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Impresa & Stato N°29 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

EURO-MANAGERS: LE TRE DIMENSIONI DEL DIRIGENTE EUROPEO

di Agostino Massa


La globalizzazione dell'economia sta portando all'integrazione dei mercati in un unico "sistema mondo". Questo processo e' ormai a uno stadio decisamente avanzato per il settore finanziario, mentre e' in via di compimento per quanto riguarda l'industria e il commercio. Nonostante lo svilupparsi di interdipendenze sempre piu' strette, i singoli mercati mondiali mantengono tuttavia molte delle loro peculiari caratteristiche. Fra tutti, si distingue in modo particolare il Mercato Europeo, al cui interno convivono realta' economiche e culturali assai diverse tra loro, che pone oggi importanti sfide al sistema delle imprese, molte delle quali di ordine culturale. Riteniamo utile pertanto svolgere una breve riflessione intorno alle dinamiche che stanno cambiando l'ambiente economico europeo e alle modalita' organizzative adottate dalle imprese, per cercare poi di individuare il profilo del dirigente piu' adatto a operare in questo contesto.
In uno scenario mondiale profondamente modificato dal processo di globalizzazione (Giddens 1994), l'Europa e' interessata da motivi di cambiamento di ordine sia interno che esterno. All'interno due tendenze principali, talvolta in conflitto tra loro, stanno portando rispettivamente all'integrazione e al mantenimento delle differenze esistenti tra le diverse realta' nazionali. All'esterno invece si devono fare i conti con l'effervescente situazione che ha fatto seguito al crollo del sistema dei Paesi comunisti dell'Europa Orientale, sino al 1989 nell'orbita politica ed economica dell'Unione Sovietica, che ha aperto alle realta' imprenditoriali un mercato con ottime opportunita', miste talvolta a incertezze e a timori. Elementi che all'interno spingono verso l'integrazione e l'uniformazione sono ravvisabili nel volume degli scambi commerciali intra-continentali e in un tendenziale livellamento degli stili di vita dei consumatori, anche per effetto dello sviluppo internazionale dei mass-media, dell'aumento delle relazioni turistiche e di una migliore conoscenza delle lingue straniere. Sotto il profilo politico-istituzionale, un importante contributo all'integrazione e' giunto dalle politiche dell'Unione europea, in primo luogo dalla realizzazione del Mercato Unico europeo.
Accanto a questi elementi che depongono in favore di una tendenziale integrazione all'interno dell'Europa, ve ne sono altri che evidenziano la persistenza di sostanziali differenze tra le realta' nazionali, sia a livello culturale che di struttura economica. Nel primo caso le differenze interessano le lingue parlate, i sistemi giuridici e i sistemi di credenze e valori, mentre nel secondo spaziano dalle modalita' di sviluppo dell'industrializzazione al tipo di capitalismo prevalente, e si manifestano anche nel radicamento a livello locale del consumo di alcuni prodotti o di particolari modalita' di distribuzione degli stessi.
L'incrocio di queste due dinamiche, unitamente alla presenza di una realta' economica in crescita turbolenta come quella dei mercati orientali, porta a ridisegnare una mappa dell'Europa che si sovrappone solo parzialmente a quella che conosciamo dalla tradizionale geografia politica. Il fatto di maggiore evidenza e' costituito dalla perdita di importanza dei mercati coincidenti con gli Stati nazionali (Drucker 1993; Ohmae 1995). Le imprese guardano oggi a una Europa costituita da un Mercato Unico ma articolato in diverse regioni, ossia in aree geografiche il cui territorio spazia su piu' stati, o loro parti, definite da criteri diversi come ad esempio i gusti dei consumatori o i canali della distribuzione commerciale. Il loro processo di adattamento a questo ambiente si e' sviluppato attraverso una ridefinizione sia delle dimensioni e dell'organizzazione aziendali che delle pratiche manageriali.

