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Impresa & Stato N°29 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

LA CORRUZIONE NEL MERCATO MONDIALE DELL'INGEGNERIA E DELLE COSTRUZIONI

di Vittorio Coda


Questa RELAZIONE fa specifico riferimento al "mercato mondiale dei servizi di ingegneria e dei grandi lavori di costruzione" (mercato e/c) e ai fenomeni di corruzione internazionale che in esso si manifestano.
Essa si propone di contribuire alla migliore comprensione di un tipico problema di business ethics, che puo' cosi' enunciarsi: e' possibile conciliare le esigenze di funzionalita' e sviluppo di una grande impresa operante nel mercato mondiale e/c con le esigenze di una condotta etica degli affari? ossia e' possibile sviluppare un proficuo lavoro nei vari scacchieri del mondo operando nel contempo per contrastare prassi variamente diffuse nei diversi contesti ambientali e nelle diverse epoche, che nascondono o possono nascondere pagamenti (a esponenti governativi o a funzionari pubblici) rivolti a ottenere l'assegnazione di lavori?
Per cercare di rispondere a questi interrogativi non gia' in astratto, ma sul terreno delle concrete responsabilita' di chi governa e dirige le imprese, occorre, da un lato, entrare nei meccanismi concorrenziali del mercato e/c e, dall'altro, capire qual e' la sfera di discrezionalita' del management.

