Presentiamo le sintesi delle ricerche, realizzate tramite il
finanziamento della Camera, ultimate piu' di recente.
Come si vede, si tratta di un "pacchetto" di studi che
affrontano questioni di grande rilevanza per lo sviluppo
dell'area milanese (ma anche dell'Italia). Essi colgono, in
alcuni casi, aspetti emergenti e ancora poco conosciuti
(dall'Urban Center, all'artigianato artistico, alla
globalizzazione delle attivita' di ricerca e sviluppo) o
introducono, in altri casi, elementi significativi di novita'
nell'analisi di fenomeni oggetto da tempo di osservazione
sistematica (come fa particolarmente l'edizione 1995 del
Rapporto annuale sul mercato azionario curato dall'Irs, che
vede tra i suoi sponsor anche la Camera di Commercio di
Milano).
Almeno cinque delle otto ricerche passate in rassegna si
caratterizzano, inoltre, per il taglio decisamente operativo,
proponendo l'attivazione di nuovi strumenti di monitoraggio
della realta' locale (Osservatorio sulle imprese esterne e
Osservatorio sui progetti infrastrutturali), illustrando
esperienze estere assai stimolanti per la situazione milanese
(la ricerca sugli Urban Center statunitensi) ripensando alcune
modalita' specifiche di localizzazione pianificata delle
piccole imprese sul territorio alla luce dei nuovi bisogni di
innovazione (la ricerca del Pim sugli insediamenti produttivi
artigiani) o progettando nuovi organismi dedicati al
trasferimento tecnologico (la ricerca di Assoservizi).
Legate quasi tutte da un comune riferimento alle problematiche
urbano-territoriali, seppure osservate da prospettive di
analisi tra loro diverse, queste ultime ricerche testimoniano
in particolare l'impegno crescente, anche in termini di studi
e proposte, con cui la Camera contribuisce ad adeguare le
strumentazioni d'intervento alle esigenze poste dalla crescita
competitiva dell'area milanese.(Sandro Lecca)
URBEN CENTER
L'ESPERIENZA STATUNITENSE
Realizzazione: Irs
Responsabile: Paolo Fareri
Lo studio di carattere comparativo condotto da Paolo Fareri
per conto dell'Irs (Istituto per la Ricerca Sociale) si
inserisce nel filone di contributi conoscitivi finalizzati a
fornire strumenti per affrontare i problemi di efficacia delle
politiche urbane.
In effetti, l'ipotesi di lavoro su cui si
struttura la ricerca interpreta l'Urban Center come un -
intervento orientato a trattare i problemi di efficacia delle
politiche urbane; tema quanto mai attuale nel quadro del
dibattito milanese, anche recentemente impegnato a studiare le
cause e a promuovere possibili soluzioni alla scarsa efficacia
delle politiche pubbliche che hanno comportato difficolta' e
lungaggini nell'attuazione di interventi anche strategici per
lo sviluppo della citta'.
Se il problema dell'efficacia dell'intervento pubblico
rappresenta una delle condizioni per lo sviluppo economico e
per garantire una maggiore competitivita' della citta' nello
scenario internazionale, l'Urban Center non puo' rappresentare
unicamente -il luogo di raccolta di informazioni relative alle
trasformazioni urbane e alle procedure pubbliche in corso, ma
deve ricoprire il ruolo di -possibile facilitatore dei
processi decisionali.
E', dunque, secondo quest'ottica interpretativa che e' stata
impostata la ricerca, sviluppata attraverso una analisi
comparativa relativa a cinque esperienze condotte negli Stati
Uniti e finalizzata, secondo le intenzioni dell'autore, non
tanto a definire condizioni generalizzabili e applicabili al
caso milanese, quanto, a -generare idee riguardo alle
caratteristiche che potrebbero connotare un Urban Center a
Milano.
I casi statunitensi, particolarmente fertili e poco
conosciuti, hanno consentito di delineare cinque diverse
tipologie entro cui ricondurre l'esperienza degli Urban
Center; tipologie definite a partire dal diverso ruolo
dell'Urban Center nell'ambito dei processi di policy making e
del contributo fornito per migliorare l'efficacia delle
politiche urbane.
Dall'Urban Center come luogo di strutturazione delle politiche
urbane, riferito al caso del San Francisco Planning and Urban
Research Association, all'Urban Center come luogo di
promozione e progettualita' nell'esperienza del Philadelphia
Foundation for Architecture, all'Urban Center come centro di
servizi per la definizione di iniziative di sviluppo -dal
basso nel Pratt Institute Center for Community and
Environnemental Development (Brooklyn), all'Urban Center come
-arena per la promozione e il dibattito sui problemi dello
sviluppo urbano gestito dalla Municipal Art Society di New
York, per finire all'Urban Center come luogo di costruzione
del consenso attorno ai progetti di sviluppo urbano
dell'Environnemental Simulation Center presso la New School
for Social Research di New York.
La specificita' dei casi trattati e la relativa impossibilita'
di riprodurre tali esperienze - peraltro tra loro
profondamente diverse - in un contesto come quello milanese,
non ha reso vana la ricerca di elementi di omogeneita' da
utilizzare per la definizione di un'ipotesi di modello
generale di Urban Center, e, con esso, di condizioni di
trasferibilita' per la costruzione di una proposta per Milano.
I risultati dell'indagine comparativa confermano la grande
eterogeneita' degli obiettivi, delle funzioni e delle
attivita' caratterizzanti le esperienze oggetto di indagine
che suggeriscono la necessita', per il caso milanese, di
formalizzare gia' in fase progettuale, i termini precisi
dell'intervento.
I casi trattati presentano specificita' che rimandano piu'
propriamente al quadro politico-istituzionale del Paese di
riferimento. Questo attiene, in particolare, al ruolo delle
fondazioni che, assenti nel panorama italiano, sono
determinanti sia per il successo sia per la sopravvivenza
degli Urban Center poiche' in grado di garantire le condizioni
economiche per l'attivita' dei centri, ma anche al carattere
maturo dei networks decisionali, attivi nelle politiche urbane
delle citta' americane.
Queste reti decisionali si connotano per una notevole
complessita' che, piu' che costituire un fattore di
inefficacia, rappresenta, invece, una condizione per il
miglioramento delle politiche urbane, una risorsa legata alla
grande capacita' organizzativa della pluralita' di attori a
livello locale, caratterizzati, peraltro, da notevoli
possibilita' di azione.
Pur nella specificita' dei casi trattati un elemento comune di
grande interesse sembra riferito alla finalita' prima
perseguita dall'Urban Center che riguarda il miglioramento
dell'efficacia delle politiche pubbliche attraverso tre
diverse iniziative: la diffusione e l'utilizzo delle risorse
conoscitive disponibili (education come momento di
divulgazione, di informazione e di formazione e l'attivita' di
advocacy come mobilitazione dei soggetti coinvolti nel
processo decisionale), la capacita' di legittimarsi come
soggetti neutrali ma, al contempo, attraverso un forte
orientamento nella definizione del problema e delle possibili
soluzioni, di farsi promotore dell'innovazione nei processi
decisionali in termini di mobilitazione delle conoscenze e
delle capacita' progettuali.
