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Impresa & Stato N°28 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

Attivitą camerali


RASSEGNA SULLE RICERCHE CAMERALI

Presentiamo le sintesi delle ricerche, realizzate tramite il finanziamento della Camera, ultimate piu' di recente.
Come si vede, si tratta di un "pacchetto" di studi che affrontano questioni di grande rilevanza per lo sviluppo dell'area milanese (ma anche dell'Italia). Essi colgono, in alcuni casi, aspetti emergenti e ancora poco conosciuti (dall'Urban Center, all'artigianato artistico, alla globalizzazione delle attivita' di ricerca e sviluppo) o introducono, in altri casi, elementi significativi di novita' nell'analisi di fenomeni oggetto da tempo di osservazione sistematica (come fa particolarmente l'edizione 1995 del Rapporto annuale sul mercato azionario curato dall'Irs, che vede tra i suoi sponsor anche la Camera di Commercio di Milano). Almeno cinque delle otto ricerche passate in rassegna si caratterizzano, inoltre, per il taglio decisamente operativo, proponendo l'attivazione di nuovi strumenti di monitoraggio della realta' locale (Osservatorio sulle imprese esterne e Osservatorio sui progetti infrastrutturali), illustrando esperienze estere assai stimolanti per la situazione milanese (la ricerca sugli Urban Center statunitensi) ripensando alcune modalita' specifiche di localizzazione pianificata delle piccole imprese sul territorio alla luce dei nuovi bisogni di innovazione (la ricerca del Pim sugli insediamenti produttivi artigiani) o progettando nuovi organismi dedicati al trasferimento tecnologico (la ricerca di Assoservizi).
Legate quasi tutte da un comune riferimento alle problematiche urbano-territoriali, seppure osservate da prospettive di analisi tra loro diverse, queste ultime ricerche testimoniano in particolare l'impegno crescente, anche in termini di studi e proposte, con cui la Camera contribuisce ad adeguare le strumentazioni d'intervento alle esigenze poste dalla crescita competitiva dell'area milanese.(Sandro Lecca)

URBEN CENTER
L'ESPERIENZA STATUNITENSE

Realizzazione: Irs
Responsabile: Paolo Fareri

Lo studio di carattere comparativo condotto da Paolo Fareri per conto dell'Irs (Istituto per la Ricerca Sociale) si inserisce nel filone di contributi conoscitivi finalizzati a fornire strumenti per affrontare i problemi di efficacia delle politiche urbane.
In effetti, l'ipotesi di lavoro su cui si struttura la ricerca interpreta l'Urban Center come un - intervento orientato a trattare i problemi di efficacia delle politiche urbane; tema quanto mai attuale nel quadro del dibattito milanese, anche recentemente impegnato a studiare le cause e a promuovere possibili soluzioni alla scarsa efficacia delle politiche pubbliche che hanno comportato difficolta' e lungaggini nell'attuazione di interventi anche strategici per lo sviluppo della citta'.
Se il problema dell'efficacia dell'intervento pubblico rappresenta una delle condizioni per lo sviluppo economico e per garantire una maggiore competitivita' della citta' nello scenario internazionale, l'Urban Center non puo' rappresentare unicamente -il luogo di raccolta di informazioni relative alle trasformazioni urbane e alle procedure pubbliche in corso, ma deve ricoprire il ruolo di -possibile facilitatore dei processi decisionali.
E', dunque, secondo quest'ottica interpretativa che e' stata impostata la ricerca, sviluppata attraverso una analisi comparativa relativa a cinque esperienze condotte negli Stati Uniti e finalizzata, secondo le intenzioni dell'autore, non tanto a definire condizioni generalizzabili e applicabili al caso milanese, quanto, a -generare idee riguardo alle caratteristiche che potrebbero connotare un Urban Center a Milano.
I casi statunitensi, particolarmente fertili e poco conosciuti, hanno consentito di delineare cinque diverse tipologie entro cui ricondurre l'esperienza degli Urban Center; tipologie definite a partire dal diverso ruolo dell'Urban Center nell'ambito dei processi di policy making e del contributo fornito per migliorare l'efficacia delle politiche urbane.
Dall'Urban Center come luogo di strutturazione delle politiche urbane, riferito al caso del San Francisco Planning and Urban Research Association, all'Urban Center come luogo di promozione e progettualita' nell'esperienza del Philadelphia Foundation for Architecture, all'Urban Center come centro di servizi per la definizione di iniziative di sviluppo -dal basso nel Pratt Institute Center for Community and Environnemental Development (Brooklyn), all'Urban Center come -arena per la promozione e il dibattito sui problemi dello sviluppo urbano gestito dalla Municipal Art Society di New York, per finire all'Urban Center come luogo di costruzione del consenso attorno ai progetti di sviluppo urbano dell'Environnemental Simulation Center presso la New School for Social Research di New York.
La specificita' dei casi trattati e la relativa impossibilita' di riprodurre tali esperienze - peraltro tra loro profondamente diverse - in un contesto come quello milanese, non ha reso vana la ricerca di elementi di omogeneita' da utilizzare per la definizione di un'ipotesi di modello generale di Urban Center, e, con esso, di condizioni di trasferibilita' per la costruzione di una proposta per Milano.
I risultati dell'indagine comparativa confermano la grande eterogeneita' degli obiettivi, delle funzioni e delle attivita' caratterizzanti le esperienze oggetto di indagine che suggeriscono la necessita', per il caso milanese, di formalizzare gia' in fase progettuale, i termini precisi dell'intervento.
I casi trattati presentano specificita' che rimandano piu' propriamente al quadro politico-istituzionale del Paese di riferimento. Questo attiene, in particolare, al ruolo delle fondazioni che, assenti nel panorama italiano, sono determinanti sia per il successo sia per la sopravvivenza degli Urban Center poiche' in grado di garantire le condizioni economiche per l'attivita' dei centri, ma anche al carattere maturo dei networks decisionali, attivi nelle politiche urbane delle citta' americane.
Queste reti decisionali si connotano per una notevole complessita' che, piu' che costituire un fattore di inefficacia, rappresenta, invece, una condizione per il miglioramento delle politiche urbane, una risorsa legata alla grande capacita' organizzativa della pluralita' di attori a livello locale, caratterizzati, peraltro, da notevoli possibilita' di azione.
Pur nella specificita' dei casi trattati un elemento comune di grande interesse sembra riferito alla finalita' prima perseguita dall'Urban Center che riguarda il miglioramento dell'efficacia delle politiche pubbliche attraverso tre diverse iniziative: la diffusione e l'utilizzo delle risorse conoscitive disponibili (education come momento di divulgazione, di informazione e di formazione e l'attivita' di advocacy come mobilitazione dei soggetti coinvolti nel processo decisionale), la capacita' di legittimarsi come soggetti neutrali ma, al contempo, attraverso un forte orientamento nella definizione del problema e delle possibili soluzioni, di farsi promotore dell'innovazione nei processi decisionali in termini di mobilitazione delle conoscenze e delle capacita' progettuali.
Tra condizioni di specificita' e di congruenza, la ricerca individua anche elementi di trasferibilita', di interesse per il dibattito sull'Urban Center milanese. Questi riguardano da un lato, la collocazione istituzionale del centro che, per le caratteristiche emerse nell'indagine comparativa, non puo' costituirsi come servizio offerto dall'amministrazione comunale, in quanto perderebbe la propria natura di soggetto neutrale, non esercitando il ruolo di mediazione riconosciutogli, dall'altro il rapporto tra conoscenza e decisione nell'ambito delle politiche pubbliche. In merito a questo punto, i casi statunitensi evidenziano come la disponibilita' di informazioni in se' non consenta un migliore accesso ai processi decisionali e come, senza interazione, essa rischi di tradursi in un fattore di conflitto tra le diverse posizioni degli attori in causa.
La ricerca della riduzione della complessita', in questi casi, viene sostituita dalla costruzione di un consenso attraverso l'apertura dei processi in cui ¦l'efficacia delle politiche (e' vista) come risultato di un uso strategico della complessita', delle opennes dei processi decisionali, dell'attribuzione di risorse agli attori, piuttosto che della ricerca di riduzione della complessita'; indicazione utile per trarre spunti progettuali da verificare sul caso milanese.
(Paola Pucci)

