di Vanni d'Archirafi
RIORGANIZZAZIONE ISTITUZIONALE
Questa riflessione soltanto per dire che, anche dal punto di vista di
sensibilità dei vertici politici, va affermandosi questa
moltiplicazione di processi di integrazione o di tentativi di processi
di integrazione. Quali sono i tre piani sui quali si colloca,
specialmente in Europa, questa nuova riorganizzazione istituzionale?
Uno è quello globale, cioè l’Europa, l’integrazione europea dal
Mercato Comune al Mercato Unico alla moneta comune; siamo in una fase
avanzata del guado, le difficoltà non mancano e siamo, nella
prospettiva del ’96, di nuovo a un bivio: quale tipo di Europa
vogliono gli europei e quali Paesi europei la vogliono. Ma già a
questo stadio si delinea la conformazione che con Maastricht ha preso
questa riforma della Società Europa-Stato-Regione. Ed è sempre più
chiaro che da un lato c’è la tendenza verso un quadro globale
politico, economico, che è la Comunità con le sue istituzioni, con i
suoi organismi economici, con le sue nuove regole che appunto
sostengono il mercato globale; dall’altro lato ci sono le Regioni, che
vengono assumendo una valenza sempre più concreta ed effettiva, come
centro di interessi, come centro di coagulo verso interessi economici
ma anche sociali, e con un elemento visibile che è il Comitato delle
Regioni.
Il Comitato delle Regioni è veramente qualcosa di molto nuovo, perché
h una creazione, un’entità politica. Il Comitato Economico e Sociale
infatti, ha per i 40 anni di vita della Comunità, caratterizzato la
sua attività mediante pareri in cui si vedevano i lavoratori, i
sindacati, gli imprenditori discutere e poi pronunciarsi: un organo
insomma che certamente aveva ogni significato sul piano economico ma
non quello politico. Invece con il Comitato delle Regioni irrompe la
logica politica fortemente accomunata a quella economica; in mezzo c’è
lo Stato Nazione, il quale effettivamente in questa nuova
configurazione va diluendosi, lasciando ampio spazio da un lato al
passaggio di sovranità - al vertice - ma dall’altro a una gestione più
periferica e questo avviene in tutti i Paesi membri, quale che sia la
loro forma istituzionale, dato che andiamo da un federalismo puro,
quello tedesco, fino a delle forme di decentramento solo
amministrativo come finora è stato da noi, ma tutti avvertono (e
questa è stata la ragione per la creazione del Comitato delle Regioni)
che sempre più il centro della discussione e della rappresentanza
degli interessi si va spostando verso le Regioni.
TRE LIVELLI DI CONVERGENZA ISTITUZIONALE
In questo contesto, ovverosia la necessità di una convergenza
istituzionale sui tre livelli esaminati, si staglia particolarmente il
caso italiano.
In che senso possiamo parlare in quest’ambito di convergenza
istituzionale? Tutto ormai avviene nell’ambito di una competizione
delle varie nazioni tra di loro, quindi la ricerca dell’efficienza di
una gestione è un momento ineludibile. Nei tre livelli citati -
europeo, nazionale e regionale - vi sono delle politiche in cui
l’interrelazione è evidente. Due esempi: quello dei fondi strutturali
e quello delle piccole e medie imprese, e qui veniamo al nodo del
problema. Se non vi è, ai tre livelli, una efficienza paragonabile, il
risultato non può essere positivo. Per massimizzarlo bisogna che vi
sia all’interno di questi tre livelli una convergenza e un’efficienza
orizzontale, che cioè sia l’amministrazione che la gestione siano
ottimali, e poi occorre che vi sia questa interrelazione di efficienza
verticale. Cosa è accaduto in Italia rispetto soprattutto al primo
esempio, quello dei fondi strutturali? Che questa efficienza non c’è
stata: in un momento in cui Bruxelles per i fondi strutturali ha
spostato le decisioni sul piano nazionale e regionale, la mancanza di
efficienza del sistema Italia ha prodotto un risultato pessimo in
termini di scarsa utilizzazione delle risorse, pessimo anche nel modo
concreto di utilizzazione di queste risorse. È da tempo che mi vado
battendo perché emerga questo concetto dell’efficienza dell’insieme
del sistema perché si risponda alle sfide del mondo moderno a
vantaggio delle imprese, degli imprenditori, e perché si imponga al
Sistema Italia di adeguarsi maggiormente alle esigenze. Sullo sfondo
di tutto questo e dei tre momenti propositivi che propongo di
esaminare, vi è un concetto che già è stato sviluppato ampiamente:
quale risposta dare per questo Stato, sia nel senso della
ricomposizione del quadro globale, che nel senso di una frammentazione
di questo quadro.
