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Impresa & Stato N°29 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

LA CORRUZIONE E LE REGOLE DEI MERCATI

di Piero Bassetti


TUTTI SAPPIAMO CHE la diffusione delle transazioni illecite e della corruzione, al crocevia fra Pubblica Amministrazione e mercato, non era e non poteva essere una straordinaria scoperta dei magistrati milanesi e che non si trattava di una caratteristica tipica solo dei nostri tempi e del nostro Paese. Fra l'altro, dopo la bufera di Tangentopoli, molte notizie da diversi Paesi d'Europa ci hanno gia' confermato che non ci siamo mai trovati alle prese con un problema soltanto italiano. Anzi, sembra quasi che ai tempi nostri la corruzione sia tornata a essere una costante della politica e dell'economia, nelle transazioni internazionali come nei piccoli appalti delle comunita' montane. D'altra parte e' chiaro che Tangentopoli ha prosperato proprio in simbiosi con i processi di mondializzazione dell'economia, in quanto e' cresciuta anche attraverso la finanziarizzazione delle vecchie "mazzette", ormai quasi sempre passate attraverso operazioni bancarie off- shore: le attivita' finanziario-politiche illecite in partenza dall'Italia hanno portato un consistente contributo al radicamento internazionale dei canali della corruzione e del riciclaggio.
Di fronte alla rivelazione del sistema degli illeciti in Italia possiamo dunque dichiarare, al piu', un legittimo stupore per l'inattesa dimensione di quegli aggiustamenti sottobanco fra agenti economici e mondo politico, dimensioni che nel decennio scorso avevano davvero superato ogni ragionevole ipotesi del passato. Detto questo, il problema della corruzione deve nondimeno rimanere al centro dell'attenzione e portarvi pressanti esigenze di analisi e, soprattutto, di proposta: questo numero di Impresa & Stato contiene una serie di contributi in entrambe le direzioni. Nella prima perche' oggi e' fin troppo chiaro che chi si aspettava miracoli sulla salute dell'economia e della politica grazie all'intervento del bisturi giudiziario si accorge che la tentata asportazione chirurgica del bubbone sta provocando uno strascico di altri problemi, che vanno dalle incertezze nella politica interna al sostanziale peggioramento per la credibilita' internazionale del nostro Paese e al ristagno economico, in alcuni settori, connesso al blocco o alla farraginosita' degli appalti pubblici nel post-Di Pietro.
Per quanto riguarda invece le proposte, la questione non puo' essere messa all'ordine del giorno solo da un punto di vista politico-giuridico, senza intrecciare la sfera del diritto con i campi dell'economia e dell'etica professionale.
In queste settimane giuristi, magistrati e (pochi) politici propongono iniziative per snellire i procedimenti penali, o ipotizzano una eventuale amnistia condizionata alla restituzione del "maltolto", oppure ancora affermano la necessita' di provvedimenti di depenalizzazione per i reati minori e sconti di pena per chi collabori in modo significativo all'accertamento degli illeciti. Diversa la miscela degli ingredienti, le ricette concordano comunque in linea di massima almeno su tre punti: occorre concludere l'emergenza giudiziaria; i colpevoli devono restituire il maltolto ed essere interdetti dalla politica; Governo e Parlamento hanno l'obbligo di dettare alla svelta nuove regole in materia di appalti e finanziamento ai partiti, per prevenire ogni ulteriore abuso.
Il contributo di Impresa & Stato mira anche in questo campo a far compiere un passo ulteriore al dibattito sull'uscita da Tangentopoli. Anche se non possediamo formule magiche e soluzioni definitive, riteniamo che il riferimento ad alcune costanti della nostra ormai lunga riflessione possa rivelarsi, anche in questa occasione, piu' che mai proficuo.
