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Impresa & Stato N°30 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

UNA NUOVA DIMENSIONE ISTITUZIONALE AL SERVIZIO DELL'ARTIGIANATO

di Ivano Spalanzani


LA LEGGE 580 ha riconosciuto alle Camere le funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo e svolgendo funzioni di supporto e di promozione nell’ambito dell’economia locale.
Con ciò si prefigura un nuovo rapporto fra la popolazione delle imprese e le istituzioni pubbliche, negli ambiti propri della Regione, dello Stato e dell’Europa.

LA FUNZIONE DI MEDIAZIONE DELLE CAMERE

Le Camere sono chiamate dunque a svolgere in sede amministrativa funzioni di mediazione e di aggregazione delle esigenze del sistema delle imprese a livello locale e vengono a costituire un punto di riferimento strategico di natura pubblica, ma partecipato e sensibile alle regole del mercato.Ed è proprio sotto questo primo aspetto che il rapporto tra artigianato e sistema camerale può essere inquadrato principalmente nella qualificazione del sistema dei servizi da realizzare e sviluppare nei confronti delle imprese artigiane e delle piccole imprese, un rapporto che vede le Camere di Commercio come interlocutori privilegiati del nostro mondo.
L’esigenza di un coordinamento puntuale degli interventi rivolti alle imprese artigiane con gli indirizzi della programmazione regionale comporta la necessità di razionalizzare e qualificare l’offerta dei servizi alle nostre imprese, indirizzando le iniziative camerali in maniera più rispondente alle esigenze di innovazione tecnologica, organizzativa e professionale della nostra imprenditoria. Attraverso la qualificazione dei servizi camerali rivolti alle imprese artigiane sarà necessario garantire la collaborazione e la compartecipazione delle organizzazioni imprenditoriali quali indispensabili entità rappresentative e di mediazione degli interessi del sistema imprenditoriale. La soluzione equilibrata per contemperare le funzioni rappresentative delle organizzazioni di categoria e il ruolo di mediazione e di aggregazione di interessi propri delle Camere deve essere definita sulla base della situazione esistente in ogni singola realtà territoriale, tenuto conto della maturità organizzativa delle Associazioni stesse e soprattutto rispettando e valorizzando le vocazioni delle parti.
Da un lato le organizzazioni, nel loro rapporto quotidiano con le imprese, per la prestazione di servizi reali, come interlocutori idealmente vocati al dialogo con le imprese stesse e al recepimento delle loro esigenze, e dall’altro le Camere come sedi di concertazione economica per la realizzazione di iniziative di livello organizzativo complesso o di valenza intersettoriale o infrastrutturale e come terminali intelligenti volti al trasferimento dei necessari supporti alle reti di distribuzione e di prestazione dei servizi reali predisposti dalle organizzazioni artigiane, che sono presenti in modo capillare sul territorio.
È necessario evitare parallelismi impropri fra le potestà regionali e le funzioni delle Camere di Commercio negli interventi diretti alla tutela, allo sviluppo e alla valorizzazione delle attività artigiane. Quindi occorre superare le attuali sovrapposizioni e contraddizioni di funzioni in materia di artigianato che hanno portato spesso a inutili e talora dannose duplicazioni di intervento. Sembra dunque indispensabile realizzare un sistema integrato di interventi per contribuire alla tutela dello sviluppo del settore artigiano e l’esatta dizione del comma secondo dell’art. 45 della Costituzione ai vari livelli regionali e provinciali, in modo da garantire una sostanziale omogeneità negli interventi camerali e regionali per la promozione della piccola imprenditoria e da rendere le stesse iniziative camerali maggiormente idonee e rispondenti alle reali aspettative delle imprese. Nel rapporto tra le Camere e le Regioni si dovrebbe comunque rispettare il ruolo nettamente differenziato, da attribuire e mantenere rispettivamente alle Regioni, come Ente di legislazione e di programmazione, e alla Camera di Commercio come Ente direttamente preposto al sostegno del sistema delle imprese, che meglio risponde all’esigenza di interpretare e soddisfare le istanze delle categorie economiche interessate. E su questo rapporto si innesta il discorso relativo alla funzione assunta dalla Legge 580, la quale può giustamente fare da ponte fra il nuovo ordinamento autonomistico dello Stato e la funzione che gli Enti locali possono svolgere rispetto al sistema socio-economico. Si parla ormai da anni di questo problema; le posizioni sono prevalentemente rivolte, pur nella differenza e varietà delle impostazioni, alla valorizzazione piena della Regione, non solo sul piano delle potestà legislative e amministrative, ma anche riguardo all’autonomia impositiva e finanziaria, al controllo e alla programmazione dell’attività degli Enti locali, nonché ai rapporti internazionali.
In sostanza tali proposte sono orientate a superare l’attuale impostazione che vede ancora lo Stato come punto di riferimento prioritario della vita politica e legislativa del Paese, assorbendo le funzioni di programmazione di alta amministrazione e delegando le Regioni a derogare, anziché gestire, le risorse assegnate.