Bisogna che ai vari livelli, quello regionale, nazionale, europeo e
anche quello mondiale il lavoro venga concordato, convenuto,
combinato, che, in altre parole, sia un lavoro a rete. Per le piccole
e medie imprese si tratta, per esempio, del nuovo Programma
Comunitario di finanziamento, appoggio, sostegno con misure adeguate,
semplificate, di allargamento al quadro europeo di alcuni strumenti
che già esistono nei vari Paesi membri.
Un esempio in Italia è la Legge 44, : il tentativo in corso è di
allargare questa iniziativa all’insieme del territorio della comunità.
È importante vedere quali sono ovunque le migliori pratiche e i
migliori servizi a favore delle imprese, con l’obiettivo di creare un
effetto palla di neve, con massa critica sufficiente perché in tutti i
Paesi membri - sia pure nell’ambito della sussidiarietà perché non è
un settore in cui la comunità può direttamente mettere le mani - si
allarghi la macchia d’olio.
Maastricht contiene già lo strumento, ecco perché dico che questo
lavoro in rete è qualcosa di veramente moderno, qualcosa di già
applicato e praticato. L’articolo 130 dice che i Paesi membri, in
concertazione fra loro e con la Commissione possono insieme elaborare
delle nuove politiche ed è quello che abbiamo proposto e sta avvenendo
già da qualche tempo per ciò che concerne le piccole imprese. Esiste
un Comitato di semplificazione amministrativa, giuridica, fiscale, che
lavorerà per vedere su tutta la comunità come si può operare
alleggerendo le regole esistenti. In questo senso il Comitato si
occuperà delle misure (ve ne sono migliaia nei Paesi membri) a favore
delle imprese, per razionalizzare e generalizzare l’uso delle migliori
tra queste misure (come la Legge 44) o servizi alle imprese. Esistono
inoltre due raccomandazioni già emanate dalla Commissione: una in tema
di termini di pagamento tra imprese, e dello Stato verso le imprese
(questo è un punto che in Italia è molto critico ed è molto sentito),
e un’altra nel campo della trasmissione delle informazioni tra
imprese.
Questo concetto è stato accolto dai Paesi membri ed è la nuova
metodologia su cui si fonda la politica per le piccole e medie
imprese. Alla base di tutto vorrei porre in Italia i concreti passi
avanti con la realizzazione delle nuove Camere di Commercio, in
stretto collegamento con le Camere degli altri Paesi membri, sia per
quanto concerne la capacità di raccogliere e scambiarsi i dati, sia
per quanto concerne la capacità di offrire servizi e informazioni
sulle imprese che sono in fondo quelle più vicine al loro habitat
naturale di ogni Camera di Commercio che ha una base territoriale.
Considerando anche le forme di collaborazione che esistono e che
funzionano, delle Camere di Commercio delle grandi città che finiscono
con l’essere un polo di attrazione ciascuna nel proprio Paese o per
fenomeni di inurbanamento passati o anche presenti, io credo che vi
sia un quadro coerente nel quale oggi si può discutere, che ha bisogno
di adattamenti, di impulsi, di incoraggiamenti ma che mi sembra già
delinearsi con sufficiente nitidezza.
Nel mondo globale anche un’entità sub-globale come l’Europa deve
nascere e funzionare lungo queste reti di cui si è parlato. Le Camere
di Commercio ne sono un elemento molto importante per la loro capacità
di canalizzare e aggregare degli interessi rappresentativi sulla via
che porta verso questo stato globale. Per quanto riguarda l’Italia ho
sempre cercato di affrontare il nostro problema sul terreno, perché ho
parlato di questa entità, le "cabine di regia", che non sono altro che
momenti di coordinamento adottati dal sistema italiano in relazione ai
fondi strutturali. E questo perché? Perché la cattiva qualità
dell’amministrazione italiana ci pone in difficoltà; e allora bisogna
arrampicarsi sugli specchi e questi sono degli specchi; non c’è altro.
Ci sono adesso le cabine di regia che sono dei punti di raccordo per
fare i programmi di sviluppo a livello regionale, che poi diventano il
programma italiano, che poi si confrontano con il mare di soldi che
può venire da Bruxelles se noi funzioniamo bene. Ecco lì una rete, che
io ho voluto costruire, e si è riuscito a mettere in campo, e che è
una delle sub-reti che spero funzioni a livello nazionale.