di Vittorio Coda
I MECCANISMI CONCORRENZIALI NEL MERCATO MONDIALE E/C
Sulla base di una indagine condotta sulle 225 maggiori imprese
internazionali, il mercato mondiale e/c pue' stimarsi - in termini
di valore medio annuo dei contratti acquisiti dalle imprese
medesime nel triennio 1991-1993 - intorno ai 500 miliardi di
dollari (G$), di cui circa 155 G$, rappresentanti una quota del
31% del totale, sono relativi a contratti acquisiti su mercati
esteri.1
Di questi 155 G$ costituenti le acquisizioni di contratti
all'estero, ben 104 G$ (pari al 67%) si riferiscono a contratti
ottenuti al di fuori dell'area dei Paesi industrializzati, ossia
in aree dove le decisioni di assegnazione dei lavori di norma
dipendono da Enti/societa' governativi.
Tra i Paesi acquisitori di questi contratti all'estero (per
complessivi 155 G$), al primo posto troviamo gli Usa con una quota
di poco inferiore al 40%, seguiti dal Giappone e dall'Inghilterra
rispettivamente col 13% e col 12% e dalla Francia con il 9 per
cento. I maggiori contractors internazionali del nostro Paese
detengono una quota del 6,8% seguiti a poca distanza dalla
Germania con una quota del 6,5 per cento.
Per le imprese italiane i contratti acquisiti all'estero
rappresentano la quota prevalente - ben superiore ormai al 60% - e
per il 70% provengono da Paesi al di fuori dell'Europa e del Nord-
America.
In sostanza, si puo' asserire che il mercato mondiale e/c vede in
posizione dominante le imprese di progettazione e di costruzione
dei Paesi della triade (Usa, Europa Occidentale, Giappone) ed e'
variamente esposto a fenomeni di corruzione a livello
internazionale in particolare nei Paesi in via di sviluppo, sia
pure con intensita' assai diversa da Paese a Paese e mutevole nel
tempo (si pensi, ad esempio, al caso delle Filippine, dove al
tempo del regime di Marcos il livello di corruzione era
incomparabilmente maggiore). Si sottolinea anche la rilevanza del
tema qui trattato considerato che il nostro Paese lavora
prevalentemente all'estero e, segnatamente, in Paesi in via di
sviluppo.
La situazione nel mercato mondiale e/c, nei profili che qui
interessano, si configura diversamente non solo da Paese a Paese e
nel corso del tempo, in ragione del ruolo che le autorita'
governative hanno nelle decisioni di assegnazione dei lavori, ma
anche da area di business ad area di business. Nell'ambito di tale
mercato, infatti, vi sono dei comparti che non sono accessibili se
non a pochi competitori, molto agguerriti sul piano delle
competenze progettuali e realizzative di cui dispongono. Ora,
incrociando le due dimensioni, quella relativa al ruolo delle
autorita' governative nelle decisioni di assegnazione dei lavori -
che e' tendenzialmente determinante nei Paesi in via di sviluppo
dell'Asia, dell'Africa, dell'America Latina, dell'Europa orientale
e per lo piu' meno rilevante nei Paesi industrializzati - e quella
relativa al grado di diffusione delle competenze chiave occorrenti
alla esecuzione dei lavori medesimi, si possono formulare le
ipotesi circa la intensita' dei fenomeni di corruzione a livello
internazionale nel settore e/c di cui alla Figura 1.
Nelle aree di business piu' impegnative dal punto di vista
progettuale-realizzativo in Paesi contraddistinti da una limitata
presenza/ingerenza dello Stato nei processi decisionali che
interessano le imprese internazionali del settore e/c (riquadro I)
si puo' supporre che fenomeni di corruzione internazionale abbiano
scarsa rilevanza non solo perche' spesso non vi e' coinvolgimento
di Enti governativi nelle decisioni di aggiudicazione dei lavori,
ma anche perche' le imprese possono contare su competenze
distintive che conferiscono loro una posizione di particolare
forza.
Diverso e' il caso in cui lo stesso tipo di offerta altamente
qualificata si rivolga a mercati come quelli del Far East o del
Medio Oriente, dove per lo piu' il cliente e' un Ente governativo
o una joint venture tra un Ente governativo e un'impresa
occidentale e dove spesso e' obbligatorio per legge locale il
ricorso agli sponsor (riquadro II).
In questi casi e' plausibile che il ricorso a intermediari o
consulenti commerciali diventi difficilmente evitabile, ma non
abbia effetti distorsivi sulla concorrenza, configurandosi come
una "condizione di esistenza nel business" piuttosto che come un
"fattore critico per l'aggiudicazione della commessa". Trattandosi
infatti di settori tecnologicamente d'avanguardia, e' verosimile
che siano decisive le considerazioni in merito alla qualificazione
dell'impresa a eseguire le prestazioni richieste.