A CHI LE COMPETENZE LEGISLATIVE?

In questa direzione le posizioni prevalenti sono indirizzate a una profonda revisione del riparto delle competenze legislative fra lo Stato e le Regioni, capovolgendo l’attuale impostazione dell’art. 117 della Costituzione. Si realizzerebbe così una rivoluzione grazie alla quale lo Stato si vedrebbe limitare le proprie competenze a determinate materie specificatamente indicate, lasciando alla competenza delle Regioni tutte le altre e riconoscendo che l’autonomia finanziaria e impositiva rappresenta una parte costitutiva dell’autonomia delle Regioni stesse e degli altri Enti locali. Una riforma istituzionale dunque, che potrebbe muovere verso la realizzazione di una forma di Stato, nella quale le autonomie locali avrebbero la possibilità di acquisire maggiore importanza e responsabilità, ma sempre nel quadro di una comunanza politica e omogenea di un riferimento necessariamente unitario. Il risultato di una riforma istituzionale di questa portata consentirebbe probabilmente alla Regione di avvicinarsi in modo più significativo alle esigenze del settore artigiano, sviluppando le proprie grandi potenzialità nell’esercizio delle funzioni di programmazione e di indirizzo della vita produttiva locale. Questo discorso assume un significato più immediato se si affronta il tema delle deleghe, delle funzioni amministrative delle Regioni agli altri Enti infra-regionali, strettamente legato al tema della governabilità degli stessi. È probabile che la revisione della norma costituzionale sull’esercizio delle funzioni amministrative e regionali e delle relative deleghe agli Enti locali venga a costituire un passaggio chiave al fine di fare della Regione un Ente di governo piuttosto che un Ente di amministrazione. Essa dovrebbe mantenere le funzioni di indirizzo e coordinamento, nonché le funzioni di carattere unitario regionale, ma tutte le altre funzioni amministrative potrebbero essere attribuite opportunamente agli Enti locali.