Tra condizioni di specificita' e di congruenza, la ricerca
individua anche elementi di trasferibilita', di interesse per
il dibattito sull'Urban Center milanese. Questi riguardano da
un lato, la collocazione istituzionale del centro che, per le
caratteristiche emerse nell'indagine comparativa, non puo'
costituirsi come servizio offerto dall'amministrazione
comunale, in quanto perderebbe la propria natura di soggetto
neutrale, non esercitando il ruolo di mediazione
riconosciutogli, dall'altro il rapporto tra conoscenza e
decisione nell'ambito delle politiche pubbliche.
In merito a questo punto, i casi statunitensi evidenziano come
la disponibilita' di informazioni in se' non consenta un
migliore accesso ai processi decisionali e come, senza
interazione, essa rischi di tradursi in un fattore di
conflitto tra le diverse posizioni degli attori in causa.
La ricerca della riduzione della complessita', in questi casi,
viene sostituita dalla costruzione di un consenso attraverso
l'apertura dei processi in cui ¦l'efficacia delle politiche
(e' vista) come risultato di un uso strategico della
complessita', delle opennes dei processi decisionali,
dell'attribuzione di risorse agli attori, piuttosto che della
ricerca di riduzione della complessita'; indicazione utile per
trarre spunti progettuali da verificare sul caso
milanese.
(Paola Pucci)
PROGETTO DI FATTIBILITA' DI UN OSSERVATORIO DEI PROGETTI INFRASTRUTTURALI NELL'AREA MILANESE
Realizzazione: Gruppo Clas
Responsabile: Gianfranco Senn
La rilevanza assunta dalle infrastrutture come elemento
determinante nella definizione della capacita' competitiva di
un sistema, e di un'area metropolitana in particolare, ha da
tempo suscitato l'attenzione del mondo imprenditoriale verso
questo importante fattore di localizzazione.
Le infrastrutture, infatti, rappresentano nello stesso tempo
delle economie esterne per le imprese; sono una delle
determinanti dell'ambiente socio-economico e della qualita'
della vita; sono fattori di localizzazione per le imprese
italiane ed estere; diventano catalizzatori di investimenti
pubblici e privati e, quindi creano opportunita'
occupazionali; rappresentano un potenziale di sviluppo in
termini di indotto nelle fasi di realizzazione e, poi, di
gestione (servizi).
L'informazione sulle infrastrutture,
allora, diventa elemento strategico per tutti gli operatori,
pubblici e privati, che agiscono su un territorio e che
intervengono nella definizione di politiche di sviluppo, di
localizzazione, di riqualificazione del territorio eccetera.
La trasparenza e la visibilita' esterna delle decisioni che
riguardano il territorio sono poi elemento essenziale per
assicurare l'efficienza complessiva del sistema e sono uno
strumento importante nella determinazione del consenso verso
progetti che modificano assetti precostituiti o che
rimodellano parti della citta'.
Prendendo spunto da queste osservazioni, il mondo
imprenditoriale, di cui la Camera di Commercio e Assolombarda
sono espressione e portavoce, ha avviato dapprima un
censimento dei progetti infrastrutturali in fase di
realizzazione, previsti o pensati, nell'area milanese. In
seguito, e' stato chiesto all'e'quipe di lavoro del Gruppo
Clas di approfondire le informazioni relative ai progetti
individuati nella prospettiva di dare avvio a un Osservatorio
costante dei progetti infrastrutturali che insistono,
direttamente o indirettamente, sul territorio milanese.
Al termine della prima fase di schedatura erano stati rilevati
oltre 400 progetti. La suddivisione per settore1 dei 433
progetti/interventi censiti rilevava: 220 casi nel settore
infrastrutture; 40 casi nel settore ambiente; 38 casi tra i
poli urbani; 44 interventi settoriali; 17 casi nel settore
cultura e tempo libero; 50 interventi locali; 12 aree
dismesse; 1 caso di piani vigenti e 11 casi di studi
preliminari a piani e programmi.
In origine la raccolta delle informazioni era basata sulla
rassegna degli articoli di stampa, in seguito e' stata
sviluppata facendo riferimento a pubblicazioni specializzate
e, infine, e' stata integrata con interviste agli operatori.
L'obiettivo di individuare le modalita' operative per la
gestione di un Osservatorio ha suggerito, da un lato, di agire
sulle fonti e concentrare l'origine delle informazioni,
privilegiando naturalmente le fonti istituzionali; dall'altro,
di adottare una struttura della scheda grazie alla quale si
inneschi un meccanismo di generazione delle informazioni in
modo tale che un dato, attraverso le opportune elaborazioni,
produca nuove e ulteriori informazioni cosi' da creare una
base di dati omogeneamente presenti in tutte le schede per
consentire il confronto tra caso e caso.
Partendo da queste considerazioni e' stata progettata una
nuova, articolata struttura del data base che rappresenta,
ora, l'indispensabile supporto per la gestione delle
informazioni di cui l'Osservatorio deve essere organizzatore,
razionalizzatore e gestore.
L'individuazione dettagliata delle fonti, ufficiali e non, che
vanno attivate per ottenere le informazioni necessarie e'
stato il primo passo realizzato. Operazione, in realta', piena
di difficolta': nella maggior parte dei casi considerati,
infatti, gli interventi sono solo ipotizzati o allo stadio del
progetto di fattibilita'.
Questo implica che in genere non e' stata avviata alcuna
procedura formale o istituzionale e che pertanto le
informazioni raccolte risentono in modo determinante delle
opinioni del singolo interlocutore, sfuggendo cosi' a ogni
quantificazione rigorosa in termini di costi, finanziamenti,
date di realizzazione eccetera. Inoltre, in alcuni casi gli
interlocutori individuati all'interno dei diversi Enti
esprimono valutazioni diverse, quando non opposte, a proposito
del medesimo progetto. In altri casi, la frammentazione del
percorso decisionale di ogni iniziativa o intervento pubblico
e' tale che ogni contatto con un referente da' luogo a una
ramificazione delle relazioni da istituire.
Il tentativo di raggiungere un'adeguata copertura informativa
sul singolo caso implica cosi' una dilatazione dei tempi
dell'inchiesta e molto spesso comporta continue e non facili
revisioni delle informazioni gia' acquisite.
La difficile fase di individuazione delle fonti ha cosi'
suggerito la necessita' che l'Osservatorio abbia fin dal suo
avvio una chiara visibilita', in modo che attorno
all'iniziativa si polarizzino attese e interessi estesi.
