di Alessandro Carletto
RAPPRESENTANZA, RESPONSABILITÀ E CITTADINANZA
La legge di riforma delle Camere esalta e fa risaltare sia la
rappresentanza quanto il principio della responsabilità e della
cittadinanza. Differentemente, la legge elettorale sta portando a una
semplificazione della rappresentanza e a una ulteriore attuazione del
principio di cittadinanza.
La legge di riforma delle Camere privilegia il principio della
partecipazione alle scelte e ai progetti da realizzare sul territorio,
dunque privilegia la responsabilizzazione degli attori economici e
sociali di questo stesso territorio.
Dall’altro lato, invece, la politica tende a un eccessivo
semplificazionismo, riducendosi a puro pragmatismo e a pura somma di
interessi più o meno organizzati. Credo non sia più vero lo slogan
tutto è politica: certamente oggi si può dire con maggiore facilità
che tutto è economia, perciò economia e impresa non devono più
sentirsi come corpi estranei, ma devono porsi come mezzi e strumenti
al servizio della società tutta, partecipando alle scelte di questa
stessa società.
Occorre creare le forme del protagonismo istituzionale delle imprese
e, soprattutto, il protagonismo delle imprese minori.
In questo la riforma delle Camere è davvero riforma istituzionale
moderna, innovativa, responsabilizzante; la nuova Camera sarà il luogo
dove potrà finalmente e concretamente esprimersi la cittadinanza
dell’impresa, una cittadinanza civile, sociale, politica, oltre che
ovviamente economica. Una cittadinanza che comporti diritti ma anche
doveri.
I nostri diritti di imprenditori, dunque: da tempo cercavamo un luogo
dove presentarli e rappresentarli. Questo luogo ora sarà la Camera di
Commercio.
Piuttosto, quali doveri? Quelli che dovrebbe avere ogni altro
cittadino: un dovere di responsabilità, di solidarietà, di
lungimiranza, un dovere anche di amicizia sociale e ambientale.
L’impresa acquista dunque rilevanza istituzionale. Se le Camere
saranno luogo della cittadinanza delle imprese, questa cittadinanza
non potrà tuttavia essere esclusiva. Il bene dell’impresa non sempre
coincide infatti con quello che una volta si chiamava il bene comune.
Del resto, nelle Giunte camerali attuali già siedono esponenti delle
organizzazioni sindacali; ora avremo anche le organizzazioni di tutela
degli interessi dei consumatori e degli utenti - gli interessi
diffusi, nuova frontiera del diritto e della politica - e ciò dimostra
che quella cittadinanza di cui stiamo parlando proprio non potrà
essere esclusiva.
Anche l’impresa deve però sostenere gli interessi diffusi, con una
particolare attenzione a tutto ciò che riguarda l’ambiente circostante
alle imprese, ambiente non solo naturale - valore e bene prezioso per
le stesse imprese - ma soprattutto ambiente socioeconomico.
Quell’ambiente che le Camere, con la nuova legge, si trovano a
sostenere come loro fine principale utilizzando tutti gli strumenti
previsti.
L’OBIETTIVO PRIORITARIO DELLE CAMERE DI COMMERCIO
Creare l’ambiente favorevole allo sviluppo qualitativo di un
territorio nel suo complesso, e delle sue imprese: questo è
l’obiettivo prioritario dell’azione delle Camere.
La provincia di Varese ha dimostrato - con la sua crisi strutturale
prima ancora che congiunturale - che non è più possibile affidarsi
alla crescita spontanea dell’economia. L’azione della Camera di Varese
è stata allora quella di investire molto nel tentativo di organizzare
localmente lo sviluppo.
Ciò non significa localismo o particolarismo, perché proprio la
complessità e la globalità dei problemi ci dimostra che solo
l’interdipendenza, la creazione di opportune interconnessioni, la
sovraterritorialità possono consentirci di governare localmente il
sistema economico. Qui le Camere devono giocare molto.
