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Impresa & Stato N°30 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

LE NUOVE CAMERE DI COMMERCIO: STRUMENTI DI GOVERNO DI UNA SOCIETA' AVANZATA

di Danilo Longhi


IL CONVEGNO DI MILANO offre una serie di spunti per arricchire le riflessioni che, non solamente il sistema camerale, sta conducendo da molti anni a questa parte.
L’elemento centrale di questa riflessione credo sia il problema del governo, o meglio delle modalità di estrinsecazione degli strumenti di governo in società altamente sviluppate, quali quella italiana.
Ed è proprio Sabel, nella parte conclusiva della sua relazione, che indica una prima risposta, di carattere generale, al problema: quella di porre mano a serie riforme istituzionali che sappiano far emergere una nuova classe politica strettamente correlata con il mondo della produzione e delle aziende.
È significativo rilevare il filo comune che lega le riflessioni di Milano con i contenuti dei discorsi inaugurali svolti al Cnel in occasione dell’inaugurazione della sesta consiliatura, nelle scorse settimane: mi riferisco, in particolare, alla similitudine tra il concetto di policorporatismo, espresso da Teubner, e quello di poliarchie espresso da De Rita. Credo che questa opinione debba essere condivisa: il potere decisionale, non solamente nel nostro Paese, risulta essere distribuito tra più soggetti, tra più "colonne portanti" (da qui la felice metafora del tempio greco richiamata tanto da De Rita quanto da Benvenuti), spesso in competizione tra loro.
Credo che il cuore del problema venga colto molto correttamente da Teubner, quando delinea le due tendenze principali della società contemporanea: quella denominata Entslaatlichung (destatalizzazione) concernente il graduale ritrarsi delle competenze pubbliche dello Stato; quella indicata come Verstaatliching e intesa come progressiva pubblicizzazione delle organizzazioni intermedie.
La crescita del fattore europeo, dell’Unione Europea, costituisce, inoltre, un elemento che arricchisce ulteriormente il quadro delineato: lo Stato-Nazione perde le sue competenze sia verso il basso, ma anche verso l’alto con l’attribuzione di rilevanti funzioni a strutture e dimensioni sovranazionali.
Ed è proprio nel quadro di policorporatismo, o del rafforzamento delle organizzazioni intermedie, che il ruolo delle Camere di Commercio viene colto correttamente nelle relazioni presentate a Milano: dico questo perché risulta assai chiaramente come la Legge n. 580/93 sia stata tanto un punto di arrivo di un processo già maturo, nella società imprenditoriale, quanto un punto di partenza di nuove e più impegnative sfide.
Ritengo che ancora una volta Sabel abbia colto il vero elemento di novità della legge di riforma: le Camere di Commercio finiscono dall’essere identificate quali rappresentanti dello Stato presso le aziende, e si convertono nei rappresentanti del sistema delle imprese presso lo Stato.
È noto, infatti, come la riforma sia stata fortemente voluta dalle imprese e sia nata dalle esigenze delle imprese stesse di avere una Pubblica Amministrazione al proprio servizio, anche con l’obiettivo di disporre un punto di aggregazione e di mediazione tra interessi pubblici e interessi privati.
Al di là delle pur rilevantissime nuove attribuzioni, le Camere di Commercio si vedono riconoscere dalla legge di riforma l’originalissimo ruolo di strutture pubbliche compartecipate dalle imprese. È un caso veramente unico nel panorama normativo del nostro Paese.
La sfida che attende il sistema camerale, nei prossimi anni, si può riassumere nella seguente domanda: sapranno le Camere di Commercio far maturare la loro autonomia sviluppando nel contempo le interrelazioni con le istituzioni locali, con le altre istituzioni a servizio del mercato, con le regioni, sulla base dei criteri della sussidiarietà, della specializzazione, della decentralizzazione e con una forte politica delle alleanze?
In altri termini le Camere di Commercio sapranno essere soggetto di un decentramento che riguarda tanto il sistema politico-istituzionale, quanto il sistema economico?
Proprio Sabel, nella sua relazione, ha colto il legame tra decentramento politico e decentramento economico, concetto, poi alla base della sua proposta di riforma istituzionale.
Il consolidamento del Mercato Unico, l’abbattimento delle barriere tra gli Stati dell’Unione Europea, ha contribuito a far crescere nelle imprese maggiore flessibilità e capacità di trascendere il dato territoriale.
Il consolidarsi di questo fenomeno ha portato a una riaggregazione dell’Europa per aree economicamente omogenee; mi riferisco a regioni quali la Catalogna, la Baviera e la Lombardia.
La crescita della domanda di un sistema politico correttamente decentrato è, probabilmente, anche conseguenza di questa rivoluzione introdotta dal Mercato Unico; è un fenomeno che, singolarmente, non riguarda soltanto il nostro Paese e che ha trovato la sua sanzione con gli accordi di Maastricht nella parte in cui prevedono l’istituzione a livello comunitario di un Comitato per le regioni.
Il dibattito sulla costruzione di un moderno sistema politico decentrato, conosce, da anni, nel nostro Paese una forte accelerazione: anche nelle sedi parlamentari competenti si è parlato di federalismo e di estensione delle condizioni di speciale autonomia a tutte le regioni italiane.
Non spetta certo a noi prefigurare una soluzione piuttosto che un’altra.