I MECCANISMI CONCORRENZIALI NEL MERCATO MONDIALE E/C

Sulla base di una indagine condotta sulle 225 maggiori imprese internazionali, il mercato mondiale e/c pue' stimarsi - in termini di valore medio annuo dei contratti acquisiti dalle imprese medesime nel triennio 1991-1993 - intorno ai 500 miliardi di dollari (G$), di cui circa 155 G$, rappresentanti una quota del 31% del totale, sono relativi a contratti acquisiti su mercati esteri.1
Di questi 155 G$ costituenti le acquisizioni di contratti all'estero, ben 104 G$ (pari al 67%) si riferiscono a contratti ottenuti al di fuori dell'area dei Paesi industrializzati, ossia in aree dove le decisioni di assegnazione dei lavori di norma dipendono da Enti/societa' governativi.
Tra i Paesi acquisitori di questi contratti all'estero (per complessivi 155 G$), al primo posto troviamo gli Usa con una quota di poco inferiore al 40%, seguiti dal Giappone e dall'Inghilterra rispettivamente col 13% e col 12% e dalla Francia con il 9 per cento. I maggiori contractors internazionali del nostro Paese detengono una quota del 6,8% seguiti a poca distanza dalla Germania con una quota del 6,5 per cento.
Per le imprese italiane i contratti acquisiti all'estero rappresentano la quota prevalente - ben superiore ormai al 60% - e per il 70% provengono da Paesi al di fuori dell'Europa e del Nord- America.
In sostanza, si puo' asserire che il mercato mondiale e/c vede in posizione dominante le imprese di progettazione e di costruzione dei Paesi della triade (Usa, Europa Occidentale, Giappone) ed e' variamente esposto a fenomeni di corruzione a livello internazionale in particolare nei Paesi in via di sviluppo, sia pure con intensita' assai diversa da Paese a Paese e mutevole nel tempo (si pensi, ad esempio, al caso delle Filippine, dove al tempo del regime di Marcos il livello di corruzione era incomparabilmente maggiore). Si sottolinea anche la rilevanza del tema qui trattato considerato che il nostro Paese lavora prevalentemente all'estero e, segnatamente, in Paesi in via di sviluppo.
La situazione nel mercato mondiale e/c, nei profili che qui interessano, si configura diversamente non solo da Paese a Paese e nel corso del tempo, in ragione del ruolo che le autorita' governative hanno nelle decisioni di assegnazione dei lavori, ma anche da area di business ad area di business. Nell'ambito di tale mercato, infatti, vi sono dei comparti che non sono accessibili se non a pochi competitori, molto agguerriti sul piano delle competenze progettuali e realizzative di cui dispongono. Ora, incrociando le due dimensioni, quella relativa al ruolo delle autorita' governative nelle decisioni di assegnazione dei lavori - che e' tendenzialmente determinante nei Paesi in via di sviluppo dell'Asia, dell'Africa, dell'America Latina, dell'Europa orientale e per lo piu' meno rilevante nei Paesi industrializzati - e quella relativa al grado di diffusione delle competenze chiave occorrenti alla esecuzione dei lavori medesimi, si possono formulare le ipotesi circa la intensita' dei fenomeni di corruzione a livello internazionale nel settore e/c di cui alla Figura 1.
Nelle aree di business piu' impegnative dal punto di vista progettuale-realizzativo in Paesi contraddistinti da una limitata presenza/ingerenza dello Stato nei processi decisionali che interessano le imprese internazionali del settore e/c (riquadro I) si puo' supporre che fenomeni di corruzione internazionale abbiano scarsa rilevanza non solo perche' spesso non vi e' coinvolgimento di Enti governativi nelle decisioni di aggiudicazione dei lavori, ma anche perche' le imprese possono contare su competenze distintive che conferiscono loro una posizione di particolare forza.
Diverso e' il caso in cui lo stesso tipo di offerta altamente qualificata si rivolga a mercati come quelli del Far East o del Medio Oriente, dove per lo piu' il cliente e' un Ente governativo o una joint venture tra un Ente governativo e un'impresa occidentale e dove spesso e' obbligatorio per legge locale il ricorso agli sponsor (riquadro II).
In questi casi e' plausibile che il ricorso a intermediari o consulenti commerciali diventi difficilmente evitabile, ma non abbia effetti distorsivi sulla concorrenza, configurandosi come una "condizione di esistenza nel business" piuttosto che come un "fattore critico per l'aggiudicazione della commessa". Trattandosi infatti di settori tecnologicamente d'avanguardia, e' verosimile che siano decisive le considerazioni in merito alla qualificazione dell'impresa a eseguire le prestazioni richieste.
Effetti distorsivi della concorrenza, invece, sono possibili quando la corruzione si inserisce in situazioni di mercato caratterizzate da un'accesa competizione tra numerose imprese, nessuna delle quali puo' contare su un consistente vantaggio competitivo (di differenziazione o di costo). Sono queste le situazioni evocate dai riquadri III e IV della Figura 1.
Anche in questi casi, tuttavia, non e' affatto detto che i fenomeni di corruzione internazionale possano sovvertire le valutazioni del decisore e indurlo a trascurare i vantaggi legati ai differenziali percepiti di qualita' delle tecnologie possedute dall'impresa di progettazione e costruzione, di affidabilita', di livello qualitativo e di completezza/integrazione dei servizi offerti, di capacita' di assicurare finanziamenti in dati volumi e a dati costi, di prezzo. Pur senza escludere che vi siano casi di "fallimento del mercato" determinati dalla corruzione internazionale, si e' piuttosto propensi a ritenere che essa generalmente nel settore mondiale e/c si configuri per lo piu' come condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere l'aggiudicazione dei lavori, altri essendo i fattori critici di successo.
"Fallimento del mercato", tuttavia, vi sarebbe ugualmente, almeno in parte, se il concorrente o i concorrenti piu' qualificati rinunciassero a competere in dati contesti ambientali per non sottostare a detta "condizione di esistenza nel business" o anche solo per non sottostare al rischio che essa possa verificarsi all'insaputa del management. Cio', per altro, ci pare abbastanza improbabile anche alla luce delle argomentazioni che seguono, riguardanti la presenza delle imprese statunitensi nel settore e/c.
A questo punto, infatti, occorre inserire, nella nostra analisi, il problema degli effetti che il Foreign Corrupt Practices Act (Fcpa) - la ben nota legge antitangenti che sanziona penalmente la corruzione internazionale, emanata unilateralmente dagli Stati Uniti nel 1977 e modificata nel 1988 - puo' avere avuto sulla situazione concorrenziale e sui meccanismi competitivi nel mercato mondiale e/c.
Non disponendo al riguardo di sicuri risultati di ricerca, non ci resta che prendere atto che le regole del gioco non sembrano essere mutate dopo l'emanazione del Fcpa e che le grandi imprese internazionali di e/c statunitensi sono al primo posto nel settore con una quota di mercato stimabile intorno al 40 per cento.
Dobbiamo percio' domandarci come sia loro possibile tenere una simile posizione di leadership senza adeguarsi alle pratiche di "sponsorizzazione/assistenza commerciale" per lo piu' vigenti nei Paesi in via di sviluppo.
La risposta piu' plausibile e' che, tranne il caso di posizioni di monopolio detenute da imprese eccellenti in ben delimitate nicchie di mercato e di rinuncia eventuale ad affari giudicati troppo rischiosi, le imprese statunitensi abbiano trovato i modi per "aggirare" il Fcpa. Quest'ultimo, com'e' noto, non consente di perseguire le imprese straniere che abbiano il baricentro dei loro affari fuori dagli Stati Uniti ne' i cittadini stranieri che in esse lavorino. E' percio' verosimile che le imprese internazionali americane abbiano stabilito rapporti particolari di alleanza con imprese locali gestite da cittadini non americani e siano cosi' riuscite a "tenere" il mercato, sia pure senza annullare i rischi di una osservanza formale della legge e con costi forse superiori a quelli altrimenti sostenibili.