Le nuove Camere si assumono dunque un ruolo centrale nella definizione
e nella realizzazione di politiche economiche (e industriali) a
livello locale, pur tra loro necessariamente e doverosamente
coordinate. In questo le nuove Camere dovranno giocare il loro ruolo -
soprattutto questo ruolo - in rapporto stretto con le Associazioni
imprenditoriali.
Qui non dovrà esservi conflitto, i piani di intervento e i criteri di
rappresentatività e di cittadinanza sono e dovranno restare diversi:
Camere e Associazioni, allora, saranno le sedi dove si andrà
necessariamente a costruire la politica per lo sviluppo del
territorio.
Troppo spesso le nostre Associazioni – ieri come oggi – hanno cercato
il referente politico, hanno cercato partiti o governi amici e questo
ha portato alla deresponsabilizzazione delle stesse Associazioni,
deresponsabilizzazione che è sempre figlia bastarda della delega
assoluta agli altri.
Con le nuove Camere questo criterio di delega viene superato, dobbiamo
creare il luogo del dialogo tra interessi diversi, pur consapevoli del
proprio ruolo, assumendosi le necessarie responsabilità. Non più
delega, ma partecipazione diretta.
Le nuove Camere impongono una ridefinizione del modo di essere
soggetti di interessi da parte delle Associazioni, che non saranno più
uniche rappresentanti di interessi imprenditoriali. La concorrenza è
comunque un bene, è benefica se vissuta all’interno di regole ben
definite e soprattutto rispettate.
Ancora una volta il caso di Varese mi pare significativo e
paradigmatico. Coordinandosi tra loro, le Associazioni e la Camera
hanno dimostrato di accettare già ora un ruolo in parte diverso da
quello del passato: ruolo propositivo e insieme collaborativo,
lavorando insieme nel nome dell’economia e del territorio. Il Polo
tecnologico, l’Asse del Sempione, Malpensa 2000, il distretto
industriale, il mercato mobiliare, la formazione, il Centro Tessile:
qui la collaborazione c’è già, è intensa e proficua.
Stato, Regioni, Province e Camere di Commercio: questa è una
articolazione preziosa per l’economia e le imprese. Al vertice,
naturalmente, le istituzioni europee. Attorno, lo spazio del
territorio, lo spazio della responsabilità e lo spazio delle regole.
In tutto questo, quale ruolo gioca lo Stato? Non voglio qui disquisire
di federalismo o di altre alchimie istituzionali. Il federalismo -
ammesso che questo debba essere il nostro futuro - nasce dal basso,
non è architettura senza fondamenta. Lo Stato resta allora un
referente necessario e non eliminabile, soprattutto per la gestione
dell’economia e lo sviluppo dei territori. Uno Stato europeo, però - è
questo che vorremmo tutti - cioè uno Stato che sappia subordinarsi
alla prevalente sovranità europea.
Questa è la sfida da vincere. Anche l’Europa unita è malata di poca
politica, cioè di una cronica mancanza di progetti (o della
debolissima volontà di realizzarli), e di un senso che indichi la
direzione e dia la passione di fare. Potrà rinascere, l’Europa, se
anche l’impresa europea (e italiana in particolare) ritroverà un senso
e si darà un progetto di sviluppo, finalmente abbandonando modelli
spontaneistici senza più futuro.
Le Camere dovranno accogliere nuove sfide, quella della creazione di
reti di imprese ad esempio, da far interagire a livello europeo, per
fare davvero l’Europa delle imprese. Per dimostrare ancora una volta
che l’unica autentica riforma istituzionale fin qui realizzata è
proprio quella delle Camere di Commercio.
Attenzione però: sovradimensionamento delle attese e sottovalutazione
delle opportunità sono i due rischi che dovremo cercare di evitare con
grande attenzione. Ma poiché le Camere saremo noi, a noi spetta
l’onere di evitare questi pericoli.