IL PROCESSO DI GLOBALIZZAZIONE CAMBIA L'EUROPA

Le imprese che hanno scelto di misurarsi con il Mercato Europeo hanno cercato in primo luogo di acquisire una dimensione tale da rendere possibile questo confronto. Nel caso di imprese multinazionali o globali hanno costituito una divisione regionale ad hoc per il mercato europeo, mentre imprese piu' piccole, tradizionalmente rivolte a un singolo mercato nazionale, hanno cercato di acquisire una massa critica sufficiente tramite fusioni e acquisizioni. L'attivita' di merger & acquisition e' aumentata in Europa di ben otto volte dal 1985 al 1992 (Tijmstra - Casler 1992). Dopo una fase di stallo successiva al 1990, l'anno di maggiore attivita' con una spesa di 40,4 miliardi di sterline per transazioni internazionali in Europa, nel 1994 c'e' stata una forte ripresa ("Financial Times" 1995). Allo stesso modo sono aumentate freneticamente le attivita' di joint venture e le alleanze strategiche con partner internazionali. Molte delle imprese operanti oggi in Europa si configurano come imprese transnazionali, ossia originate "dalla fusione di due soci di nazionalita' differente" (Bollinger - Hofstede 1989: 195).
Dal punto di vista organizzativo, un aspetto interessante dell'approccio di queste imprese al Mercato Europeo e' costituito dal ripensamento della tradizionale struttura per mercati nazionali, ormai troppo costosa a causa di innumerevoli duplicazioni in quasi tutte le funzioni e della sua sostituzione con soluzioni nuove. Una tendenza che si sta consolidando mostra come le imprese si riorganizzino per affrontare un mercato europeo inteso come un sistema di Euro-cluster regionali (Vandermerwe 1993), che comprendono clienti geograficamente vicini ma che non vivono necessariamente nello stesso Paese, con caratteristiche economiche, demografiche e di stile di vita identiche o quasi, con simili necessita' e comportamento di acquisto, e con differenze non determinate su base nazionale. Per affrontare questo tipo di mercato le imprese devono trasformare la loro struttura da una "federazione" di organizzazioni nazionali a un'unica organizzazione pan-europea, spostando a questo livello il processo di "creazione del valore". Questa nuova struttura sara' articolata su tre livelli: pan-europeo, regionale e locale.
Le caratteristiche dell'ambiente economico hanno stimolato la ricerca di uno stile europeo alla conduzione delle imprese, dal momento che i modelli manageriali americani non sono un rimedio per tutti i tipi di guai aziendali e che i modelli giapponesi non si possono applicare automaticamente all'estero. Parlando di uno stile "europeo" intendiamo riferirci pero' a uno stile che possa essere ricondotto alle diverse realta' economico-culturali del continente, non a una realta' autonoma e a esse sovraordinata che oggi non esiste. La ricerca di questi nuovi modelli e' andata di pari passo con un processo di internazionalizzazione del management, che puo' essere letto in una duplice prospettiva. Per un verso, e' aumentata la tendenza delle imprese "transnazionali" o "multinazionali" a riflettere queste loro caratteristiche anche a livello del consiglio di amministrazione o del top management, cooptando persone appartenenti a culture diverse. Esempi significativi in questo senso ci giungono da multicultural multinationals come Asea Brown Boveri, che puo' vantare un board di otto direttori di quattro diverse nazionalita' e un comitato esecutivo di otto persone di cinque diversi Paesi, come Royal Dutch/Shell, che ha ben 38 nazionalita' rappresentate nel suo quartier generale di Londra ("The Economist" 1994: 59), o come Whirlpool Europe, che ha oggi nel suo senior staff dirigenti di diversa estrazione culturale, sia europea che extra-europea, tra i quali anche un indiano e un sud-africano ("The Economist" 1992).
Per un altro verso, la consolidata tendenza alla globalizzazione dei rapporti economici e sociali ha avuto tra i suoi effetti un ampliamento degli orizzonti operativi e culturali dei dirigenti. In pratica, si e' accentuata la loro mobilita' transnazionale e la frequenza delle loro interazioni con soggetti internazionali. é emersa l'esigenza delle imprese di pianificare e coordinare le attivita' su scala europea e la crescente richiesta da parte degli alti dirigenti che in esse lavorano di sviluppare carriere internazionali all'interno della stessa area (Thurley - Wirdenius 1991). Questo processo di europeizzazione del management ha coinvolto sia i dirigenti alla guida di business transnazionali (Managers for Europe) sia i dirigenti inseriti in contesti locali ma costretti a confrontarsi quotidianamente con le sfide della globalita' (Managers in Europe) (Storey 1992). Si e' diffusa la richiesta di figure dirigenziali nuove, come quelle dell'international manager o dell'expatriate (Scullion 1992).
L'analisi dell'evoluzione del sistema economico europeo e dei processi di riorganizzazione delle imprese ci conduce alla questione centrale di questa riflessione: qual e', o quale deve essere, il profilo del dirigente piu' adatto a guidare le imprese europee in questo difficile momento di transizione? Il dibattito su questi temi, sia in ambito scientifico che nella stessa business community, e' stato molto vivace, soprattutto nel periodo precedente l'avvio del Single European Market del primo gennaio 1993. In questi ultimi anni e' stata avanzata l'ipotesi che stia emergendo un nuovo approccio all'organizzazione e alla direzione aziendale, definito come European management, distinto sia dal modello americano che da quello giapponese (Tijmstra - Casler 1992), che dovrebbe consentire alle imprese transnazionali di affrontare con successo la complessita' dell'ambiente economico e sociale europeo. Questi princi'pi dovrebbero essere concretizzati nella realta' della gestione aziendale da parte di quelli che abbiamo definito come Euro-managers, dirigenti europei che si discostano dai tradizionali modelli di dirigente nazionale per riconoscersi invece in un profilo professionale nuovo.