Un primo passo in tal senso potrebbe essere dato
dall'organizzazione di una serie di incontri tra Camera di
Commercio, Assolombarda e alcuni interlocutori individuati
nella fase di ricerca che ha consentito di stabilire una serie
di contatti con funzionari e personalita' che ricoprono
posizioni rilevanti nell'ambito della progettualita'
metropolitana.e' pero' estremamente importante che si arrivi a
un coinvolgimento diretto, possibilmente ad personam, degli
interlocutori individuati: ideale sarebbe che questi ultimi
venissero incaricati ufficialmente da Enti e istituzioni di
appartenenza di seguire attivamente la costituzione
dell'Osservatorio.
La modalita' suggerita per raggiungere questo obiettivo e'
quella di attivare una serie di tavoli di incontro attraverso
i quali tastare le diverse disponibilita' e possibilita' di
coinvolgimento per arrivare rapidamente alla istituzione di
una sorta di consulta tra i referenti individuati. Obiettivo
e' la stipula di un protocollo di intesa tra i soggetti
interessati, chiamati a una fattiva collaborazione.
Indispensabile risulta la partecipazione del Comune sia
perche' detentore di buona parte delle informazioni; sia in
quanto istituzione naturale di riferimento; sia perche' la
catalogazione e la razionalizzazione delle sue stesse
informazioni possono incidere in misura notevole sulla sua
stessa efficienza.
(Angela Airoldi)
NOTE
1)I settori considerati sono 11, rispettivamente riferiti a:
infrastrutture; ambiente; poli urbani; interventi settoriali
di rilevanza urbana; attrezzature culturali e per il tempo
libero; trasformazioni e interventi di carattere locale; aree
dismesse o sottoutilizzate; piani e programmi vigenti; studi
preliminari a piani e programmi.
PROGETTO DI FATTIBILITA' DI UN OSSERVATORIO DELLE IMPRESE MULTINAZIONALI NELLA'AREA MILANESE
Realizzazione: Gruppo Clas
Responsabile: Angela Airoldi
L'ipotesi di dare vita a un Osservatorio delle Imprese
Multinazionali nasce dalla consapevolezza che le imprese
estere rappresentano per l'area milanese un interlocutore
privilegiato per individuare punti di forza e di debolezza
della citta', per meglio valutare le strategie di sviluppo e
di competizione rispetto ai sistemi urbani diretti concorrenti
di Milano.
Una sintetica analisi delle recenti evoluzioni degli
investimenti esteri in Italia ha confermato le difficolta' del
Paese nell'attrarre investimenti dall'estero. Difficolta' che
coinvolgono anche Milano che, pur rimanendo area privilegiata
di localizzazione delle imprese multinazionali che si
affacciano al mercato italiano, non puo' non risentire del
crescente venir meno dell'attrattivita' del Paese che si
concretizza in un livello di internazionalizzazione in entrata
costantemente inferiore a quello fatto registrare dai
principali Paesi europei.
La situazione puo' essere resa piu' difficile dall'affermarsi
di processi di razionalizzazione e di riorganizzazione degli
investimenti che vedranno la riallocazione di funzioni tra
localizzazioni alternative, la concentrazione spaziale di
particolari funzioni per servire mercati regionali invece che
una serie di mercati nazionali, raggiungibili con alleanze,
accordi o normali azioni commerciali.
Le scelte insediative, e l'analisi di quanto avvenuto negli
ultimi anni nel nostro Paese lo confermano pienamente, sono
sempre piu' orientate da comportamenti volti alla riduzione
dei fattori di rischio e alla ricerca di vantaggi
localizzativi, puntando soprattutto sull'accessibilita' delle
aree.
In questo, Milano gode di una posizione di rendita conquistata
nel passato, ma che rischia di essere minacciata se non si
adottano politiche in grado di migliorare la capacita' di
attrazione di nuovi investimenti dall'estero e di creare le
condizioni perche' le attuali localizzazioni delle
multinazionali continuino ad assicurare loro vantaggi ed
esternalita'.
La presenza delle imprese multinazionali a Milano e' stata
analizzata attraverso l'aggiornamento del Repertorio delle
imprese estere realizzato da Gruppo Clas nel 1992. Oltre a
fornire l'occasione per migliorare le conoscenze sulla realta'
delle imprese estere e per ottenere una piu' aggiornata banca
dati di riferimento per l'avvio operativo dell'Osservatorio,
l'aggiornamento del Repertorio ha rappresentato anche un utile
test delle procedure comunemente utilizzate nel reperimento di
informazioni sulle imprese multinazionali. Le imprese estere
presenti nell'area milanese al settembre 1994 risultano essere
496 con una diminuzione del 4,8% rispetto alla situazione
censita due anni prima.
Il saldo negativo e' il risultato di un insieme di fattori
che, pur non evidenziando un esplicito fenomeno di
disinvestimento da parte dei capitali esteri, mostra tuttavia
una situazione di rapida evoluzione e una tendenza al
ridimensionamento degli investimenti o, quanto meno, a un
cambiamento nella loro destinazione.
Entrambi i casi meritano particolare attenzione e giustificano
ampiamente gli sforzi necessari per la realizzazione di un
monitoraggio costante delle imprese multinazionali presenti
nell'area.
A tal fine sono state analizzate le fonti
utilizzabili per raccogliere informazioni sulle imprese
estere.
L'esame ha evidenziato tutte le difficolta' derivanti dalla
necessita' di costruire un sistema informativo derivato, che
non puo' contare su informazioni dirette e obbligate da atti e
procedure amministrative.
La rassegna delle potenzialita' e dei limiti di una ampia
gamma di fonti ha consentito di individuare quelle fonti che
consentono di coprire il maggior numero di aree informative di
interesse per l'Osservatorio.
Individuate le fonti piu' utili a fornire le informazioni
essenziali alla costruzione di un Archivio aggiornato e
aggiornabile delle Imprese Estere, sono state tracciate le
linee essenziali per il loro corretto utilizzo sia in fase di
verifica ed eventuale completamento dell'Archivio stesso, sia
per il controllo dei flussi di imprese estere in entrata
(rilevazione di nuove imprese) e in uscita (imprese che si
rilocalizzano o cessano l'attivita' o cambiano assetto
societario).
Sono state poi delineate le linee di funzionamento
dell'Osservatorio e le risorse necessarie, scindendo la
gestione dell'Archivio delle Imprese Estere (Aie), struttura
di partenza e scheletro dell'Osservatorio, dall'attivita' vera
e propria dell'Osservatorio stesso.