INCONGRUENZA E DISCONTINUITÀ

Appare necessaria una sfida alla difficoltà di governo in sede locale: per l’artigianato infatti questo stato di attuale ingovernabilità rappresenta uno dei motivi di fondo della incongruenza e discontinuità con cui il settore dell’artigianato si inserisce saltuariamente nei piani programmatici di sviluppo. Spesso il nostro settore si è trovato esposto a fenomeni snaturanti di politicizzazione e anche di burocratizzazione a livello locale che ne hanno appesantito la scomposizione e la frantumazione delle istanze, quando invece occorre esaltare l’opportunità di una presenza sistematica del settore dell’artigianato quale interlocutore necessario ai vari livelli della programmazione, del decentramento degli Enti locali.
E in questa sfida può essere fondamentale e basilare il ruolo che rivestiranno le Camere di Commercio le quali, in forza della nuova configurazione istituzionale disposta dalla Legge 580 e in relazione alla possibilità di essere destinatarie della delega di funzioni pubbliche, potrebbero accreditare la connotazione di Ente, di autogoverno dell’economia nel loro territorio, superando la grave situazione di incertezza ancora intercorrente tra Regioni ed Enti locali che oggi rappresenta il motivo di fondo della scarsa e frammentaria applicazione del principio stesso delle deleghe. Rispetto a questa sfida, le Camere di Commercio si pongono all’interno del complesso sistema istituzionale di tutela, sviluppo e sostegno all’imprenditoria, soprattutto di quella minore, quale elemento privilegiato del rapporto tra imprese e Stato, quale rete di raccordo istituzionale tra la Pubblica Amministrazione e l’impresa privata che nell’ambito del rinnovato sistema delle autonomie locali potrebbe potenziare tutte le opportunità di sviluppo delle imprese. In definitiva il riordino delle Camere rappresenta una condizione fondamentale per soddisfare la necessità di rifondare istituzionalmente il rapporto tra il sistema delle imprese e la Pubblica Amministrazione. Alle Camere è stato validamente riconosciuto un ruolo di interfaccia tra gli interessi delle imprese e la posizione dello Stato nella sua più larga accezione, concorrendo a creare un settore della Pubblica Amministrazione con caratteristiche di efficienza che può essere in grado di rispondere alle pressanti e forti istanze del mondo imprenditoriale, volto a conseguire una reale dimensione di semplificazione, di coordinamento e di razionalizzazione dell’apparato pubblico.
Questo significa che le Camere potrebbero esprimere una nuova dimensione istituzionale, orientata al miglior servizio, alle imprese come Pubblica Amministrazione, capace di operare in una nuova efficienza, rispondendo agli spazi di riferimento delle economie locali e promuovendone l’integrazione con la dimensione economica nazionale ed europea. Pertanto, all’interno del sistema camerale, le imprese e le loro Associazioni potranno definire linee di intervento comuni e autogestire alcuni fondamentali servizi di rilevanza pubblica per favorire lo sviluppo delle economie locali.

IL RUOLO DI ENTI ESPONENZIALI

Si viene a definire, dunque, nelle Camere, un ruolo di Enti esponenziali dei vari sistemi di interessi settoriali, in un più ampio interesse generale, nel quale potrebbero essere conciliate le spinte e le pressioni potenzialmente divergenti delle rappresentanze sindacali di tipo verticale.
Alle imprese viene così riconosciuta una soggettività e una valenza istituzionale mai formalizzata e dichiarata: in tal senso gli strumenti messi a disposizione del mondo camerale, le grandi facoltà di raccordo con le autonomie locali, anche attraverso funzioni delegate dallo Stato e dalle Regioni, la sussidiarietà delle Camere rispetto ai livelli di governo regionale, nazionale ed europeo, fanno sì che le imprese stesse possano finalmente trovare nel sistema camerale uno specifico presidio istituzionale a livello territoriale.
Tale presidio, anche a fronte delle forti sollecitazioni che verranno provocate dalle trasformazioni introdotte con la riforma delle potestà delle Regioni e dalle autonomie locali, conserva comunque la possibilità di rafforzarsi nel rapporto con le altre istituzioni pubbliche, in modo da poter continuare a svolgere in piena autonomia il proprio ruolo di istituzione e di riferimento per gli interessi generali delle imprese. Le Camere sono infine in grado di offrire una grande opportunità: costruire una reale comunità economica tra le imprese nel Paese, senza pretese e rivendicazioni di egemonia da parte dei settori imprenditoriali di maggiore dimensione, nei confronti del sistema imprenditoriale di piccole dimensioni. In sostanza, la comunità economica potrebbe esistere e crescere ponendo in atto una reale cooperazione fra le varie componenti del sistema imprenditoriale, per accrescere e costruire insieme il tessuto economico. Ma per raggiungere gli obiettivi qualificanti della riforma, si deve esprimere l’auspicio più vivo, affinché le varie e complesse fasi di attuazione amministrativa della disciplina, affidate al Ministero dell’Industria, possano essere rapidamente realizzate al fine di non vanificare le aspettative e di non demotivare lo spirito di profonda collaborazione che le varie componenti imprenditoriali ed economiche rivolgono al loro sistema camerale.
In questa prospettiva le organizzazioni imprenditoriali hanno l’onere di assumersi la responsabilità di mantenere un rapporto vivo e ricorrente, di confronto e di partecipazione, all’interno degli organi camerali, in modo da privilegiare un sistema rappresentativo dei sistemi delle imprese locali, che assicuri la partecipazione democratica delle multiformi espressioni economiche. In breve, occorre superare la politica della contrapposizione in funzione dello sviluppo armonico di una cultura comune della professionalità e della progettualità.