TRE ELEMENTI DEFINISCONO L'EURO-MANAGER

Il profilo dell'Euro-manager si puo' tratteggiare sulla base di tre elementi: le caratteristiche socio-anagrafiche e professionali, il percorso formativo svolto, l'organizzazione in cui opera. Sotto il primo aspetto l'Euro-manager sembra emergere come un tipo particolare di international manager, che sviluppa la propria carriera all'interno dell'area europea. Dotato di una solida competenza tecnica e manageriale di base e di una buona disposizione nei confronti della mobilita' transnazionale, le sue caratteristiche principali si possono riassumere in una particolare capacita' di comprendere l'ambiente economico europeo e la complessita' delle sue implicazioni culturali, sociali e politiche. In questo ambiente il dirigente deve saper progettare, creare e condurre nuove forme di attivita' economica che superino le frontiere e si muovano tra culture diverse. A questo scopo deve essere in grado di dialogare e di ottenere il sostegno degli stakeholders dei differenti Paesi in cui l'organizzazione opera.
Nell'attivita' quotidiana deve dimostrare la capacita' di condurre gruppi di lavoro composti da membri appartenenti a nazionalita' e a culture diverse, o di lavorarvi all'interno. Particolare attenzione deve essere posta nel rafforzare l'impegno di tutti i membri dell'organizzazione, qualunque siano i loro valori culturali d'origine, nei confronti dell'identita' e della missione aziendale.
L'Euro-manager non deve essere necessariamente originario di un Paese europeo. Secondo alcuni, proprio dirigenti americani o giapponesi sarebbero potenzialmente ottimi candidati per questi ruoli, in quanto la loro capacita' di comprensione delle caratteristiche della realta' europea non sarebbe viziata dall'appartenenza ad alcuna singola cultura nazionale. Secondo altri, invece, questa comprensione sarebbe al contrario per loro piu' difficoltosa, data la loro provenienza da culture fortemente standardizzate. Gli americani poi sarebbero ulteriormente penalizzati dal fatto di essere di madrelingua inglese, la qualcosa se per un verso li facilita nei contatti con la Comunita' economica internazionale, per un altro non li spinge all'apprendimento di lingue straniere, che costituiscono a loro volta le chiavi indispensabili per l'accesso ad altre culture.
Il problema del reclutamento di Euro-managers da parte delle imprese puo' essere ricondotto all'alternativa "Making managers European / Making European managers" (Storey 1992), ovvero intorno alla scelta tra selezionare international managers con una conoscenza e una pratica acquisite dell'ambiente economico europeo, oppure selezionare neo-laureati con una specifica preparazione a una carriera europea. C'e' chi non considera questi due approcci come alternativi (Keenan 1992), e ne consiglia invece l'utilizzo combinato. Un dirigente con una significativa esperienza in campo europeo sara' indicato per ricoprire incarichi di grande responsabilita', mentre l'ingresso in azienda di giovani preparati e motivati puo' dar luogo all'emergere di buone potenzialita'. Il comportamento delle imprese nel reclutamento conferma questa tendenza a selezionare meta' dirigenti di un tipo e meta' dell'altro (Bournois - Chauchat 1990).
Soffermiamoci ora sul problema della formazione dei futuri Euro- managers, che si gioca quasi interamente all'interno dello specifico percorso universitario o post-universitario che il giovane con una simile vocazione deve compiere. Diventa cruciale in questo contesto la scelta dell'istituzione formativa piu' adatta, generalmente una school of business che offra un particolare tipo di Mba. Un'istituzione educativa che voglia formare Euro-managers, in primo luogo, deve avere essa stessa un carattere transnazionale e un orientamento europeo/internazionale a tutti i livelli, dal corpo docente a quello studentesco, dai programmi ai singoli argomenti sviluppati. L'approccio educativo deve essere basato su materiali europei/internazionali e supportato da letture, studi di caso, progetti di lavoro. Sara' prevista l'effettuazione di stages internazionali con lo scopo di assicurare la consapevolezza e la comprensione dell'attivita' economica transnazionale. L'istituzione, che dovrebbe avere sedi localizzate in Paesi diversi, avra' un'advisory board europea/internazionale che guidi e supporti il suo sviluppo.