Le aree di attivita' dell'Osservatorio possono essere
molteplici e implicano un diverso impegno e coinvolgimento da
parte della Camera di Commercio e di eventuali suoi partner:
le iniziative che si possono prefigurare sono sostanzialmente
riconducibili a tre filoni di intervento che rappresentano tre
progressivi livelli di impegno e di gestione. Il piu' semplice
e quasi scontato prevede la gestione del sistema anagrafico
per il monitoraggio delle imprese e la fornitura di
informazioni anagrafiche sulle stesse. Un secondo livello
prevede l'utilizzo dell'Archivio come strumento per la
realizzazione di indagini qualitative sulla presenza delle
imprese multinazionali. Il terzo, piu' ambizioso livello
concepisce l'Osservatorio come punto di riferimento per la
citta' e per il mondo imprenditoriale, multinazionale e non.
In questa prospettiva l'Osservatorio potrebbe divenire per le
stesse multinazionali un mezzo per dialogare con la citta',
per far conoscere le proprie posizioni nei processi
decisionali che incidono sulla realta' dell'area metropolitana
e, nello stesso tempo, per conoscere e seguire piu' da vicino
i programmi e i progetti delle istituzioni pubbliche.
Le difficolta' per realizzare un tale progetto sono evidenti,
ma la consapevolezza che la collaborazione e' l'unica strada
possibile per migliorare la competitivita' del sistema
dovrebbe aprire possibilita' di dialogo e l'insistenza da
parte del mondo produttivo a muoversi in questa direzione puo'
essere uno stimolo importante per la rivitalizzazione
dell'area milanese.
(Angela Airoldi)
PROGETTO DI ASSISTENZA TECNICA SUGLI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI ARTIGIANALI (PIP) IN PROVINCIA DI MILANO. LE MODALITA' INSEDIATIVE, LE STRUTTURE AZIENDALI E L'ACCESSO AI SERVIZI ALL'IMPRESA
Realizzazione: Centro Studi Pim
Responsabile: Guido De Carolis
Gli obiettivi della ricerca
La ricerca condotta dal Centro Studi Pim su incarico della
Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di
Milano, rappresenta una prima fase conoscitiva per l'avvio di
un programma di interventi a favore delle imprese operanti nel
settore della piccola industria e dell'artigianato.
Il programma si propone di attivare pacchetti di servizi
diretti a sostenere e qualificare l'organizzazione di impresa;
in termini di innovazione delle tecnologie produttive, di
ricerca di nuovi prodotti, di individuazione di spazi
territoriali adeguati per il relativo insediamento.
In relazione al risvolto anche operativo che caratterizza la
ricerca, le finalita' perseguite non si esauriscono in
obiettivi di carattere unicamente conoscitivo, ma anche
operativo, tesi a individuare la domanda di servizi effettiva,
la qualita' dei servizi gia' disponibili e le modalita' di
acquisizione degli stessi da parte delle imprese oggetto di
indagine, unitamente a eventuali problemi attinenti la loro
stessa acquisizione.
Queste informazioni, di carattere piu' operativo, completate
dall'individuazione delle caratteristiche dimensionali e
localizzative, della distribuzione settoriale delle aziende
insediate e del loro peso occupazionale, delle performances
economiche in termini di fatturato, investimenti relativi alle
innovazioni di processo e delle opportunita' connesse alla
localizzazione delle imprese negli insediamenti pianificati,
hanno consentito di individuare i problemi emergenti e le
eventuali domande sia da parte degli operatori pubblici che
privati, coinvolti nelle operazioni studiate.
Per questo, accanto a insediamenti artigianali pianificati,
realizzati a seguito dell'attuazione di strumenti di
pianificazione e programmazione di iniziativa pubblica (Piano
per Insediamenti Produttivi), la ricerca ha considerato anche
iniziative di lottizzazione artigianale di promozione privata
che rientrano comunque tra gli interventi pianificati (Piani
di Lottizzazione).
La metodologia
Selezionati 16 casi ritenuti di particolare significativita'
rispetto all'universo considerato, rappresentato dagli
insediamenti artigiani pianificati (realizzati con strumenti
attuativi, previsti da leggi in materia) presenti nella
provincia di Milano, la ricerca ha dapprima indagato i
caratteri localizzativi in termini di caratteristiche
urbanistico-edilizie e di relazione con il contesto
territoriale di riferimento di ciascun caso, per poi
considerare le fasi e le modalita' di promozione, le procedure
attuative utilizzate, gli aspetti economico-finanziari della
realizzazione, le caratteristiche dell'utenza, nonche' le
modalita' gestionali di ogni intervento selezionato.
La trattazione caso per caso, attraverso la produzione di
schede sintetiche per ognuno dei 16 insediamenti considerati e
prevalentemente localizzati nella porzione settentrionale
dell'area milanese (sei su 16), ha rappresentato il quadro di
riferimento per una successiva lettura orizzontale dei dati
emersi e ritenuti piu' significativi in relazione
all'obiettivo di evidenziare quegli elementi di crisi e quei
fattori critici piu' frequentemente riscontrabili su cui
intervenire con politiche ad hoc.
Accanto a questa prima indagine definita dagli autori di "
carattere urbanistico", e' stata impostata anche una parallela
ricerca sulle caratteristiche delle imprese insediate,
attraverso il ricorso a interviste e a un campione selezionato
e ritenuto significativo di aziende orientate all'uso di
servizi di livello superiore (153 imprese, che rappresentano
circa il 10% dell'universo considerato), localizzate in 12 dei
16 insediamenti artigianali pianificati gia' oggetto della
precedente "indagine urbanistica".
La necessita' di raccogliere
informazioni relative alle caratteristiche strutturali delle
imprese insediate e alle motivazioni della loro
rilocalizzazione all'interno degli insediamenti considerati,
ha portato ad articolare il questionario somministrato in tre
diverse parti: la prima incentrata su "aspetti produttivi,
occupazionali e commerciali", la seconda sulla posizione
dell'impresa rispetto al suo ambito di concorrenza (livello
tecnologico dei macchinari, investimenti recenti, capacita'
innovativa, gestione della qualita' in azienda), la terza,
sulle prospettive di sviluppo previste e sulla tipologia di
servizi e di assistenza richieste.
I risultati
Accanto a una
riflessione volta a verificare l'efficacia degli strumenti
procedurali disponibili per la realizzazione di insediamenti
produttivi incentrata, piu' nello specifico, a valutare il
ruolo del Piano per Insediamenti Produttivi (Pip, ex Legge n.
865/1971 e successive modifiche) quale procedura attuativa di
iniziativa pubblica preordinata alla realizzazione di
insediamenti artigiani programmati, la ricerca offre una
sintesi interpretativa delle risultanze emerse nelle fasi
analitiche precedenti.
Il dato che emerge come caratterizzante tanto "l'indagine
urbanistica" come "l'indagine economica" riguarda la
pressoche' carente programmazione complessiva dell'iniziativa,
in particolare la corretta previsione finanziaria
dell'intervento, che innesca disfunzioni a catena che si
ripercuotono in termini di ritardi operativi e di difficolta'
attuative successive, comportando scompensi tra quanto
progettato e quanto effettivamente realizzato, in particolare
per le opere e le infrastrutture.