LA SFERA DI DISCREZIONALITA' DEL MANAGEMENT

Posta la situazione del mercato e/c in precedenza delineata, vediamo ora quali sono gli atteggiamenti e le scelte che definiscono l'orientamento strategico di fondo (Osf) delle imprese internazionali di fronte ai fenomeni di corruzione nel mercato e/c. Tali atteggiamenti e scelte possono ricondursi per semplicita' a due modelli antitetici di Osf, espressione l'uno di una logica di ricerca opportunistica di profitti di breve periodo, l'altro di una imprenditorialita' innovativa, proiettata su sentieri di progresso del settore e/c e di profittabilita' e sviluppo duraturi dell'impresa. Tali modelli possono delinearsi schematicamente secondo quanto indicato nella Tabella 1.
Questi due modelli contrapposti sono interessanti per chiarire quanto differenti possono essere i modi di porsi delle imprese di fronte alla corruzione internazionale e quanto diverso debba essere il giudizio - sia sul piano etico che su quello economico- aziendale - sulle condotte d'impresa informate a un Osf che si avvicini all'uno o all'altro dei due modelli.
E' evidente, infatti, che il "modello dell'imprenditorialita' innovativa" rifugge da posizioni moralistiche astratte (che porterebbero all'uscita dal mercato e dal settore) o ipocrite (preoccupate solo di salvare le apparenze) e, pur misurandosi con una realta' di mercato che e' fatta anche di fenomeni di corruzione, si muove nella direzione di un'adesione piena e incondizionata alle logiche di mercato e quindi di progresso del settore.
I contenuti della Tabella 1 si spiegano da se' e non richiedono quindi chiarimenti particolari, salvo quelli relativi al punto 7, dove si adombra l'ipotesi di iniziative legislative unilaterali (ad esempio in sede Cee) simili a quella del Fcpa statunitense.
Il motivo per cui si ritiene che simili iniziative vadano contrastate e' presto detto. Le imprese internazionali interessate con ogni probabilita' reagirebbero diventando meno trasparenti, perche', in luogo di esporre nei loro bilanci le "commissioni di intermediazione", sarebbero "costrette" a sotterfugi esplicitantisi in qualche marchingegno di formazione e utilizzo di fondi neri. Infatti, finche' la corruzione internazionale non viene estirpata, essa ha un costo, che se non puo' essere documentato e contabilizzato con sufficiente chiarezza, si traduce inevitabilmente in sottofatturazioni di ricavi o in sovrafatturazioni di costi, ossia nella formazione e utilizzo di fondi neri, con tutte le ripercussioni e abusi che questo modo di procedere comporta all'interno e all'esterno dell'azienda, sul piano nazionale e internazionale.
Ritornando ora sugli interrogativi da cui questa relazione ha preso le mosse, e' chiaro che la singola grande impresa internazionale di e/c, da sola, non puo' cambiare le regole del gioco e battere la corruzione internazionale. Puo' pero' scegliere - e qui sta la sua precisa responsabilita' etica - di aderire pienamente al "modello della imprenditorialita' innovativa", sviluppando e consolidando un Osf di lungo periodo, saldamente radicato nei valori della competitivita', innovativita' e trasparenza contabile. Puo' inoltre scegliere di usare tutta la sua influenza nelle varie sedi internazionali per contrastare e battere la corruzione internazionale.

LE IMPLICAZIONI SUL "SISTEMA DI GOVERNANCE"

Domandiamoci ora quali sono le implicazioni che l'azionista di controllo deve trarre sul piano del "sistema di governance" di un grande gruppo internazionale operante sul mercato mondiale e/c, ove intenda promuovere o consolidare un Osf modellato sul "modello della imprenditorialita' innovativa" (Tabella 1).
Tali implicazioni, in breve, si possono cosi' elencare: a)-scelta di capi-azienda e, piu' in generale, di uomini per le posizioni chiave che siano portatori, oltre che delle necessarie competenze e capacita' manageriali, dei valori propri delle imprese innovative, contraddistinte da un Osf di lungo periodo;
b)-esplicitazione di tali valori - con particolare riguardo a quelli che definiscono la missione produttiva al servizio dei bisogni del cliente, l'osservanza delle regole di una economia di mercato, la ricerca del profitto e del successo d'impresa attraverso l'offerta di prodotti e servizi altamente competitivi, il rifiuto di pratiche illegali e disoneste, la trasparenza della contabilita' e dei bilanci - e messa a punto di un codice etico sufficientemente chiaro e puntuale da diffondere all'interno e all'esterno e da radicare nella cultura aziendale con ogni mezzo;
c)-traduzione di tali valori in precise "linee-guida" riguardanti il comportamento da tenere nelle situazioni problematiche o delicate (fra cui vi sono quelle che richiedono la collaborazione di intermediari in fase di prequalifica e via via lungo tutto il processo decisionale del committente);
d)-potenziamento delle funzioni di revisione interna (internal auditing) sul piano della indipendenza dei revisori dal management e della capacita' tecnica di verificare l'osservanza sostanziale (e non solo formale) delle varie procedure e "linee-guida";
e)-promozione della indipendenza e della professionalita' della revisione demandata alle societa' di revisione e coordinamento/integrazione della stessa con le attivita' svolte dai revisori interni;
f) costituzione di un Audit Committee, composto esclusivamente da amministratori non manager (cosiddetti outside directors) con il compito di vigilare e operare perche' gli indirizzi di cui ai punti precedenti si realizzino nel modo piu' pieno, con coerenza e con continuita'.
Note
1) La fonte dei dati qui riportati e': Enr/Animp.