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Impresa & Stato N°29 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

LA REGOLAZIONE DEL MERCATO: IL RUOLO DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI MILANO

di Pier Daniele Melegari e
Vittoria De Franco


I RADICALI MUTAMENTI verificatisi nell'ultimo decennio nella vita politica e nella struttura economica di molti Paesi - primi fra tutti quelli dell'Europa Orientale - hanno avuto ripercussioni considerevoli nelle realta' nazionali limitrofe.
Vincitore senza merito di una guerra non combattuta, anche il mondo Occidentale - a cui le nascenti democrazie orientali si sono inizialmente rivolte come a un esempio e un modello - si e' ritrovato a ripensare profondamente a se stesso, alla struttura politica che si e' dato, alla forma di rapporti economici che sono stati finora intessuti.
Il sistema capitalistico - che pure apparirebbe come la formula economica vincente - proprio nel momento in cui si appresta a diffondersi ovunque, e' dunque chiamato a rimettere in discussione la propria validita' e a interrogarsi sulla sua esportabilita' in Paesi con caratteristiche molto diverse dalle democrazie pluraliste a sviluppo avanzato in cui ha originariamente attecchito.
Questo profondo e generale travaglio a livello globale ha coinciso e in parte ha provocato un travaglio interno tutto italiano: demolito, con relativa rapidita', un vecchio assetto politico, in Italia, si e' ora faticosamente alla ricerca di nuovi schemi ed equilibri anche di tipo economico. La fine della vecchia classe dirigente corrisponde infatti al venire meno della concezione di uno Stato ipergarantista pronto a intervenire direttamente e pesantemente entro la struttura economica: ad esempio dovrebbe essere ormai acquisito il principio che l'avocazione a se' di un'azienda in difficolta' non e' un mezzo con cui lo Stato possa garantire il buon funzionamento del mercato.
D'altro canto anche la concezione opposta che vede nel mercato un'entita' in grado di autoregolarsi e di trovare in se' i meccanismi di buon funzionamento, si e' rivelata illusoria.
Abbandonata dunque sia la tentazione di interferire nei rapporti economici con le inevitabili distorsioni che cio' comporta, sia al contrario il rischio di estraniarsi completamente dalle logiche del mercato, considerandolo il luogo in cui tutto magicamente si compone, diventa pertanto urgente riformulare gli obiettivi e ridefinire gli strumenti dell'intervento pubblico nell'economia: e' proprio in questo crinale tra l'economia statalista e iper liberista che il nuovo Stato deve trovare una sua collocazione e un suo spazio specifico.
In sostanza il nuovo ruolo dello Stato nell'economia dovra' consistere nel creare i presupposti - dettando regole di corretto comportamento - affinche' il mercato possa funzionare bene, garantendo uno sviluppo armonico, fluido e trasparente delle relazioni economiche che in esso si intrecciano.
Nel codificare tali regole e' pero' necessario far rientrare tra i soggetti presenti nel mercato - accanto alle imprese e con dignita' pari a queste - anche i consumatori che non vanno piu' visti come gli utilizzatori finali di beni e servizi da tenere ai margini del circuito economico, ma vanno al contrario inseriti al suo interno come parte integrante e fondamentale.
Sempre in questa nuova ottica di un'azione pubblica finalizzata al buon funzionamento del mercato, un compito fondamentale dello Stato consiste nel sovrintendere al rispetto delle regole che ha in precedenza dettato, introducendo strumenti di giustizia, anche alternativi a quelli tradizionali, che consentano di comporre le controversie in tempi brevi e comunque rispettosi dei tempi economici.
Infine, un'altra azione propria dello Stato in questo ruolo di garante del mercato, consiste nell'impedire il diffondersi, al suo interno, di forme criminose che ostacolano il corretto svolgimento delle attivita' economiche e che introducono elementi patologici gravemente penalizzanti e distorsivi delle normali relazioni intessute tra le forze produttive.
L'Unione Europea ha contribuito in questi ultimi anni a farsi portavoce di questa nuova - almeno a livello italiano - concezione del ruolo pubblico nel mercato.
Si tratta ovviamente di una posizione, culturale prima ancora che politica, propria dei Paesi di cultura anglosassone dell'Europa settentrionale, ove l'esistenza stessa di sistemi democratici si fonda su regole di condotta, non necessariamente scritte, ma apertamente condivise.
Il poter operare in un contesto in cui princi'pi di questo tipo sono ormai da tempo acquisiti, rappresenta, per le imprese di quei Paesi, un indubbio vantaggio competitivo.