La dotazione e la tipologia dei servizi interni, come
l'accessibilita' ai servizi esterni, rappresentano infatti due
dei principali problemi evidenziati in fase interlocutoria
(questionari).
Se attribuibili a limiti progettuali e a ritardi burocratico-
amministrativi, tali carenze sembrano riferibili piu' a "
contraddizioni oggettive" che rimandano, secondo gli autori,
al "mancato ragionevole equilibrio" tra livelli prestazionali,
dotazioni di infrastrutture, servizi qualificati e vincoli di
carattere finanziario. A queste si aggiunge il difficile
rapporto di complementarieta' tra insediamento artigiano
pianificato e strutture e servizi presenti nell'area, e la
scarsa attenzione all'inserimento dell'intervento nella rete
dei principali servizi di riferimento per attivita' produttive
che costituiscono un limite alla creazione di un tessuto
produttivo sinergicamente integrato sia alla scala locale che
alla scala translocale.
A tale proposito, accanto a competenze specifiche attribuite
alle amministrazioni locali, gli autori individuano ruoli
precisi anche per le Associazioni Artigiane e i loro consorzi,
i quali dovrebbero rappresentare gli interlocutori
privilegiati per la pubblica amministrazione locale quale
fonte di aggregazione della domanda insediativa censita tra i
loro iscritti e delle esigenze espresse in materia di servizi
e di infrastrutture necessarie a una piena efficienza delle
attivita' stesse.
(Paola Pucci)
ENTE DI TRASFERIMENTO PER L'INFORMAZIONE TECNICO SCIENTIFICA AXL
Realizzazione: Assoservizi
Responsabili: Carlo Tognoni, Silvana Rimoldi
L'importanza dell'informazione tecnico-scientifica e della sua
diffusione sta alla base della ricerca effettuata da Carlo
Tognoni e Silvana Rimoldi, su incarico della Camera di
Commercio di Milano. In essa gli autori esaminano l'esperienza
Assotec, il servizio per le imprese creato da Assolombarda nel
1990, e ne propongono un ampliamento che dovrebbe evolversi in
Axl, l'Ente di trasferimento per la informazione tecnico-
scientifica.
La prima parte del lavoro, dedicata all'esperienza Assotec,
offre delle utili indicazioni, a partire dal ruolo svolto
dalle informazioni nel processo innovativo e sul perche',
quando e dove acquisirle. Le imprese sono interessate ad avere
informazioni su chi sa fare, su chi ha gli strumenti, su chi
effettua prove per conto terzi, a patto che le risposte siano
mirate e puntuali.e' altrettanto importante per il servizio
offerto il non essere intrusivo, dovendosi scontrare con la
fondamentale diffidenza delle piccole e medie imprese ad
aprirsi all'esterno su un tema cosi' delicato come le
strategie innovative.
Ma se la diffusione delle informazioni e' un beneficio per chi
le riceve, lo e' altrettanto per chi le produce: un centro che
raccoglie informazioni evita che vengano disperse o non
utilizzate adeguatamente. Assotec ha inoltre messo a punto e
sperimentato una modalita' di interazione con le imprese,
coagulato l'interesse di una serie di attori (Camera di
Commercio, Regione, Cnr, Irer), attivando anche una serie di
contatti nazionali e internazionali.
Le richieste pervenute al servizio, che ha creato una banca
dati su strumentazione e attivita' di oltre 400 laboratori,
prevalentemente lombardi e del Nord Italia, riguardano
brevetti, informazioni bibliografiche, norme, contatti con
laboratori.
Proprio perche' ha dimostrato di poter esplicitare la
richiesta di informazione tecnico-scientifica delle aziende,
interpretandone e soddisfacendone le esigenze, mettendo in
rete "fornitori di informazioni" oggi separati e dispersi,
Assotec deve evolversi.e' necessario ampliare la base delle
aziende che usano il servizio, ottimizzare l'uso delle risorse
informative, promuovere nuove iniziative.
Da qui nasce la proposta Axl, organismo che dovrebbe agire
come consulente dell'azienda per individuare il problema, come
supporto per i "centri del sapere" per valorizzare risorse e
competenze, mantenendo pero' la propria indipendenza.
Axl deve
porre in contatto le imprese e i Centri di Ricerca, fornendo
tutte le informazioni necessarie per quanto riguarda
l'innovazione in azienda e analizzandone i fattori tecnico-
economici.
La sua attivita' si esplica quindi in una duplice direzione:
verso le imprese, identificandone le esigenze e ricercando gli
organismi e le competenze piu' idonee; verso i Centri del
Sapere, evidenziando il potenziale di mercato dei servizi
offerti e creando fatturato con lo stimolare l'accesso delle
imprese alle facility dei laboratori.
La struttura organizzativa di Axl dovrebbe essere snella e con
un approccio molto operativo, con la possibilita' di
raggiungere l'autosostentamento nell'arco di tre-cinque anni.
Camera di Commercio e Assolombarda dovrebbero quindi essere i
soggetti promotori di questo nuovo organismo operante nel
campo del trasferimento tecnologico, di cui lo studio di
Assolombarda ha individuato tutti gli elementi di fattibilita'
operativa.
(Leo Carmelo)
INNOVAZIONE CULTURALE DELL'ARTIGIANATO ARTISTICO E TRADIZIONALE PRESENTE NELLA PROVINCIA DI MILANO
Realizzazione: Universita' Bocconi
Responsabile: Magda Antonioli Corigliano
Nell'immaginario corrente, Milano non viene certo percepita
come una citta' artigiana: perche' non esibisce le botteghe, i
luoghi, gli oggetti delle "vere" citta' artigiane d'Italia
(Firenze, Venezia o Perugia che siano). Eppure i dati,
sorprendentemente, dicono il contrario: nella Milano "
immateriale" del terziario, dei traffici, delle comunicazioni
globali operano oltre 17 mila imprese a vario titolo
riconducibili all'area dell'artigianato artistico e
tradizionale.
Questo primo semplice dato indica che, nonostante le
apparenze, l'artigianato d'arte e tipico rappresenta una
componente tutt'altro che estinta e residuale dell'economia e
della societa' milanese.
Riprendendo i principali risultati dell'indagine empirica
svolta nell'ambito della ricerca, emerge un "identikit"
dell'artigianato artistico e tradizionale milanese i cui
tratti salienti sono:
- larga diffusione della proprieta'
famigliare (soltanto nel 9% dei casi il proprietario dichiara
di aver acquisito l'azienda da soggetti esterni alla famiglia
o al gruppo parentale);
- dimensioni micro delle unita'
produttive (mediamente 4 addetti per impresa) con una presenza
del tutto marginale delle figure professionali (operai,
tecnici, impiegati) diverse da quelle dei titolari o dei
soci;
- prevalenza delle aziende "anziane" (sorte nel 79% dei
casi prima del 1981) rispetto a quelle di piu' recente
costituzione (21% nate dopo il 1981), da cui deriva la
maggiore incidenza della formazione scolastica di tipo
tradizionale, accompagnata peraltro dalla diffusa
frequentazione di corsi specialistici (53% dei casi) e dalla
spiccata sensibilita' all'aggiornamento professionale,
conseguito con vari mezzi (ricorso alla letteratura
specializzata, partecipazione a mostre e fiere, contatti
diretti con artisti eccetera).
