di Ugo Draetta
LA CORRUZIONE COME FENOMENO DI CRIMINALITA' INTERNAZIONALE
Per promuovere la lotta alla corruzione a livello
internazionale, si e' recentemente costituita una
organizzazione internazionale non governativa con sede a
Berlino, chiamata Transparency International (Ti). Ti, nel
quadro della sua attivita', ha promosso e continua a promuovere
ricerche, affidate a eminenti economisti, volte a sviluppare
dei criteri di calcolo dello spreco di risorse e degli altri
danni che derivano dal fenomeno della corruzione nel commercio
internazionale. Si cerca, in altri termini di quantificare il
pregiudizio allo sviluppo di alcuni Paesi, a seguito della
sottrazione di risorse da impieghi produttivi di benessere per
la collettivita' e alla loro destinazione, invece, attraverso i
canali della corruzione, all'arricchimento di pochi. Da tali
ricerche risulta, come del resto era facile prevedere, che i
costi per l'economia mondiale, derivanti dalla corruzione,
raggiungono cifre impressionanti.
E' anche noto che in molti Paesi sono tollerati o addirittura
incoraggiati pagamenti illeciti all'estero da parte di proprie
imprese al fine di ottenere commesse, sulla base di
considerazioni relative al miglioramento della bilancia
commerciale attraverso i proventi di tali commesse, all'aumento
del carico di lavoro di fabbriche situate sul proprio
territorio e, quindi, all'aumento dell'occupazione. E'
interessante rilevare, al riguardo, come le ricerche di Ti
pongano in luce l'erroneita', sul piano strettamente economico,
di tali argomentazioni. In effetti, esse sono il risultato di
pressioni di carattere corporativo e tengono conto solo degli
interessi di alcuni gruppi e non necessariamente di quelli
della collettivita'. Tali interessi sarebbero in effetti meglio
serviti dallo sviluppo di una attivita' commerciale e
industriale veramente competitiva e non artificialmente
sviluppata dall'esercizio di pratiche illecite, o almeno
illecite nei Paesi di destinazione.
Questo discorso ci conduce al problema delle dimensioni
globali del fenomeno della corruzione, dimensioni che sole ci
interessano ai fini di questa nostra analisi. Esiste,
ovviamente, una corruzione che si manifesta ed esplica i suoi
effetti su scala meramente nazionale. Per questo tipo di
corruzione, tuttavia, l'ordinamento nazionale prevede sempre
degli strumenti di repressione e di lotta. L'unico problema che
eventualmente si pone, al riguardo, e' relativo alla
applicazione piu' o meno efficace e determinata di tali
strumenti, dato che dipende dal clima politico o dal grado di
sviluppo civico di una determinata collettivita' statale. In
definitiva, la corruzione a livello nazionale e' un problema
che ciascun Paese affronta a suo modo e che, se si mantiene su
tale livello, non dovrebbe essere suscettibile di avere una
rilevanza internazionale.
Il fenomeno che qui ci interessa e', invece, quello della
corruzione nel commercio internazionale, fenomeno che ha
assunto dimensioni globali, di pari passo con la
globalizzazione del commercio internazionale. Assistiamo,
cosi', a rapporti commerciali internazionali che prevedono
complicati schemi contrattuali, il cui vero scopo e' quello di
assicurare, nel modo meno facilmente identificabile, il
pagamento di una somma di denaro o la corresponsione di altri
vantaggi da chi ottiene una commessa agli individui che hanno
il potere di influenzare la decisione del cliente.
L'inventivita' delle parti al riguardo e' senza limiti, essendo
ormai assolutamente eccezionali i casi di erogazione diretta di
somme di denaro contante dal corruttore al corrotto. In genere
vengono simulati dei contratti di distribuzione, agenzia,
intermediazione varia, assistenza pre-vendita o post-vendita,
subcontraenza, partnership a vario titolo, consulenza, il cui
unico o principale scopo e' quello di legittimare formalmente
un pagamento il cui destinatario effettivo e' diverso da quello
che riceve il pagamento stesso.
Tali pagamenti avvengono quasi sempre attraverso transazioni
bancarie internazionali. E' appena il caso di ricordare che il
ricorso a banche di Paesi in cui il segreto bancario e'
gelosamente protetto per motivi non sempre interamente
confessabili, o di Paesi noti per una certa disinvoltura nel
porsi come centri di transazioni finanziarie soggette a
controlli scarsi o nulli, contribuiscono grandemente a ridurre
al minimo i rischi per il destinatario effettivo dei suddetti
pagamenti di essere identificato come tale.
