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Impresa & Stato N�29 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

ETICA E AFFARI: E' ANCORA LUNGA LA STRADA VERSO LA COESISTENZA

di Cesare Vacca'


LA LATITUDINE DEL PROCESSO DEGENERATIVO

L'ASPETTO PIU' STUDIATO della corruzione riguarda le molteplici forme di connubio fra soggetti pubblici e privati strutturate sull'avviluppo di pratiche illecite relative alla stipulazione di contratti fra imprese e amministrazioni per la realizzazione di opere e l'acquisizione di forniture e servizi.
I contributi che seguono confermano questa impostazione, vertendo essenzialmente sui profili patologici ravvisabili nella sfera dell'attivita' contrattuale dell'Amministrazione Pubblica, volti a consolidare un sistema economico di riferimento assai costoso, rimasto tendenzialmente stabile nel tempo.
I tentativi di modificazione di questo sistema in atto nel nostro Paese hanno reso instabili le aspettative dei soggetti che contribuirono a radicarlo, con l'effetto - almeno in apparenza - di ridurre il volume degli scambi viziati, ma a fronte di un plausibile incremento del "prezzo" delle transazioni illecite.
Se e' vero che sono le caratteristiche di ciaschedun sistema economico-politico a determinare la soglia della ricchezza illecitamente appropriabile prima che il sistema stesso giunga al collasso, puo' affermarsi che il punto di rottura nel nostro Paese e' stato raggiunto quando la corruzione - divenuta una sorta di ordinamento di fatto - ha sovvertito ogni residua regola di efficienza del mercato.
Non possono, del resto, comprendersi le peculiarita' della situazione sottovalutando i rispettivi elementi di debolezza della funzione amministrativa e del capitalismo italiano, che - fra gli altri effetti - hanno reso possibile la progressiva colonizzazione delle strutture amministrative a opera del potere partitico.
L'intrinseca debolezza che ha caratterizzato il processo di formazione del capitalismo nazionale al contempo ha delineato i tratti di un sistema delle partecipazioni statali - oggi anch'esso in profonda crisi - del tutto atipico nel panorama dei Paesi industrializzati e, nel corso del tempo, sempre piu' distante dal modello che ne aveva accompagnato la nascita.
Le ragioni giustificatrici del sistema delle partecipazioni statali risiedevano, come e' noto, da un lato nella cronica mancanza di capitale di rischio, specie nei settori come quelli a elevata tecnologia che richiedono una programmazione strategica e ingenti investimenti; dall'altro nella indisponibilita' di strumenti finanziari in grado di supplire a tale carenza agevolando la trasformazione del risparmio in capitale di rischio.
Le ragioni storiche che determinavano l'intrinseca debolezza del capitale italiano negli anni Trenta non sono venute meno, anzi si sono aggravate nel corso del tempo: l'impresa pubblica, inoltre, ha vieppiu' assunto il ruolo di "cassaforte"di talune aggregazioni politiche, nel mentre interessi clientelari - talvolta coincidenti con ambigue istanze sociali - hanno fatto si' che l'originaria concezione di sostegno al processo di industrializzazione nazionale si trasformasse nel pesantissimo drenaggio delle risorse necessarie per mantenere in vita imprese decotte, anche sul piano tecnologico, e prive di ogni concreta possibilita' di rilancio.
La degenerazione del mercato, delle istituzioni, degli enti e delle imprese pubbliche - oggi nota nei suoi tratti essenziali grazie all'operato della magistratura - e' il frutto dei rapporti di scambio fra la sfera partitica e quella economica secondo una logica di occupazione sistematica di ogni centro decisionale perseguita dai partiti politici sin dagli anni Cinquanta.
Un avviluppo di interessi di siffatta entita' non poteva limitarsi alla sola funzione amministrativa: pesanti indizi inducono, infatti, a ritenere che anche l'attivita' legislativa sia stata contaminata da pratiche illecite e che da tempo prosperi un mercato dei provvedimenti normativi.
Gli interventi legislativi "orientati", cosi' come il contrario caso della mancata adozione - o del rinvio sine die - di atti normativi "sgraditi" rappresentano soltanto un aspetto dell'inquietante fenomeno delle decisioni, specie di politica economica, operate in funzione degli interessi di certuni: dietro scelte quali, ad esempio, la nazionalizzazione delle imprese elettriche, l'istituzione del servizio sanitario nazionale, l'abbandono dell'energia nucleare per la generazione dell'energia elettrica, potrebbero - in realta' - celarsi motivazioni assai diverse da quelle ufficialmente conclamate.