Quello della formazione costituisce un problema di vitale
importanza per l'impresa artigiana del comparto artistico, in
quanto la carenza di giovani apprendisti rende critica la
creazione di quelle competenze professionali - un tempo
trasmesse nello scambio generazionale - da cui spesso dipende,
soprattutto per i mestieri di piu' antica tradizione, la
capacita' di sopravvivere e di crescere nel rispetto della
propria identita'.
Per questo motivo, l'istituto della "bottega-scuola" o
alternanza scuola-lavoro - oggi purtroppo sperimentato, a
causa delle pesantezze burocratiche e della cronica carenza di
finanziamenti, in un numero troppo ristretto di situazioni -
viene unanimemente considerato il modello ideale, con il suo
riferimento all'"archetipo" della bottega rinascimentale, per
formare le nuove generazioni di artigiani-artisti e garantire
quindi la continuita' e lo sviluppo del settore.
Ma come reagisce l'artigianato artistico milanese alle altre
sfide competitive indotte dall'innovazione tecnologica e
dall'internazionalizzazione dell'economia?
Sembrerebbe con un atteggiamento di relativa chiusura o quanto
meno di prudenza, forse connesso alla stessa natura del "modo
di produzione" artigiano, se si considera che:
-per oltre il
50% delle imprese intervistate, innovare non significa
introdurre nuovi macchinari e nuovi processi, ma rimanere "
fedeli" alla tradizione nei suoi contenuti di manualita' e di
riproposizione artistica.
Le tensioni innovative (di prodotto piu' che di processo)
peraltro non mancano, come dimostra l'esistenza di una quota
significativa di imprese (il 16% del campione) che si mostra
interessata alla creazione di nuovi stili e nuove forme.
In ogni caso le basi creative della produzione risiedono
generalmente nell'utilizzo di "modelli propri" (82% delle
imprese), mentre piu' raro e' il ricorso alle indicazioni di
designer e architetti (7%).
Tra i fattori tecnici che stimolano l'innovazione prevalgono
quelli comportanti modifiche originate da nuove applicazioni o
l'utilizzo di nuovi materiali e componenti;
- il mercato di
sbocco di gran lunga prevalente e' quello locale (Milano e la
Lombardia, che generano il 74% del fatturato), a cui si
contrappone una penetrazione nei mercati esteri piuttosto
contenuta (12% del fatturato tra Paesi Cee ed extra-Cee). Ne
consegue che il rapporto con la clientela finale e' quasi
sempre di tipo diretto (89% dei casi), mentre assai marginale
e' il ricorso a distributori terzi.
Particolarmente sottoutilizzate appaiono inoltre le
opportunita' di affari legate ai flussi turistici, che
soltanto per il 15% delle imprese si traducono in contatti di
vendita.
Date queste caratteristiche basilari, le politiche di
sostegno rivolte a favorire il dispiegarsi delle grandi e
diversificate potenzialita' di crescita insite in una risorsa
cosi' preziosa, quanto spesso misconosciuta, come quella
dell'artigianato artistico e tradizionale, dovrebbero
sostanzialmente essere orientate:
nella formazione: ad
accrescere le occasioni di aggiornamento-riqualificazione
delle risorse umane e di orientamento all'imprenditorialita',
facendo leva, per quanto riguarda l'inserimento delle giovani
generazioni, sulla diffusione della bottega-scuola, che
dovrebbe percio' entrare a pieno titolo nell'ordinamento della
formazione professionale;
nell'innovazione: a incentivare,
anche tramite la creazione di "atelier" o incubatori, la
ricerca e la sperimentazione di nuovi modelli e stilemi,
nonche' l'utilizzo dei nuovi materiali, salvaguardando nello
stesso tempo tecniche, abilita' e culture materiali
profondamente connesse alla tradizione di mestiere;
nella
commercializzazione: a sprovincializzare i riferimenti di
mercato, eccessivamente chiusi nella dimensione locale,
mettendo in atto azioni volte alla ricerca attiva di nuovi
segmenti di domanda nei Paesi esteri;
nel rapporto con il
territorio: a favorire l'interconnessione produttiva e
culturale del settore con le attivita' di restauro, recupero e
manutenzione del patrimonio storico-urbanistico, svolgendo un
ruolo determinante nel miglioramento della qualita' della
vita.
(Sandro Lecca)
LA GLOBALIZZAZIONE DELLE ATTIVITA' DI RICERCA E SVILUPPO
Realizzazione: Consorzio Mip/Politecnico di Milano
Responsabile: Umberto Bertel
E' in atto su scala mondiale un vasto processo di
concentrazione delle imprese e di rilocalizzazione delle loro
attivita' (produttive e non), che ha come motore primo il
perseguimento dell'efficienza: in un contesto di mutata
disponibilita' delle risorse, di globalizzazione dei mercati
di sbocco, di concentrazione e internazionalizzazione delle
strutture distributive.
Le Itn - imprese transnazionali di grande dimensione -
crescono e si riorganizzano su scala geo-politica. La grande
differenza tra queste e le imprese tradizionali sta proprio
nella rilevanza della dimensione spaziale e nella diversita'
che essa porta con se': le condizioni di accesso alle risorse
e ai mercati sono diverse, come pure diverse sono le modalita'
organizzative interne e dell'interazione con l'esterno.
Il successo economico e la forza delle dimensioni delle Itn
fanno si' che il modello di queste tende - di fatto - ad
assumere il ruolo di paradigma generale dell'impresa, al punto
che quella tradizionale, quasi insensibile alla dimensione
spaziale e ai nuovi modelli organizzativi, costituisce sempre
piu' e soltanto un caso particolare di quel paradigma.
In questo ambito, la rilocalizzazione delle attivita'
costituisce un elemento caratteristico del processo di
globalizzazione delle attivita' delle imprese, in cio'
coerente con quello di globalizzazione dei mercati, e di
superamento degli schemi organizzativi di tipo federativo fra
unita' nazionali adottati in precedenza.
Consapevole
dell'importanza dei processi in atto, la Camera di Commercio
di Milano incoraggia e finanzia l'attivita' di ricerca del
Consorzio Mip/Politecnico di Milano.
In questa sede presentiamo appunto il terzo volume dei
Quaderni Mip/Politecnico dal titolo La globalizzazione delle
attivita' di ricerca e sviluppo.