La corruzione relativa al commercio internazionale si
qualifica, quindi, come un fenomeno di criminalita'
internazionale, i cui effetti dannosi sono in genere molto piu'
gravi di quelli derivanti da una corruzione puramente
"domestica", se non altro a causa delle maggiori dimensioni che
il commercio internazionale, in un contesto di globalizzazione
dell'economia, ha ormai raggiunto rispetto a quello interno.
INADEGUATEZZA DEGLI STRUMENTI NAZIONALI PER COMBATTERE LA CORRUZIONE INTERNAZIONALE
E' quanto meno sorprendente che, alla luce di quanto sopra
detto, gli strumenti per combattere la corruzione siano
essenzialmente soltanto a livello nazionale e che lo sforzo per
internazionalizzare la lotta alla corruzione sia ancora a uno
stato embrionale.
Un dato ricorrente e' che, salvo una unica eccezione, le varie
legislazioni nazionali prevedono come reato solo la corruzione
di un pubblico funzionario del proprio Paese, mentre non
costituisce alcun reato corrompere un funzionario di un Paese
terzo. Anzi, in quasi tutti gli stati, le commissioni
eventualmente illecite (nel Paese di destinazione), corrisposte
per ottenere una commessa, possono venire dedotte fiscalmente
dal soggetto che le corrisponde, senza che gli organi
dell'amministrazione tributaria siano tenuti a effettuare alcun
controllo in merito alla liceita' del pagamento. Il risultato
e', ovviamente, che al pagamento di commissioni illecite, in
quanto dedotte fiscalmente, corrisponde un introito fiscale
minore, di ugual misura. Il costo della commissione illecita,
traducendosi in tale minor introito per lo stato, viene quindi
a essere sopportato dall'intera collettivita'. E' come se
l'intero Paese sovvenzionasse le commissioni illecite,
rendendosene complice.
La giustificazione di un tale atteggiamento da parte del
legislatore nazionale e' in apparenza ineccepibile, in quanto
si riconduce al principio della territorialita' della legge
penale, la quale non potrebbe contemplare che fattispecie
criminose collegate a eventi che si verificano sul territorio
nazionale. La corruzione di un funzionario governativo
straniero potrebbe essere, quindi, solo perseguita nello Stato
di tale funzionario.
A questo riguardo occorre fare due considerazioni.
In primo luogo nulla impedisce concettualmente di configurare
come reato l'attivita' di un proprio cittadino in un altro
Paese, specie quando non sarebbe difficile individuare elementi
di collegamento con il territorio nazionale, per esempio in
quanto luogo dal quale vengono effettuati pagamenti illeciti.
E' questa, ad esempio, precisamente la strada seguita dal
legislatore statunitense.
In secondo luogo, e sul piano non formale ma sostanziale, un
atteggiamento del genere da parte dei Paesi piu'
industrializzati cela un certo grado di ipocrisia. Infatti, il
problema della corruzione ha potuto assumere nel commercio
internazionale le dimensioni attuali, proprio per la scarsa
propensione dei governi dei Paesi clienti (spesso Paesi in via
di sviluppo, ma non solo questi ultimi) a dare rigorosa
attuazione alla propria normativa interna volta a reprimere la
corruzione.
In altre parole, se vi fosse la piena coscienza da parte dei
Paesi industrializzati del danno economico che comporta la
corruzione come fenomeno di criminalita' internazionale,
potrebbe essere lecito attendersi da tali Paesi un
atteggiamento maggiormente responsabile.
Il problema cui ci riferiamo e', poi, aggravato da una serie di
ulteriori circostanze. Se, infatti, si considera che molti
contratti internazionali godono di finanziamenti pubblici o di
assicurazione crediti all'esportazione concessi da Enti che
gestiscono denaro pubblico, si deve ulteriormente rilevare come
la concessione di tali finanziamenti o crediti all'asportazione
non venga mai subordinata ad alcun accertamento in merito
all'inesistenza di pagamenti illeciti.
Anche sotto questo aspetto, quindi, la collettivita' dello
Stato che concede tali benefici si fa carico degli oneri
relativi, nella misura in cui il contratto sottostante o i
crediti eventualmente inesigibili vengono finanziati con denaro
pubblico.
