esempio l’obiettivo di un mercato con regole certe e regole rispettate.
Un esempio. Noi abbiamo una norma del Codice Civile che afferma un principio, la illegalità della concorrenza sleale. È un principio che tutela solo indirettamente il consumatore. Cambiamo prospettiva. Guardiamo ora a questa debolezza del mercato così come oggi si guarda, pensando anche al consumatore: oggi si parla per esempio di pubblicità ingannevole. Ma che cos’è la pubblicità ingannevole se non la concorrenza sleale vista dal punto di vista del consumatore? È il medesimo tema, soltanto cambia il punto di vista del soggetto interessato ad agire per reprimerla.
Ebbene, perché soltanto l’autorità nazionale dell’antitrust deve avere una funzione di vigilanza contro la pubblicità ingannevole, una funzione tra l’altro centralizzata, quando sappiamo che il mercato principale è spesso e volentieri il mercato locale eccetera? Perché le Camere di Commercio non si candidano a giocare un ruolo, d’altronde importante, in questo campo?
Già la Camera di Commercio svolge una funzione regolatrice in altri ambiti, affinché appunto ci siano regole certe e rispettate. Il controllo sui contratti per adesione e sulle clausole inique, viene affidato alle Camere con la Legge 580. La Direttiva comunitaria parla di clausole abusive, quella comunitaria approvata dal Legislatore italiano parlerà probabilmente di clausole vessatorie.
Non ha importanza. La sostanza che io voglio qui rilevare sta nel fatto che con quella norma in cui è previsto un potenziamento degli istituti dell’arbitrato e della conciliazione, abbiamo anticipato un suggerimento presente nel Libro Verde sull’accesso dei consumatori alla giustizia.
Dice il Libro Verde: dovrebbero essere le Camere di Commercio a trattare questa materia. Noi con la Legge 580 abbiamo bene o male anticipato una indicazione della Comunità e l’abbiamo introdotta nella nostra legislazione, spianando una strada che ora dovrà essere meglio sistemata e soprattutto percorsa.
È un obiettivo fondamentale per il consumatore: che le Camere di Commercio diventino un filtro significativo per affrontare le piccole vertenze, il filtro per la soluzione dei piccoli contenziosi. Bisogna potenziare questo ruolo camerale, che è ruolo di arbitrato, che è ruolo di conciliazione, è ruolo di filtro rispetto a una giustizia che altrimenti irrompe con le sue disfunzioni anche a scardinare di fatto le regole del mercato.
Sono tutti esempi di possibili funzioni di regolazione della Camera di Commercio e che possono riguardare anche i compiti di certificazione di qualità oppure di controlli sul mercato, controlli sui prodotti e sui servizi eccetera.
Tutte funzioni importanti e a cui i consumatori sono particolarmente interessati. Inoltre si deve sottolineare che il consumatore però, dentro il mercato diciamolo apertamente è oggettivamente un soggetto debole.
La sua debolezza risiede fondamentalmente nell’asimmetria informativa che paga rispetto al produttore. Il produttore sa fino in fondo che cosa gli offre; il consumatore deve interpretare l’informazione che riceve dal produttore per capire il contenuto del prodotto o del servizio.
Noi di fatto abbiamo sul mercato un consumatore analfabeta, non c’è cultura, non c’è educazione in Italia. Ebbene, anche qui propongo siano le Camere di Commercio a farsi avanti, a coltivare un campo che comunque noi dobbiamo dissodare, quello della educazione del consumatore e della informazione al consumatore.
Chi meglio delle Camere di Commercio, di questo luogo di incontro di attori economici diversi, può candidarsi, localmente insieme ai Provveditorati, a promuovere cultura, educazione, informazione sul consumo, reinterpretando così il compito storico e originario di conservare e custodire gli usi e costumi locali?
A proposito cito un episodio che si riferisce a un’energica signora del popolo, alle prese con un commerciante con una bilancia sregolata.
Come fare per controllarla? Semplice: non fidandosi naturalmente del commerciante prendeva dallo scaffale del negozio una confezione da un chilo di zucchero, la metteva sulla bilancia e perfettamente riscontrava la taratura. Banale, rudimentale, casalingo, ma forma molto efficace di "controllo sul mercato". Oggi questa figura popolare forse si è persa.
Abbiamo bisogno di un consumatore raffinato.
Dobbiamo mettergli a disposizione gli strumenti per potersi difendere, perché questa è l’unica vera tutela del consumatore.
Ecco l’importanza dell’educazione, ecco il rilievo della funzione di sportello di informazione ai cittadini consumatori che le Camere di Commercio possono candidarsi a svolgere.
È un terreno vergine questo dei consumatori; ben coltivato secondo me permette a tutti gli attori economici di vincere quella che nella sociologia, nella teoria dei giochi viene chiamata"sindrome del prigioniero". Ci permette dunque di avviare, fra attori differenti, non il conflitto, dannoso per tutti, ma finalmente forme di cooperazione che - come appunto dice la teoria dei giochi - ottimizzano, per tutti, i risultati complessivi.