Questo tema costituisce un
aspetto rilevantissimo della capacita' di rinnovamento delle
imprese nell'ambito della competizione internazionale e la
Camera condivide l'idea che la R&D possa divenire un
importante stimolo alla nascita di nuove imprese e alla
crescita di quelle esistenti. Per questa ragione dovrebbe
esserle riconosciuto anche - e soprattutto - in Italia, il
ruolo strategico che essa per sua natura possiede.
Negli interventi di questo quaderno si fa riferimento alle
imprese globali: considerando come tali quelle strategicamente
sensibili ai fenomeni connessi con la dimensione spaziale e
con la diversita'.
Queste imprese hanno una significativa dispersione geografica
delle loro attivita' (di gestione del mercato, di
manufacturing, di R&D) e si configurano come reti.
Nei contributi qui raccolti, tali imprese vengono considerate
sotto l'aspetto dell'organizzazione e della gestione delle
attivita' strutturate di ricerca e sviluppo viste nel quadro
delle interconnessioni con le altre attivita' dell'impresa.
Oltre alla presentazione di Piero Bassetti, Presidente della
Camera di Commercio di Milano, e all'introduzione del
direttore del Centro di ricerca Mip di Strategia e gestione
strategica d'impresa Umberto Bertele', il lavoro contiene
altri tre saggi.
Il primo di essi, International Technology Development
Organisation: a Framework, scritto da Vittorio Chiesa -
dell'Itia-Cnr, responsabile del Progetto Strategia e
organizzazione della R&D del Centro Mip - esamina il tema
della internazionalizzazione della R&D, presentando le
tematiche piu' significative che negli ultimi decenni hanno
alimentato il dibattito scientifico; offre un quadro sinottico
delle teorie sulle strutture e sull'organizzazione della
ricerca a livello internazionale, integrando la rassegna della
letteratura con un'indagine empirica su un gruppo di imprese
diverse per area di base e per dimensione.
Il secondo saggio, Management of International R&D, e' curato
da Arnoud De Meyer, professore dell'Insead, e componente del
Comitato Scientifico del Centro Mip.
De Meyer centra la sua
attenzione sulla gestione delle R&D operations nelle imprese
transnazionali a "R&D distribuita". Si pone cioe' il problema
di come sia possibile ottenere buone performance da reti di
laboratori e centri di R&D fisicamente distanti e, pertanto,
sottratti al controllo diretto della sede madre.
La questione viene esaminata alla luce dei risultati di una
indagine empirica, e De Meyer fornisce alcune utili
indicazioni su quali sistemi di pianificazione, comunicazione
e gestione delle risorse umane si possano utilizzare per
neutralizzare gli svantaggi derivanti dalla distanza
(geografica e culturale) e per valorizzare viceversa le
potenzialita' connesse con la ricchezza e la diversita' delle
competenze disponibili.
L'ultimo saggio, International Product Development of Japanese
Firms: Product Group Coherence and Internal Isomorphism
Matrix, e' scritto a piu' mani da Kiyonori Sakakibara che
insegna New Product Development alla London Business School,
D. Eleanor Westney che insegna Management alla Sloan School
del Mit e M. Kosaka che presiede Athena Research.
Come si
deduce dal titolo, Sakakibara, Westney e Kosaka guardano
specificamente alle imprese giapponesi e alla scelta, sempre
piu' frequente, di abbandonare il modello organizzativo
centralizzato a favore di un nuovo modello basato sulla
diffusione delle unita' aziendali su scala internazionale.
Cio' sembra essere particolarmente vero per le attivita' di
R&D. In questo saggio si pone in evidenza come la
realizzazione di unita' di Ricerca e Sviluppo al di fuori dei
confini nazionali risponda in maniera crescente alla
necessita' di sottrarsi a taciti vincoli di conformita' di
comportamento tra aziende.
Cio' per soddisfare il desiderio di adottare nuovi paradigmi
scientifici e organizzativi che rappresentino una rottura
netta con le tradizionali - spesso insterilite - metodologie
per l'innovazione dei prodotti e lo sviluppo delle
tecnologie.
Le indicazioni contenute in questi saggi
rappresentano senz'altro un primo spunto sull'agenda per le
imprese e le istituzioni italiane, e gettano il seme per altre
e piu' specifiche analisi della realta' italiana. In questo
senso vanno le parole del Presidente della Camera di Commercio
di Milano nella presentazione del quaderno: ¦Mi sembra
importante che in Italia si cominci finalmente a studiare il
tema della globalizzazione non in astratto, ma per il suo
concreto impatto sulle vicende delle imprese e (aggiungo)
delle istituzioni.
Lo vedo come un segno di inizio di abbandono di quelle
abitudini al riferimento soltanto nazionale che sono cosi'
dure a morire e che costituiscono una componente importante
del nostro provincialismo".
Cio' e' tanto piu' vero quanto piu' si tiene conto che come
ricorda Bertele' nell'introduzione, nel nostro Paese:
-e' esiguo
il numero di imprese, a base italiana, che si possano
considerare come vere e proprie Itn;
-e' limitato il numero di
imprese, sia a base italiana che estera, con un'attivita'
strutturata di R&D in Italia di consistenza significativa;
-sono
poche, in generale, le imprese italiane che fruiscono di
differenziali competitivi di natura strettamente tecnologica:
essendo prevalente l'impiego, e l'eventuale miglioramento
attraverso procedimenti intuitivi, delle tecnologie messe a
punto da altri rispetto alla creazione di tecnologie proprie;
essendo prevalente l'innovazione da integrazione rispetto a
quella puntuale.
(Alberto Procacciante)
RAPPORTO IRS SUL MERCATO AZIONARIO, 1995
Realizzazione: Irs
Responsabile: Mario Mariani
Giunge finalmente a compimento il Rapporto Irs sul mercato
azionario per il 1995. Si tratta dell'ottavo Rapporto che
l'Osservatorio sul mercato azionario dell'Istituto per la
Ricerca Sociale elabora annualmente su questo argomento.
L'essenzialita' del titolo non inganni: piu' che una mera
certificazione dei risultati, questo volume e' il frutto di
un'attenta analisi del mercato azionario nazionale e
internazionale.
Tali mercati vengono qui considerati nella piu' ampia
prospettiva dei mutamenti macroeconomici mondiali e
dell'andamento dei mercati finanziari globali.
Se ne parliamo qui non e' solo perche' la Camera di Commercio
di Milano e' uno degli Enti che finanziano l'Osservatorio.
L'interesse della Camera per questi argomenti, infatti, tiene
conto del notevole impatto che il mercato azionario produce
sulla struttura produttiva del Paese.
Comprendere fisiologia e patologia dei mercati finanziari e',
pertanto, di cruciale importanza.
Il Rapporto '95 evidenzia la
particolare debolezza del mercato italiano, il quale - pur a
fronte di buone potenzialita' - subisce il pesante effetto
negativo delle variabili extra-economiche.