La conclusione e' che, mentre la corruzione si configura come
un fenomeno di criminalita' internazionale, la sua repressione
e' affidata a strumenti normativi nazionali, intrinsecamente di
natura territoriale e quindi largamente inadeguati a
combatterla.
NECESSITA' DI UNA INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLA LOTTA ALLA CORRUZIONE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Da quanto precede deriva che una efficace lotta alla corruzione
nel commercio internazionale puo' solo condursi attraverso una
internazionalizzazione degli strumenti con cui tale lotta viene
condotta.
Si tratta, del resto, di intraprendere la strada gia' seguita
per altri tipi di illeciti internazionali. Valgano per tutti
gli esempi che possono trarsi dalla disciplina antitrust, dalla
lotta ai reati ambientali, al traffico di stupefacenti, al
riciclaggio di denaro sporco, all'insider trading e alle
violazioni dei diritti dell'uomo.
Tutti questi illeciti presentano una caratteristica comune. Con
la globalizzazione delle economie e il vertiginoso aumento dei
traffici internazionali, i fatti in cui si concretano gli
illeciti stessi hanno assunto una dimensione globale, tale da
non poter essere efficacemente repressi da una serie di norme
interne, a valenza territoriale e per di piu' non tra di loro
coordinate a livello internazionale, ma semplicemente
giustapposte. E' chiaro, infatti, che l'assetto giuridico che
si vuol dare a una determinata fattispecie si rivela inefficace
allorche' la territorialita' della norma si contrappone alla
universalita' della fattispecie che essa e' tesa a regolare.
E' di tutta evidenza, per riprendere gli esempi fatti piu'
sopra, che:
-intese lesive della concorrenza e posizioni monopolistiche
esplicano i loro effetti piu' dannosi non su determinati
mercati nazionali, ma sul commercio internazionale;
n-i danni ambientali non si arrestano alle frontiere
territoriali degli Stati, e quelli che le superano sono proprio
i piu' gravi;
-il traffico di stupefacenti e il riciclaggio del denaro
sporco, che spesso vi e' direttamente collegato, sfruttano
proprio le carenze legislative nazionali per prosperare, avendo
assunto ormai da tempo dimensioni globali;
-non sarebbe possibile reprimere efficacemente il fenomeno
dell'insider trading su base esclusivamente nazionale, quando i
sistemi telematici consentono di effettuare con facilita' ogni
operazione sui titoli su base mondiale;
-la violazione dei diritti umani e' ormai percepita come un
valore da proteggere universalmente, che non e' piu'
considerato far parte di quella domestic jurisdiction lasciata
alla regolamentazione dei singoli Stati.
Di conseguenza, la lotta a tali tipi di illeciti si e' da tempo
dovuta necessariamente internazionalizzare, specie nell'ambito
di aree geografiche, come quella europea, in cui e' stato
possibile realizzare un livello di integrazione avanzato. Le
norme nazionali in materia non sono, ovviamente, scomparse, ma
hanno finito con lo svolgere un ruolo che chiameremmo
residuale.
Piu' specificamente, in materia antitrust esiste ormai una
regolamentazione estesa a tutto lo Spazio Economico Europeo.
Inoltre alcune legislazioni, come quella statunitense, hanno
rilevanti elementi di extra-territorialita'. Il discorso si
completa con accordi internazionali, quali quello tra la Ce e
gli Usa, volti ad assicurare una cooperazione tra i rispettivi
Enti preposti all'applicazione della normativa in materia.
La protezione dell'ambiente e' ormai un obiettivo espressamente
inserito tra quelli della Ce e, a livello piu' ampio, e'
oggetto di un crescente numero di convenzioni internazionali
bilaterali e multilaterali.
Anche la lotta al traffico di droga e al riciclaggio di denaro
sporco, oltre a essere oggetto di accordi internazionali,
rientra tra gli ambiti della cooperazione giudiziaria
nell'Unione Europea e, almeno quanto al riciclaggio, forma
oggetto di specifici atti comunitari.
La repressione di attivita' di insider trading avviene a
livello comunitario e, anzi, le relative direttive hanno
offerto lo spunto per una legislazione italiana prima
inesistente.
Infine, e' appena il caso di menzionare che la tutela dei
diritti dell'uomo e' assicurata da una fitta rete di atti
internazionali, sia nell'ambito delle Nazioni Unite, che sul
piano regionale e piu' specificamente europeo. In quest'ambito
opera anche un'organizzazione internazionale non governativa,
Amnesty International, al cui modello organizzativo Ti si
ispira.
