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Impresa & Stato N°29 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

L'AZIONE COMUNITARIA CONTRO LA CORRUZIONE

di Ugo Draetta


SUL PIANO STRETTAMENTE ECONOMICO, e prescindendo totalmente da qualsiasi valutazione di carattere etico, si riconosce ormai unanimemente che la corruzione costituisce un ostacolo allo sviluppo dei Paesi in cui essa e' diffusa, nonche' un pregiudizio al commercio internazionale, in quanto impedisce lo svolgimento di una effettiva e corretta gara concorrenziale.

LA CORRUZIONE COME FENOMENO DI CRIMINALITA' INTERNAZIONALE

Per promuovere la lotta alla corruzione a livello internazionale, si e' recentemente costituita una organizzazione internazionale non governativa con sede a Berlino, chiamata Transparency International (Ti). Ti, nel quadro della sua attivita', ha promosso e continua a promuovere ricerche, affidate a eminenti economisti, volte a sviluppare dei criteri di calcolo dello spreco di risorse e degli altri danni che derivano dal fenomeno della corruzione nel commercio internazionale. Si cerca, in altri termini di quantificare il pregiudizio allo sviluppo di alcuni Paesi, a seguito della sottrazione di risorse da impieghi produttivi di benessere per la collettivita' e alla loro destinazione, invece, attraverso i canali della corruzione, all'arricchimento di pochi. Da tali ricerche risulta, come del resto era facile prevedere, che i costi per l'economia mondiale, derivanti dalla corruzione, raggiungono cifre impressionanti.
E' anche noto che in molti Paesi sono tollerati o addirittura incoraggiati pagamenti illeciti all'estero da parte di proprie imprese al fine di ottenere commesse, sulla base di considerazioni relative al miglioramento della bilancia commerciale attraverso i proventi di tali commesse, all'aumento del carico di lavoro di fabbriche situate sul proprio territorio e, quindi, all'aumento dell'occupazione. E' interessante rilevare, al riguardo, come le ricerche di Ti pongano in luce l'erroneita', sul piano strettamente economico, di tali argomentazioni. In effetti, esse sono il risultato di pressioni di carattere corporativo e tengono conto solo degli interessi di alcuni gruppi e non necessariamente di quelli della collettivita'. Tali interessi sarebbero in effetti meglio serviti dallo sviluppo di una attivita' commerciale e industriale veramente competitiva e non artificialmente sviluppata dall'esercizio di pratiche illecite, o almeno illecite nei Paesi di destinazione.
Questo discorso ci conduce al problema delle dimensioni globali del fenomeno della corruzione, dimensioni che sole ci interessano ai fini di questa nostra analisi. Esiste, ovviamente, una corruzione che si manifesta ed esplica i suoi effetti su scala meramente nazionale. Per questo tipo di corruzione, tuttavia, l'ordinamento nazionale prevede sempre degli strumenti di repressione e di lotta. L'unico problema che eventualmente si pone, al riguardo, e' relativo alla applicazione piu' o meno efficace e determinata di tali strumenti, dato che dipende dal clima politico o dal grado di sviluppo civico di una determinata collettivita' statale. In definitiva, la corruzione a livello nazionale e' un problema che ciascun Paese affronta a suo modo e che, se si mantiene su tale livello, non dovrebbe essere suscettibile di avere una rilevanza internazionale.
Il fenomeno che qui ci interessa e', invece, quello della corruzione nel commercio internazionale, fenomeno che ha assunto dimensioni globali, di pari passo con la globalizzazione del commercio internazionale. Assistiamo, cosi', a rapporti commerciali internazionali che prevedono complicati schemi contrattuali, il cui vero scopo e' quello di assicurare, nel modo meno facilmente identificabile, il pagamento di una somma di denaro o la corresponsione di altri vantaggi da chi ottiene una commessa agli individui che hanno il potere di influenzare la decisione del cliente.
L'inventivita' delle parti al riguardo e' senza limiti, essendo ormai assolutamente eccezionali i casi di erogazione diretta di somme di denaro contante dal corruttore al corrotto. In genere vengono simulati dei contratti di distribuzione, agenzia, intermediazione varia, assistenza pre-vendita o post-vendita, subcontraenza, partnership a vario titolo, consulenza, il cui unico o principale scopo e' quello di legittimare formalmente un pagamento il cui destinatario effettivo e' diverso da quello che riceve il pagamento stesso.
Tali pagamenti avvengono quasi sempre attraverso transazioni bancarie internazionali. E' appena il caso di ricordare che il ricorso a banche di Paesi in cui il segreto bancario e' gelosamente protetto per motivi non sempre interamente confessabili, o di Paesi noti per una certa disinvoltura nel porsi come centri di transazioni finanziarie soggette a controlli scarsi o nulli, contribuiscono grandemente a ridurre al minimo i rischi per il destinatario effettivo dei suddetti pagamenti di essere identificato come tale.
La corruzione relativa al commercio internazionale si qualifica, quindi, come un fenomeno di criminalita' internazionale, i cui effetti dannosi sono in genere molto piu' gravi di quelli derivanti da una corruzione puramente "domestica", se non altro a causa delle maggiori dimensioni che il commercio internazionale, in un contesto di globalizzazione dell'economia, ha ormai raggiunto rispetto a quello interno.