PIô IMPEGNI SPECIFICI PER LO STATO ITALIANO

Non e' dunque solo per volonta' di emulazione di nazioni a democrazia piu' evoluta o per rispetto formale delle direttive europee ma, in via prioritaria, per consentire alle sue imprese di affacciarsi sui mercati globali in condizioni iniziali di parita' con le concorrenti straniere, che anche lo Stato italiano e' prepotentemente chiamato ad avviarsi verso l'assunzione degli specifici impegni che la concezione delle relazioni economiche sinteticamente tracciata sottende. All'interno della compagine statale, gli Enti camerali - in quanto costituenti frammenti, disseminati nel territorio, di Pubblica Amministrazione al servizio delle imprese - hanno assolto tra i primi, seppure a livello ancora embrionale, a funzioni riconducibili entro la convenzionale denominazione di "regolazione del mercato".
E' noto ad esempio che il mercato funziona bene se sono state accertate le caratteristiche qualitative e quantitative dei beni e dei servizi prodotti e scambiati al suo interno: la rilevazione dei prezzi - che e' una delle funzioni tradizionali delle Camere - assolve proprio a questo primario aspetto di regolazione del mercato.
Ancora, e' noto che il mercato funziona bene se i suoi beni e servizi possono venire prodotti e scambiati sulla base di regole certe, condivisibili e note a tutti. A tale riguardo un'esigenza profondamente avvertita e' l'elaborazione di contratti tipo, cioe' di contratti che, proprio in virtu' della standardizzazione della forma, assicurino maggiori tutele alle parti piu' deboli. Inoltre, sempre per la difesa del contraente meno protetto, si impone il controllo sull'eventuale presenza di clausole abusive nei contratti.
Entrambe le competenze, e cioe' la predisposizione di contratti tipo e il controllo sulla presenza di clausole inique nei contratti, sono state recentemente attribuite alle Camere dalla Legge 580/93 di riordino degli Enti camerali.
La stessa legge ha inoltre assegnato alle Camere specifiche competenze in materia di arbitrato e conciliazione, con cio' riconoscendo e rafforzando le funzioni arbitrali gia' svolte in alcune Camere, tra cui, in primis, dalla Camera di Milano e aprendo invece la strada a una disciplina ancora in gran parte inesplorata: la conciliazione. Tale riconoscimento inoltre sembra corrispondere alla concomitante ammissione, da parte della giustizia civile ordinaria, di non riuscire a farsi carico, da sola e in tempi brevi, della composizione delle controversie che insorgono nei rapporti economici.
Il mercato pero', per quanto dotato di regole apertamente condivise, per quanto abbia a disposizione strumenti atti ad assicurare il rispetto di tali regole e a sanare eventuali contrasti, puo', se non e' sufficientemente forte e attrezzato, subire l'attacco di agenti esterni che, utilizzando pratiche violente e illegali, tentano di introdursi al suo interno, minandone le regole e danneggiando le relazioni che si sono naturalmente costituite.
Il riferimento e' in primo luogo alla criminalita' organizzata, il cui tentativo di inserirsi nelle pieghe di un tessuto produttivo ricco e variegato come quello milanese e' stato piu' volte denunciato. In una citta' in cui nascono, prosperano e soccombono, con una certa rapidita', societa' di ogni tipo, e' certo facile - per chi svolge attivita' criminose - mimetizzarsi, agire nell'ombra, assumendo un'apparenza di legalita'.
Il riferimento e' pero' anche a forme non organizzate di infiltrazioni malavitose che sono pero' cosi' diffuse e frequenti da minare sin dalle fondamenta le regole del mercato.
E' giocoforza, in quest'ultimo caso in particolare, pensare all'usura la cui obiettiva espansione ha determinato una crescente visibilita' sociale di un fenomeno che ha origini antichissime e che sembrava confinato nella letteratura ottocentesca.
