di Ivano Spalanzani
LA FUNZIONE DI MEDIAZIONE DELLE CAMERE
Le Camere sono chiamate dunque a svolgere in sede amministrativa
funzioni di mediazione e di aggregazione delle esigenze del sistema
delle imprese a livello locale e vengono a costituire un punto di
riferimento strategico di natura pubblica, ma partecipato e sensibile
alle regole del mercato.Ed è proprio sotto questo primo aspetto che
il rapporto tra artigianato e sistema camerale può essere inquadrato
principalmente nella qualificazione del sistema dei servizi da
realizzare e sviluppare nei confronti delle imprese artigiane e delle
piccole imprese, un rapporto che vede le Camere di Commercio come
interlocutori privilegiati del nostro mondo.
L’esigenza di un
coordinamento puntuale degli interventi rivolti alle imprese artigiane
con gli indirizzi della programmazione regionale comporta la necessità
di razionalizzare e qualificare l’offerta dei servizi alle nostre
imprese, indirizzando le iniziative camerali in maniera più
rispondente alle esigenze di innovazione tecnologica, organizzativa e
professionale della nostra imprenditoria. Attraverso la qualificazione
dei servizi camerali rivolti alle imprese artigiane sarà necessario
garantire la collaborazione e la compartecipazione delle
organizzazioni imprenditoriali quali indispensabili entità
rappresentative e di mediazione degli interessi del sistema
imprenditoriale. La soluzione equilibrata per contemperare le funzioni
rappresentative delle organizzazioni di categoria e il ruolo di
mediazione e di aggregazione di interessi propri delle Camere deve
essere definita sulla base della situazione esistente in ogni singola
realtà territoriale, tenuto conto della maturità organizzativa delle
Associazioni stesse e soprattutto rispettando e valorizzando le
vocazioni delle parti.
Da un lato le organizzazioni, nel loro rapporto quotidiano con le
imprese, per la prestazione di servizi reali, come interlocutori
idealmente vocati al dialogo con le imprese stesse e al recepimento
delle loro esigenze, e dall’altro le Camere come sedi di concertazione
economica per la realizzazione di iniziative di livello organizzativo
complesso o di valenza intersettoriale o infrastrutturale e come
terminali intelligenti volti al trasferimento dei necessari supporti
alle reti di distribuzione e di prestazione dei servizi reali
predisposti dalle organizzazioni artigiane, che sono presenti in modo
capillare sul territorio.
È necessario evitare parallelismi impropri fra le potestà regionali e
le funzioni delle Camere di Commercio negli interventi diretti alla
tutela, allo sviluppo e alla valorizzazione delle attività artigiane.
Quindi occorre superare le attuali sovrapposizioni e contraddizioni di
funzioni in materia di artigianato che hanno portato spesso a inutili
e talora dannose duplicazioni di intervento. Sembra dunque
indispensabile realizzare un sistema integrato di interventi per
contribuire alla tutela dello sviluppo del settore artigiano e
l’esatta dizione del comma secondo dell’art. 45 della Costituzione ai
vari livelli regionali e provinciali, in modo da garantire una
sostanziale omogeneità negli interventi camerali e regionali per la
promozione della piccola imprenditoria e da rendere le stesse
iniziative camerali maggiormente idonee e rispondenti alle reali
aspettative delle imprese. Nel rapporto tra le Camere e le Regioni si
dovrebbe comunque rispettare il ruolo nettamente differenziato, da
attribuire e mantenere rispettivamente alle Regioni, come Ente di
legislazione e di programmazione, e alla Camera di Commercio come Ente
direttamente preposto al sostegno del sistema delle imprese, che
meglio risponde all’esigenza di interpretare e soddisfare le istanze
delle categorie economiche interessate. E su questo rapporto si
innesta il discorso relativo alla funzione assunta dalla Legge 580, la
quale può giustamente fare da ponte fra il nuovo ordinamento
autonomistico dello Stato e la funzione che gli Enti locali possono
svolgere rispetto al sistema socio-economico. Si parla ormai da anni
di questo problema; le posizioni sono prevalentemente rivolte, pur
nella differenza e varietà delle impostazioni, alla valorizzazione
piena della Regione, non solo sul piano delle potestà legislative e
amministrative, ma anche riguardo all’autonomia impositiva e
finanziaria, al controllo e alla programmazione dell’attività degli
Enti locali, nonché ai rapporti internazionali.
