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Impresa & Stato N°30 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

IMPRESA, STATO, EUROPA

di Piero Bassetti


POTRA' SEMBRARE STRANO CHE, dibattendo della riforma dell’ordinamento delle Camere di Commercio avvenuta con la Legge 580 del 1993, sia stato scelto come tema Impresa, Stato, Europa. Ma noi siamo convinti che un tema così vasto e impegnativo è assolutamente appropriato e naturale, perché questa riforma contiene elementi che vanno a impattare con forza su tutti e tre questi terreni.
La Legge 580 infatti, costituendo le Camere di Commercio come sistema istituzionale per le imprese, riconosce alle stesse imprese un ruolo centrale anche all’organizzazione statuale.
Lo fa prefigurando un ordinamento di tipo nuovo, dove la funzione di rappresentanza viene innovata e ampliata proprio dal fatto di porre le Camere di Commercio come organo capace di mediare tra interessi particolari e generali. E lo fa, infine, eleggendo come proprio spazio l’Europa.
Mentre affrontiamo i temi della riforma delle Camere di Commercio, siamo consapevoli che essi cadono in un momento delicato, ma anche molto ricco, per la vita e il futuro dell’Italia. Ma siamo altrettanto consapevoli che i temi della riforma non sono altri, ma coincidono con i grandi problemi che sono alla base della crisi e del travaglio che oggi viviamo.
Ecco il senso di questa riflessione: non solo la celebrazione di una riforma - per la quale molti di noi hanno lavorato a lungo - con caratteristiche talmente innovative che ancora da pochissimi è stata compresa a fondo; ma la convinzione che i temi che ne sono alla base, la proposta che vi è strettamente collegata possono essere centrali nell’attuale fase politico-istituzionale del Paese.
Viene da qui la nostra speranza che i contributi che hanno portato illustri studiosi di molte discipline, italiani e stranieri, possano rivelarsi utili non tanto per celebrare, ma per spiegare il senso e la potenzialità di una riforma che il nostro Parlamento ha pur saputo portare a termine.
La politica sembra faticare nel dare al Paese un segnale di chiari obiettivi, di nuove sintesi riformatrici.
A poco vale cercare le soluzioni alla crisi della politica solo in differenti modalità di selezione degli uomini o nell’esercizio di ridisegnare le carte geografiche e amministrative dello Stato.
Prendiamo il tema dello Stato: siamo tuttora occupati a dibattere se sia meglio il modello di Jefferson piuttosto che quello di Toqueville o di Cattaneo. E non vediamo il cambiamento radicale della sua essenza e della sua funzione, oggi, nell’epoca della globalizzazione, del tempo reale, della sfida ecologica, dei nuovi poteri occulti, dell’attacco globale, mondiale, delle mafie.
Sono queste le dimensioni che possono farci ritrovare le ragioni della politica, di una politica che faccia Storia.
Può sembrare paradossale o forse ardito affrontare temi così complessi, la riforma dello Stato, il ruolo delle imprese, il futuro dell’Europa, partendo da una legge di riforma delle Camere di Commercio. Invece proprio qui è il punto. Perché la Legge 580 contiene anch’essa, come molte altre leggi, nuclei di un potenziale in grado di farsi strumento per riorganizzare i rapporti fra Stato e imprese, ricollocandoli spazialmente sull’orizzonte dell’Europa.
Se la crisi è da ricondurre a cambiamenti epocali che investono la società e l’organizzazione statuale, allora è inutile cercare i protagonisti e gli strumenti della trasformazione solo all’interno dell’organizzazione statuale attuale. Occorre il coraggio di andare a cercarli là dove essi sono, dove si realizza il rapporto fra i nuovi protagonisti e le nuove dimensioni dello Stato.
Dobbiamo accorgerci che fra i soggetti della Storia non ci sono più solo le popolazioni dei cittadini, ma anche la popolazione delle imprese. In questi anni la società italiana si è trovata di fronte all’emergere di un fatto nuovo di straordinario impatto: il protagonismo dell’impresa nella società. Accade in tutto il mondo sviluppato: più si perfeziona il dominio delle imprese sui processi dell’innovazione tecnologica e organizzativa, più penetrante e incisiva diviene l’influenza che le imprese esercitano sull’esistenza materiale e sociale degli individui. Tanto che oggi sono spesso assai più importanti per la vita concreta di centinaia di milioni di individui, le strategie di sviluppo tecnologico assunte da un’azienda della Silicon Valley, che molte decisioni politiche prese alla Casa Bianca.
La trasformazione sociale operata in ogni Paese dal dinamismo delle imprese, chiama il superamento di vecchi confini, chiede quindi Europa, Nato, Gatt, Onu.
E tutto questo non poteva non investire in pieno anche il nostro Paese, con una forza ancora più elevata rispetto a Paesi a noi vicini.