Gli estensori del Rapporto ricordano come il sostenuto
movimento al rialzo della Borsa italiana nei primi quattro
mesi del 1994, fondato sull'aspettativa di un rinnovamento
generale della classe politica e sulle attese di ripresa
economica, si sia nettamente invertito a maggio a causa del
prepotente aumento dei tassi di interesse, esaltato dalle
difficolta' che la coalizione di governo non fu in grado di
superare.
L'indice Mib dopo essere cresciuto del 32% toccando un massimo
il 10 maggio, e' poi costantemente diminuito chiudendo l'anno
con una modesta perdita (3,5% circa) (Figura 1).
Per questo mix di ragioni economiche e politiche la Borsa
italiana rimane ancora esclusa dal gruppo di quelle cui gli
investitori internazionali guardano con maggiore interesse.
I numeri, invece, consentirebbero ben altro ruolo: il volume
medio delle contrattazioni giornaliere e' quasi raddoppiato
rispetto all'anno precedente, sfondando cosi' il tetto dei 2
mila miliardi, ma la ristrettezza del listino non invoglia
ancora gli operatori stranieri a concentrare i loro sforzi su
questo mercato (il quale, tuttavia, si e' mostrato generoso
con le societa' quotate, consentendo loro l'accesso a oltre
13mila miliardi di capitali freschi). A questo riguardo, si
deve registrare, anche il diffuso disinteresse delle societa'
alla quotazione in Borsa. Circostanza - questa - con la quale
dovranno confrontarsi anche i progetti di realizzazione delle
Borse locali (Tabella 1).
La questione dei tassi d'interesse, poi, vede l'Italia in
posizione particolarmente delicata. Come viene ricordato nel
Rapporto, i cospicui rialzi messi a segno dalle Borse (europee
soprattutto) nel 1993 erano stati determinati dalla riduzione
dei tassi.
Sebbene in un senso del tutto diverso, il comportamento di
questi e' stato determinante per l'andamento delle Borse anche
nel 1994.
All'inizio dello scorso anno, infatti, l'effetto
favorevole della convergenza dei tassi europei verso i piu'
contenuti livelli di quelli statunitensi era ormai esaurito.
Si apriva, dunque, una nuova fase nella quale le Borse
venivano trainate dall'andamento delle economie e dalla
ripresa in Europa. Vi era, tuttavia, il diffuso timore che
potesse verificarsi un cedimento qualora la ripresa non fosse
stata abbastanza sostenuta da rimpiazzare i tassi come
riferimento per gli investitori. Questo timore si e' poi
rivelato infondato, ma l'inaspettato rialzo dei tassi a lungo
termine ha spinto verso il basso l'andamento delle Borse,
contrastando cosi' l'effetto benefico delle aspettative
sull'economia mondiale.
L'indice del sentimento del mercato, crescente in tutte le
Borse, e' stato sopraffatto dall'effetto tassi, orientando al
ribasso i corsi.
Posti di fronte all'inatteso aumento dei tassi a lungo termine
e alla reazione delle Borse, gli investitori sono rimasti
disorientati, nell'opinione pubblica si e' rafforzata l'idea
che i mercati finanziari siano irrazionali e che il loro
comportamento sia sempre meno legato all'andamento
dell'economia reale.
Come messo in evidenza da questi brevi cenni, i problemi sul
tappeto sono molti e non riguardano piu' soltanto la capacita'
delle nostre istituzioni di controllare cio' che avviene
all'interno dei confini nazionali.
Il sostegno che la Camera di Commercio di Milano fornisce a
questi studi si fonda proprio su questa consapevolezza.
La Borsa di Milano e' senz'altro una delle piu' importanti del
mondo, e sebbene soffra ancora del provincialismo di una parte
del mondo imprenditoriale italiano e dell'incertezza politica
che costantemente caratterizzano il nostro Paese, essa
costituisce sempre piu' lo specchio e la punta avanzata del
ruolo internazionale dell'Italia. In questo senso monitorare
la Borsa di Milano e monitorare l'economia italiana sono - di
fatto - la medesima cosa.
I mercati finanziari sono ormai perfettamente integrati,
l'economia reale si virtualizza e si mondializza nelle Borse
valori di tutto il mondo.
Ragionare in termini esclusivamente nazionali non e' piu'
possibile: la business community cresce oltre la nostra
capacita' di controllo e si estende fino a ogni computer
connesso ai circuiti telematici delle Borse di tutto il mondo.
I policy makers, dunque, non possono piu' rinunciare a capire
come "ragionino" i mercati.
Capire se e quanto i mercati siano irrazionali (o perche' essi
appaiano tali) e', allora, di cruciale importanza.
Un possibile criterio per indagare la variabilita' nelle
reazioni degli operatori e' quello di verificare come il
mercato racconti se stesso: e' appunto questo che Giangiacomo
Nardozzi, direttore dell'Osservatorio, tenta di fare
nell'appendice Il mercato interpreta la propria volatilita':
evidenze dalla Borsa di New York (1976-92) utili per un
miglior dialogo tra economisti e operatori.
Il titolo della sezione evoca la differenza di atteggiamento
con la quale gli operatori e gli economisti valutano
generalmente i medesimi avvenimenti. Mentre gli operatori
seguono e contribuiscono a realizzare i sentimenti del
mercato, gli economisti ragionano - invece - in termini di
fondamentali, ossia di tendenze e sostenibilita' degli
avvenimenti del mercato.
La mancanza di una sintesi tra i due approcci contribuisce a
ritenere incomprensibili e/o ingiustificabili (secondo l'uno o
l'altro approccio) i fatti osservati ex post. Nardozzi e l'Irs
propongono qui una sorta di "terza via", e nel fare cio'
recuperano l'approccio keynesiano che considera i mercati
finanziari non come mere repliche del mercato dei beni, ma
come realta' dotate di caratteristiche proprie.
La chiave con cui Keynes affronto' lo studio di questi mercati
era, per cosi' dire, empatica, egli tento', cioe', di calarsi
nei panni degli operatori e valutare la probabilita' e
l'incertezza di quei mercati con gli occhi di coloro che
quotidianamente dovevano misurarvisi.
In buona misura Keynes riusci' nel proprio intento, e l'Irs
tenta oggi di ripercorrere la stessa via attraverso le pagine
di commento borsistico del Wall Street Journal.
Quest'analisi conferma che gli operatori attribuiscono grande
importanza al tasso d'interesse e sono piu' sensibili alle
variabili di natura finanziaria che a quelle reali, salvo
quando i segnali siano tanto forti da indicare chiaramente le
reali tendenze dell'economia.
D'altro canto, da quest'indagine emerge anche un'altra realta'
sorprendente, e cioe': un identico livello delle variabili
significative, assume valenza diversa a seconda delle
circostanze "di contorno", e puo' - volta a volta -
determinare effetti di segno opposto sull'indice di
Borsa.
(Alberto Procacciante)