INADEGUATEZZA DEGLI STRUMENTI NAZIONALI PER COMBATTERE LA CORRUZIONE INTERNAZIONALE

E' quanto meno sorprendente che, alla luce di quanto sopra detto, gli strumenti per combattere la corruzione siano essenzialmente soltanto a livello nazionale e che lo sforzo per internazionalizzare la lotta alla corruzione sia ancora a uno stato embrionale.
Un dato ricorrente e' che, salvo una unica eccezione, le varie legislazioni nazionali prevedono come reato solo la corruzione di un pubblico funzionario del proprio Paese, mentre non costituisce alcun reato corrompere un funzionario di un Paese terzo. Anzi, in quasi tutti gli stati, le commissioni eventualmente illecite (nel Paese di destinazione), corrisposte per ottenere una commessa, possono venire dedotte fiscalmente dal soggetto che le corrisponde, senza che gli organi dell'amministrazione tributaria siano tenuti a effettuare alcun controllo in merito alla liceita' del pagamento. Il risultato e', ovviamente, che al pagamento di commissioni illecite, in quanto dedotte fiscalmente, corrisponde un introito fiscale minore, di ugual misura. Il costo della commissione illecita, traducendosi in tale minor introito per lo stato, viene quindi a essere sopportato dall'intera collettivita'. E' come se l'intero Paese sovvenzionasse le commissioni illecite, rendendosene complice.
La giustificazione di un tale atteggiamento da parte del legislatore nazionale e' in apparenza ineccepibile, in quanto si riconduce al principio della territorialita' della legge penale, la quale non potrebbe contemplare che fattispecie criminose collegate a eventi che si verificano sul territorio nazionale. La corruzione di un funzionario governativo straniero potrebbe essere, quindi, solo perseguita nello Stato di tale funzionario.
A questo riguardo occorre fare due considerazioni.
In primo luogo nulla impedisce concettualmente di configurare come reato l'attivita' di un proprio cittadino in un altro Paese, specie quando non sarebbe difficile individuare elementi di collegamento con il territorio nazionale, per esempio in quanto luogo dal quale vengono effettuati pagamenti illeciti. E' questa, ad esempio, precisamente la strada seguita dal legislatore statunitense.
In secondo luogo, e sul piano non formale ma sostanziale, un atteggiamento del genere da parte dei Paesi piu' industrializzati cela un certo grado di ipocrisia. Infatti, il problema della corruzione ha potuto assumere nel commercio internazionale le dimensioni attuali, proprio per la scarsa propensione dei governi dei Paesi clienti (spesso Paesi in via di sviluppo, ma non solo questi ultimi) a dare rigorosa attuazione alla propria normativa interna volta a reprimere la corruzione.
In altre parole, se vi fosse la piena coscienza da parte dei Paesi industrializzati del danno economico che comporta la corruzione come fenomeno di criminalita' internazionale, potrebbe essere lecito attendersi da tali Paesi un atteggiamento maggiormente responsabile.
Il problema cui ci riferiamo e', poi, aggravato da una serie di ulteriori circostanze. Se, infatti, si considera che molti contratti internazionali godono di finanziamenti pubblici o di assicurazione crediti all'esportazione concessi da Enti che gestiscono denaro pubblico, si deve ulteriormente rilevare come la concessione di tali finanziamenti o crediti all'asportazione non venga mai subordinata ad alcun accertamento in merito all'inesistenza di pagamenti illeciti.
Anche sotto questo aspetto, quindi, la collettivita' dello Stato che concede tali benefici si fa carico degli oneri relativi, nella misura in cui il contratto sottostante o i crediti eventualmente inesigibili vengono finanziati con denaro pubblico.
La conclusione e' che, mentre la corruzione si configura come un fenomeno di criminalita' internazionale, la sua repressione e' affidata a strumenti normativi nazionali, intrinsecamente di natura territoriale e quindi largamente inadeguati a combatterla.

