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Impresa & Stato N°29 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

LE POSTE ITALIANE: DA AMMINISTRAZIONE A IMPRESA

di Stefano Sepe


LA MODERNITA' di un sistema economico - ha scritto quattro anni fa su questa rivista Alain Touraine - e' determinata in misura crescente dal livello di funzionalita' dei fattori "complementari" dello sviluppo. Tra questi hanno un ruolo decisivo le Amministrazioni Pubbliche e la "rete" delle comunicazioni.
Proprio in questo settore si e' avviato in Italia, con la Legge 71 del 29 gennaio 1994, un processo che ha visto la trasformazione delle Poste italiane da amministrazione statale a Ente pubblico economico. Si tratta di uno dei piu' impegnativi tentativi di modernizzazione del settore pubblico: la riforma investe, infatti, la prima azienda italiana per numero di addetti (circa 195.000 alla fine dello scorso anno) e la sesta per fatturato (circa 16.000 miliardi). Ma, soprattutto, interviene a modificare le regole di funzionamento in uno dei settori decisivi per la tenuta del sistema economico e in uno dei servizi piu' strettamente collegati alla vita quotidiana dell'intera collettivita'. Dal gennaio scorso vi e' una precisa divisione di compiti tra il Ministero delle Poste - al quale spetta la funzione di "regolazione" (dettare le norme generali di funzionamento, controllare che esse vengano rispettate) - e l'Ente pubblico economico Poste italiane, al quale e' demandata per intero la responsabilita' dell'esercizio e della gestione dei servizi e al quale e' stata accordata ampia autonomia (che si sostanzia, ad esempio, nella potesta' statutaria e, sul terreno delle attivita' gestionali, in quella tariffaria).
Il cambiamento e' in linea con i processi di modernizzazione del nostro sistema amministrativo, nel quale si sta accentuando la tendenza - manifestatasi negli anni Ottanta - all'arretramento dei "confini" dello Stato nel settore dei servizi alla collettivita' in favore di un sistema di natura imprenditoriale. Nel caso delle Poste italiane e' previsto che l'Ente pubblico economico si trasformi dopo un triennio in una societa' per azioni. Il doppio passaggio ha una sua logica precisa: allo stato delle cose il deficit gestionale delle Poste italiane - stimato per il 1993 in circa 4500 miliardi - non consentiva il passaggio a una forma societaria privata, se non ricorrendo a soluzioni "fittizie" (tipo quella delle Ferrovie dello Stato).
Da amministrazione dello Stato a impresa: e' questo il punto focale della trasformazione delle Poste italiane. Cio' ha, naturalmente, alcune implicazioni, che, costituiscono i passaggi obbligati, ma anche le possibili frontiere di sviluppo del nuovo Ente.
La prima riguarda la missione stessa delle Poste italiane, che mantengono la finalita' pubblica della loro attivita', ma che non svolgono piu' il ruolo tradizionale di "istituzione" dello Stato. Nel processo di unificazione "reale" del nostro Paese il sistema postale costitu“ - al pari della scuola e delle ferrovie - una delle "reti" della nazionalizzazione del giovane Stato uscito dal Risorgimento. L'ufficio postale - spesso vero avamposto pubblico nei luoghi piu' lontani e isolati del Paese - e' stato per oltre un secolo come la stazione dei Carabinieri. Nell'una e nell'altro i cittadini hanno identificato la "presenza" dello Stato (come tutela dell'ordine costituito e come veicolo per le informazioni e gli scambi: in entrambi i casi il principale legame tra comunita' locali e "centro").
La stabilita' del sistema postale pubblico e' stata determinata dal regime di monopolio (giuridico e di fatto) nel quale esso ha potuto esercitare, fino a tempi recenti, i suoi compiti. Tale circostanza, se ha costituito - all'inizio del secolo - un impulso allo sviluppo dei servizi (l'istituzione dell'Azienda di Stato e' del 1907), ha favorito - negli ultimi anni - fenomeni di scadimento pronunciato della qualitˆ dei servizi.
Tra le molte, complesse ragioni del degrado dell'organizzazione postale in Italia una emerge sulle altre: l'accentuarsi della funzione di serbatoio occupazionale, degenerata via via verso forme apertamente clientelari. Cio' ha prodotto una diffusa inefficienza del sistema postale che ha finito per agevolare la proliferazione di societa' private per le quali si sono aperti spazi sempre piu' ampi di mercato nelle attivita' maggiormente redditizie. Il che, naturalmente, in presenza di un'organizzazione pubblica poco attenta alla redditivita' delle sue prestazioni, e' divenuto un moltiplicatore della crisi dell'Amministrazione postale.
Il modello di organizzazione dei servizi postali sancito dalla Legge 71 del 1994 ha non pochi pregi, poiche' delinea con estrema nettezza la suddivisione tra le attivita' gestionali affidate in totale autonomia all'Ente e i poteri di indirizzo, coordinamento e vigilanza attribuiti al Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni. L'autonomia di gestione e' resa particolarmente penetrante dall'articolo 2 della legge nel quale si stabilisce che l'Ente "Poste italiane svolge le attivita' previste dallo Statuto e dal contratto di programma".
Su questo terreno il nuovo management ha dimostrato una capacitˆ di risposta rara nel panorama delle aziende del settore pubblico. Insediatosi ai primi di gennaio, il Consiglio di amministrazione ha approvato lo Statuto delle Poste italiane il 27 dello stesso mese, nel giorno in cui il decreto veniva convertito in legge. L'ipotesi di contratto di programma e' stata sottoposta al vaglio del Governo in anticipo sulla scadenza (sei mesi) prevista dalla legge.
La scelta di far "uscire dallo Stato" i servizi postali (con una operazione che segue la privatizzazione delle Ferrovie dello Stato e che ricalca le vicende della creazione degli Enti pubblici negli anni Trenta) ha una sua indubbia valenza strategica, innestandosi nel generale processo di abbandono, da parte dello Stato, della gestione diretta di servizi di carattere imprenditoriale. In questa chiave risulta alquanto dubbia la scelta di affidare le funzioni di regolazione al Ministero delle Poste. Questo e' stato, sostanzialmente, istituito come entita' effettiva proprio dalla Legge 71 del 1994, poiche' fino ad allora esisteva soltanto come somma dell'azienda postale e di quella dei telefoni di Stato.
Significativamente nelle statistiche sui dipendenti dei Ministeri pubblicate ogni anno dalla Ragioneria generale dello Stato il numero degli addetti al Ministero delle Poste era calcolato come uguale a zero. Il nuovo Ministero assume una funzione che nelle ipotesi di riforma elaborate negli ultimi anni, sarebbe stato piu' ragionevole affidare a un'autorita' amministrativa indipendente dal potere politico.