In primo luogo perche' ci permette di spostare l'angolo visuale da cui di solito si osserva l'intera vicenda. Contrariamente a quanto i media hanno fatto credere, i veri protagonisti del sistema della corruzione e dell'inchiesta Mani Pulite non devono essere circoscritti in qualche gruppo localizzato fra imprenditori, politici, funzionari e magistrati. In realta' il centro vero di tutto il meccanismo e' stato l'asse dei rapporti fra le imprese, da un lato e lo Stato, dall'altro: e' stata la logica dell'impresa operante in rapporto con la Pubblica Amministrazione a imporre e definire i comportamenti delle persone coinvolte (titolari, manager, gruppi di tecnici, corrotti o concussi, falsificatori di bilanci, fiancheggiatori nell'approvvigionamento illecito di risorse, strutture locali, nazionali e internazionali). Ed e' stata la deficienza delle amministrazioni dirette da funzionari e politici corrotti, la cui azione era delimitata da regole arcaiche o prassi politiche viziate, a definire un "sistema" istituzionale e politico cosi' ben riassunto dal neologismo che lega i due termini della polis e delle tangenti: "Tangentopoli", appunto.
Ne consegue che la risposta alla corruzione non puo' essere cercata solo nella certezza delle leggi e delle pene, ne' puo' derivare dal semplice rafforzamento della pubblica autorita' o dall'onesta' personale dei burocrati, ma deve piuttosto procedere dal riassetto delle istituzioni che regolano i mercati e i rapporti fra imprese ed enti pubblici.
D'accordo, puniamo i cattivi uti singuli secondo i radicati canoni della giustizia penale. Ma subito dopo ricordiamoci che e' basilare che non ci si limiti a discutere solo di repressione, ma si cerchi di capire quale funzione abbia svolto il sistema della corruzione politico-affaristica nello scenario istituzionale ed economico italiano, se si vuole rimediare agli errori e impedire che vengano ripetuti. Infatti, mai potra' avere successo la semplice eliminazione di una struttura sociale - ancorche' illecita come il sistema tangentizio - senza un sostituto funzionale capace di rispondere correttamente a esigenze che erano e restano reali. Ognuno vede, infatti, che l'illecito e' stato utilizzato anche per avere la meglio sulla lentezza della burocrazia e le inefficienze del sistema pubblico; che si e' verificato un complesso di violazioni di un insieme di regole da tutti riconosciute poco funzionali, o perche' arcaiche o perche' farraginose e irrazionali; che in crisi era dunque tutto quanto il sistema statuale, nella sua essenza appunto di assetto delle regole istituzionali e procedurali preposte al buon funzionamento dei mercati (anche gli acquisti o gli appalti sono un pezzo di mercato) e dei rapporti fra imprese ed enti pubblici. Tangentopoli si e' infatti sviluppata anche come costruzione piuttosto omogenea di strumenti illegali di regolazione della concorrenza: in mancanza di forme istituzionali capaci di raccordo fra gli interessi economici, infatti, i notabili della politica erano diventati i veri arbitri e garanti. La cosiddetta e'lite partitocratica, cioe', si e' trasformata in luogo di ricomposizione degli interessi, attraverso mediazioni paradossalmente assai funzionali, per non dire indispensabili, al funzionamento del sistema la cui principale perversione risiedeva nella sua altrimenti quali totale indifferenza. Lo scambio occulto, la creazione di enormi rendite politiche che gravano (attraverso l'aumento incontrollato della spesa e quindi del debito pubblico) sulle spalle tanto del contribuente che dei concorrenti sono state patologie di una fisiologia piena di inaccettabili inadeguatezze.
Senonche' se il crollo del tabu' dello Stato buon legislatore ha fatto esplodere la corruzione, se la crisi dei partiti politici ha tolto il velo alle degenerazioni del sistema, se la vita e la funzionalita' dei settori interessati deve continuare, sembra allora giunto il momento di affermare che la sola riforma che puo' essere introdotta sara' quella capace di dare ampio spazio alle autoregolamentazioni e alla gestione autonoma delle responsabilita' professionali e della deontologia in collaborazione tra legislatore, magistrato, attori interessati. Solo un nuovo equilibrio fra potere-arbitro e giocatori-imprese puo' infatti rendere possibile un meccanismo di regolazione e controllo democratico insieme efficace, efficiente e trasparente.