Questo consiglio comprendera' membri accademici riconosciuti e rappresentanti del mondo delle imprese, provenienti da organizzazioni che abbiano conseguito traguardi di eccellenza nel management europeo (Tijmstra - Casler 1992).
Per quanto riguarda infine l'organizzazione in cui un Euro-manager opera, questa sara' come minimo un'impresa di tipo transnazionale, nell'accezione di Bollinger e Hofstede (1989: 195), per la quale il Mercato Europeo sia di importanza strategica.
Queste caratteristiche dell'Euro-manager identificate in letteratura sono state verificate nella realta' delle aziende europee in una recente ricerca sui "Processi di internazionalizzazione del management italiano".1 In quest'ambito, uno studio di caso realizzato presso il management europeo di uno dei maggiori gruppi mondiali nel settore degli elettrodomestici ha prodotto risultati di un certo interesse, relativi sia alle caratteristiche dei dirigenti sia ai loro atteggiamenti e alle loro valutazioni.
Il gruppo industriale considerato ha recentemente provveduto a riorganizzare la propria struttura europea sul modello a tre livelli precedentemente illustrato. Per la parte relativa al management, lo studio di caso si e' focalizzato sulle caratteristiche e sugli atteggiamenti di un campione pari a circa il 25% dei dirigenti presenti nell'headquarter europeo. Da questo studio e' emersa una sostanziale conferma delle caratteristiche piu' importanti del dirigente europeo degli anni Novanta, precedentemente individuate a livello teorico, che possono essere riunite in tre gruppi. Le doti che senza dubbio ricorrono con piu' frequenza sono quelle di flessibilita' e versatilita', unite alla capacita' di padroneggiare il cambiamento. In questo contesto numerosi dirigenti hanno messo in evidenza la necessita' di adottare una visione globale dei problemi, di prestare attenzione ai processi, e di essere in grado di lavorare superando la singola funzione. Un secondo gruppo che ha riscosso notevoli consensi comprende le competenze della comunicazione, intesa sia come capacita' di comunicare che come conoscenza di lingue straniere.
La necessita' di apprendere diverse lingue straniere si collega con l'esigenza di sviluppare una sensibilita' nei confronti delle specificita' di altre culture e mentalita'. A questo scopo risulta molto utile aver maturato esperienze di tipo internazionale in diversi contesti. In terzo luogo, infine, e' stata evidenziata l'importanza dell'abilita' nella gestione delle risorse umane e dei rapporti con le persone. Il buon dirigente deve tenere un atteggiamento rivolto alla comprensione dell'interlocutore, a saper parlare ma anche a saper ascoltare, a motivare in modo adeguato i propri collaboratori. Altre caratteristiche sono state indicate con un'intensita' decisamente minore. Queste vanno dalla "capacita' di capire al volo le situazioni e i problemi e quindi trovare subito la soluzione migliore" alle capacita' di leadership e di pianificazione, dalla consapevolezza della "vision" aziendale all'orientamento al lavoro di gruppo, alla concentrazione sul soddisfacimento delle esigenze del consumatore.
Alcuni infine hanno fatto un esplicito riferimento alla necessita' di acquisire un'elevata professionalita' nel proprio settore. Per quanto riguarda invece l'esistenza di un Euro-manager nei termini da noi delineati, l'opinione prevalente e' che ci si stia incamminando verso una figura di questo tipo, ma che la strada da percorrere sia ancora tanta.
Passando dalle valutazioni soggettive a una disamina delle caratteristiche socio-anagrafiche e professionali dei dirigenti riteniamo di dover evidenziare i seguenti dati. Il livello di istruzione raggiunto e' di ottimo livello, avendo la quasi totalita' dei dirigenti conseguito almeno una laurea. Tranne gli anglosassoni, per i motivi precedentemente ricordati, tutti parlano da una a quattro diverse lingue straniere, e sono soliti leggere anche stampa estera, soprattutto quella a carattere economico. La maggior parte di loro vanta significative esperienze di lavoro all'estero, pregresse o in corso, mentre pochissimi avevano potuto trascorrere periodi formativi all'estero da studenti. Con riferimento alle modalita' formative precedentemente evidenziate, possiamo dire che questa generazione di Euro-managers non ha ricevuto una specifica preparazione, ma si e' formata nel corso di una carriera sviluppata attraverso l'Europa.