PROGETTO DI FATTIBILITA' DI UN OSSERVATORIO DEI PROGETTI INFRASTRUTTURALI NELL'AREA MILANESE

Realizzazione: Gruppo Clas
Responsabile: Gianfranco Senn

La rilevanza assunta dalle infrastrutture come elemento determinante nella definizione della capacita' competitiva di un sistema, e di un'area metropolitana in particolare, ha da tempo suscitato l'attenzione del mondo imprenditoriale verso questo importante fattore di localizzazione. Le infrastrutture, infatti, rappresentano nello stesso tempo delle economie esterne per le imprese; sono una delle determinanti dell'ambiente socio-economico e della qualita' della vita; sono fattori di localizzazione per le imprese italiane ed estere; diventano catalizzatori di investimenti pubblici e privati e, quindi creano opportunita' occupazionali; rappresentano un potenziale di sviluppo in termini di indotto nelle fasi di realizzazione e, poi, di gestione (servizi).
L'informazione sulle infrastrutture, allora, diventa elemento strategico per tutti gli operatori, pubblici e privati, che agiscono su un territorio e che intervengono nella definizione di politiche di sviluppo, di localizzazione, di riqualificazione del territorio eccetera. La trasparenza e la visibilita' esterna delle decisioni che riguardano il territorio sono poi elemento essenziale per assicurare l'efficienza complessiva del sistema e sono uno strumento importante nella determinazione del consenso verso progetti che modificano assetti precostituiti o che rimodellano parti della citta'.
Prendendo spunto da queste osservazioni, il mondo imprenditoriale, di cui la Camera di Commercio e Assolombarda sono espressione e portavoce, ha avviato dapprima un censimento dei progetti infrastrutturali in fase di realizzazione, previsti o pensati, nell'area milanese. In seguito, e' stato chiesto all'e'quipe di lavoro del Gruppo Clas di approfondire le informazioni relative ai progetti individuati nella prospettiva di dare avvio a un Osservatorio costante dei progetti infrastrutturali che insistono, direttamente o indirettamente, sul territorio milanese. Al termine della prima fase di schedatura erano stati rilevati oltre 400 progetti. La suddivisione per settore1 dei 433 progetti/interventi censiti rilevava: 220 casi nel settore infrastrutture; 40 casi nel settore ambiente; 38 casi tra i poli urbani; 44 interventi settoriali; 17 casi nel settore cultura e tempo libero; 50 interventi locali; 12 aree dismesse; 1 caso di piani vigenti e 11 casi di studi preliminari a piani e programmi. In origine la raccolta delle informazioni era basata sulla rassegna degli articoli di stampa, in seguito e' stata sviluppata facendo riferimento a pubblicazioni specializzate e, infine, e' stata integrata con interviste agli operatori.
L'obiettivo di individuare le modalita' operative per la gestione di un Osservatorio ha suggerito, da un lato, di agire sulle fonti e concentrare l'origine delle informazioni, privilegiando naturalmente le fonti istituzionali; dall'altro, di adottare una struttura della scheda grazie alla quale si inneschi un meccanismo di generazione delle informazioni in modo tale che un dato, attraverso le opportune elaborazioni, produca nuove e ulteriori informazioni cosi' da creare una base di dati omogeneamente presenti in tutte le schede per consentire il confronto tra caso e caso. Partendo da queste considerazioni e' stata progettata una nuova, articolata struttura del data base che rappresenta, ora, l'indispensabile supporto per la gestione delle informazioni di cui l'Osservatorio deve essere organizzatore, razionalizzatore e gestore.
L'individuazione dettagliata delle fonti, ufficiali e non, che vanno attivate per ottenere le informazioni necessarie e' stato il primo passo realizzato. Operazione, in realta', piena di difficolta': nella maggior parte dei casi considerati, infatti, gli interventi sono solo ipotizzati o allo stadio del progetto di fattibilita'.
Questo implica che in genere non e' stata avviata alcuna procedura formale o istituzionale e che pertanto le informazioni raccolte risentono in modo determinante delle opinioni del singolo interlocutore, sfuggendo cosi' a ogni quantificazione rigorosa in termini di costi, finanziamenti, date di realizzazione eccetera. Inoltre, in alcuni casi gli interlocutori individuati all'interno dei diversi Enti esprimono valutazioni diverse, quando non opposte, a proposito del medesimo progetto. In altri casi, la frammentazione del percorso decisionale di ogni iniziativa o intervento pubblico e' tale che ogni contatto con un referente da' luogo a una ramificazione delle relazioni da istituire.
Il tentativo di raggiungere un'adeguata copertura informativa sul singolo caso implica cosi' una dilatazione dei tempi dell'inchiesta e molto spesso comporta continue e non facili revisioni delle informazioni gia' acquisite.
La difficile fase di individuazione delle fonti ha cosi' suggerito la necessita' che l'Osservatorio abbia fin dal suo avvio una chiara visibilita', in modo che attorno all'iniziativa si polarizzino attese e interessi estesi. Un primo passo in tal senso potrebbe essere dato dall'organizzazione di una serie di incontri tra Camera di Commercio, Assolombarda e alcuni interlocutori individuati nella fase di ricerca che ha consentito di stabilire una serie di contatti con funzionari e personalita' che ricoprono posizioni rilevanti nell'ambito della progettualita' metropolitana.e' pero' estremamente importante che si arrivi a un coinvolgimento diretto, possibilmente ad personam, degli interlocutori individuati: ideale sarebbe che questi ultimi venissero incaricati ufficialmente da Enti e istituzioni di appartenenza di seguire attivamente la costituzione dell'Osservatorio.
La modalita' suggerita per raggiungere questo obiettivo e' quella di attivare una serie di tavoli di incontro attraverso i quali tastare le diverse disponibilita' e possibilita' di coinvolgimento per arrivare rapidamente alla istituzione di una sorta di consulta tra i referenti individuati. Obiettivo e' la stipula di un protocollo di intesa tra i soggetti interessati, chiamati a una fattiva collaborazione. Indispensabile risulta la partecipazione del Comune sia perche' detentore di buona parte delle informazioni; sia in quanto istituzione naturale di riferimento; sia perche' la catalogazione e la razionalizzazione delle sue stesse informazioni possono incidere in misura notevole sulla sua stessa efficienza.
(Angela Airoldi)