In sostanza tali proposte sono orientate a superare l’attuale
impostazione che vede ancora lo Stato come punto di riferimento
prioritario della vita politica e legislativa del Paese, assorbendo le
funzioni di programmazione di alta amministrazione e delegando le
Regioni a derogare, anziché gestire, le risorse assegnate.
A CHI LE COMPETENZE LEGISLATIVE?
In questa direzione le posizioni prevalenti sono indirizzate a una profonda revisione del riparto delle competenze legislative fra lo Stato e le Regioni, capovolgendo l’attuale impostazione dell’art. 117 della Costituzione. Si realizzerebbe così una rivoluzione grazie alla quale lo Stato si vedrebbe limitare le proprie competenze a determinate materie specificatamente indicate, lasciando alla competenza delle Regioni tutte le altre e riconoscendo che l’autonomia finanziaria e impositiva rappresenta una parte costitutiva dell’autonomia delle Regioni stesse e degli altri Enti locali. Una riforma istituzionale dunque, che potrebbe muovere verso la realizzazione di una forma di Stato, nella quale le autonomie locali avrebbero la possibilità di acquisire maggiore importanza e responsabilità, ma sempre nel quadro di una comunanza politica e omogenea di un riferimento necessariamente unitario. Il risultato di una riforma istituzionale di questa portata consentirebbe probabilmente alla Regione di avvicinarsi in modo più significativo alle esigenze del settore artigiano, sviluppando le proprie grandi potenzialità nell’esercizio delle funzioni di programmazione e di indirizzo della vita produttiva locale. Questo discorso assume un significato più immediato se si affronta il tema delle deleghe, delle funzioni amministrative delle Regioni agli altri Enti infra-regionali, strettamente legato al tema della governabilità degli stessi. È probabile che la revisione della norma costituzionale sull’esercizio delle funzioni amministrative e regionali e delle relative deleghe agli Enti locali venga a costituire un passaggio chiave al fine di fare della Regione un Ente di governo piuttosto che un Ente di amministrazione. Essa dovrebbe mantenere le funzioni di indirizzo e coordinamento, nonché le funzioni di carattere unitario regionale, ma tutte le altre funzioni amministrative potrebbero essere attribuite opportunamente agli Enti locali.
INCONGRUENZA E DISCONTINUITÀ
Appare necessaria una sfida alla difficoltà di governo in sede locale:
per l’artigianato infatti questo stato di attuale ingovernabilità
rappresenta uno dei motivi di fondo della incongruenza e discontinuità
con cui il settore dell’artigianato si inserisce saltuariamente nei
piani programmatici di sviluppo. Spesso il nostro settore si è trovato
esposto a fenomeni snaturanti di politicizzazione e anche di
burocratizzazione a livello locale che ne hanno appesantito la
scomposizione e la frantumazione delle istanze, quando invece occorre
esaltare l’opportunità di una presenza sistematica del settore
dell’artigianato quale interlocutore necessario ai vari livelli della
programmazione, del decentramento degli Enti locali.
E in questa sfida può essere fondamentale e basilare il ruolo che
rivestiranno le Camere di Commercio le quali, in forza della nuova
configurazione istituzionale disposta dalla Legge 580 e in relazione
alla possibilità di essere destinatarie della delega di funzioni
pubbliche, potrebbero accreditare la connotazione di Ente, di
autogoverno dell’economia nel loro territorio, superando la grave
situazione di incertezza ancora intercorrente tra Regioni ed Enti
locali che oggi rappresenta il motivo di fondo della scarsa e
frammentaria applicazione del principio stesso delle deleghe. Rispetto
a questa sfida, le Camere di Commercio si pongono all’interno del
complesso sistema istituzionale di tutela, sviluppo e sostegno
all’imprenditoria, soprattutto di quella minore, quale elemento
privilegiato del rapporto tra imprese e Stato, quale rete di raccordo
istituzionale tra la Pubblica Amministrazione e l’impresa privata che
nell’ambito del rinnovato sistema delle autonomie locali potrebbe
potenziare tutte le opportunità di sviluppo delle imprese. In
definitiva il riordino delle Camere rappresenta una condizione
fondamentale per soddisfare la necessità di rifondare
istituzionalmente il rapporto tra il sistema delle imprese e la
Pubblica Amministrazione. Alle Camere è stato validamente riconosciuto
un ruolo di interfaccia tra gli interessi delle imprese e la posizione
dello Stato nella sua più larga accezione, concorrendo a creare un
settore della Pubblica Amministrazione con caratteristiche di
efficienza che può essere in grado di rispondere alle pressanti e
forti istanze del mondo imprenditoriale, volto a conseguire una reale
dimensione di semplificazione, di coordinamento e di razionalizzazione
dell’apparato pubblico.
