di Cesare Vacca'
L'ASPETTO PIU' STUDIATO della corruzione riguarda le molteplici
forme di connubio fra soggetti pubblici e privati strutturate
sull'avviluppo di pratiche illecite relative alla stipulazione
di contratti fra imprese e amministrazioni per la realizzazione
di opere e l'acquisizione di forniture e servizi.
I contributi che seguono confermano questa impostazione,
vertendo essenzialmente sui profili patologici ravvisabili
nella sfera dell'attivita' contrattuale dell'Amministrazione
Pubblica, volti a consolidare un sistema economico di
riferimento assai costoso, rimasto tendenzialmente stabile nel
tempo.
I tentativi di modificazione di questo sistema in atto nel
nostro Paese hanno reso instabili le aspettative dei soggetti
che contribuirono a radicarlo, con l'effetto - almeno in
apparenza - di ridurre il volume degli scambi viziati, ma a
fronte di un plausibile incremento del "prezzo" delle
transazioni illecite.
Se e' vero che sono le caratteristiche di ciaschedun sistema
economico-politico a determinare la soglia della ricchezza
illecitamente appropriabile prima che il sistema stesso giunga
al collasso, puo' affermarsi che il punto di rottura nel nostro
Paese e' stato raggiunto quando la corruzione - divenuta una
sorta di ordinamento di fatto - ha sovvertito ogni residua
regola di efficienza del mercato.
Non possono, del resto, comprendersi le peculiarita' della
situazione sottovalutando i rispettivi elementi di debolezza
della funzione amministrativa e del capitalismo italiano, che -
fra gli altri effetti - hanno reso possibile la progressiva
colonizzazione delle strutture amministrative a opera del
potere partitico.
L'intrinseca debolezza che ha caratterizzato il processo di
formazione del capitalismo nazionale al contempo ha delineato i
tratti di un sistema delle partecipazioni statali - oggi
anch'esso in profonda crisi - del tutto atipico nel panorama
dei Paesi industrializzati e, nel corso del tempo, sempre piu'
distante dal modello che ne aveva accompagnato la nascita.
Le ragioni giustificatrici del sistema delle partecipazioni
statali risiedevano, come e' noto, da un lato nella cronica
mancanza di capitale di rischio, specie nei settori come quelli
a elevata tecnologia che richiedono una programmazione
strategica e ingenti investimenti; dall'altro nella
indisponibilita' di strumenti finanziari in grado di supplire a
tale carenza agevolando la trasformazione del risparmio in
capitale di rischio.
Le ragioni storiche che determinavano l'intrinseca debolezza
del capitale italiano negli anni Trenta non sono venute meno,
anzi si sono aggravate nel corso del tempo: l'impresa pubblica,
inoltre, ha vieppiu' assunto il ruolo di "cassaforte"di talune
aggregazioni politiche, nel mentre interessi clientelari -
talvolta coincidenti con ambigue istanze sociali - hanno fatto
si' che l'originaria concezione di sostegno al processo di
industrializzazione nazionale si trasformasse nel pesantissimo
drenaggio delle risorse necessarie per mantenere in vita
imprese decotte, anche sul piano tecnologico, e prive di ogni
concreta possibilita' di rilancio.
La degenerazione del mercato, delle istituzioni, degli enti e
delle imprese pubbliche - oggi nota nei suoi tratti essenziali
grazie all'operato della magistratura - e' il frutto dei
rapporti di scambio fra la sfera partitica e quella economica
secondo una logica di occupazione sistematica di ogni centro
decisionale perseguita dai partiti politici sin dagli anni
Cinquanta.
Un avviluppo di interessi di siffatta entita' non poteva
limitarsi alla sola funzione amministrativa: pesanti indizi
inducono, infatti, a ritenere che anche l'attivita' legislativa
sia stata contaminata da pratiche illecite e che da tempo
prosperi un mercato dei provvedimenti normativi.
Gli interventi legislativi "orientati", cosi' come il contrario
caso della mancata adozione - o del rinvio sine die - di atti
normativi "sgraditi" rappresentano soltanto un aspetto
dell'inquietante fenomeno delle decisioni, specie di politica
economica, operate in funzione degli interessi di certuni:
dietro scelte quali, ad esempio, la nazionalizzazione delle
imprese elettriche, l'istituzione del servizio sanitario
nazionale, l'abbandono dell'energia nucleare per la generazione
dell'energia elettrica, potrebbero - in realta' - celarsi
motivazioni assai diverse da quelle ufficialmente conclamate.