La sua recente recrudescenza e' stata alimentata da un insieme di fattori primo fra tutti la crisi economica che ha accentuato gli elementi di criticita' gia' presenti nell'ordinario rapporto delle Pmi con il sistema creditizio italiano.
In sostanza, le tradizionali difficolta' di accesso al credito delle Pmi - per molti versi strutturali e derivanti dalla minor "visibilita'" e "certificabilita'" della propria condizione di soggetti solvibili - sono state amplificate dagli effetti di una crisi che, riducendo le entrate proprie delle imprese e il relativo grado di affidabilita', ha reso ancor piu' difficoltoso il ricorso al gia' problematico finanziamento di origine bancaria, aprendo in tal modo la strada a canali alternativi, ma onerosissimi, di credito.
La Camera di Commercio di Milano - proprio in quanto istituzione al servizio delle imprese e in quanto investita dei citati compiti di regolazione del mercato - sente fortemente la propria missione pubblica e - con particolare riferimento ai rischi di infiltrazione criminosa entro le maglie del mercato - avverte di essere prepotentemente chiamata in causa, facendosi carico del mandato che le giunge dalle Associazioni di Categoria e dal contesto sociale locale piu' in generale.
Anche le Associazioni di Categoria, infatti in questi mesi si sono direttamente impegnate in una serie di iniziative finalizzate a studiare e a combattere il fenomeno dell'usura.
I dati associativi a disposizione sono pero' spesso molto difformi tra loro, con una disomogeneita' che indubbiamente rispecchia anche le diverse e particolari visuali con cui ogni componente del mondo associativo guarda al fenomeno. Questo fatto induce infatti a stimare il volume d'affari dell'usura in ragione di valori che oscillano - solo nel 1944 - tra un massimo di 18.500 miliardi e un minimo di 5000 miliardi.
Tale disomogeneita', se da una lato dimostra che sono le Associazioni a disporre dell'immediata temperatura del fenomeno, dall'altro conferma la necessita' di un organismo che - dando completezza allo sforzo associativo - sia in grado di sottrarre il fenomeno alla sua imponderatezza.
Proprio in virtu' della sua veste super partes, la Camera di Commercio di Milano, sin dalla scorsa primavera, ha cominciato ad attivarsi per conoscere piu' a fondo il fenomeno realizzando analisi, studi e raccolte di dati. Inoltre, con il fine di sollecitare una riflessione congiunta sulla questione, convogliando in un'unica sede interessi e punti di vista anche contrapposti, ha promosso una serie di incontri con le Associazioni di Categoria.
Il contatto e le sollecitazioni degli imprenditori - anche se mediati dalle loro Associazioni di Categoria - ha spinto la Camera a elaborare un'iniziativa piu' complessa e sistematica che - dando ragione del suo essere Istituzione che si pone al servizio delle imprese con il fine primario di salvaguardare lo sviluppo armonico del mercato - offra sbocco e coordinamento al patrimonio di informazioni e contatti raccolto.
E' stato cosi' concepito un Osservatorio Permanente sulla Criminalita' Economica sorto come un luogo istituzionale, che consenta di realizzare un monitoraggio di "secondo livello" di tali fenomeni criminosi e in primo luogo dell'usura. L'Osservatorio permettera' sia di instaurare piu' stretti e regolari rapporti di collaborazione con le associazioni d'impresa, del credito e della finanza, sia di aprire canali "privilegiati" di contatto con le varie istituzioni coinvolte (anche in sede sanzionatoria) nell'azione di contrasto.
Infatti solo il coinvolgimento di una pluralita' di soggetti apportatori di conoscenze nonche' di interessi diversi puo' consentire di comprendere, sin dalle origini e nei suoi sviluppi piu' articolati e reconditi, il complesso insieme di vicende che ha portato all'infiltrazione della criminalita' nel mercato milanese.