PIU' POTERI ALLE AUTORITA' AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI

Nelle linee di riforma degli apparati statali elaborate al dipartimento della Funzione pubblica nell'ultimo anno era emerso l'orientamento - sintetizzato negli Indirizzi per la modernizzazione delle Amministrazioni Pubbliche - a ridurre i Ministeri e a rafforzare le autorita' amministrative indipendenti. Piu' di recente il progetto di riforma dei Ministeri - elaborato in base alla delega contenuta nella Legge 537 del 1993, ma arenatosi con la caduta del Governo Ciampi - aveva previsto la soppressione del Ministero delle Poste. A rigor di logica, infatti, la trasformazione dell'azienda postale e di quella dei telefoni avrebbe dovuto avere come conseguenza la scomparsa del Ministero e l'affidamento dei compiti di regolazione e di vigilanza a una o piu' autorita' indipendenti. Cosi' non e' avvenuto, ma l'esigenza di trovare soluzioni soddisfacenti, nel settore delle public utilities, al rapporto tra autonomia gestionale delle aziende di servizi a carattere imprenditoriale e vigilanza da parte di un organo di controllo pubblico rimane molto pressante. Sul tema il dibattito e' molto articolato, ma sembra emergere - al di la' delle diverse soluzioni (authorities di settore, una sola autorita' amministrativa di vigilanza per tutti i servizi pubblici) - la consapevolezza che l'organo di controllo e di regolazione non possa essere un Ministero, non debba cioe' essere guidato da un componente del Consiglio dei ministri, ma debba al contrario avere reale autonomia dal ceto di Governo. Ha giustamente osservato Franco Locatelli su "Il Sole 24 Ore" del 30 agosto scorso che il problema "non si presta a compromessi", poiche' se un authority non nasce come "realta' indipendente", sia dal potere politico, sia dalle burocrazie ministeriali e sia, infine, dalle stesse aziende da vigilare, essa "non serve a nulla".
La seconda implicazione della radicale trasformazione operata nel settore postale riguarda il modus operandi del nuovo Ente.
La riforma, infatti, nel concedere a esso piena autonomia nella gestione dei servizi ha, nel contempo, fatto venir meno le protezioni garantite alla vecchia amministrazione postelegrafonica, in primo luogo quella del ripianamento del deficit. La situazione di partenza, all'inizio dell'anno, era tutt'altro che rosea. Come ha sottolineato lo stesso presidente delle Poste italiane, Enzo Cardi - in un suo intervento su "Il Sole 24 Ore" - "i dati sull'andamento dei servizi postali si commentano da soli: tempi di recapito doppi rispetto agli altri Paesi europei, tariffe superiori alla media europea; deficit di gestione che sfiora i quattromila miliardi". é evidente che la "restaurazione finanziaria" e' obiettivo primario e, insieme, condizione essenziale per il risanamento aziendale. Nel 1994 si sono raggiunti i primi significativi risultati: il deficit e' passato dai 4500 miliardi dell'esercizio 1993 dell'Amministrazione P.T. ai 1500 miliardi dell'anno succesivo, il primo nel quale ha operato il nuovo Ente. é il primo passo di una politica di bilancio rigorosa, ma che non deve incidere negativamente sulla qualita' dei servizi. Al contrario, il livello delle prestazioni offerte agli utenti/clienti dovra' rapidamente migliorare. Per almeno due buoni motivi. In primo luogo perche' un ulteriore scadimento della qualita' dei servizi comprometterebbe ancor piu' le posizioni di mercato dell'Ente, soggetto - anche in base alla normativa dell'Unione Europea - a un regime di quasi totale concorrenza, sia da parte di societa' private sia da parte di organizzazioni pubbliche degli altri partners europei. In secondo luogo perche' il rispetto di standards qualitativi minimi nell'organizzazione dei servizi alla collettivita' fa parte integrante della normativa europea e interna.