LE SOLUZIONI CONFIGURABILI
Il venir meno di ogni equilibrio politico, pur in assenza di
veri e propri sommovimenti rivoluzionari, tradizionalmente si
accompagna alla denunzia di un sistema corrotto: i problemi
concernono quindi, in primo luogo la gestione nel medio periodo
di un sistema sociale riposto su di un equilibrio venuto meno e
l'individuazione delle misure correttive - anche transitorie -
necessarie per superare l'emergenza; successivamente l'adozione
dei provvedimenti normativi che ragionevolmente consentano di
ricondurre i fenomeni degenerativi entro soglie fisiologiche
precludendo, per quanto possibile, il ripetersi di stati
patologici.
Sul piano amministrativo il superamento delle situazioni che si
caratterizzano per le commistioni di interessi fra imprese e
pubblici funzionari presuppone, innanzitutto, l'adozione di
adeguati strumenti di controllo sui dipendenti di enti e
amministrazioni atti a rivelare l'esistenza di illecite
collusioni: si tratta, come e' stato ipotizzato,
dell'attivazione di un'efficace anagrafe patrimoniale, cui
dovrebbero tuttavia associarsi congrui strumenti di valutazione
e di incentivazione della fedelta' dei dipendenti, non
dissimilmente da quanto talvolta si rileva in merito ai
funzionari addetti agli uffici acquisti delle imprese private.
Deve acquisirsi la consapevolezza che un'amministrazione
deresponsabilizzata perde il ruolo che le compete nei Paesi
industrializzati quale garante della imparzialita' e
correttezza delle dinamiche economiche e sociali; la mancanza
di una efficace tecnostruttura pubblica e' stata rilevata, del
resto, anche dalla Corte dei conti nel Referto per il
Parlamento del 28 maggio 1993, ove e' sottolineato (pag. 15)
che "questo stato delle cose, unitamente all'incalzare del
progresso tecnologico, alla crescente complessita' di
progettazione ed esecuzione delle opere pubbliche e alle
endemiche carenze di organico nei ruoli del personale tecnico
dello Stato, ha favorito l'affermarsi di un vero e proprio
ruolo di supplenza delle societa' a partecipazione statale nei
confronti della Pubblica Amministrazione".
La perdita della capacita' di gestire rapporti di committenza
in capo alla maggior parte delle stazioni appaltanti e',
pertanto, conseguenza anche della prassi secondo la quale
"attraverso convenzioni pluriennali ripetutamente prorogate o
rinnovate, talune strutture [di impresa] si sono stabilmente
affiancate a quelle delle singole amministrazioni, fino a
diventarne quasi una branca operativa" (cosi', ancora, il
Referto per il Parlamento della Corte dei conti, cit., p. 28).
E' evidente che di fronte a questo stato delle cose tutti i
meccanismi di controllo limitati, come gli attuali, a
considerare la regolarita' degli atti sotto il profilo formale
si dimostrino totalmente inefficaci: insegna, infatti,
l'esperienza che alla base della maggior parte delle operazioni
illecite sino a ora smascherate vi erano atti assolutamente
ineccepibili.
Per giungere a demistificare le operazioni formalmente e
contabilmente inoppugnabili e' necessaria la recezione di
modelli quali quello offerto dalla Corte dei conti tedesca, la
quale effettua un vero e proprio controllo di gestione - non
gia' di mera legittimita' formale - grazie alla propria
composizione che vede i giuristi integrati da ingegneri,
geologi e altri specialisti.
Anche il professor Cassese nel presentare le Norme
costituzionali sulla Pubblica Amministrazione, frutto del
Progetto finalizzato Cnr sull'organizzazione e sul
funzionamento della Pubblica Amministrazione (Roma, 31 marzo
1993) sottolineava nella sua relazione (Perch� una nuova
Costituzione deve contenere norme sulle pubbliche
amministrazioni e quali debbono essere queste norme, pag. 4)
che "il controllo dei risultati, l'analisi dei costi e dei
rendimenti dell'attivita' amministrativa" rappresenta il
presupposto dell'efficacia dell'azione amministrativa.
A questo fine lo stesso Cassese individua (Relazione citata,
pag. 3) una inderogabile esigenza: "per assicurare l'efficacia
dei loro servizi le amministrazioni devono dotarsi di controlli
interni, di controlli per correggere, piu' che per sanzionare.
E ci deve essere un organo che verifichi di continuo che tali
controlli siano operanti, svolgendo una sorta di controllo di
secondo grado".
