Impresa & Stato N°29 - Rivista della Camera di Commercio di Milano
MILANO 1894. LE ESPOSIZIONI RIUNITE
Rosanna Pavoni e Ornella Selvafolta
6 MAGGIO 1894: alla presenza dei Sovrani, del primo ministro
Francesco Crispi, del sindaco di Milano, del Presidente della
Camera di Commercio, dei maggiori notabili cittadini e di un
pubblico, che le cronache dell'epoca definiscono "esultante" e
"oltremodo curioso", Milano inaugurava al Castello Sforzesco e
nel parco Sempione le "sue" Esposizioni Riunite. L'uso del
possessivo e' quasi d'obbligo per un evento che la citta', o
meglio la sua classe dirigente, aveva dimostrato di volere con
forza e con tenacia, a suggello di un primato economico che il
Paese nel suo insieme stentava in fondo a riconoscere e che
invece, con l'occasione, poteva manifestarsi e imporsi
all'attenzione nazionale. Soltanto tredici anni, a ben
guardare, erano passati da quando, nel 1881, Milano era stata
sede di una Esposizione Nazionale Industriale e Artistica che
ne aveva delineato l'immagine di "luogo operoso" e ne aveva
avviato il "mito" di capitale "economica e morale", ma, in
questo breve periodo, la citta' aveva consolidato la sua
posizione, portando a maturazione quei sintomi che allora
avevano fatto ben sperare sul suo stato di salute e che ora,
nel 1894, si volevano ormai stabilizzati su una condizione di
durevole benessere.
Occorre innanzitutto soffermarsi sulla qualifica di "Riunite"
in cui si racchiudeva, a parere degli organizzatori, il
carattere di maggiore novita' e che compendiava il progressivo
evolversi del progetto iniziale.
"Fu nel marzo del 1893", recitava la Guida del visitatore, che
un gruppo di cittadini decise di organizzare un'esposizione a
Milano, non di carattere generale, giacche' questa era prevista
a Roma l'anno seguente, bensi' di tipo parziale e
specialistico, accogliendo in singole mostre quei settori che
rivestivano particolare interesse dal punto di vista
merceologico, sia perche' dotati di potenzialita' intrinseche,
ma bisognosi di sostegno e promozione, sia perche' tra i piu'
caratterizzanti della regione. Il nucleo iniziale era
costituito dalla cosiddetta "Meccanica in azione"
(successivamente ampliata e denominata "Esposizione Operaia") e
dai "Vini e Olii", ma subito si penso' di fagocitare
nell'iniziativa (traendo vantaggio dal forte richiamo che essa
esercitava sul pubblico) l'Esposizione di Belle Arti, gia'
programmata come mostra triennale dell'Accademia di Brera e a
cadenza, proprio nel 1894.
Lasciando a quest'ultima piena autonomia organizzativa, ci si
premurava invece di ottenere consensi concreti per le prime due
mostre citate, trovando immediato e unanime appoggio nella
Camera di Commercio: "lieta che completo accordo sia
intervenuto tra i promotori delle Esposizioni del 1894;
apprezzando gli alti intendimenti a cui i promotori si sono
ispirati nel progettare l'Esposizione meccanica e di lavoro e
quella internazionale operaia; ricordando l'importanza degli
interessi che si collegano alle altre mostre - le quali
contribuiranno, colle loro speciali attrattive, al buon esito
complessivo [...]; [essa] accorda al progetto il suo pieno
appoggio, augurandosi che dalla concordia delle iniziative
conseguano alla citta' e al Paese quelle risultanze che sono
nelle aspirazioni della Camera di Commercio e dei promotori".
Analogo positivo risultato per l'Esposizione di Vini e Olii,
potenziata nel frattempo con l'aggiunta di una mostra
internazionale di macchine enologiche e olearie, considerata di
"grande opportunita' pratica" e percio' degna del massimo
appoggio per promuoverne "la migliore riuscita".
Il sostegno della Camera di Commercio alle due mostre piu'
interessanti dal punto di vista di positivi effetti di ricaduta
economica, servi' quindi da volano per la crescita e il
graduale precisarsi del progetto. Non a caso la presidenza
onoraria del Comitato Esecutivo (al cui vertice stava il
principe Gian Giacomo Trivulzio) veniva suddivisa tra il
Sindaco Vigoni, quale massimo rappresentante civico, e
l'avvocato e banchiere Ugo Pisa, presidente della Camera di
Commercio, gia' stimato diplomatico in diverse legazioni
estere, giudice del Tribunale di Commercio, membro a piu'
riprese del Consiglio Comunale, benemerito fondatore del
Patronato degli Infortuni sul Lavoro, in riconoscimento del suo
importante ruolo nell'aver fatto si' che l'iniziativa si
avviasse dal "campo dell'idea a quello della pratica
attuazione".