LE SOLUZIONI CONFIGURABILI

Il venir meno di ogni equilibrio politico, pur in assenza di veri e propri sommovimenti rivoluzionari, tradizionalmente si accompagna alla denunzia di un sistema corrotto: i problemi concernono quindi, in primo luogo la gestione nel medio periodo di un sistema sociale riposto su di un equilibrio venuto meno e l'individuazione delle misure correttive - anche transitorie - necessarie per superare l'emergenza; successivamente l'adozione dei provvedimenti normativi che ragionevolmente consentano di ricondurre i fenomeni degenerativi entro soglie fisiologiche precludendo, per quanto possibile, il ripetersi di stati patologici.
Sul piano amministrativo il superamento delle situazioni che si caratterizzano per le commistioni di interessi fra imprese e pubblici funzionari presuppone, innanzitutto, l'adozione di adeguati strumenti di controllo sui dipendenti di enti e amministrazioni atti a rivelare l'esistenza di illecite collusioni: si tratta, come e' stato ipotizzato, dell'attivazione di un'efficace anagrafe patrimoniale, cui dovrebbero tuttavia associarsi congrui strumenti di valutazione e di incentivazione della fedelta' dei dipendenti, non dissimilmente da quanto talvolta si rileva in merito ai funzionari addetti agli uffici acquisti delle imprese private.
Deve acquisirsi la consapevolezza che un'amministrazione deresponsabilizzata perde il ruolo che le compete nei Paesi industrializzati quale garante della imparzialita' e correttezza delle dinamiche economiche e sociali; la mancanza di una efficace tecnostruttura pubblica e' stata rilevata, del resto, anche dalla Corte dei conti nel Referto per il Parlamento del 28 maggio 1993, ove e' sottolineato (pag. 15) che "questo stato delle cose, unitamente all'incalzare del progresso tecnologico, alla crescente complessita' di progettazione ed esecuzione delle opere pubbliche e alle endemiche carenze di organico nei ruoli del personale tecnico dello Stato, ha favorito l'affermarsi di un vero e proprio ruolo di supplenza delle societa' a partecipazione statale nei confronti della Pubblica Amministrazione".
La perdita della capacita' di gestire rapporti di committenza in capo alla maggior parte delle stazioni appaltanti e', pertanto, conseguenza anche della prassi secondo la quale "attraverso convenzioni pluriennali ripetutamente prorogate o rinnovate, talune strutture [di impresa] si sono stabilmente affiancate a quelle delle singole amministrazioni, fino a diventarne quasi una branca operativa" (cosi', ancora, il Referto per il Parlamento della Corte dei conti, cit., p. 28). E' evidente che di fronte a questo stato delle cose tutti i meccanismi di controllo limitati, come gli attuali, a considerare la regolarita' degli atti sotto il profilo formale si dimostrino totalmente inefficaci: insegna, infatti, l'esperienza che alla base della maggior parte delle operazioni illecite sino a ora smascherate vi erano atti assolutamente ineccepibili.
Per giungere a demistificare le operazioni formalmente e contabilmente inoppugnabili e' necessaria la recezione di modelli quali quello offerto dalla Corte dei conti tedesca, la quale effettua un vero e proprio controllo di gestione - non gia' di mera legittimita' formale - grazie alla propria composizione che vede i giuristi integrati da ingegneri, geologi e altri specialisti.
Anche il professor Cassese nel presentare le Norme costituzionali sulla Pubblica Amministrazione, frutto del Progetto finalizzato Cnr sull'organizzazione e sul funzionamento della Pubblica Amministrazione (Roma, 31 marzo 1993) sottolineava nella sua relazione (Perch� una nuova Costituzione deve contenere norme sulle pubbliche amministrazioni e quali debbono essere queste norme, pag. 4) che "il controllo dei risultati, l'analisi dei costi e dei rendimenti dell'attivita' amministrativa" rappresenta il presupposto dell'efficacia dell'azione amministrativa.
A questo fine lo stesso Cassese individua (Relazione citata, pag. 3) una inderogabile esigenza: "per assicurare l'efficacia dei loro servizi le amministrazioni devono dotarsi di controlli interni, di controlli per correggere, piu' che per sanzionare. E ci deve essere un organo che verifichi di continuo che tali controlli siano operanti, svolgendo una sorta di controllo di secondo grado".
Da sottolineare, a questo proposito, che una prospettiva inversa concerne le imprese: in questo caso l'auditing deve, infatti, evolvere da meri criteri di verifica interna a schemi di effettivo controllo esterno.

