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Impresa & Stato N°30 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

RAPPORTI FRA CAMERE DI COMMERCIO E ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA

di Francesco Colucci


COME MAI, A UN ANNO DI DISTANZA dall’approvazione della legge di riforma, le Camere di Commercio sono state così poco riformate? E, in secondo luogo, come mai ci sono voluti oltre 40 anni per attuare una riforma, che già nel primo dopoguerra era apparsa utile, urgente, funzionale al nuovo assetto democratico del Paese?
Le risposte possono essere molteplici, ma la più realistica è quella che individua nel ritardo dello Stato, rispetto alla dinamica dell’economia, la ragione prima di tale ritrosia alla riforma. Se il dibattito politico ha portato oggi alla conclusione che le riforme istituzionali non sono più rinviabili, questo è accaduto soprattutto perché il sistema delle imprese ha condotto una lunga, snervante battaglia contro lo statalismo, l’egemonia dei partiti sulle istituzioni, il potere burocratico, l’assistenzialismo. E di questa realtà si deve tenere conto quando si parla di revisione istituzionale: senza le imprese, senza la loro partecipazione, la riforma delle istituzioni sarebbe imperfetta. Perché i valori di cui le imprese sono portatrici debbono essere assorbiti dalle nuove istituzioni; ma questo assorbimento deve essere necessariamente accompagnato da un riequilibrio delle presenze imprenditoriali, che debbono essere rappresentative degli interessi reali coinvolti.
Si tratta di stabilire se il rimedio all’attuale invadenza dello Stato debba rinvenirsi in una riduzione delle funzioni e dei poteri pubblici, o se lo stesso obiettivo non possa essere raggiunto anche attraverso una diversa imputazione di tali poteri e funzioni.
Il progetto di revisione della seconda parte della Costituzione sembra muoversi in questo senso, quando propone di attribuire carattere tassativo alla enumerazione delle competenze dello Stato, al fine di prevenire il riprodursi delle attribuzioni di nuove funzioni che è alla base della crisi attuale. Tale rovesciamento dell’attuale impostazione in tema di attribuzione delle competenze dello Stato si riflette nella parallela crescita e affermazione delle competenze regionali.
In questo scenario, che viene delineato nel progetto di revisione della Costituzione, si è oggi inserita la legge di riforma delle Camere di Commercio. Essa attribuisce alle Camere una funzione di supporto e promozione degli interessi generali delle imprese, nonché funzioni nelle materie amministrative ed economiche relative al sistema delle imprese stesse, finendo col porre le Camere di Commercio in un rapporto di sussidiarietà rispetto agli altri livelli di governo regionale e nazionale.
Il disegno complessivo ha dunque registrato un ampliamento delle attribuzioni dell’istituto camerale nel suo complesso, segnando un deciso riconoscimento delle attività e dei servizi offerti dalle Camere, rispetto ai quali si assottiglia il limite di demarcazione tra l’attività dell’Ente camerale e quella delle rappresentanze di imprese.
L’ampliamento delle attribuzioni risulta ulteriormente dilatabile, considerata l’attribuzione alle Camere dello svolgimento di funzioni delegate dallo Stato, dalle Regioni, o derivanti da accordi internazionali.

NUOVE COMPETENZE ALLE CAMERE

Nell’impianto complessivo della legge viene, in particolare, riarticolato e valorizzato il rapporto con l’Ente regionale e quindi la funzione consultiva, di proposta, di delega e altro. Di più: vi è l’attribuzione alle Camere di nuove competenze in ordine alla promozione, realizzazione e gestione di strutture e infrastrutture, e soprattutto la partecipazione ad accordi di programma. Da un lato dunque le Camere vengono inserite tra i soggetti di governo locale; dall’altro risulta rafforzato il ruolo dell’Ente camerale quale luogo di raccordo e mediazione fra le istanze delle imprese e le istituzioni politiche sul territorio.
È importante, tuttavia, che tali organismi non tracimino dai loro compiti istituzionali e non si trasformino surrettiziamente in rappresentanza, indebolendo il ruolo costituzionale del libero associazionismo imprenditoriale.
La funzione camerale deve, infatti, rimanere quella di promozione e sviluppo del mercato, soprattutto per quanto riguarda il ruolo informativo, con l’offerta di servizi trasversali ai settori che incidono sull’economia generale.
La Legge 580 ha voluto, in questo senso, indicare agli organismi camerali un nuovo impegno nella ricerca di collaborazioni e sinergie col mondo delle imprese, che sempre più necessitano di efficaci risposte da parte dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali.
Va poi ricordato che, già nella Legge 142 (quella sulla riforma delle economie locali), gli Enti locali sono stati indicati in numerose disposizioni come portatori di interessi economici nell’ambito del territorio di competenza: tutte presenze che non possono prescindere dagli interessi generali del sistema delle imprese, in quanto sono suscettibili di condizionarne lo sviluppo.
Sembra allora necessario richiamare l’attenzione sulla circostanza che le attribuzioni delle nuove Camere siano esercitate senza sovrapposizioni con le Associazioni di impresa e gli Ordini professionali.
Credo che su questo argomento ci debba essere molta chiarezza, perché il sistema stesso possa funzionare al meglio.
Questo richiamo è ancora più attuale se si considera che negli Statuti comunali e provinciali, fin qui approvati a seguito della citata Legge 142, non è dato di rinvenire alcun particolare riferimento al ruolo e alle funzioni delle Camere di Commercio in materia di sviluppo e gestione delle normative relative al mondo delle imprese. Questa Legge 142, che aveva aperto speranze quanto meno di compartecipazione fra Comune e imprese, attraverso le Camere di Commercio, nei nuovi Statuti non c’è.
La legge di riforma delle Camere di Commercio postula invece un più generale processo di revisione di tali strumenti, per garantire una reale partecipazione degli organismi camerali agli interventi in materia di programmazione economica.
Va perciò sottolineata l’esigenza di procedere a una ridefinizione organica dei rapporti tra Enti locali e Camere di Commercio, anche alla luce dei riferimenti operati dalla Legge 580, alla delegabilità alle Camere di funzioni, oltre che da parte dello Stato, anche da parte delle Regioni.
L’affidamento alle Camere di ambiti di gestione diretta attraverso infrastrutture economiche specifiche e il superamento dell’ambito provinciale quale unità di misura della suddivisione amministrativa del territorio, pongono direttamente il mercato quale punto di riferimento per le Camere di Commercio e per le stesse Associazioni imprenditoriali.
Se per le imprese e le loro rappresentanze il mercato è la misura e la verifica del loro agire, per le Camere di Commercio questa è una conquista non ancora del tutto consolidata.
Perché questo obiettivo sia raggiunto è necessario e urgente, a nostro parere, che si riduca, o quanto meno si eviti, un eventuale sovraccarico di burocrazia, che le Camere diano slancio alla nuova "vocazione" imprenditoriale, siano sensori dello sviluppo economico, siano strutture "di servizio" e non "al servizio", siano centri di progetto e non di potere.
Per questi obiettivi le Camere di Commercio avranno il nostro pieno appoggio e la più motivata delle collaborazioni.