NOTE
1)I settori considerati sono 11, rispettivamente riferiti a: infrastrutture; ambiente; poli urbani; interventi settoriali di rilevanza urbana; attrezzature culturali e per il tempo libero; trasformazioni e interventi di carattere locale; aree dismesse o sottoutilizzate; piani e programmi vigenti; studi preliminari a piani e programmi.

PROGETTO DI FATTIBILITA' DI UN OSSERVATORIO DELLE IMPRESE MULTINAZIONALI NELLA'AREA MILANESE

Realizzazione: Gruppo Clas
Responsabile: Angela Airoldi

L'ipotesi di dare vita a un Osservatorio delle Imprese Multinazionali nasce dalla consapevolezza che le imprese estere rappresentano per l'area milanese un interlocutore privilegiato per individuare punti di forza e di debolezza della citta', per meglio valutare le strategie di sviluppo e di competizione rispetto ai sistemi urbani diretti concorrenti di Milano.
Una sintetica analisi delle recenti evoluzioni degli investimenti esteri in Italia ha confermato le difficolta' del Paese nell'attrarre investimenti dall'estero. Difficolta' che coinvolgono anche Milano che, pur rimanendo area privilegiata di localizzazione delle imprese multinazionali che si affacciano al mercato italiano, non puo' non risentire del crescente venir meno dell'attrattivita' del Paese che si concretizza in un livello di internazionalizzazione in entrata costantemente inferiore a quello fatto registrare dai principali Paesi europei. La situazione puo' essere resa piu' difficile dall'affermarsi di processi di razionalizzazione e di riorganizzazione degli investimenti che vedranno la riallocazione di funzioni tra localizzazioni alternative, la concentrazione spaziale di particolari funzioni per servire mercati regionali invece che una serie di mercati nazionali, raggiungibili con alleanze, accordi o normali azioni commerciali. Le scelte insediative, e l'analisi di quanto avvenuto negli ultimi anni nel nostro Paese lo confermano pienamente, sono sempre piu' orientate da comportamenti volti alla riduzione dei fattori di rischio e alla ricerca di vantaggi localizzativi, puntando soprattutto sull'accessibilita' delle aree. In questo, Milano gode di una posizione di rendita conquistata nel passato, ma che rischia di essere minacciata se non si adottano politiche in grado di migliorare la capacita' di attrazione di nuovi investimenti dall'estero e di creare le condizioni perche' le attuali localizzazioni delle multinazionali continuino ad assicurare loro vantaggi ed esternalita'.
La presenza delle imprese multinazionali a Milano e' stata analizzata attraverso l'aggiornamento del Repertorio delle imprese estere realizzato da Gruppo Clas nel 1992. Oltre a fornire l'occasione per migliorare le conoscenze sulla realta' delle imprese estere e per ottenere una piu' aggiornata banca dati di riferimento per l'avvio operativo dell'Osservatorio, l'aggiornamento del Repertorio ha rappresentato anche un utile test delle procedure comunemente utilizzate nel reperimento di informazioni sulle imprese multinazionali. Le imprese estere presenti nell'area milanese al settembre 1994 risultano essere 496 con una diminuzione del 4,8% rispetto alla situazione censita due anni prima. Il saldo negativo e' il risultato di un insieme di fattori che, pur non evidenziando un esplicito fenomeno di disinvestimento da parte dei capitali esteri, mostra tuttavia una situazione di rapida evoluzione e una tendenza al ridimensionamento degli investimenti o, quanto meno, a un cambiamento nella loro destinazione. Entrambi i casi meritano particolare attenzione e giustificano ampiamente gli sforzi necessari per la realizzazione di un monitoraggio costante delle imprese multinazionali presenti nell'area.
A tal fine sono state analizzate le fonti utilizzabili per raccogliere informazioni sulle imprese estere. L'esame ha evidenziato tutte le difficolta' derivanti dalla necessita' di costruire un sistema informativo derivato, che non puo' contare su informazioni dirette e obbligate da atti e procedure amministrative. La rassegna delle potenzialita' e dei limiti di una ampia gamma di fonti ha consentito di individuare quelle fonti che consentono di coprire il maggior numero di aree informative di interesse per l'Osservatorio.
Individuate le fonti piu' utili a fornire le informazioni essenziali alla costruzione di un Archivio aggiornato e aggiornabile delle Imprese Estere, sono state tracciate le linee essenziali per il loro corretto utilizzo sia in fase di verifica ed eventuale completamento dell'Archivio stesso, sia per il controllo dei flussi di imprese estere in entrata (rilevazione di nuove imprese) e in uscita (imprese che si rilocalizzano o cessano l'attivita' o cambiano assetto societario).
Sono state poi delineate le linee di funzionamento dell'Osservatorio e le risorse necessarie, scindendo la gestione dell'Archivio delle Imprese Estere (Aie), struttura di partenza e scheletro dell'Osservatorio, dall'attivita' vera e propria dell'Osservatorio stesso. Le aree di attivita' dell'Osservatorio possono essere molteplici e implicano un diverso impegno e coinvolgimento da parte della Camera di Commercio e di eventuali suoi partner: le iniziative che si possono prefigurare sono sostanzialmente riconducibili a tre filoni di intervento che rappresentano tre progressivi livelli di impegno e di gestione. Il piu' semplice e quasi scontato prevede la gestione del sistema anagrafico per il monitoraggio delle imprese e la fornitura di informazioni anagrafiche sulle stesse. Un secondo livello prevede l'utilizzo dell'Archivio come strumento per la realizzazione di indagini qualitative sulla presenza delle imprese multinazionali. Il terzo, piu' ambizioso livello concepisce l'Osservatorio come punto di riferimento per la citta' e per il mondo imprenditoriale, multinazionale e non. In questa prospettiva l'Osservatorio potrebbe divenire per le stesse multinazionali un mezzo per dialogare con la citta', per far conoscere le proprie posizioni nei processi decisionali che incidono sulla realta' dell'area metropolitana e, nello stesso tempo, per conoscere e seguire piu' da vicino i programmi e i progetti delle istituzioni pubbliche.
Le difficolta' per realizzare un tale progetto sono evidenti, ma la consapevolezza che la collaborazione e' l'unica strada possibile per migliorare la competitivita' del sistema dovrebbe aprire possibilita' di dialogo e l'insistenza da parte del mondo produttivo a muoversi in questa direzione puo' essere uno stimolo importante per la rivitalizzazione dell'area milanese.
(Angela Airoldi)