Da sottolineare, a questo proposito, che una prospettiva
inversa concerne le imprese: in questo caso l'auditing deve,
infatti, evolvere da meri criteri di verifica interna a schemi
di effettivo controllo esterno.
LA CONCORRENZA, PRESUPPOSTO DI OGNI TRASPARENTE
RAPPORTO ECONOMICO CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
La predisposizione di meccanismi atti a incentivare e ampliare
la liberta' di concorrenza rappresenta l'obiettivo prioritario
che deve essere perseguito dalle pubbliche amministrazioni
indipendentemente dal tipo di procedura aggiudicativa di volta
in volta adottata.
La finalita' che eufemisticamente potrebbe definirsi di
"concorrenza limitata", quando non puo' essere realizzata dagli
imprenditori corrotti mediante la forza della dissuasione e'
raggiunta, come di regola avviene in precisi contesti
geografici, mediante il ricorso diretto alla violenza alle cose
e alle persone.
L'esistenza di un mercato concorrenziale costituisce per la
Pubblica Amministrazione la principale garanzia di acquisire
prestazioni qualitativamente valide al miglior prezzo:
tuttavia, se e' vero che solo l'ampliamento della concorrenza
puo' consentire di vanificare gli accordi di cartello e
contrastare le imprese operanti illecitamente, deve altresi'
essere rilevato che l'Autorita' garante della concorrenza e del
mercato e' priva di qualsivoglia potere di polizia giudiziaria.
L'esempio della statunitense Security Exchange Commission, Sec,
l'organo di controllo sulle societa' e la Borsa, puo'
rappresentare un riferimento di grande interesse in merito al
conferimento di poteri di indagine assai incisivi, nell'ambito
delle competenze attribuitele, a una struttura essenzialmente
amministrativa.
Un modello degno della massima attenzione e' rappresentato
anche dalle norme adottate negli Stati Uniti in merito ai
riflessi sul piano civilistico della violazione della
disciplina antitrust: chiunque sia stato danneggiato, ad
esempio perche' concorrente, puo' ottenere un risarcimento pari
al triplo del danno subito (Private Treble Damage Action).
Nei confronti delle imprese l'efficacia deterrente delle
sanzioni correlate alla violazione delle regole di concorrenza
appare sempre assai maggiore rispetto a quella delle sanzioni
penali in tema di turbativa d'asta: le sanzioni amministrative
previste dall'art. 15 della Legge 10 ottobre 1990, n. 287 (da 1
a 10% del fatturato dall'impresa che e' incorsa nel
comportamento vietato), nonche' le sanzioni civilistiche della
nullita' degli accordi e del risarcimento del danno (cfr.
artt. 2-3 e 33 della legge stessa) rappresentano, infatti, un
rischio che le imprese non possono sottovalutare.
Anche in questo caso merita di essere richiamata la disciplina
sanzionatoria che negli Stati Uniti assiste le norme antitrust:
chi abbia posto in essere comportamenti pregiudizievoli della
liberta' di concorrenza (cfr. Criminal Fine Enforcement Act
1984, Public Law No. 98-596) e' tenuto al pagamento di una pena
pecuniaria che, per le persone giuridiche puo' essere pari ad
un milione di dollari (recentemente elevato, in taluni casi, a
dieci milioni di dollari), nel mentre non puo' eccedere i
centomila dollari per le persone fisiche.
Agli organi del Governo Federale e' altresi' attribuito il
potere di richiedere la confisca, a favore degli Stati Uniti
d'America, dei beni e dei frutti correlati a contracts,
combinations o conspiracies in restraint of trade.
CONCLUSIONI
Molteplici, come si vede, sono gli spunti offerti da altre
esperienze suscettibili di proficua trasposizione nel nostro
Paese, se realmente e' viva la volonta' di arginare i processi
degenerativi evidenziati dalle vicende sulle quali inizia a
essere strappato il velo che per decenni le ha occultate.
Due decadi sono ormai trascorse, del resto, dalla Risoluzione
dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 15 dicembre
1975 (n. 3514/XXX) recante Misure volte ad impedire che le
imprese transnazionali e altre, i loro intermediari e altre
parti in causa si dedichino a pratiche di corruzione: una
ragione in piu', quindi, per ritenere che i tempi siano
sufficientemente maturi per porre mano ai molteplici profili
della corruzione nei rapporti fra la sfera politica e quella
dell'impresa.
I contributi che seguono rappresentano senza dubbio un forte
stimolo in questa direzione.