Se, infatti, al centro del rapporto si pone non l'imperio della sola forma normativa ma un piu' allargato concetto di relazionalita', il problema della corruzione cambia di natura, perche' viene coinvolto non il rispetto della norma nella sua sacralita' ma il reciproco vantaggio di tutti i soggetti coinvolti nel patto da osservare. E d'altra parte, solo quando le decisioni che contano saranno prese in modo visibile, e con la partecipazione di una rappresentanza democratica degli interessi economici, verra' meno il paradosso che ha visto una teorica affermazione della sovranita' popolare, nei meccanismi di controllo sull'esercizio del potere, smentita dal trasferimento altrove del potere reale, che e' stato gestito di nascosto da oligarchie politico-economiche.
Le imprese, soprattutto quelle di dimensioni medio-piccole, cioe' le meno coinvolte in Tangentopoli, cominciano a rendersene conto. Lo fanno ovviamente all'interno e con la collaborazione delle istituzioni.
Fra queste le Camere di Commercio, che dopo l'entrata in vigore della Legge 580 del dicembre '93, sono state dotate di opportune competenze nella definizione delle regole per i mercati, nella tutela dei soggetti deboli dai soprusi, e nella risoluzione delle controversie fra le imprese.
Va del resto in questa direzione la creazione, a Milano, dell'Osservatorio permanente sulla criminalita' economica, una forma di autodifesa delle imprese dall'usura e da tutte le forme di illecito all'interno del mercato "regolato"; un luogo di confronto sui possibili interventi di prevenzione, il cui carattere distintivo sara' uno stretto rapporto di collaborazione con tutte le associazioni d'impresa, e con le associazioni del credito e della finanza: sinergie indispensabili per studiare quantitativamente e qualitativamente i fenomeni di criminalita' economica; ma anche un luogo di collaborazione e contatto anche con le istituzioni coinvolte nell'azione di contrasto e di sanzione della criminalita' economica.
Un luogo, inoltre, indispensabile per tener conto della vera dimensione geografico-politica in cui e' cresciuta Tangentopoli con l'appoggio di comprimari stranieri, e attraverso canali soggetti solo alle regole degli altri Paesi o del diritto internazionale.
La mondializzazione dell'economia sta infatti gia' proponendo questioni nuove e complesse riguardo alle regole da osservare non soltanto nelle transazioni internazionali. Facciamo un esempio: in forza di quale legge una grande impresa dovrebbe evitare di ricorrere alla corruzione per aggiudicarsi una commessa in un Paese straniero, quando per l'estero le leggi dello Stato cui appartiene, non glielo vietano, quando anzi consentono la detraibilita' fiscale delle quote versate ai mediatori? Perche' mai dovrebbe rinunciare alle facilitazioni garantite dai sistemi statuali in cui e' ammesso e rispettato il segreto bancario, quando solo gli Stati Uniti estendono le sanzioni, per le loro imprese, ai comportamenti che danneggino altre imprese o amministrazioni pubbliche all'estero? Occorre invece immaginare, anche a livello sovranazionale, delle reti di rappresentanza degli interessi in cui si stabiliscano le regole e le procedure comuni, volte alla massimizzazione dell'utilita' per tutti gli attori del sistema. Anche il regime concordatario, ovvero il decidere insieme come si giochera', prima di mettersi a giocare - pronti a concordare nuovamente degli aggiustamenti quando il gioco si modifichera' - puo' diventare il modo di riformulare le leggi dei mercati, dai livelli di interazione planetari fino a quelli locali. Ecco, allora una ulteriore sfida per quei modelli di democrazia degli interessi e nuova statualita' attorno alla cui ricerca e messa a fuoco, Impresa & Stato e' da sempre impegnata.