PROGETTO DI ASSISTENZA TECNICA SUGLI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI ARTIGIANALI (PIP) IN PROVINCIA DI MILANO. LE MODALITA' INSEDIATIVE, LE STRUTTURE AZIENDALI E L'ACCESSO AI SERVIZI ALL'IMPRESA

Realizzazione: Centro Studi Pim
Responsabile: Guido De Carolis

Gli obiettivi della ricerca
La ricerca condotta dal Centro Studi Pim su incarico della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Milano, rappresenta una prima fase conoscitiva per l'avvio di un programma di interventi a favore delle imprese operanti nel settore della piccola industria e dell'artigianato. Il programma si propone di attivare pacchetti di servizi diretti a sostenere e qualificare l'organizzazione di impresa; in termini di innovazione delle tecnologie produttive, di ricerca di nuovi prodotti, di individuazione di spazi territoriali adeguati per il relativo insediamento.
In relazione al risvolto anche operativo che caratterizza la ricerca, le finalita' perseguite non si esauriscono in obiettivi di carattere unicamente conoscitivo, ma anche operativo, tesi a individuare la domanda di servizi effettiva, la qualita' dei servizi gia' disponibili e le modalita' di acquisizione degli stessi da parte delle imprese oggetto di indagine, unitamente a eventuali problemi attinenti la loro stessa acquisizione.
Queste informazioni, di carattere piu' operativo, completate dall'individuazione delle caratteristiche dimensionali e localizzative, della distribuzione settoriale delle aziende insediate e del loro peso occupazionale, delle performances economiche in termini di fatturato, investimenti relativi alle innovazioni di processo e delle opportunita' connesse alla localizzazione delle imprese negli insediamenti pianificati, hanno consentito di individuare i problemi emergenti e le eventuali domande sia da parte degli operatori pubblici che privati, coinvolti nelle operazioni studiate. Per questo, accanto a insediamenti artigianali pianificati, realizzati a seguito dell'attuazione di strumenti di pianificazione e programmazione di iniziativa pubblica (Piano per Insediamenti Produttivi), la ricerca ha considerato anche iniziative di lottizzazione artigianale di promozione privata che rientrano comunque tra gli interventi pianificati (Piani di Lottizzazione).

La metodologia
Selezionati 16 casi ritenuti di particolare significativita' rispetto all'universo considerato, rappresentato dagli insediamenti artigiani pianificati (realizzati con strumenti attuativi, previsti da leggi in materia) presenti nella provincia di Milano, la ricerca ha dapprima indagato i caratteri localizzativi in termini di caratteristiche urbanistico-edilizie e di relazione con il contesto territoriale di riferimento di ciascun caso, per poi considerare le fasi e le modalita' di promozione, le procedure attuative utilizzate, gli aspetti economico-finanziari della realizzazione, le caratteristiche dell'utenza, nonche' le modalita' gestionali di ogni intervento selezionato.
La trattazione caso per caso, attraverso la produzione di schede sintetiche per ognuno dei 16 insediamenti considerati e prevalentemente localizzati nella porzione settentrionale dell'area milanese (sei su 16), ha rappresentato il quadro di riferimento per una successiva lettura orizzontale dei dati emersi e ritenuti piu' significativi in relazione all'obiettivo di evidenziare quegli elementi di crisi e quei fattori critici piu' frequentemente riscontrabili su cui intervenire con politiche ad hoc. Accanto a questa prima indagine definita dagli autori di " carattere urbanistico", e' stata impostata anche una parallela ricerca sulle caratteristiche delle imprese insediate, attraverso il ricorso a interviste e a un campione selezionato e ritenuto significativo di aziende orientate all'uso di servizi di livello superiore (153 imprese, che rappresentano circa il 10% dell'universo considerato), localizzate in 12 dei 16 insediamenti artigianali pianificati gia' oggetto della precedente "indagine urbanistica".
La necessita' di raccogliere informazioni relative alle caratteristiche strutturali delle imprese insediate e alle motivazioni della loro rilocalizzazione all'interno degli insediamenti considerati, ha portato ad articolare il questionario somministrato in tre diverse parti: la prima incentrata su "aspetti produttivi, occupazionali e commerciali", la seconda sulla posizione dell'impresa rispetto al suo ambito di concorrenza (livello tecnologico dei macchinari, investimenti recenti, capacita' innovativa, gestione della qualita' in azienda), la terza, sulle prospettive di sviluppo previste e sulla tipologia di servizi e di assistenza richieste.