Posso, tuttavia, esporre alcune considerazioni su cosa è stato fino a oggi il regionalismo e verso quale nuovo orizzonte dovrebbe indirizzarsi.
Ricordo, in primo luogo, che il regionalismo degli anni Settanta ha conosciuto un parziale fallimento proprio per la pretesa della classe politica regionale di riproporre su scala ridotta un modello centralistico.
Le regioni si sono dimostrate carenti, in particolare nella fase di attuazione amministrativa delle decisioni assunte in sede politica (nella fase più importante e di immediata percezione per cittadini e imprese) e non si sono dimostrate in grado di coinvolgere efficacemente le diverse rappresentanze istituzionali, economiche e sociali operanti sul territorio.
Ecco perché riteniamo che le regioni debbano immaginare, oggi, un nuovo regionalismo impostato sulle regole di un costante raccordo con le diverse istituzioni e rappresentanze.
Nell’ambito di questo concerto le Camere di Commercio possono svolgere uno specifico ruolo con qualche ragione in più; perché, essendo pubblica amministrazione delle imprese, possono dare risposte rapide ed efficaci nei settori di interesse nel mondo delle imprese; perché essendo realtà compartecipate dalle imprese possono più agevolmente interconnettere (per le ragioni precedentemente esposte) realtà economiche di dimensioni meta-regionale e persino europea, dando respiro e un più alto profilo alle politiche regionalistiche.
Sono convinto che un sistema camerale maturo ed efficace possa rispondere anche ad alcune delle preoccupazioni segnalate dal Touraine nel suo intervento.
Touraine riconosce la tendenza evocata da Teubner con il termine policorporatismo ma ne avverte anche i rischi: quelli relativi alla crescita di gruppi di interessi, di lobbies, sempre più separati tra loro e tesi a difendere i propri interessi.
Da questa tendenza alla separazione Touraine fa discendere il preoccupante fenomeno della crescita delle diseguaglianze nella società contemporanea (con particolare riferimento agli elevati tassi di disoccupazione nelle società occidentali).
Credo che le sensibilità di Touraine siano giustificate: per questo ritengo che i nostri Paesi abbiamo bisogno di istituzioni veramente imparziali e non di parte e tese alle necessarie politiche di sintesi rispetto a interessi divergenti.
Anche in questo caso le Camere di Commercio possono svolgere uno specifico ruolo rivolto a creare le condizioni per un mercato più trasparente e ordinato (tanto più nell’attuale fase di ristrutturazione che stiamo vivendo).
Il Registro delle imprese è certamente lo strumento principale di questo sforzo diretto alla creazione di un mercato più trasparente; ma occorre ricordare, anche, le competenze espressamente attribuite dalla Legge n. 580/93 in materia di conciliazione e arbitrato.
Proprio per queste ragioni - ne sottolineo ancora le più importanti: l’essere un fattore decisivo delle politiche di decentramento; l’essere altresì rivolti a introdurre meccanismi di trasparenza nel mercato - vanno colti e valorizzati, nella riforma che riguarderà la forma Stato, ruolo e funzioni delle Camere di Commercio.