Su questo tema il Governo Ciampi si era mosso con tempestivita' mediante una direttiva emanata dal Presidente del Consiglio il 27 gennaio 1994. Sulla base delle disposizioni in essa contenute le Poste italiane hanno predisposto - in conformita' con quanto previsto dall'articolo 8 della Legge 71/1994 e dall'articolo 1 dello Statuto - una Carta dei servizi postali, basata sui seguenti princi'pi: eguaglianza, imparzialita', continuita' dei servizi, diritto di scelta, partecipazione, efficienza ed efficacia. I fattori di qualita' sui quali incidere sono stati cosi' identificati:
a)-velocita' nel recapito della corrispondenza;
b)-rapidita' delle operazioni di sportello;
c)-affidabilita' e sicurezza del servizio;
d)-comportamento nei confronti degli utenti;
e)-informazioni agli utenti.
Per ognuna delle categorie sono stati individuati degli standards da raggiungere (e mantenere) in tempi prefissati.
Cosi', ad esempio, per i recapiti e' stato calcolato che, entro il 31 dicembre 1995, le Poste italiane dovranno assicurare (nel 95% dei casi) il recapito entro 36 ore delle lettere ordinarie nell'ambito della stessa citta' ed entro 60 ore per tutto il territorio nazionale. Tempi ancora piu' brevi (rispettivamente 24 e 48 ore) dovranno essere garantiti entro il successivo anno. Come per tutte le Carte dei servizi pubblici, gli standards previsti dalle Poste italiane costituiscono non soltanto un obiettivo da conseguire e migliorare nel tempo, ma anche, in qualche misura, una obbligazione nei confronti degli utenti. Conseguentemente sono state previste sia forme di rimborso per il mancato rispetto delle prestazioni offerte, sia specifiche procedure di reclamo da parte della clientela. Si tratta di impegni di notevole portata, soprattutto se commisurati alle carenze attuali dei servizi e alla tradizionale difficolta' delle strutture pubbliche di operare avendo come punto di riferimento la qualita' delle prestazioni e la soddisfazione della collettivita'.

GIOCARE SUL TEMPO PER ABBATTERE IL DEFICIT

Nonostante si presenti molto ardua la sfida puo' essere vinta.
Piu' che in altre circostanze sembra assumere valore primario il fattore tempo. Ne ha dato conferma Enzo Cardi, osservando che "la scommessa di risanare e di rendere competitive le Poste italiane si gioca in tempi stretti. O si riesce a invertire in un modo significativo la rotta oppure le possibilita' di farcela si riducono drasticamente". In effetti, le attese degli utenti (sia singoli cittadini che grandi imprese) giocano un ruolo paragonabile a quello degli operatori economici: se in breve tempo crescera' la fiducia dei clienti riguardo al risanamento delle Poste italiane, queste avranno buona probabilita' di conquistare nuovi spazi di mercato per risalire la china del deficit. Altrimenti le difficolta' si ingigantiranno di giorno in giorno.
In tale contesto hanno una rilevante importanza i risultati pratici che il nuovo vertice aziendale riuscira' a conseguire.
Oltre alla preparazione e approvazione del business plan aziendale (presentato al Governo come ipotesi di base del contratto di programma) le Poste italiane hanno fatto segnare qualche significativo punto a loro favore. Sul fronte interno e' stato siglato, nello scorso agosto, il contratto dei dirigenti, impostato in maniera radicalmente diversa dal modello burocratico e regolato per intero dalle norme del Codice Civile. In ragione della situazione finanziaria attuale dell'Ente, nessun aumento e' stato riconosciuto automaticamente. Di contro si sono stabiliti dei superminimi che possono far crescere la retribuzione del 25% in relazione al raggiungimento degli obiettivi assegnati. Inoltre, il nuovo contratto avra' l'effetto di svecchiare in misura cospicua il management aziendale del quale potranno entrare a far parte, con contratti a tempo determinato, quadri d'impresa con i necessari requisiti. Nel novembre dello scorso anno e' stato firmato il contratto per i 215.000 dipendenti postali: anche in questo caso il rapporto di lavoro e' in toto privatistico.