LA CONCORRENZA, PRESUPPOSTO DI OGNI TRASPARENTE

RAPPORTO ECONOMICO CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

La predisposizione di meccanismi atti a incentivare e ampliare la liberta' di concorrenza rappresenta l'obiettivo prioritario che deve essere perseguito dalle pubbliche amministrazioni indipendentemente dal tipo di procedura aggiudicativa di volta in volta adottata.
La finalita' che eufemisticamente potrebbe definirsi di "concorrenza limitata", quando non puo' essere realizzata dagli imprenditori corrotti mediante la forza della dissuasione e' raggiunta, come di regola avviene in precisi contesti geografici, mediante il ricorso diretto alla violenza alle cose e alle persone.
L'esistenza di un mercato concorrenziale costituisce per la Pubblica Amministrazione la principale garanzia di acquisire prestazioni qualitativamente valide al miglior prezzo: tuttavia, se e' vero che solo l'ampliamento della concorrenza puo' consentire di vanificare gli accordi di cartello e contrastare le imprese operanti illecitamente, deve altresi' essere rilevato che l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato e' priva di qualsivoglia potere di polizia giudiziaria. L'esempio della statunitense Security Exchange Commission, Sec, l'organo di controllo sulle societa' e la Borsa, puo' rappresentare un riferimento di grande interesse in merito al conferimento di poteri di indagine assai incisivi, nell'ambito delle competenze attribuitele, a una struttura essenzialmente amministrativa.
Un modello degno della massima attenzione e' rappresentato anche dalle norme adottate negli Stati Uniti in merito ai riflessi sul piano civilistico della violazione della disciplina antitrust: chiunque sia stato danneggiato, ad esempio perche' concorrente, puo' ottenere un risarcimento pari al triplo del danno subito (Private Treble Damage Action).
Nei confronti delle imprese l'efficacia deterrente delle sanzioni correlate alla violazione delle regole di concorrenza appare sempre assai maggiore rispetto a quella delle sanzioni penali in tema di turbativa d'asta: le sanzioni amministrative previste dall'art. 15 della Legge 10 ottobre 1990, n. 287 (da 1 a 10% del fatturato dall'impresa che e' incorsa nel comportamento vietato), nonche' le sanzioni civilistiche della nullita' degli accordi e del risarcimento del danno (cfr. artt. 2-3 e 33 della legge stessa) rappresentano, infatti, un rischio che le imprese non possono sottovalutare.
Anche in questo caso merita di essere richiamata la disciplina sanzionatoria che negli Stati Uniti assiste le norme antitrust: chi abbia posto in essere comportamenti pregiudizievoli della liberta' di concorrenza (cfr. Criminal Fine Enforcement Act 1984, Public Law No. 98-596) e' tenuto al pagamento di una pena pecuniaria che, per le persone giuridiche puo' essere pari ad un milione di dollari (recentemente elevato, in taluni casi, a dieci milioni di dollari), nel mentre non puo' eccedere i centomila dollari per le persone fisiche.
Agli organi del Governo Federale e' altresi' attribuito il potere di richiedere la confisca, a favore degli Stati Uniti d'America, dei beni e dei frutti correlati a contracts, combinations o conspiracies in restraint of trade.

CONCLUSIONI

Molteplici, come si vede, sono gli spunti offerti da altre esperienze suscettibili di proficua trasposizione nel nostro Paese, se realmente e' viva la volonta' di arginare i processi degenerativi evidenziati dalle vicende sulle quali inizia a essere strappato il velo che per decenni le ha occultate.
Due decadi sono ormai trascorse, del resto, dalla Risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 15 dicembre 1975 (n. 3514/XXX) recante Misure volte ad impedire che le imprese transnazionali e altre, i loro intermediari e altre parti in causa si dedichino a pratiche di corruzione: una ragione in piu', quindi, per ritenere che i tempi siano sufficientemente maturi per porre mano ai molteplici profili della corruzione nei rapporti fra la sfera politica e quella dell'impresa.
I contributi che seguono rappresentano senza dubbio un forte stimolo in questa direzione.