Gli esempi che precedono non intendono essere esaurienti, ne'
in questa sede ci paiono necessari ulteriori approfondimenti.
Il dato che ci sembra emergere con sufficiente chiarezza e' che
alla internazionalizzazione della fattispecie illecita
corrisponde sempre piu' una internazionalizzazione degli
strumenti normativi di repressione. E' pertanto singolare che
cio' non si sia verificato, o sia avvenuto in maniera molto
limitata, per la fattispecie illecita costituita dalla
corruzione nel commercio internazionale.
Al riguardo, infatti, la realizzazione piu' significativa e' un
codice di condotta approvato lo scorso anno in sede Ocse. Sono
anche da registrare alcuni dibattiti in materia che stanno
avendo luogo in altre sedi internazionali, quali le Nazioni
Unite, il Consiglio d'Europa e la Camera di Commercio
Internazionale (gli arbitri internazionali Cci esitano, invece,
a riconoscere come sprovvisti di causa lecita, e quindi nulli,
gli accordi relativi al pagamento di commissioni illecite). E'
senz'altro poco, mentre i tempi sembrano ormai maturi per
realizzazioni molto piu' incisive per quanto riguarda la
internazionalizzazione della lotta alla corruzione nel
commercio internazionale.
In attesa di tale evoluzione, o in alternativa alla stessa, ci
pare, in chiave propositiva, che un sempre maggior numero di
Stati dovrebbero almeno seguire l'esempio degli Stati Uniti,
che hanno dato una risposta legislativa nazionale al problema,
promulgando il Foreign Corrupt Practices Act. Tale legge, unica
al mondo, colpisce come illeciti i pagamenti effettuati a
funzionari governativi stranieri da parte di cittadini
americani, volti a ottenere illecitamente vantaggi commerciali.
Il legislatore statunitense, evidentemente, ha ritenuto di non
potersi sottrarre alla responsabilita' di operare concretamente
per reprimere la corruzione internazionale, senza tener conto
degli interessi corporativi delle imprese americane, che ne
risultano ovviamente danneggiate, in presenza di una
concorrenza priva di tali vincoli normativi.
BASE GIURIDICA E POSSIBILI SVILUPPI DI UN'AZIONE COMUNITARIA IN MATERIA
L'Unione Europea, dato l'elevato grado di integrazione
raggiunto tra i suoi membri, si presenta come il banco di prova
ideale per una efficace azione volta a reprimere la corruzione
nel commercio internazionale, o almeno nel Mercato Unico
instauratosi nel suo ambito. E', pertanto, abbastanza singolare
che la materia sia stata finora solo sfiorata dagli organi
comunitari, cosi' che, in definitiva, l'Unione Europea non
risulta aver finora preso ufficialmente alcuna posizione ferma
su un problema cosi' grave.
Poiche' ogni azione comunitaria deve avere la sua base
giuridica, cominceremo con l'indicare succintamente in quali
disposizioni del Trattato sull'Unione Europea tale base
potrebbe rinvenirsi, il che equivale a sottolineare la
rilevanza comunitaria del problema della corruzione. In secondo
luogo, proveremo ad abbozzare una serie di misure concrete che,
senza alcuno stravolgimento della normativa esistente,
potrebbero essere prese in ambito comunitario in tema di
corruzione.
LE BASI GIURIDICHE PER UN'AZIONE COMUNITARIA IN TEMA DI CORRUZIONE
E' noto che l'art. 235 del Trattato Ce prevede la possibilita' di un'azione comunitaria, quando tale azione risulti necessaria per raggiungere, nel funzionamento del mercato comune, uno degli scopi della Comunita', senza che il "trattato abbia previsto i poteri d'azione a tal uopo richiesti". Appare quindi necessario, in via preliminare, passare brevemente in rassegna sotto quali aspetti la corruzione nel commercio internazionale (o tra gli Stati membri) possa pregiudicare il funzionamento del mercato comune e il raggiungimento degli scopi della Comunita'. Senza nessuna pretesa di essere esaurienti, ci limiteremo qui di seguito ad attirare l'attenzione su una serie di norme comunitarie che verrebbero violate o la cui applicazione verrebbe pregiudicata da traffici commerciali inquinati da fenomeni di corruzione.
a) Regole di concorrenza (artt. 85 ss.)