I risultati
Accanto a una riflessione volta a verificare l'efficacia degli strumenti procedurali disponibili per la realizzazione di insediamenti produttivi incentrata, piu' nello specifico, a valutare il ruolo del Piano per Insediamenti Produttivi (Pip, ex Legge n. 865/1971 e successive modifiche) quale procedura attuativa di iniziativa pubblica preordinata alla realizzazione di insediamenti artigiani programmati, la ricerca offre una sintesi interpretativa delle risultanze emerse nelle fasi analitiche precedenti.
Il dato che emerge come caratterizzante tanto "l'indagine urbanistica" come "l'indagine economica" riguarda la pressoche' carente programmazione complessiva dell'iniziativa, in particolare la corretta previsione finanziaria dell'intervento, che innesca disfunzioni a catena che si ripercuotono in termini di ritardi operativi e di difficolta' attuative successive, comportando scompensi tra quanto progettato e quanto effettivamente realizzato, in particolare per le opere e le infrastrutture. La dotazione e la tipologia dei servizi interni, come l'accessibilita' ai servizi esterni, rappresentano infatti due dei principali problemi evidenziati in fase interlocutoria (questionari). Se attribuibili a limiti progettuali e a ritardi burocratico- amministrativi, tali carenze sembrano riferibili piu' a " contraddizioni oggettive" che rimandano, secondo gli autori, al "mancato ragionevole equilibrio" tra livelli prestazionali, dotazioni di infrastrutture, servizi qualificati e vincoli di carattere finanziario. A queste si aggiunge il difficile rapporto di complementarieta' tra insediamento artigiano pianificato e strutture e servizi presenti nell'area, e la scarsa attenzione all'inserimento dell'intervento nella rete dei principali servizi di riferimento per attivita' produttive che costituiscono un limite alla creazione di un tessuto produttivo sinergicamente integrato sia alla scala locale che alla scala translocale.
A tale proposito, accanto a competenze specifiche attribuite alle amministrazioni locali, gli autori individuano ruoli precisi anche per le Associazioni Artigiane e i loro consorzi, i quali dovrebbero rappresentare gli interlocutori privilegiati per la pubblica amministrazione locale quale fonte di aggregazione della domanda insediativa censita tra i loro iscritti e delle esigenze espresse in materia di servizi e di infrastrutture necessarie a una piena efficienza delle attivita' stesse.
(Paola Pucci)

ENTE DI TRASFERIMENTO PER L'INFORMAZIONE TECNICO SCIENTIFICA AXL

Realizzazione: Assoservizi
Responsabili: Carlo Tognoni, Silvana Rimoldi

L'importanza dell'informazione tecnico-scientifica e della sua diffusione sta alla base della ricerca effettuata da Carlo Tognoni e Silvana Rimoldi, su incarico della Camera di Commercio di Milano. In essa gli autori esaminano l'esperienza Assotec, il servizio per le imprese creato da Assolombarda nel 1990, e ne propongono un ampliamento che dovrebbe evolversi in Axl, l'Ente di trasferimento per la informazione tecnico- scientifica.
La prima parte del lavoro, dedicata all'esperienza Assotec, offre delle utili indicazioni, a partire dal ruolo svolto dalle informazioni nel processo innovativo e sul perche', quando e dove acquisirle. Le imprese sono interessate ad avere informazioni su chi sa fare, su chi ha gli strumenti, su chi effettua prove per conto terzi, a patto che le risposte siano mirate e puntuali.e' altrettanto importante per il servizio offerto il non essere intrusivo, dovendosi scontrare con la fondamentale diffidenza delle piccole e medie imprese ad aprirsi all'esterno su un tema cosi' delicato come le strategie innovative.
Ma se la diffusione delle informazioni e' un beneficio per chi le riceve, lo e' altrettanto per chi le produce: un centro che raccoglie informazioni evita che vengano disperse o non utilizzate adeguatamente. Assotec ha inoltre messo a punto e sperimentato una modalita' di interazione con le imprese, coagulato l'interesse di una serie di attori (Camera di Commercio, Regione, Cnr, Irer), attivando anche una serie di contatti nazionali e internazionali. Le richieste pervenute al servizio, che ha creato una banca dati su strumentazione e attivita' di oltre 400 laboratori, prevalentemente lombardi e del Nord Italia, riguardano brevetti, informazioni bibliografiche, norme, contatti con laboratori.
Proprio perche' ha dimostrato di poter esplicitare la richiesta di informazione tecnico-scientifica delle aziende, interpretandone e soddisfacendone le esigenze, mettendo in rete "fornitori di informazioni" oggi separati e dispersi, Assotec deve evolversi.e' necessario ampliare la base delle aziende che usano il servizio, ottimizzare l'uso delle risorse informative, promuovere nuove iniziative.
Da qui nasce la proposta Axl, organismo che dovrebbe agire come consulente dell'azienda per individuare il problema, come supporto per i "centri del sapere" per valorizzare risorse e competenze, mantenendo pero' la propria indipendenza.
Axl deve porre in contatto le imprese e i Centri di Ricerca, fornendo tutte le informazioni necessarie per quanto riguarda l'innovazione in azienda e analizzandone i fattori tecnico- economici. La sua attivita' si esplica quindi in una duplice direzione: verso le imprese, identificandone le esigenze e ricercando gli organismi e le competenze piu' idonee; verso i Centri del Sapere, evidenziando il potenziale di mercato dei servizi offerti e creando fatturato con lo stimolare l'accesso delle imprese alle facility dei laboratori.
La struttura organizzativa di Axl dovrebbe essere snella e con un approccio molto operativo, con la possibilita' di raggiungere l'autosostentamento nell'arco di tre-cinque anni. Camera di Commercio e Assolombarda dovrebbero quindi essere i soggetti promotori di questo nuovo organismo operante nel campo del trasferimento tecnologico, di cui lo studio di Assolombarda ha individuato tutti gli elementi di fattibilita' operativa.
(Leo Carmelo)