UNA POLITICA DI SVILUPPO DELLE RISORSE UMANE

Le nuove regole di governo del personale segnalano come il vertice delle Poste italiane abbia chiara percezione dell'importanza di un'attenta politica di sviluppo delle risorse umane. Il coinvolgimento del personale - soprattutto quello con responsabilita' medio/alte - e' una condizione ineliminabile del processo di risanamento. In piu', occorre impostare politiche retributive che premino i migliori, favorendo sistemi incentivanti basati sul raggiungimento degli obiettivi.
Coerente a tale disegno sembra la decisione del Consiglio di amministrazione di procedere a una profonda riorganizzazione delle strutture aziendali, fondata su due princi'pi base. Il primo e' l'abbandono della vecchia organizzazione di tipo prefettizio (in ragione della quale in ogni provincia vi e' una direzione provinciale e in quelle maggiori anche una direzione compartimentale) in favore di un sistema basato sui volumi di traffico. In ragione di cio' si e' proceduto a suddividere gli uffici per sedi, filiali e agenzie sul modello dell'organizzazione bancaria. Il secondo criterio e' quello della riduzione del numero degli addetti negli apparati centrali con il conseguente rafforzamento degli uffici operativi. é su questa frontiera, infatti, che si giocheranno le possibilita' di rilancio delle Poste italiane affidate quasi per intero alla crescita dei servizi finanziari e allo sviluppo di attivita' di sportello oggi non svolte negli uffici postali ma che potrebbero diventare di estremo interesse (vendita di Bot e di valori bollati, come gia' previsto da recenti norme, ma anche vendita e distribuzione di abbonamenti e biglietti ferroviari e dei servizi di trasporto locale).
Il vantaggio competitivo delle Poste italiane e' costituito dall'alto numero di sportelli (14.411, rispetto ai 19.000 di tutto il sistema bancario), ma soprattutto dalla loro distribuzione capillare su tutto il territorio nazionale.
Attualmente questa risorsa potenziale e' spesso una palla al piede perche' molti uffici non riescono a compensare, per lo scarso volume di attivita', le spese di esercizio. Rendere remunerativa la gran parte (se non la totalita') degli uffici sara' possibile soltanto a due condizioni. La prima e' data dalla creazione di una rete telematica che colleghi tutto il sistema postale. Cio' e' particolarmente urgente sia per elevare in tempi rapidi la funzionalita' degli uffici, sia per consentire alle Poste italiane il collegamento con Eurogiro, un sistema di pagamenti su supporto elettronico in funzione in molti Paesi europei. La creazione della rete telematica potra' rendere operante la commercializzazione della Postcard, una tessera magnetica con la quale sara' possibile, ai correntisti postali, compiere una larga serie di operazioni.
Le possibilita' di fronte alle quali si trovano attualmente le Poste italiane sono molteplici: esse potranno vincere la loro sfida se riusciranno a diventare presto un'impresa a rete che distribuisce comunicazioni, informazioni e denaro. E se, in particolare, riusciranno a impostare la loro attivita' in base a una logica costi-ricavi. Soltanto a tale condizione il nuovo Ente riuscira' a stare stabilmente sul mercato e preparare la (ulteriore) trasformazione in societa' per azioni. La strada e' abbastanza ardua. Il giudice unico dei risultati sara' la collettivita' degli utenti, che penalizzera' le Poste italiane se esse non sapranno rispondere adeguatamente o le premiera' se esse saranno in grado di offrire, a condizioni concorrenziali, servizi efficienti e qualitativamente soddisfacenti.
Alla Costituente il presidente della Commissione per la riforma dell'amministrazione, Ugo Forti, ricordava che al cittadino "lo Stato si presenta nell'aspetto della ferrovia, della linea automobilistica, dell'ufficio postale, dell'esattore delle imposte": e' un ammonimento che ancor oggi puo' servire a capire che il buon funzionamento degli apparati amministrativi e' un problema civile, che riguarda in primo luogo i cittadini.