Oggi vi sono quasi cinque milioni di imprese in Italia, in media un’impresa ogni tre, quattro famiglie. Ma la densità è ancora più fitta se si considerano regioni come la Lombardia e il Veneto, dove la diffusione delle imprese non ha probabilmente eguali in Europa. Nel cambiamento radicale delle strutture sociali, la diffusione di massa del modello imprenditoriale ha distrutto e trasformato le storiche divisioni di classe.
Da parecchi anni il sistema delle Camere di Commercio, soprattutto quelle presenti nelle aree a più forte innovazione come Milano, aveva individuato i segnali di questo profondo processo di cambiamento: un’impresa non più esclusivamente strumento dell’economia, mera protesi dell’imprenditore, ma promossa a pieno titolo a soggetto istituzionale della società, perché divenuta punto di convergenza dei fattori produttivi.
Tutto questo è avvenuto mentre si dissolvevano i tradizionali collanti della società, le ideologie, che fino a ieri avevano provveduto all’integrazione trasversale dei gruppi, delle classi, degli interessi poco o molto organizzati. Ecco perché la domanda di regole che proviene da questa profonda trasformazione, da questa crisi epocale, è sostanzialmente diversa da quella di ieri.
È una crisi che si manifesta in modo virulento nell’inceppamento dei meccanismi della rappresentanza, nelle opposte tentazioni di assenteismo nazionale o di protagonismo assistito dai nuovi poteri mass-mediatici, nella voglia di trovare una scorciatoia politica alla difficile gestione della trasformazione dello stato del benessere.
Una crisi che ha radici profonde, strutturali.
Oggi, i più sensibili fra noi sono preoccupati per questa crisi del principio di rappresentanza. E appare chiaro che nel momento in cui le formule di aggregazione sociale transitano dalle ideologie agli interessi, il principio della rappresentanza si salva non ritoccandone le formule, ma ampliandone e potenziandone la sostanza, allargando il concetto di democrazia, dalla democrazia dei soli individui alla democrazia attenta anche ai cinque milioni di imprese-istituzioni, e agli interessi verticali che in esse si esprimono.
Se i nuovi cittadini d’Europa si connettono e si organizzano col modello della rete, che è il modello organizzatore del mercato, la sfida è riorganizzare il rapporto con il territorio europeo. E farlo non secondo il vecchio schema, che articola le nazioni in regioni, ma con schemi nuovi. Schemi ai quali la 580 apre ampi spazi di approfondimento e di sviluppo, come per esempio ci suggeriscono le esperienze di Eurochambres e del nostro network fra le Camere di Milano, Madrid, Amsterdam, Parigi, Francoforte.
Siamo consapevoli che il modo di comporre in un nuovo tipo di Stato i nuovi soggetti, le imprese, e nuove sfide come quella europea, è il discorso politico più centrale di tutti.
Certo, siamo anche perfettamente consapevoli che la politica è anche amministrazione - possibilmente buona amministrazione - e quindi concepiamo le Camere come strumenti che devono rendere conto alle imprese anche delle risorse che vengono loro affidate, e provvedere a dare in cambio servizi efficienti e di buona qualità, il che esse fanno e sempre più faranno.
Lo faranno con una efficiente attuazione di strumenti fondamentali per la vita dello Stato, come ad esempio un buon Registro delle imprese, completo e aggiornato in tempo reale.
E lo faranno anche grazie ai più intensi rapporti di collaborazione con le associazioni imprenditoriali che la riforma rende possibile su nuove basi.
Con la Legge 580 l’ordinamento delle Camere di Commercio è stato infatti riformato in modo profondo. Essa ha formalizzato molto di quanto per molti anni abbiamo perseguito e conseguito nella prassi: un lungo lavoro, che ha dato luogo alla "autoriforma" delle Camere, alla base della quale è cresciuta una proposta culturale, che nella rivista Impresa & Stato ha avuto uno strumento importante di elaborazione e diffusione.
È quindi grande la nostra soddisfazione nel vedere premiata la nostra scommessa.
Scommessa innanzitutto sulla possibilità di trasformare le Camere da burocrazia periferica a soggetti dinamici, autogovernati e perciò democratizzati e promotori di esperienze innovative, al servizio delle imprese. Di renderle partecipi di un grande progetto: creare uno strumento di nuova statualità per le imprese, articolato a rete - il mercato - aperto all’Europa e capace di interfacciare con efficacia i bisogni delle imprese e il mondo della Pubblica Amministrazione. Ma soprattutto scommessa di riuscire a individuare le potenzialità che in nuce avevamo individuato in queste strutture. Ma c’è ancora molto da fare. Le imprese, per poter interpretare appieno il loro nuovo ruolo, hanno bisogno di un salto di qualità soprattutto nella dotazione infrastrutturale. È su questo terreno, infatti, che oggi si gioca la sfida di una organizzazione statuale impegnata fra mercato e libertà, fra economia e politica, fra scelte individuali e fini collettivi, fra interessi e valori.
Oggi, grazie alla riforma, registriamo la soddisfazione di vedere consolidarsi l’impegno di oltre un decennio ma soprattutto siamo ancora più consapevoli della necessità e dell’urgenza di portare ancora più oltre il nostro lavoro.