INNOVAZIONE CULTURALE DELL'ARTIGIANATO ARTISTICO E TRADIZIONALE PRESENTE NELLA PROVINCIA DI MILANO

Realizzazione: Universita' Bocconi
Responsabile: Magda Antonioli Corigliano

Nell'immaginario corrente, Milano non viene certo percepita come una citta' artigiana: perche' non esibisce le botteghe, i luoghi, gli oggetti delle "vere" citta' artigiane d'Italia (Firenze, Venezia o Perugia che siano). Eppure i dati, sorprendentemente, dicono il contrario: nella Milano " immateriale" del terziario, dei traffici, delle comunicazioni globali operano oltre 17 mila imprese a vario titolo riconducibili all'area dell'artigianato artistico e tradizionale. Questo primo semplice dato indica che, nonostante le apparenze, l'artigianato d'arte e tipico rappresenta una componente tutt'altro che estinta e residuale dell'economia e della societa' milanese.
Riprendendo i principali risultati dell'indagine empirica svolta nell'ambito della ricerca, emerge un "identikit" dell'artigianato artistico e tradizionale milanese i cui tratti salienti sono:
- larga diffusione della proprieta' famigliare (soltanto nel 9% dei casi il proprietario dichiara di aver acquisito l'azienda da soggetti esterni alla famiglia o al gruppo parentale);
- dimensioni micro delle unita' produttive (mediamente 4 addetti per impresa) con una presenza del tutto marginale delle figure professionali (operai, tecnici, impiegati) diverse da quelle dei titolari o dei soci;
- prevalenza delle aziende "anziane" (sorte nel 79% dei casi prima del 1981) rispetto a quelle di piu' recente costituzione (21% nate dopo il 1981), da cui deriva la maggiore incidenza della formazione scolastica di tipo tradizionale, accompagnata peraltro dalla diffusa frequentazione di corsi specialistici (53% dei casi) e dalla spiccata sensibilita' all'aggiornamento professionale, conseguito con vari mezzi (ricorso alla letteratura specializzata, partecipazione a mostre e fiere, contatti diretti con artisti eccetera).
Quello della formazione costituisce un problema di vitale importanza per l'impresa artigiana del comparto artistico, in quanto la carenza di giovani apprendisti rende critica la creazione di quelle competenze professionali - un tempo trasmesse nello scambio generazionale - da cui spesso dipende, soprattutto per i mestieri di piu' antica tradizione, la capacita' di sopravvivere e di crescere nel rispetto della propria identita'. Per questo motivo, l'istituto della "bottega-scuola" o alternanza scuola-lavoro - oggi purtroppo sperimentato, a causa delle pesantezze burocratiche e della cronica carenza di finanziamenti, in un numero troppo ristretto di situazioni - viene unanimemente considerato il modello ideale, con il suo riferimento all'"archetipo" della bottega rinascimentale, per formare le nuove generazioni di artigiani-artisti e garantire quindi la continuita' e lo sviluppo del settore. Ma come reagisce l'artigianato artistico milanese alle altre sfide competitive indotte dall'innovazione tecnologica e dall'internazionalizzazione dell'economia? Sembrerebbe con un atteggiamento di relativa chiusura o quanto meno di prudenza, forse connesso alla stessa natura del "modo di produzione" artigiano, se si considera che:
-per oltre il 50% delle imprese intervistate, innovare non significa introdurre nuovi macchinari e nuovi processi, ma rimanere " fedeli" alla tradizione nei suoi contenuti di manualita' e di riproposizione artistica. Le tensioni innovative (di prodotto piu' che di processo) peraltro non mancano, come dimostra l'esistenza di una quota significativa di imprese (il 16% del campione) che si mostra interessata alla creazione di nuovi stili e nuove forme. In ogni caso le basi creative della produzione risiedono generalmente nell'utilizzo di "modelli propri" (82% delle imprese), mentre piu' raro e' il ricorso alle indicazioni di designer e architetti (7%). Tra i fattori tecnici che stimolano l'innovazione prevalgono quelli comportanti modifiche originate da nuove applicazioni o l'utilizzo di nuovi materiali e componenti;
- il mercato di sbocco di gran lunga prevalente e' quello locale (Milano e la Lombardia, che generano il 74% del fatturato), a cui si contrappone una penetrazione nei mercati esteri piuttosto contenuta (12% del fatturato tra Paesi Cee ed extra-Cee). Ne consegue che il rapporto con la clientela finale e' quasi sempre di tipo diretto (89% dei casi), mentre assai marginale e' il ricorso a distributori terzi. Particolarmente sottoutilizzate appaiono inoltre le opportunita' di affari legate ai flussi turistici, che soltanto per il 15% delle imprese si traducono in contatti di vendita.
Date queste caratteristiche basilari, le politiche di sostegno rivolte a favorire il dispiegarsi delle grandi e diversificate potenzialita' di crescita insite in una risorsa cosi' preziosa, quanto spesso misconosciuta, come quella dell'artigianato artistico e tradizionale, dovrebbero sostanzialmente essere orientate:
nella formazione: ad accrescere le occasioni di aggiornamento-riqualificazione delle risorse umane e di orientamento all'imprenditorialita', facendo leva, per quanto riguarda l'inserimento delle giovani generazioni, sulla diffusione della bottega-scuola, che dovrebbe percio' entrare a pieno titolo nell'ordinamento della formazione professionale;
nell'innovazione: a incentivare, anche tramite la creazione di "atelier" o incubatori, la ricerca e la sperimentazione di nuovi modelli e stilemi, nonche' l'utilizzo dei nuovi materiali, salvaguardando nello stesso tempo tecniche, abilita' e culture materiali profondamente connesse alla tradizione di mestiere;
nella commercializzazione: a sprovincializzare i riferimenti di mercato, eccessivamente chiusi nella dimensione locale, mettendo in atto azioni volte alla ricerca attiva di nuovi segmenti di domanda nei Paesi esteri;
nel rapporto con il territorio: a favorire l'interconnessione produttiva e culturale del settore con le attivita' di restauro, recupero e manutenzione del patrimonio storico-urbanistico, svolgendo un ruolo determinante nel miglioramento della qualita' della vita.
(Sandro Lecca)