Questo significa che le Camere potrebbero esprimere una nuova
dimensione istituzionale, orientata al miglior servizio, alle imprese
come Pubblica Amministrazione, capace di operare in una nuova
efficienza, rispondendo agli spazi di riferimento delle economie
locali e promuovendone l’integrazione con la dimensione economica
nazionale ed europea.
Pertanto, all’interno del sistema camerale, le imprese e le loro
Associazioni potranno definire linee di intervento comuni e
autogestire alcuni fondamentali servizi di rilevanza pubblica per
favorire lo sviluppo delle economie locali.
IL RUOLO DI ENTI ESPONENZIALI
Si viene a definire, dunque, nelle Camere, un ruolo di Enti
esponenziali dei vari sistemi di interessi settoriali, in un più ampio
interesse generale, nel quale potrebbero essere conciliate le spinte e
le pressioni potenzialmente divergenti delle rappresentanze sindacali
di tipo verticale.
Alle imprese viene così riconosciuta una soggettività e una valenza
istituzionale mai formalizzata e dichiarata: in tal senso gli
strumenti messi a disposizione del mondo camerale, le grandi facoltà
di raccordo con le autonomie locali, anche attraverso funzioni
delegate dallo Stato e dalle Regioni, la sussidiarietà delle Camere
rispetto ai livelli di governo regionale, nazionale ed europeo, fanno
sì che le imprese stesse possano finalmente trovare nel sistema
camerale uno specifico presidio istituzionale a livello territoriale.
Tale presidio, anche a fronte delle forti sollecitazioni che verranno
provocate dalle trasformazioni introdotte con la riforma delle potestà
delle Regioni e dalle autonomie locali, conserva comunque la
possibilità di rafforzarsi nel rapporto con le altre istituzioni
pubbliche, in modo da poter continuare a svolgere in piena autonomia
il proprio ruolo di istituzione e di riferimento per gli interessi
generali delle imprese. Le Camere sono infine in grado di offrire una
grande opportunità: costruire una reale comunità economica tra le
imprese nel Paese, senza pretese e rivendicazioni di egemonia da parte
dei settori imprenditoriali di maggiore dimensione, nei confronti del
sistema imprenditoriale di piccole dimensioni. In sostanza, la
comunità economica potrebbe esistere e crescere ponendo in atto una
reale cooperazione fra le varie componenti del sistema
imprenditoriale, per accrescere e costruire insieme il tessuto
economico. Ma per raggiungere gli obiettivi qualificanti della
riforma, si deve esprimere l’auspicio più vivo, affinché le varie e
complesse fasi di attuazione amministrativa della disciplina, affidate
al Ministero dell’Industria, possano essere rapidamente realizzate al
fine di non vanificare le aspettative e di non demotivare lo spirito
di profonda collaborazione che le varie componenti imprenditoriali ed
economiche rivolgono al loro sistema camerale.
In questa prospettiva le organizzazioni imprenditoriali hanno l’onere
di assumersi la responsabilità di mantenere un rapporto vivo e
ricorrente, di confronto e di partecipazione, all’interno degli organi
camerali, in modo da privilegiare un sistema rappresentativo dei
sistemi delle imprese locali, che assicuri la partecipazione
democratica delle multiformi espressioni economiche. In breve, occorre
superare la politica della contrapposizione in funzione dello sviluppo
armonico di una cultura comune della professionalità e della
progettualità.