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Impresa & Stato N°30 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

SENZA LE CAMERE L'ATTIVITA' ECONOMICA SAREBBE FORTEMENTE PENALIZZATA

di Thomas MacPherson


LA MIA ESPERIENZA a Bruxelles mi ha fornito una visione notevole non solo dell’attuale situazione ma anche dei difetti che ancora esistono. Questa visione mi consente una prospettiva ragionevole di quello che sarà il futuro, soprattutto in relazione alla democrazia degli interessi, dove questi interessi sono rappresentati da gruppi politici, sociali, economici, ambientali e che tutti desiderano agire armonicamente verso una più ampia, felice ed efficiente Unione Europea.
Le Camere di Commercio devono avere un ruolo importante, proprio in quanto non esiste nessuna altra organizzazione a livello europeo di interesse economico e sociale così estesa e così rappresentativa.
In Italia, con la nuova legislazione, questo aspetto viene sempre più riconosciuto. In Europa, a livello Unione Europea, non esiste una legislazione di tipo universale, ma nel corso degli ultimi tre o quattro anni le Camere, l’associazione delle Camere di Commercio, hanno ottenuto un riconoscimento e una posizione a livello istituzionale mai raggiunta prima e ciò proprio in virtù del fatto che il concetto di Camere, proprio come quello di Sindacato, non conosce frontiere.
Tutti sappiamo che nei Paesi dell’Unione Europea - sia del presente che del futuro - le Camere possiedono diverse strutture che variano da Paese a Paese, di conseguenza una legge valida in Italia non sarebbe necessariamente adeguata per tutti gli altri Paesi membri. Le differenze fondamentali stanno nel fatto che la maggior parte dei Paesi, come ad esempio l’Italia, hanno Camere che sono Enti di diritto pubblico, mentre gli altri hanno associazioni volontarie regolate dal diritto privato.
Il fatto interessante è costituito dal fatto che questi due regimi, operativamente fra loro contrastanti, stanno evolvendosi in una direzione che li porta sempre più vicini. Le Camere di diritto pubblico vedono in costante aumento attività che hanno chiaramente un fine volontaristico di natura imprenditoriale, ma che forniscono un reddito addizionale diretto. Le Camere di diritto privato fruiscono di un reddito secondario da tali attività che vengono loro sempre più affidate, e penso al Portogallo, alla Gran Bretagna, alla Danimarca e al Belgio dove queste attività derivano dal Governo sia locale che nazionale. Di conseguenza tutte le Camere - a qualsiasi sistema esse appartengano - svolgono alla fine tre attività; i doveri per impegni nel settore pubblico, i servizi prestati, dietro compenso, ai loro membri e le attività imprenditoriali che intraprendono direttamente. Questi tre elementi sono comuni a tutte le Camere di Commercio, l’elemento unico che le contraddistingue è costituito dalla rete di cui dispongono e del potenziale a disposizione. Si tratta di una rete sia verticale che orizzontale. La rete verticale, ovviamente, costituisce l’interesse predominante della Commissione Europea e, a meno che non si reinventino nuovi meccanismi, l’Eurocamere costituisce la sola organizzazione in grado di comunicare dal centro, a Bruxelles, verso la periferia economica, definendo tale periferia sia per estremità geografica che per estensione fisica in riferimento al vasto numero di piccole aziende che costituiscono l’economia europea. Ovviamente, il canale verticale non è a senso unico, esso può essere utilizzato per fornire informazioni statistiche, aspettative di affari, stampe, rimandando informazioni dal basso verso l’alto per informare i vertici.
La rete orizzontale è quella più importante per le attività che costituiscono la base delle Camere di Commercio, si tratta di una vera e propria autostrada di informazioni, di comunicazione di dati e di possibilità fra attività e mercati che superano tutte le frontiere.
Ambedue queste reti, sia orizzontale che verticale, sono ovviamente ancora imperfette, ma già si sta lavorando affinché queste vie di comunicazione e informazione possano diventare un vero e proprio strumento del futuro, ben prima della fine del secolo. Si tratterà quindi di migliorare la tecnologia dell’informazione per quanto riguarda le comunicazioni fra le Camere ma egualmente di migliorare la qualità del sempre crescente numero di Camere, quasi 1400, che nel 1995 saranno associate all’Unione Europea. Si tratta delle Camere di Commercio più importanti, come Milano, Madrid, Amsterdam, Parigi, Francoforte e altre. Essi costituiscono il nucleo fondamentale in questa evoluzione. L’organizzazione già esistente e le possibilità che esse hanno di indicare la strada verso uno sviluppo delle comunicazioni sono elementi di estrema importanza, in quanto esse possiedono sia la volontà che le risorse per portare a termine questo compito.