NECESSITA' DI UNA INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLA LOTTA ALLA CORRUZIONE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

Da quanto precede deriva che una efficace lotta alla corruzione nel commercio internazionale puo' solo condursi attraverso una internazionalizzazione degli strumenti con cui tale lotta viene condotta.
Si tratta, del resto, di intraprendere la strada gia' seguita per altri tipi di illeciti internazionali. Valgano per tutti gli esempi che possono trarsi dalla disciplina antitrust, dalla lotta ai reati ambientali, al traffico di stupefacenti, al riciclaggio di denaro sporco, all'insider trading e alle violazioni dei diritti dell'uomo.
Tutti questi illeciti presentano una caratteristica comune. Con la globalizzazione delle economie e il vertiginoso aumento dei traffici internazionali, i fatti in cui si concretano gli illeciti stessi hanno assunto una dimensione globale, tale da non poter essere efficacemente repressi da una serie di norme interne, a valenza territoriale e per di piu' non tra di loro coordinate a livello internazionale, ma semplicemente giustapposte. E' chiaro, infatti, che l'assetto giuridico che si vuol dare a una determinata fattispecie si rivela inefficace allorche' la territorialita' della norma si contrappone alla universalita' della fattispecie che essa e' tesa a regolare. E' di tutta evidenza, per riprendere gli esempi fatti piu' sopra, che:
-intese lesive della concorrenza e posizioni monopolistiche esplicano i loro effetti piu' dannosi non su determinati mercati nazionali, ma sul commercio internazionale;
n-i danni ambientali non si arrestano alle frontiere territoriali degli Stati, e quelli che le superano sono proprio i piu' gravi;
-il traffico di stupefacenti e il riciclaggio del denaro sporco, che spesso vi e' direttamente collegato, sfruttano proprio le carenze legislative nazionali per prosperare, avendo assunto ormai da tempo dimensioni globali;
-non sarebbe possibile reprimere efficacemente il fenomeno dell'insider trading su base esclusivamente nazionale, quando i sistemi telematici consentono di effettuare con facilita' ogni operazione sui titoli su base mondiale;
-la violazione dei diritti umani e' ormai percepita come un valore da proteggere universalmente, che non e' piu' considerato far parte di quella domestic jurisdiction lasciata alla regolamentazione dei singoli Stati.
Di conseguenza, la lotta a tali tipi di illeciti si e' da tempo dovuta necessariamente internazionalizzare, specie nell'ambito di aree geografiche, come quella europea, in cui e' stato possibile realizzare un livello di integrazione avanzato. Le norme nazionali in materia non sono, ovviamente, scomparse, ma hanno finito con lo svolgere un ruolo che chiameremmo residuale.
Piu' specificamente, in materia antitrust esiste ormai una regolamentazione estesa a tutto lo Spazio Economico Europeo.
Inoltre alcune legislazioni, come quella statunitense, hanno rilevanti elementi di extra-territorialita'. Il discorso si completa con accordi internazionali, quali quello tra la Ce e gli Usa, volti ad assicurare una cooperazione tra i rispettivi Enti preposti all'applicazione della normativa in materia.
La protezione dell'ambiente e' ormai un obiettivo espressamente inserito tra quelli della Ce e, a livello piu' ampio, e' oggetto di un crescente numero di convenzioni internazionali bilaterali e multilaterali.
Anche la lotta al traffico di droga e al riciclaggio di denaro sporco, oltre a essere oggetto di accordi internazionali, rientra tra gli ambiti della cooperazione giudiziaria nell'Unione Europea e, almeno quanto al riciclaggio, forma oggetto di specifici atti comunitari.
La repressione di attivita' di insider trading avviene a livello comunitario e, anzi, le relative direttive hanno offerto lo spunto per una legislazione italiana prima inesistente.
Infine, e' appena il caso di menzionare che la tutela dei diritti dell'uomo e' assicurata da una fitta rete di atti internazionali, sia nell'ambito delle Nazioni Unite, che sul piano regionale e piu' specificamente europeo. In quest'ambito opera anche un'organizzazione internazionale non governativa, Amnesty International, al cui modello organizzativo Ti si ispira.
Gli esempi che precedono non intendono essere esaurienti, ne' in questa sede ci paiono necessari ulteriori approfondimenti. Il dato che ci sembra emergere con sufficiente chiarezza e' che alla internazionalizzazione della fattispecie illecita corrisponde sempre piu' una internazionalizzazione degli strumenti normativi di repressione. E' pertanto singolare che cio' non si sia verificato, o sia avvenuto in maniera molto limitata, per la fattispecie illecita costituita dalla corruzione nel commercio internazionale.
Al riguardo, infatti, la realizzazione piu' significativa e' un codice di condotta approvato lo scorso anno in sede Ocse. Sono anche da registrare alcuni dibattiti in materia che stanno avendo luogo in altre sedi internazionali, quali le Nazioni Unite, il Consiglio d'Europa e la Camera di Commercio Internazionale (gli arbitri internazionali Cci esitano, invece, a riconoscere come sprovvisti di causa lecita, e quindi nulli, gli accordi relativi al pagamento di commissioni illecite). E' senz'altro poco, mentre i tempi sembrano ormai maturi per realizzazioni molto piu' incisive per quanto riguarda la internazionalizzazione della lotta alla corruzione nel commercio internazionale.
In attesa di tale evoluzione, o in alternativa alla stessa, ci pare, in chiave propositiva, che un sempre maggior numero di Stati dovrebbero almeno seguire l'esempio degli Stati Uniti, che hanno dato una risposta legislativa nazionale al problema, promulgando il Foreign Corrupt Practices Act. Tale legge, unica al mondo, colpisce come illeciti i pagamenti effettuati a funzionari governativi stranieri da parte di cittadini americani, volti a ottenere illecitamente vantaggi commerciali.
Il legislatore statunitense, evidentemente, ha ritenuto di non potersi sottrarre alla responsabilita' di operare concretamente per reprimere la corruzione internazionale, senza tener conto degli interessi corporativi delle imprese americane, che ne risultano ovviamente danneggiate, in presenza di una concorrenza priva di tali vincoli normativi.