A noi sembra chiaro che la corruzione pregiudica il commercio
tra gli Stati membri e restringe la concorrenza all'interno del
mercato comune, nella misura in cui l'accordo tra corruttore e
corrotto e' volto a escludere dal libero gioco della
concorrenza coloro che non si prestano a effettuare pagamenti
qualificati come illeciti nel Paese in cui tali pagamenti
vengono effettuati.
b) Aiuti statali alle imprese (artt. 92 ss.)
La deducibilita' fiscale delle commissioni illecite, il
finanziamento pubblico di contratti internazionali ottenuti con
commissioni illecite o l'assicurazione dei crediti effettuata
da Enti pubblici relativamente ai suddetti contratti concretano
altrettanti casi di aiuti degli Stati alle imprese corruttrici
passibili di essere vietati ai sensi dell'art. 92 del Trattato
Ce in quanto volti a favorire tali imprese, falsando cosi' la
concorrenza all'interno del mercato comune.
c) Principio di non discriminazione
La mancata repressione della corruzione nel commercio
internazionale si risolve nella violazione del principio di non
discriminazione, che e' uno dei princi'pi cardine del diritto
comunitario. La discriminazione e' a sfavore di quegli
esportatori che non intendono, per ottenere delle commesse,
effettuare pagamenti qualificati come illeciti nel Paese in cui
vengono effettuati.
d) Cooperazione allo sviluppo (Titolo XVII del Trattato Ce)
La corruzione e' universalmente riconosciuta come uno dei piu'
importanti fattori di sottosviluppo. La mancata repressione
della corruzione nel commercio internazionale, con tutti i
mezzi possibili, costituisce una smentita di tutti i princi'pi
e gli obiettivi cui si ispira l'azione comunitaria prevista dal
Titolo XVII del Trattato Ce, in tema di cooperazione allo
sviluppo.
e) Direttive comunitarie sui pubblici appalti
Uno degli obiettivi efficacemente perseguiti dalla Comunita'
con una serie di importanti direttive e' quello di garantire la
trasparenza dei pubblici appalti nella Comunita' e uguali
opportunita' di accesso agli stessi per tutte le imprese
comunitarie. E' appena il caso di sottolineare come la lotta
alla corruzione costituisca il logico corollario di una tale
politica, dato che e' proprio la corruzione uno dei maggiori
ostacoli a tale trasparenza e liberta' di accesso. Non a caso
in sede Gatt si e' sempre cercato di collegare la normativa sul
procurement code con una efficace lotta alla corruzione.
f) Trasparenza dei bilanci societari
La Comunita', nell'ambito dell'armonizzazione del diritto
societario degli Stati membri, ha emesso una serie di direttive
in materia di trasparenza dei bilanci societari. E' evidente,
come confermano recenti esperienze giudiziarie nel nostro e in
altri Paesi, che la corresponsione di pagamenti illeciti, non
potendo essere contabilizzata come tale, si accompagna spesso a
dei falsi in bilancio, che, in quanto tali, violano i princi'pi
cui si ispirano le direttive in questione.
g) Cooperazione nei settori della giustizia e degli affari
interni
La lotta alla corruzione rientra senz'altro tra quegli
obiettivi di cooperazione giudiziaria in materia penale e di
cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta
contro la criminalita' internazionale specificati nell'art. K.
1, numeri 7 e 9 del Trattato di Maastricht.
h) Ravvicinamento delle legislazioni
Un'azione comunitaria in materia di lotta alla corruzione
potrebbe anche essere facilmente giustificata sulla base degli
artt. 100 e 100 A del Trattato Ce, nella misura in cui la
corruzione ha una incidenza diretta sulla instaurazione e
funzionamento del mercato comune, o, rispettivamente,
pregiudica la instaurazione e funzionamento del mercato
interno.
PROPOSTE PER UN INTERVENTO COMUNITARIO
Cosi' individuata la base giuridica per un'azione comunitaria
in materia di corruzione, desideriamo anche indicare alcune
misure che potrebbero essere prese immediatamente dai vari
organi comunitari, se non altro al fine di dare un segnale non
equivoco circa l'atteggiamento comunitario in materia, in luogo
della posizione agnostica su cui l'Unione Europea sembra
presentemente arroccata.