LA GLOBALIZZAZIONE DELLE ATTIVITA' DI RICERCA E SVILUPPO

Realizzazione: Consorzio Mip/Politecnico di Milano
Responsabile: Umberto Bertel

E' in atto su scala mondiale un vasto processo di concentrazione delle imprese e di rilocalizzazione delle loro attivita' (produttive e non), che ha come motore primo il perseguimento dell'efficienza: in un contesto di mutata disponibilita' delle risorse, di globalizzazione dei mercati di sbocco, di concentrazione e internazionalizzazione delle strutture distributive.
Le Itn - imprese transnazionali di grande dimensione - crescono e si riorganizzano su scala geo-politica. La grande differenza tra queste e le imprese tradizionali sta proprio nella rilevanza della dimensione spaziale e nella diversita' che essa porta con se': le condizioni di accesso alle risorse e ai mercati sono diverse, come pure diverse sono le modalita' organizzative interne e dell'interazione con l'esterno.
Il successo economico e la forza delle dimensioni delle Itn fanno si' che il modello di queste tende - di fatto - ad assumere il ruolo di paradigma generale dell'impresa, al punto che quella tradizionale, quasi insensibile alla dimensione spaziale e ai nuovi modelli organizzativi, costituisce sempre piu' e soltanto un caso particolare di quel paradigma. In questo ambito, la rilocalizzazione delle attivita' costituisce un elemento caratteristico del processo di globalizzazione delle attivita' delle imprese, in cio' coerente con quello di globalizzazione dei mercati, e di superamento degli schemi organizzativi di tipo federativo fra unita' nazionali adottati in precedenza.
Consapevole dell'importanza dei processi in atto, la Camera di Commercio di Milano incoraggia e finanzia l'attivita' di ricerca del Consorzio Mip/Politecnico di Milano. In questa sede presentiamo appunto il terzo volume dei Quaderni Mip/Politecnico dal titolo La globalizzazione delle attivita' di ricerca e sviluppo.
Questo tema costituisce un aspetto rilevantissimo della capacita' di rinnovamento delle imprese nell'ambito della competizione internazionale e la Camera condivide l'idea che la R&D possa divenire un importante stimolo alla nascita di nuove imprese e alla crescita di quelle esistenti. Per questa ragione dovrebbe esserle riconosciuto anche - e soprattutto - in Italia, il ruolo strategico che essa per sua natura possiede.
Negli interventi di questo quaderno si fa riferimento alle imprese globali: considerando come tali quelle strategicamente sensibili ai fenomeni connessi con la dimensione spaziale e con la diversita'. Queste imprese hanno una significativa dispersione geografica delle loro attivita' (di gestione del mercato, di manufacturing, di R&D) e si configurano come reti. Nei contributi qui raccolti, tali imprese vengono considerate sotto l'aspetto dell'organizzazione e della gestione delle attivita' strutturate di ricerca e sviluppo viste nel quadro delle interconnessioni con le altre attivita' dell'impresa.
Oltre alla presentazione di Piero Bassetti, Presidente della Camera di Commercio di Milano, e all'introduzione del direttore del Centro di ricerca Mip di Strategia e gestione strategica d'impresa Umberto Bertele', il lavoro contiene altri tre saggi.
Il primo di essi, International Technology Development Organisation: a Framework, scritto da Vittorio Chiesa - dell'Itia-Cnr, responsabile del Progetto Strategia e organizzazione della R&D del Centro Mip - esamina il tema della internazionalizzazione della R&D, presentando le tematiche piu' significative che negli ultimi decenni hanno alimentato il dibattito scientifico; offre un quadro sinottico delle teorie sulle strutture e sull'organizzazione della ricerca a livello internazionale, integrando la rassegna della letteratura con un'indagine empirica su un gruppo di imprese diverse per area di base e per dimensione.
Il secondo saggio, Management of International R&D, e' curato da Arnoud De Meyer, professore dell'Insead, e componente del Comitato Scientifico del Centro Mip.
De Meyer centra la sua attenzione sulla gestione delle R&D operations nelle imprese transnazionali a "R&D distribuita". Si pone cioe' il problema di come sia possibile ottenere buone performance da reti di laboratori e centri di R&D fisicamente distanti e, pertanto, sottratti al controllo diretto della sede madre. La questione viene esaminata alla luce dei risultati di una indagine empirica, e De Meyer fornisce alcune utili indicazioni su quali sistemi di pianificazione, comunicazione e gestione delle risorse umane si possano utilizzare per neutralizzare gli svantaggi derivanti dalla distanza (geografica e culturale) e per valorizzare viceversa le potenzialita' connesse con la ricchezza e la diversita' delle competenze disponibili.
L'ultimo saggio, International Product Development of Japanese Firms: Product Group Coherence and Internal Isomorphism Matrix, e' scritto a piu' mani da Kiyonori Sakakibara che insegna New Product Development alla London Business School, D. Eleanor Westney che insegna Management alla Sloan School del Mit e M. Kosaka che presiede Athena Research.
Come si deduce dal titolo, Sakakibara, Westney e Kosaka guardano specificamente alle imprese giapponesi e alla scelta, sempre piu' frequente, di abbandonare il modello organizzativo centralizzato a favore di un nuovo modello basato sulla diffusione delle unita' aziendali su scala internazionale. Cio' sembra essere particolarmente vero per le attivita' di R&D. In questo saggio si pone in evidenza come la realizzazione di unita' di Ricerca e Sviluppo al di fuori dei confini nazionali risponda in maniera crescente alla necessita' di sottrarsi a taciti vincoli di conformita' di comportamento tra aziende. Cio' per soddisfare il desiderio di adottare nuovi paradigmi scientifici e organizzativi che rappresentino una rottura netta con le tradizionali - spesso insterilite - metodologie per l'innovazione dei prodotti e lo sviluppo delle tecnologie.
Le indicazioni contenute in questi saggi rappresentano senz'altro un primo spunto sull'agenda per le imprese e le istituzioni italiane, e gettano il seme per altre e piu' specifiche analisi della realta' italiana. In questo senso vanno le parole del Presidente della Camera di Commercio di Milano nella presentazione del quaderno: ¦Mi sembra importante che in Italia si cominci finalmente a studiare il tema della globalizzazione non in astratto, ma per il suo concreto impatto sulle vicende delle imprese e (aggiungo) delle istituzioni. Lo vedo come un segno di inizio di abbandono di quelle abitudini al riferimento soltanto nazionale che sono cosi' dure a morire e che costituiscono una componente importante del nostro provincialismo".
Cio' e' tanto piu' vero quanto piu' si tiene conto che come ricorda Bertele' nell'introduzione, nel nostro Paese:
-e' esiguo il numero di imprese, a base italiana, che si possano considerare come vere e proprie Itn;
-e' limitato il numero di imprese, sia a base italiana che estera, con un'attivita' strutturata di R&D in Italia di consistenza significativa;
-sono poche, in generale, le imprese italiane che fruiscono di differenziali competitivi di natura strettamente tecnologica: essendo prevalente l'impiego, e l'eventuale miglioramento attraverso procedimenti intuitivi, delle tecnologie messe a punto da altri rispetto alla creazione di tecnologie proprie; essendo prevalente l'innovazione da integrazione rispetto a quella puntuale.
(Alberto Procacciante)