Effetti distorsivi della concorrenza, invece, sono possibili
quando la corruzione si inserisce in situazioni di mercato
caratterizzate da un'accesa competizione tra numerose imprese,
nessuna delle quali puo' contare su un consistente vantaggio
competitivo (di differenziazione o di costo). Sono queste le
situazioni evocate dai riquadri III e IV della Figura 1.
Anche in questi casi, tuttavia, non e' affatto detto che i
fenomeni di corruzione internazionale possano sovvertire le
valutazioni del decisore e indurlo a trascurare i vantaggi legati
ai differenziali percepiti di qualita' delle tecnologie possedute
dall'impresa di progettazione e costruzione, di affidabilita', di
livello qualitativo e di completezza/integrazione dei servizi
offerti, di capacita' di assicurare finanziamenti in dati volumi e
a dati costi, di prezzo. Pur senza escludere che vi siano casi di
"fallimento del mercato" determinati dalla corruzione
internazionale, si e' piuttosto propensi a ritenere che essa
generalmente nel settore mondiale e/c si configuri per lo piu'
come condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere
l'aggiudicazione dei lavori, altri essendo i fattori critici di
successo.
"Fallimento del mercato", tuttavia, vi sarebbe ugualmente, almeno
in parte, se il concorrente o i concorrenti piu' qualificati
rinunciassero a competere in dati contesti ambientali per non
sottostare a detta "condizione di esistenza nel business" o anche
solo per non sottostare al rischio che essa possa verificarsi
all'insaputa del management. Cio', per altro, ci pare abbastanza
improbabile anche alla luce delle argomentazioni che seguono,
riguardanti la presenza delle imprese statunitensi nel settore
e/c.
A questo punto, infatti, occorre inserire, nella nostra analisi,
il problema degli effetti che il Foreign Corrupt Practices Act
(Fcpa) - la ben nota legge antitangenti che sanziona penalmente la
corruzione internazionale, emanata unilateralmente dagli Stati
Uniti nel 1977 e modificata nel 1988 - puo' avere avuto sulla
situazione concorrenziale e sui meccanismi competitivi nel mercato
mondiale e/c.
Non disponendo al riguardo di sicuri risultati di ricerca, non ci
resta che prendere atto che le regole del gioco non sembrano
essere mutate dopo l'emanazione del Fcpa e che le grandi imprese
internazionali di e/c statunitensi sono al primo posto nel settore
con una quota di mercato stimabile intorno al 40 per cento.
Dobbiamo percio' domandarci come sia loro possibile tenere una
simile posizione di leadership senza adeguarsi alle pratiche di
"sponsorizzazione/assistenza commerciale" per lo piu' vigenti nei
Paesi in via di sviluppo.
La risposta piu' plausibile e' che, tranne il caso di posizioni di
monopolio detenute da imprese eccellenti in ben delimitate nicchie
di mercato e di rinuncia eventuale ad affari giudicati troppo
rischiosi, le imprese statunitensi abbiano trovato i modi per
"aggirare" il Fcpa. Quest'ultimo, com'e' noto, non consente di
perseguire le imprese straniere che abbiano il baricentro dei loro
affari fuori dagli Stati Uniti ne' i cittadini stranieri che in
esse lavorino. E' percio' verosimile che le imprese internazionali
americane abbiano stabilito rapporti particolari di alleanza con
imprese locali gestite da cittadini non americani e siano cosi'
riuscite a "tenere" il mercato, sia pure senza annullare i rischi
di una osservanza formale della legge e con costi forse superiori
a quelli altrimenti sostenibili.
LA SFERA DI DISCREZIONALITA' DEL MANAGEMENT
Posta la situazione del mercato e/c in precedenza delineata,
vediamo ora quali sono gli atteggiamenti e le scelte che
definiscono l'orientamento strategico di fondo (Osf) delle imprese
internazionali di fronte ai fenomeni di corruzione nel mercato
e/c. Tali atteggiamenti e scelte possono ricondursi per
semplicita' a due modelli antitetici di Osf, espressione l'uno di
una logica di ricerca opportunistica di profitti di breve periodo,
l'altro di una imprenditorialita' innovativa, proiettata su
sentieri di progresso del settore e/c e di profittabilita' e
sviluppo duraturi dell'impresa. Tali modelli possono delinearsi
schematicamente secondo quanto indicato nella Tabella 1.
Questi due modelli contrapposti sono interessanti per chiarire
quanto differenti possono essere i modi di porsi delle imprese di
fronte alla corruzione internazionale e quanto diverso debba
essere il giudizio - sia sul piano etico che su quello economico-
aziendale - sulle condotte d'impresa informate a un Osf che si
avvicini all'uno o all'altro dei due modelli.