BASE GIURIDICA E POSSIBILI SVILUPPI DI UN'AZIONE COMUNITARIA IN MATERIA

L'Unione Europea, dato l'elevato grado di integrazione raggiunto tra i suoi membri, si presenta come il banco di prova ideale per una efficace azione volta a reprimere la corruzione nel commercio internazionale, o almeno nel Mercato Unico instauratosi nel suo ambito. E', pertanto, abbastanza singolare che la materia sia stata finora solo sfiorata dagli organi comunitari, cosi' che, in definitiva, l'Unione Europea non risulta aver finora preso ufficialmente alcuna posizione ferma su un problema cosi' grave.
Poiche' ogni azione comunitaria deve avere la sua base giuridica, cominceremo con l'indicare succintamente in quali disposizioni del Trattato sull'Unione Europea tale base potrebbe rinvenirsi, il che equivale a sottolineare la rilevanza comunitaria del problema della corruzione. In secondo luogo, proveremo ad abbozzare una serie di misure concrete che, senza alcuno stravolgimento della normativa esistente, potrebbero essere prese in ambito comunitario in tema di corruzione.

LE BASI GIURIDICHE PER UN'AZIONE COMUNITARIA IN TEMA DI CORRUZIONE

E' noto che l'art. 235 del Trattato Ce prevede la possibilita' di un'azione comunitaria, quando tale azione risulti necessaria per raggiungere, nel funzionamento del mercato comune, uno degli scopi della Comunita', senza che il "trattato abbia previsto i poteri d'azione a tal uopo richiesti". Appare quindi necessario, in via preliminare, passare brevemente in rassegna sotto quali aspetti la corruzione nel commercio internazionale (o tra gli Stati membri) possa pregiudicare il funzionamento del mercato comune e il raggiungimento degli scopi della Comunita'. Senza nessuna pretesa di essere esaurienti, ci limiteremo qui di seguito ad attirare l'attenzione su una serie di norme comunitarie che verrebbero violate o la cui applicazione verrebbe pregiudicata da traffici commerciali inquinati da fenomeni di corruzione.