RAPPORTO IRS SUL MERCATO AZIONARIO, 1995

Realizzazione: Irs
Responsabile: Mario Mariani

Giunge finalmente a compimento il Rapporto Irs sul mercato azionario per il 1995. Si tratta dell'ottavo Rapporto che l'Osservatorio sul mercato azionario dell'Istituto per la Ricerca Sociale elabora annualmente su questo argomento. L'essenzialita' del titolo non inganni: piu' che una mera certificazione dei risultati, questo volume e' il frutto di un'attenta analisi del mercato azionario nazionale e internazionale. Tali mercati vengono qui considerati nella piu' ampia prospettiva dei mutamenti macroeconomici mondiali e dell'andamento dei mercati finanziari globali. Se ne parliamo qui non e' solo perche' la Camera di Commercio di Milano e' uno degli Enti che finanziano l'Osservatorio. L'interesse della Camera per questi argomenti, infatti, tiene conto del notevole impatto che il mercato azionario produce sulla struttura produttiva del Paese. Comprendere fisiologia e patologia dei mercati finanziari e', pertanto, di cruciale importanza.
Il Rapporto '95 evidenzia la particolare debolezza del mercato italiano, il quale - pur a fronte di buone potenzialita' - subisce il pesante effetto negativo delle variabili extra-economiche. Gli estensori del Rapporto ricordano come il sostenuto movimento al rialzo della Borsa italiana nei primi quattro mesi del 1994, fondato sull'aspettativa di un rinnovamento generale della classe politica e sulle attese di ripresa economica, si sia nettamente invertito a maggio a causa del prepotente aumento dei tassi di interesse, esaltato dalle difficolta' che la coalizione di governo non fu in grado di superare. L'indice Mib dopo essere cresciuto del 32% toccando un massimo il 10 maggio, e' poi costantemente diminuito chiudendo l'anno con una modesta perdita (3,5% circa) (Figura 1).
Per questo mix di ragioni economiche e politiche la Borsa italiana rimane ancora esclusa dal gruppo di quelle cui gli investitori internazionali guardano con maggiore interesse. I numeri, invece, consentirebbero ben altro ruolo: il volume medio delle contrattazioni giornaliere e' quasi raddoppiato rispetto all'anno precedente, sfondando cosi' il tetto dei 2 mila miliardi, ma la ristrettezza del listino non invoglia ancora gli operatori stranieri a concentrare i loro sforzi su questo mercato (il quale, tuttavia, si e' mostrato generoso con le societa' quotate, consentendo loro l'accesso a oltre 13mila miliardi di capitali freschi). A questo riguardo, si deve registrare, anche il diffuso disinteresse delle societa' alla quotazione in Borsa. Circostanza - questa - con la quale dovranno confrontarsi anche i progetti di realizzazione delle Borse locali (Tabella 1).
La questione dei tassi d'interesse, poi, vede l'Italia in posizione particolarmente delicata. Come viene ricordato nel Rapporto, i cospicui rialzi messi a segno dalle Borse (europee soprattutto) nel 1993 erano stati determinati dalla riduzione dei tassi. Sebbene in un senso del tutto diverso, il comportamento di questi e' stato determinante per l'andamento delle Borse anche nel 1994.
All'inizio dello scorso anno, infatti, l'effetto favorevole della convergenza dei tassi europei verso i piu' contenuti livelli di quelli statunitensi era ormai esaurito. Si apriva, dunque, una nuova fase nella quale le Borse venivano trainate dall'andamento delle economie e dalla ripresa in Europa. Vi era, tuttavia, il diffuso timore che potesse verificarsi un cedimento qualora la ripresa non fosse stata abbastanza sostenuta da rimpiazzare i tassi come riferimento per gli investitori. Questo timore si e' poi rivelato infondato, ma l'inaspettato rialzo dei tassi a lungo termine ha spinto verso il basso l'andamento delle Borse, contrastando cosi' l'effetto benefico delle aspettative sull'economia mondiale. L'indice del sentimento del mercato, crescente in tutte le Borse, e' stato sopraffatto dall'effetto tassi, orientando al ribasso i corsi. Posti di fronte all'inatteso aumento dei tassi a lungo termine e alla reazione delle Borse, gli investitori sono rimasti disorientati, nell'opinione pubblica si e' rafforzata l'idea che i mercati finanziari siano irrazionali e che il loro comportamento sia sempre meno legato all'andamento dell'economia reale. Come messo in evidenza da questi brevi cenni, i problemi sul tappeto sono molti e non riguardano piu' soltanto la capacita' delle nostre istituzioni di controllare cio' che avviene all'interno dei confini nazionali.
Il sostegno che la Camera di Commercio di Milano fornisce a questi studi si fonda proprio su questa consapevolezza. La Borsa di Milano e' senz'altro una delle piu' importanti del mondo, e sebbene soffra ancora del provincialismo di una parte del mondo imprenditoriale italiano e dell'incertezza politica che costantemente caratterizzano il nostro Paese, essa costituisce sempre piu' lo specchio e la punta avanzata del ruolo internazionale dell'Italia. In questo senso monitorare la Borsa di Milano e monitorare l'economia italiana sono - di fatto - la medesima cosa.
I mercati finanziari sono ormai perfettamente integrati, l'economia reale si virtualizza e si mondializza nelle Borse valori di tutto il mondo. Ragionare in termini esclusivamente nazionali non e' piu' possibile: la business community cresce oltre la nostra capacita' di controllo e si estende fino a ogni computer connesso ai circuiti telematici delle Borse di tutto il mondo. I policy makers, dunque, non possono piu' rinunciare a capire come "ragionino" i mercati. Capire se e quanto i mercati siano irrazionali (o perche' essi appaiano tali) e', allora, di cruciale importanza.
Un possibile criterio per indagare la variabilita' nelle reazioni degli operatori e' quello di verificare come il mercato racconti se stesso: e' appunto questo che Giangiacomo Nardozzi, direttore dell'Osservatorio, tenta di fare nell'appendice Il mercato interpreta la propria volatilita': evidenze dalla Borsa di New York (1976-92) utili per un miglior dialogo tra economisti e operatori. Il titolo della sezione evoca la differenza di atteggiamento con la quale gli operatori e gli economisti valutano generalmente i medesimi avvenimenti. Mentre gli operatori seguono e contribuiscono a realizzare i sentimenti del mercato, gli economisti ragionano - invece - in termini di fondamentali, ossia di tendenze e sostenibilita' degli avvenimenti del mercato. La mancanza di una sintesi tra i due approcci contribuisce a ritenere incomprensibili e/o ingiustificabili (secondo l'uno o l'altro approccio) i fatti osservati ex post. Nardozzi e l'Irs propongono qui una sorta di "terza via", e nel fare cio' recuperano l'approccio keynesiano che considera i mercati finanziari non come mere repliche del mercato dei beni, ma come realta' dotate di caratteristiche proprie. La chiave con cui Keynes affronto' lo studio di questi mercati era, per cosi' dire, empatica, egli tento', cioe', di calarsi nei panni degli operatori e valutare la probabilita' e l'incertezza di quei mercati con gli occhi di coloro che quotidianamente dovevano misurarvisi. In buona misura Keynes riusci' nel proprio intento, e l'Irs tenta oggi di ripercorrere la stessa via attraverso le pagine di commento borsistico del Wall Street Journal.
Quest'analisi conferma che gli operatori attribuiscono grande importanza al tasso d'interesse e sono piu' sensibili alle variabili di natura finanziaria che a quelle reali, salvo quando i segnali siano tanto forti da indicare chiaramente le reali tendenze dell'economia. D'altro canto, da quest'indagine emerge anche un'altra realta' sorprendente, e cioe': un identico livello delle variabili significative, assume valenza diversa a seconda delle circostanze "di contorno", e puo' - volta a volta - determinare effetti di segno opposto sull'indice di Borsa.
(Alberto Procacciante)