-A livello del Parlamento Europeo, i tempi sembrano senz'altro
maturi perche' quest'organo adotti una risoluzione con cui si
riconosca la natura di illecito internazionale della corruzione
e la inadeguatezza dei soli strumenti nazionali per
combatterla. Il Parlamento Europeo dovrebbe prendere una ferma
posizione contro l'opportunismo che si cela dietro il
formalismo delle tesi basate sulla territorialita' della norma
penale, che vieterebbero di condannare la corruzione di
funzionari stranieri. Una tale risoluzione dovrebbe anche
riconoscere gli stretti legami che esistono tra lotta alla
corruzione e sviluppo democratico di un Paese, nonche' il
disastroso impatto della corruzione sullo sviluppo del Terzo
Mondo (e non solo di quello). Il Parlamento Europeo dovrebbe
quindi, a nome dei popoli degli Stati dell'Unione Europea,
fornire un supporto esplicito a tutte quelle organizzazioni
internazionali, governative o meno, che hanno tra i loro
obiettivi la lotta alla corruzione e stimolare l'azione
comunitaria in materia , avvalendosi, al riguardo, dei nuovi
poteri di iniziativa che gli conferisce il Trattato di
Maastricht.
-La Commissione, dal suo canto, dovrebbe por mano a una serie
di proposte di regolamenti o direttive, volte a correggere gli
aspetti piu' gravi della situazione attuale.
Una direttiva potrebbe, ad esempio, armonizzare le legislazioni
penali degli Stati membri relative al reato di corruzione, con
lo scopo di allargare al territorio di tutti gli Stati membri
la nozione di "territorio" valida ai fini della determinazione
del locus commissi delicti. Tale armonizzazione renderebbe
illecita in ciascuno Stato la corruzione di un funzionario
governativo di qualsiasi Stato membro. Gia' le modifiche di
alcuni codici penali interni, che, in tema di frodi
comunitarie, equiparano la corruzione di un funzionario
comunitario a quella di un funzionario interno, vanno in questa
direzione. Si tratta di proseguire su questa strada, per
arrivare, in ultima analisi, a una legge uniforme europea che
preveda come illecita la corruzione di un funzionario
governativo di qualsiasi Paese. E' appena il caso di ricordare
che gia' in altri campi e' stata allargata la nozione di
territorio nazionale sostituendola con quella di territorio
degli Stati membri, ai fini della determinazione dell'ambito di
applicazione di alcune normative uniformi. Basti pensare al
campo della proprieta' industriale (brevetto europeo, marchio
europeo) e a quello societario (Gruppo Europeo di Interesse
Economico, progetto di Statuto di Societa' europea).
Un'altra direttiva potrebbe vietare agli Stati di ammettere la
deducibilita' fiscale di pagamenti illeciti. Cio' potrebbe
attuarsi attraverso un sistema di controlli, o, piu'
semplicemente, subordinando tale deducibilita' a
un'autocertificazione relativa all'assenza di pagamenti
illeciti, eventualmente sottoscritta anche dall'agente o altro
intermediario straniero. Alla mendacita' di tale attestato,
eventualmente accertata, si collegherebbero tutte le
conseguenze penali connesse con le false dichiarazioni di
questo genere. Uguale discorso potrebbe essere fatto
relativamente ai finanziamenti nazionali o all'assicurazione
crediti all'esportazione concessa con denaro pubblico.
Altri regolamenti dovrebbero rafforzare gli scarsi controlli
attualmente esistenti in merito all'inesistenza di pagamenti
illeciti relativamente a contratti finanziati o in vario modo
sovvenzionati dalla Comunita' attraverso la Bei, i vari fondi
strutturali, o in qualsiasi altro modo che preveda l'intervento
comunitario.
-A livello del Consiglio dei Ministri, ma piu' specialmente
del Consiglio Europeo, il tema della corruzione dovrebbe essere
posto all'ordine del giorno al fine di arrivare a una
dichiarazione dell'intento comune di combatterla. Questo
consentirebbe di attivare le procedure intergovernative
previste dall'art. K 1 del Trattato di Maastricht, cui abbiamo
fatto piu' sopra riferimento.
E' evidente che altre iniziative comunitarie sono senz'altro
configurabili e che le suddette misure sono solo degli spunti
per un'azione comunitaria che potrebbe realizzarsi senza
eccessivi ritardi. E' altrettanto evidente che quelli sopra
descritti appaiono solo come degli interventi di emergenza, che
dovrebbero preludere a piu' organiche iniziative comunitarie
volte a combattere la corruzione, come fenomeno di criminalita'
internazionale.