Nell'attivita' lavorativa quotidiana come per le prospettive di carriera, il quadro di riferimento per tutti i dirigenti considerati e' quello di un'impresa che ha scelto di diventare globale. Questo significa confrontarsi ogni giorno con il Mercato Europeo ma saperlo collocare anche nel piu' ampio contesto della globalita', senza per questo perdere di vista le peculiarita' dei singoli ambiti locali. Nell'attivita' pratica, i dirigenti condividono la frequente partecipazione a gruppi di lavoro con persone di diverse nazionalita' e culture, un costante contratto con interlocutori sparsi in tutta Europa, una frequenza elevata di spostamenti all'interno della stessa area, talvolta anche negli Usa.
Le dinamiche "omogeneizzanti" ed "eterogeneizzanti" che attraversano oggi l'Europa (Appadurai 1990) rendono il suo mercato unico al mondo. A differenza di realta' piu' standardizzate, come ad esempio quelle degli Usa o del Giappone, la societa' europea conosce meglio i vincoli e le opportunita' di una societa' multiculturale, per esperienze maturate sia all'interno, data la compresenza di diverse entita' nazionali in un ambito territoriale assai circoscritto, sia all'esterno, data la pressione ai confini di altre realta' culturali, prima fra tutte quella islamica sul fronte sud-orientale. In questo contesto, le imprese transnazionali rivolte al Mercato Europeo tendono a riorganizzare la loro presenza sul territorio in modo da essere piu' adeguate alle nuove realta' regionali, e a sviluppare una politica delle risorse umane tale da riprodurre all'interno dell'ambiente organizzativo la varianza che si incontra nell'ambiente sociale esterno. I dirigenti europei che si trovano a fronteggiare le sfide della multiculturalita' hanno sviluppato particolari caratteristiche e orientamenti che abbiamo riassunto nella figura dell'Euro-manager. Sulla base delle prime conclusioni delle ricerche sull'argomento, questa figura risulta essere quella di un "dirigente a tre dimensioni", dal momento che deve essere in grado di confrontarsi contemporaneamente con la complessita' culturale delle dimensioni locale, europea e globale. Questa tridimensionalita' e' prioritaria al livello del top management ma, come atteggiamento mentale nei confronti dell'ambiente europeo, deve essere patrimonio di tutti i membri dell'organizzazione.
Un aspetto cruciale e' quello relativo alla formazione degli Euro- managers. Se fino a questo momento le imprese hanno reclutato dirigenti che hanno acquisito con l'esperienza le capacita' per muoversi nell'ambiente economico europeo, ora cominciano a cercare giovani con una preparazione specifica da avviare a una carriera transnazionale. L'esigenza e' allora quella di organizzare istituzioni formative che preparino a queste carriere, non solo insegnando ad applicare le tecniche manageriali ma anche a lavorare, e quindi a dirigere, in un ambiente multiculturale.
Insieme alle applicazioni dell'innovazione tecnologica ai settori della telematica e del multimediale, le sfide della multiculturalita' rappresentano un aspetto importante del processo di globalizzazione. Sono quindi sfide che si pongono oggi - o si porranno tra poco - ai dirigenti delle imprese di tutto il mondo.
é stato osservato in proposito (Henzler 1992) che, proprio per la loro consuetudine a operare in un ambiente complesso ed eterogeneo e per la tradizione di inclusivita' della loro cultura, i dirigenti europei siano su questo fronte piu' avvantaggiati di altri nel rispondere a queste nuove sfide manageriali.

Note

1)"La ricerca e' stata realizzata nel 1994 dal Dipartimento di Sociologia dell'Universita' Cattolica di Milano e dall'Istituto di Scienza Politica dell'Universitˆ di Genova, sotto la direzione scientifica del professor Giancarlo Rovati.

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