I DUE OBIETTIVI DELL'OSSERVATORIO

L'Osservatorio dovra' perseguire due principali linee d'azione: innanzitutto il rafforzamento degli strumenti conoscitivi atti a quantificare e qualificare il fenomeno della criminalita' economica, cercando di coglierne diffusione, caratteri ed evoluzione; in secondo luogo l'assunzione di una funzione piu' propriamente propositiva in grado di incidere piu' direttamente sul fenomeno.
Per il perseguimento della finalita' conoscitiva, si rivela indispensabile procedere - utilizzando un'apposita banca dati - alla raccolta di dati e informazioni puntuali e attendibili sul fenomeno a livello locale, ma anche in ambito nazionale ed europeo. Tale base di dati servira' per la realizzazione di studi comparati sul fenomeno e soprattutto consentira' di elaborare modelli anche a carattere previsionale sui suoi possibili sviluppi futuri.
E' evidente che, per l'assolvimento di tale finalita', da considerarsi in certo senso preordinata rispetto a quella operativo-propositiva, per la Camera diventa importante, addirittura indispensabile, la collaborazione di esperti esterni.
L'Osservatorio e' pertanto aperto ai contributi e alle interazioni con Centri di Studio e altre Istituzioni gia' attive nel campo della criminalita' organizzata che possano apportare alle ricerche e agli studi finora condotti il valore aggiunto che deriva da un'impostazione metodologicamente rigorosa e scientificamente all'avanguardia.
D'altra parte la collaborazione con la Camera non puo' rivelarsi che proficua anche per tali Enti perche' essi potranno godere, a loro volta, del valore aggiunto derivante dalla piu' marcata azione dell'Osservatorio sul versante politico-operativo
Assolta la basilare e imprescindibile necessita' di conoscenza sull'entita' del fenomeno e sulle sue caratteristiche, i lavori dell'Osservatorio dovranno poi divenire di stimolo e di supporto a iniziative concrete, che comprendono ad esempio proposte di legge e interventi in materia di credito.
A quest'ultimo proposito e' necessario precisare che gran parte delle Associazioni di Categoria e' concorde nel ritenere le ordinarie logiche operative del sistema ufficiale d'offerta - in primis quello bancario - ispirate da criteri particolarmente penalizzanti per le Pmi in difficolta'. A loro parere infatti, all'interno del sistema ordinario del credito sono evidenti alcuni vizi sistemici, tra cui in particolare:

n-la presenza di elementi di rigidita' nei comportamenti dell'offerta nei confronti della domanda di credito, che hanno originato un mix deleterio per le Pmi di burocratizzazione del rapporto e di incertezze operative per il debitore;

n-la forte enfasi concessa, in sede di valutazione dell'affidabilita' d'impresa, alle garanzie di carattere patrimoniale, prassi che non infrequentemente da' luogo al paradosso di finanziamenti rifiutati a soggetti "meritevoli", ma poco noti, e crediti concessi a soggetti di nota solidita' patrimoniale, anche se meno affidabili sotto il profilo operativo.

D'altra parte, un'analisi attenta della dinamica del sistema di credito in Italia non puo' non portare a convenire che la stessa gestione finanziaria delle piccole imprese e' spesso basata sull'improvvisazione e su una certa approssimativita'.
Questo tipo di carenza di tipo culturale e strutturale dell'imprenditorialita' italiana, specie se di minori dimensioni, si riverbera poi in una difficolta' di rapporti con i canali abituali di credito e porta con frequenza i piccoli imprenditori a cadere nella trappola dell'indebitamento illegale che apparentemente e' accessibile con maggiore semplicita'.
La Camera di Commercio di Milano, sia per il tramite dell'Osservatorio, sia con interventi gestiti direttamente, ha, tra le sue finalita', l'ambizione di contribuire a comporre questo processo dicotomico tra imprese e istituzioni finanziarie e di accrescere il dialogo tra di loro.
Questa finalita' ha portato la Camera ad attivare meccanismi che da un lato consentano di incrementare la trasparenza del sistema finanziario e che dall'altro aumentino la competitivita' delle Piccole e Medie Imprese nei confronti del settore creditizio.
A tale ultimo proposito l'Ente camerale ha di recente concepito un'architettura articolata di interventi. In primo luogo, e come obiettivo di piu' breve periodo, la Camera intende infatti proseguire nei suoi programmi tradizionali volti ad accrescere la dotazione di garanzie che le Pmi non sono in grado di presentare alle banche, anche attraverso una rivalutazione dell'apporto camerale ai Fondi Rischi dei Consorzi e delle Cooperative di garanzia collettiva Fidi.
Inoltre l'Ente camerale si e' fatto promotore, assieme ad Assolombarda, di un organismo, l'"Agenzia per il credito e la Finanza" che nasce proprio con lo scopo di mettere a punto una gamma di interventi correttivi (che vanno dalla negoziazione, nei confronti del sistema creditizio, di condizioni primarie per le imprese, all'offerta di servizi di informazione e assistenza finanziaria) volti alla creazione di un rapporto piu' equilibrato tra domanda e offerta di servizi finanziari.