di Bruno Manghi
IL SINDACATO
Nel passato il sindacato, anche se tra le organizzazioni si è litigato
moltissimo per farsi nominare in Camera di Commercio in tutte le
province italiane, perché era un luogo di prestigio che dava qualche
vantaggio indiretto all’organizzazione, non ha vissuto assolutamente
come corpo organizzato l’esperienza delle Camere, salvo singoli
dirigenti e in singole situazioni locali, che sono ricordate appunto
perché erano delle eccezioni. Questo per quanto riguarda il passato
del sindacato.
Inoltre c’è un’altra difficoltà che mi è stata esposta in talune
realtà locali da alcuni dirigenti camerali: il sindacato, come è noto,
essendo stato sfiorato e più che sfiorato anch’esso dalla crisi dei
rapporti tra politica e affari che continua a serpeggiare, ha deciso a
un certo punto, due anni fa, clamorosamente, di ritirare tutti i suoi
rappresentanti dalle strutture tripartite o bipartite di
amministrazione. Ho ragione di ritenere che, per quanto riguarda le
Camere e altre istituzioni, questa posizione non sarà mantenuta,
perché un conto è giustamente ritirare il rappresentante sindacale da
un luogo dove si amministrano le case di un fondo pensioni, e un conto
invece è rinunciare alla rappresentanza sindacale in un luogo dove si
progetta l’economia locale. Mi sembra che, da questo punto di vista,
non ci sarà ostacolo né alla presenza del sindacalismo confederale
nelle Camere, né alla sua assunzione di più forti responsabilità in
quelle province e in quelle Camere dove il fattore lavoro è veramente
importante (parlo in particolare dell’Italia industriale ma non solo
di questa).
Credo che semmai ci sarà problema intorno al profilo della
rappresentanza sindacale; tradizionalmente era il leader sindacale
quello che veniva nominato all’interno delle Camere, oggi
probabilmente si tratterà di vedere se questo unico rappresentante
sindacale nel Consiglio non debba essere necessariamente il "primo" di
quella Associazione sindacale, bensì una persona dotata di competenze
e della passione oltre che della rappresentatività per esercitare il
ruolo richiesto. Ovviamente qui si tratterà di esercitare un ruolo,
non di togliere ruolo agli altri, come sovente è capitato.
Sul piano dei problemi di rappresentatività siamo avvantaggiati perché
le elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie offrono un
campione attendibile del peso relativo delle Associazioni e nel
futuro, quando la legge regolerà meglio questo aspetto (cosa che
ritengo in qualche misura inevitabile) la cosa sarà ancora più chiara.
Resta il problema dell’Associazione o dell’elezione diretta - ma
questo ovviamente vale per i più svariati corpi sociali.
IMPULSO ALL’ECONOMIA E SERVIZI FORMATIVI
Se la presenza ci sarà, ecco quali sono, a mio parere le due funzioni
che il sindacato dovrebbe promuovere o valorizzare nell’assetto
camerale e nelle funzioni delle Camere. Una è ovvia, l’impulso
all’economia locale, dove tra l’altro la riforma arriva in un momento
felice, nel senso che negli anni recenti gli Enti locali (Municipi,
Province e Regioni), chi più chi meno, da più tempo o meno, hanno
scoperto questo terreno: la promozione dell’economia locale. Anche nei
luoghi dove si lavora bene (provengo da Torino e mi sembra che sia in
atto una dignitosa esperienza condotta tra l’altro strettamente in
parallelo tra il Municipio e la Camera di Commercio) si capisce al
volo che il Municipio non è una struttura in grado da sola di
sostenere questo tipo di progetti, perché ha una mentalità per cui può
agevolare iniziative ma difficilmente sa guidarle.
In questo senso la tesi di Galgano secondo la quale le Camere di
Commercio sono il nuovo Ente locale che ha questa specializzazione
funzionale mi convince molto, e su ciò penso che il sindacato sarà
indubbiamente un partner molto interessato.
La seconda funzione è anch’essa in gran parte da costruire (o
ricostruire). Si tratti dei servizi formativi alle risorse umane sul
lavoro, si tratti di lavoro autonomo dipendente o cooperativo.
Si va facendo strada l’idea che il nostro sistema può fronteggiare la
competizione solo assumendo la risorsa-uomo (o donna) come strategica.
E il sindacato diventerà sempre più l’agenzia che tutela
l’investimento di energie che ciascun lavoratore opera. L’investimento
lavoro merita almeno la stessa importanza che l’impresa deve dare
all’investimento in capitale.
Il processo di valorizzazione del lavoro dipende largamente dai
processi formativi e in particolare dalla formazione continua, quella
che abbandona l’aula per entrare nell’ufficio, nell’officina,
nell’atelier.
Se moltissimo c’è da rifare nella tradizionale formazione
professionale rivolta all’accesso al lavoro quasi tutto c’è da fare
per quella continua. Né si può attendere molto di buono da un
intervento diretto dello Stato o delle Regioni. Solo poche imprese
hanno la testa e i mezzi per attuarla, d’altra parte non è pensabile
lo sviluppo stabile di un’economia locale senza valorizzazione del
lavoro. Ecco un tema che lega l’interesse del sindacato a rafforzare
il ruolo dei lavoratori a quello delle imprese. Ma occorre una sorta
di autorità, di luogo non strettamente negoziale che le Camere possono
rappresentare ormai meglio di altre istituzioni.
Infine un’osservazione a margine. Riusciranno le Camere a interessare
la cittadinanza e non solo i clienti o utenti?
Si rinnovano certamente ma come ci racconta sempre la gente che si
occupa di qualità, la qualità c’è non quando c’è ma quando viene
percepita. Allora come si rendono percepibili le Camere di Commercio
in una comunità locale, non soltanto tra gli addetti ai lavori, tra i
rappresentanti di una ristretta cerchia che rischia di essere vissuta
come notabilato? Quando si diventa un Ente locale di tipo nuovo nasce
un problema di comunicazione di massa che prima non c’era, e questo è
quanto richiesto a mio avviso dalla riforma.