La distribuzione geografica delle Camere di Commercio attraverso ogni centro locale di attività economica in Europa si adatta perfettamente all’opinione, oggi ben definita, che con il 1995 e con la futura crescita del numero di soci sul territorio nazionale ci si sta allontanando da un centralismo politico. Chiaramente tutti noi che svolgiamo un’attività riconosciamo che la realtà di un mercato singolo significa un Ente centrale che ne assicuri il funzionamento, il famoso “terreno da gioco” comune, con un arbitro che usi il suo fischietto, a ogni fallo politico, data l’enorme partecipazione nelle Camere di Commercio di piccole e medie aziende, parlo di oltre 40 milioni di aziende associate, i cui dirigenti sono molto vicini alle loro forze di lavoro, sono loro che portano un messaggio molto chiaro, che dice: il cittadino medio, il cittadino europeo vuole che siano decentrate tutte le decisioni micropolitiche.
Ciò è fondamentale per la creazione nel Trattato di Maastricht, quasi un ripensamento da parte del Comitato delle Regioni. È un Comitato che ancora non è entrato in azione ma ha al suo interno membri di grande forza politica, forza molto maggiore rispetto a quella dei singoli membri del Parlamento Europeo. Esiste comunque il rischio che una forza puramente politica potrebbe non essere sufficientemente equilibrata e il Comitato delle Regioni naturalmente deve avere l’apporto di una voce locale, sia in campo economico che sociale. È proprio questo il ruolo che le Camere di Commercio dovranno svolgere a livello regionale.
Sono tutte considerazioni di cui si dovrà tenere conto sin dall’inizio delle discussioni nel 1997. Non sarà certo compito facile in quanto, sono certo, vedremo ministri di ogni nazione che nel loro ruolo politico sventoleranno striscioni di tipo nazionalistico e di conseguenza elettorale, in una direzione o nell’altra.
Comunque l’Europa dei 16 (che alla fine del secolo sarà dei 20 o più) non potrà essere considerata alla stessa stregua dell’Europa dei 6 di 40 anni fa. In un’Europa di 20 o più Paesi non esiste la possibilità di creare una centralizzazione politica, ma si potranno solo stabilire regole di economia e probabilmente anche di macroeconomia relative alla politica estera e obiettivi collegati: la difesa. In linea di massima, non esiste futuro per l’Europa, sul lungo termine, per una Europa che guardi verso l’interno, così come nella metà degli anni Cinquanta; per sopravvivere dovremo guardare all’esterno, essere internazionali, essere decentralizzati.
La maggiore difficoltà nella creazione di una struttura efficace per il futuro dell’Unione Europea sta nell’inserire l’elemento democratico senza voler semplicemente immettere delle banalità e indubbiamente lo sviluppo dell’importanza già basilare delle Regioni, costituirà un elemento d’aiuto verso la soluzione.
Ovviamente con le Regioni noi abbiamo bisogno di accettare l’inclusione strutturale delle Eurocamere e delle Camere di Commercio come rappresentanti sia regionali che locali dell’industria e del commercio.
In quasi tutti i Paesi europei, siano esse di diritto pubblico o privato, le Camere di Commercio costituiscono una struttura democratica, rappresentano un’organizzazione che utilizza lo stesso metodo, lo stesso tipo di gestione, la stessa filosofia delle aziende che rappresentano. L’apporto democratico dell’espressione economica, sociale e occupazionale delle Camere di Commercio deve inevitabilmente fare parte nello schema gestionale e di discussione delle organizzazioni istituzionali della futura Ue, il che significa, a ogni livello un adeguato riconoscimento come partner dalla Commissione e dalle autorità sia regionali che nazionali.
È ormai evidente che senza il sostegno di una rete di Camere di Commercio le attività commerciali in Europa ne soffrirebbero: non sono parole mie, sono espressioni niente di meno che del Cancelliere Kohl.
La conoscenza, nel mondo degli affari, costituisce una forza, come dovunque, del resto. Partendo da un registro delle attività in ogni Camera europea la Commissione deve aiutare le Camere nella costituzione di un database che travalichi le frontiere, e che costituirà lo strumento gestionale finale in grado di invertire il declino dell’attività sia industriale che commerciale in Europa.
La democrazia con le sue richieste sociali fallisce a meno che non crei risorse, industria e commercio in grado di produrre quel benessere che costituisce il nostro contributo alla democrazia. Quello che chiederemo nel 1996 ai politici sarà di dimenticare domande irrilevanti, ma emotive, come la sovranità, e concentrarsi invece sul far funzionare quel grande concetto di un Mercato Unico, rendendo efficienti ed efficaci i meccanismi necessari al Mercato Unico e, aprendo nuove vie alle attività che oggi non conoscono più frontiere.