Le mostre originariamente previste andavano frattanto
dilatandosi e articolandosi al loro interno in sezioni
differenziate, mentre altre si aggiungevano in un singolare
processo di crescita che si potrebbe quasi definire di
"gemmazione continua"; si raccoglievano del resto
("approfittando di varie e fortunate circostanze") le proposte
che provenivano dalle diverse forze e associazioni locali: del
Tribunato Operaio come dal Circolo Filatelico, dal Veloce Club
come dalla Societa' Lombarda delle Corse Ippiche, dal Circolo
Fotografico Lombardo come dal Teatro alla Scala. Aggregazioni
di settori diversi, gestite in sostanziale autonomia da
altrettanti comitati di esperti, che costituivano per l'appunto
le "Riunite", abdicando a qualsiasi tentativo di ordinamento
generale, e rinunciando altresi' a conferire un improbabile, e
vista la varieta' delle mostre, un altrettanto impraticabile
carattere unitario alla manifestazione.
Alla fine del lavoro preparatorio le Esposizioni Riunite
risultavano cosi' formate da 11 mostre differenziate di
rilevanza nazionale e internazionale a seconda dei settori di
interesse, e precisamente: l'Esposizione nazionale di Belle
Arti, abbinata al concorso nazionale e triennale di pittura e
scultura, dove "si mettevano a confronto le scuole che il genio
italico suscita con impronte varie nelle nostre regioni";
l'Esposizione nazionale dell'Arte Teatrale, comprendente dagli
strumenti musicali alle tecniche della scenografia; la mostra
internazionale di Fotografia, che "risponde all'aspirazione del
tempo, avido del vero"; l'Esposizione nazionale di Vini e Olii:
importante settore della produzione, il cui "esubero" rispetto
al consumo, esigeva particolari interventi di diffusione e
promozione; a essa si collegava strettamente la mostra
internazionale delle macchine vinicole e olearie, pensata per
favorire "l'aprirsi sollecito di nuovi mercati" e per infondere
al settore nuova razionalita' di metodi e processi; la mostra
nazionale Orticola, immaginata soprattutto come "allietamento"
visivo e ambientale dell'evento e come dimostrazione della
scienza botanica; l'Esposizione internazionale Operaia, tra le
piu' vaste in termini dimensionali e una sorta di fiore
all'occhiello per il Comitato: la prima in Italia che prestava
attenzione non gia' "alla grande iniziativa industriale",
bensi' a quella del "modesto lavoratore", organizzata con
"intenti scientifici", al fine di "mostrare con sincerita' gli
elementi del problema sociale, che vuol essere risolto in pace
col benefico concorso di tutti"; l'Esposizione dello Sport
(nazionale e internazionale a seconda delle categorie), a sua
volta di proporzioni cospicue, che abbinava le manifestazioni
ludiche all'"aspetto industriale e produttivo" (tipica la
mostra delle biciclette) e faceva leva sui vantaggi fisici e
morali di attivita' capaci di "rendere piu' forte le membra e
piu' saldi gli animi"; l'Esposizione nazionale Geografica ed
Etnografica, non estranea alle mire della politica coloniale,
che "fara' meglio conoscere le conquiste della scienza, le
usanze e i costumi dei popoli"; la mostra internazionale
Filatelica che, nelle intenzioni degli organizzatori, doveva
rivolgersi non solo ai "raccoglitori di francobolli", bensi'
anche a "studiosi che si occupano delle questioni postali per
rendere piu' agevoli le comunicazioni"; la mostra nazionale
delle Arti Grafiche, dove accanto alle tecniche della stampa si
esibiva la produzione e il lavoro di editori e librai; la
mostra internazionale della Pubblicita': settore "nuovissimo"
che esponeva "i mille mezzi inventati dall'industria per
vincere nella gara della concorrenza".
Deciso il tipo di organizzazione, rimaneva comunque aperto il
problema della sede: escludendo i Giardini Pubblici di Porta
Venezia, dove l'Esposizione del 1881 aveva "fatto scempio" di
interi tratti di terreno e delle sue nobili alberature, restava
l'alternativa dell'area del Castello (definitivamente affidato,
proprio nel 1893, agli interventi di restauro e al "graduale
recupero" a opera di Luca Beltrami), e dell'ex piazza d'Armi (a
sua volta destinata alla trasformazione a parco secondo il
progetto dell'architetto Emilio Alemagna).
Dunque entro le mura rinnovate del Castello "restituite alla
cittadinanza", 6000 espositori si stavano preparando a
inaugurare la grande Kermesse che, dal maggio al novembre,
vedra' scorrere tra i suoi padiglioni piu' di 2.000.000 di
visitatori, attratti dalla "festa dell'arte e del lavoro", ma
anche allettati dalla promessa di novita', di spettacoli e di
gradevoli passatempi: i restaurants, le buvettes e le birrerie,
si legge sul Corriere illustrato, "cominciarono subito a
funzionare dopo l'uscita dei sovrani".