a) Regole di concorrenza (artt. 85 ss.)
A noi sembra chiaro che la corruzione pregiudica il commercio tra gli Stati membri e restringe la concorrenza all'interno del mercato comune, nella misura in cui l'accordo tra corruttore e corrotto e' volto a escludere dal libero gioco della concorrenza coloro che non si prestano a effettuare pagamenti qualificati come illeciti nel Paese in cui tali pagamenti vengono effettuati.

b) Aiuti statali alle imprese (artt. 92 ss.)
La deducibilita' fiscale delle commissioni illecite, il finanziamento pubblico di contratti internazionali ottenuti con commissioni illecite o l'assicurazione dei crediti effettuata da Enti pubblici relativamente ai suddetti contratti concretano altrettanti casi di aiuti degli Stati alle imprese corruttrici passibili di essere vietati ai sensi dell'art. 92 del Trattato Ce in quanto volti a favorire tali imprese, falsando cosi' la concorrenza all'interno del mercato comune.

c) Principio di non discriminazione
La mancata repressione della corruzione nel commercio internazionale si risolve nella violazione del principio di non discriminazione, che e' uno dei princi'pi cardine del diritto comunitario. La discriminazione e' a sfavore di quegli esportatori che non intendono, per ottenere delle commesse, effettuare pagamenti qualificati come illeciti nel Paese in cui vengono effettuati.

d) Cooperazione allo sviluppo (Titolo XVII del Trattato Ce)
La corruzione e' universalmente riconosciuta come uno dei piu' importanti fattori di sottosviluppo. La mancata repressione della corruzione nel commercio internazionale, con tutti i mezzi possibili, costituisce una smentita di tutti i princi'pi e gli obiettivi cui si ispira l'azione comunitaria prevista dal Titolo XVII del Trattato Ce, in tema di cooperazione allo sviluppo.

e) Direttive comunitarie sui pubblici appalti
Uno degli obiettivi efficacemente perseguiti dalla Comunita' con una serie di importanti direttive e' quello di garantire la trasparenza dei pubblici appalti nella Comunita' e uguali opportunita' di accesso agli stessi per tutte le imprese comunitarie. E' appena il caso di sottolineare come la lotta alla corruzione costituisca il logico corollario di una tale politica, dato che e' proprio la corruzione uno dei maggiori ostacoli a tale trasparenza e liberta' di accesso. Non a caso in sede Gatt si e' sempre cercato di collegare la normativa sul procurement code con una efficace lotta alla corruzione.

f) Trasparenza dei bilanci societari
La Comunita', nell'ambito dell'armonizzazione del diritto societario degli Stati membri, ha emesso una serie di direttive in materia di trasparenza dei bilanci societari. E' evidente, come confermano recenti esperienze giudiziarie nel nostro e in altri Paesi, che la corresponsione di pagamenti illeciti, non potendo essere contabilizzata come tale, si accompagna spesso a dei falsi in bilancio, che, in quanto tali, violano i princi'pi cui si ispirano le direttive in questione.

g) Cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni
La lotta alla corruzione rientra senz'altro tra quegli obiettivi di cooperazione giudiziaria in materia penale e di cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta contro la criminalita' internazionale specificati nell'art. K. 1, numeri 7 e 9 del Trattato di Maastricht.

h) Ravvicinamento delle legislazioni
Un'azione comunitaria in materia di lotta alla corruzione potrebbe anche essere facilmente giustificata sulla base degli artt. 100 e 100 A del Trattato Ce, nella misura in cui la corruzione ha una incidenza diretta sulla instaurazione e funzionamento del mercato comune, o, rispettivamente, pregiudica la instaurazione e funzionamento del mercato interno.