E' evidente, infatti, che il "modello dell'imprenditorialita'
innovativa" rifugge da posizioni moralistiche astratte (che
porterebbero all'uscita dal mercato e dal settore) o ipocrite
(preoccupate solo di salvare le apparenze) e, pur misurandosi con
una realta' di mercato che e' fatta anche di fenomeni di
corruzione, si muove nella direzione di un'adesione piena e
incondizionata alle logiche di mercato e quindi di progresso del
settore.
I contenuti della Tabella 1 si spiegano da se' e non richiedono
quindi chiarimenti particolari, salvo quelli relativi al punto 7,
dove si adombra l'ipotesi di iniziative legislative unilaterali
(ad esempio in sede Cee) simili a quella del Fcpa statunitense.
Il motivo per cui si ritiene che simili iniziative vadano
contrastate e' presto detto. Le imprese internazionali interessate
con ogni probabilita' reagirebbero diventando meno trasparenti,
perche', in luogo di esporre nei loro bilanci le "commissioni di
intermediazione", sarebbero "costrette" a sotterfugi
esplicitantisi in qualche marchingegno di formazione e utilizzo di
fondi neri. Infatti, finche' la corruzione internazionale non
viene estirpata, essa ha un costo, che se non puo' essere
documentato e contabilizzato con sufficiente chiarezza, si traduce
inevitabilmente in sottofatturazioni di ricavi o in
sovrafatturazioni di costi, ossia nella formazione e utilizzo di
fondi neri, con tutte le ripercussioni e abusi che questo modo di
procedere comporta all'interno e all'esterno dell'azienda, sul
piano nazionale e internazionale.
Ritornando ora sugli interrogativi da cui questa relazione ha
preso le mosse, e' chiaro che la singola grande impresa
internazionale di e/c, da sola, non puo' cambiare le regole del
gioco e battere la corruzione internazionale. Puo' pero' scegliere
- e qui sta la sua precisa responsabilita' etica - di aderire
pienamente al "modello della imprenditorialita' innovativa",
sviluppando e consolidando un Osf di lungo periodo, saldamente
radicato nei valori della competitivita', innovativita' e
trasparenza contabile. Puo' inoltre scegliere di usare tutta la
sua influenza nelle varie sedi internazionali per contrastare e
battere la corruzione internazionale.
LE IMPLICAZIONI SUL "SISTEMA DI GOVERNANCE"
Domandiamoci ora quali sono le implicazioni che l'azionista di
controllo deve trarre sul piano del "sistema di governance" di un
grande gruppo internazionale operante sul mercato mondiale e/c,
ove intenda promuovere o consolidare un Osf modellato sul "modello
della imprenditorialita' innovativa" (Tabella 1).
Tali implicazioni, in breve, si possono cosi' elencare:
a)-scelta di capi-azienda e, piu' in generale, di uomini per le
posizioni chiave che siano portatori, oltre che delle necessarie
competenze e capacita' manageriali, dei valori propri delle
imprese innovative, contraddistinte da un Osf di lungo periodo;
b)-esplicitazione di tali valori - con particolare riguardo a
quelli che definiscono la missione produttiva al servizio dei
bisogni del cliente, l'osservanza delle regole di una economia di
mercato, la ricerca del profitto e del successo d'impresa
attraverso l'offerta di prodotti e servizi altamente competitivi,
il rifiuto di pratiche illegali e disoneste, la trasparenza della
contabilita' e dei bilanci - e messa a punto di un codice etico
sufficientemente chiaro e puntuale da diffondere all'interno e
all'esterno e da radicare nella cultura aziendale con ogni mezzo;
c)-traduzione di tali valori in precise "linee-guida" riguardanti
il comportamento da tenere nelle situazioni problematiche o
delicate (fra cui vi sono quelle che richiedono la collaborazione
di intermediari in fase di prequalifica e via via lungo tutto il
processo decisionale del committente);
d)-potenziamento delle funzioni di revisione interna (internal
auditing) sul piano della indipendenza dei revisori dal management
e della capacita' tecnica di verificare l'osservanza sostanziale
(e non solo formale) delle varie procedure e "linee-guida";
e)-promozione della indipendenza e della professionalita' della
revisione demandata alle societa' di revisione e
coordinamento/integrazione della stessa con le attivita' svolte
dai revisori interni;
f) costituzione di un Audit Committee, composto esclusivamente da
amministratori non manager (cosiddetti outside directors) con il
compito di vigilare e operare perche' gli indirizzi di cui ai
punti precedenti si realizzino nel modo piu' pieno, con coerenza e
con continuita'.
Note
1) La fonte dei dati qui riportati e': Enr/Animp.