PROPOSTE PER UN INTERVENTO COMUNITARIO

Cosi' individuata la base giuridica per un'azione comunitaria in materia di corruzione, desideriamo anche indicare alcune misure che potrebbero essere prese immediatamente dai vari organi comunitari, se non altro al fine di dare un segnale non equivoco circa l'atteggiamento comunitario in materia, in luogo della posizione agnostica su cui l'Unione Europea sembra presentemente arroccata.
-A livello del Parlamento Europeo, i tempi sembrano senz'altro maturi perche' quest'organo adotti una risoluzione con cui si riconosca la natura di illecito internazionale della corruzione e la inadeguatezza dei soli strumenti nazionali per combatterla. Il Parlamento Europeo dovrebbe prendere una ferma posizione contro l'opportunismo che si cela dietro il formalismo delle tesi basate sulla territorialita' della norma penale, che vieterebbero di condannare la corruzione di funzionari stranieri. Una tale risoluzione dovrebbe anche riconoscere gli stretti legami che esistono tra lotta alla corruzione e sviluppo democratico di un Paese, nonche' il disastroso impatto della corruzione sullo sviluppo del Terzo Mondo (e non solo di quello). Il Parlamento Europeo dovrebbe quindi, a nome dei popoli degli Stati dell'Unione Europea, fornire un supporto esplicito a tutte quelle organizzazioni internazionali, governative o meno, che hanno tra i loro obiettivi la lotta alla corruzione e stimolare l'azione comunitaria in materia , avvalendosi, al riguardo, dei nuovi poteri di iniziativa che gli conferisce il Trattato di Maastricht.
-La Commissione, dal suo canto, dovrebbe por mano a una serie di proposte di regolamenti o direttive, volte a correggere gli aspetti piu' gravi della situazione attuale.
Una direttiva potrebbe, ad esempio, armonizzare le legislazioni penali degli Stati membri relative al reato di corruzione, con lo scopo di allargare al territorio di tutti gli Stati membri la nozione di "territorio" valida ai fini della determinazione del locus commissi delicti. Tale armonizzazione renderebbe illecita in ciascuno Stato la corruzione di un funzionario governativo di qualsiasi Stato membro. Gia' le modifiche di alcuni codici penali interni, che, in tema di frodi comunitarie, equiparano la corruzione di un funzionario comunitario a quella di un funzionario interno, vanno in questa direzione. Si tratta di proseguire su questa strada, per arrivare, in ultima analisi, a una legge uniforme europea che preveda come illecita la corruzione di un funzionario governativo di qualsiasi Paese. E' appena il caso di ricordare che gia' in altri campi e' stata allargata la nozione di territorio nazionale sostituendola con quella di territorio degli Stati membri, ai fini della determinazione dell'ambito di applicazione di alcune normative uniformi. Basti pensare al campo della proprieta' industriale (brevetto europeo, marchio europeo) e a quello societario (Gruppo Europeo di Interesse Economico, progetto di Statuto di Societa' europea).
Un'altra direttiva potrebbe vietare agli Stati di ammettere la deducibilita' fiscale di pagamenti illeciti. Cio' potrebbe attuarsi attraverso un sistema di controlli, o, piu' semplicemente, subordinando tale deducibilita' a un'autocertificazione relativa all'assenza di pagamenti illeciti, eventualmente sottoscritta anche dall'agente o altro intermediario straniero. Alla mendacita' di tale attestato, eventualmente accertata, si collegherebbero tutte le conseguenze penali connesse con le false dichiarazioni di questo genere. Uguale discorso potrebbe essere fatto relativamente ai finanziamenti nazionali o all'assicurazione crediti all'esportazione concessa con denaro pubblico.
Altri regolamenti dovrebbero rafforzare gli scarsi controlli attualmente esistenti in merito all'inesistenza di pagamenti illeciti relativamente a contratti finanziati o in vario modo sovvenzionati dalla Comunita' attraverso la Bei, i vari fondi strutturali, o in qualsiasi altro modo che preveda l'intervento comunitario.
-A livello del Consiglio dei Ministri, ma piu' specialmente del Consiglio Europeo, il tema della corruzione dovrebbe essere posto all'ordine del giorno al fine di arrivare a una dichiarazione dell'intento comune di combatterla. Questo consentirebbe di attivare le procedure intergovernative previste dall'art. K 1 del Trattato di Maastricht, cui abbiamo fatto piu' sopra riferimento.
E' evidente che altre iniziative comunitarie sono senz'altro configurabili e che le suddette misure sono solo degli spunti per un'azione comunitaria che potrebbe realizzarsi senza eccessivi ritardi. E' altrettanto evidente che quelli sopra descritti appaiono solo come degli interventi di emergenza, che dovrebbero preludere a piu' organiche iniziative comunitarie volte a combattere la corruzione, come fenomeno di criminalita' internazionale.