Impresa & Stato N°27 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

VERSO UNA POLITICA DI RIURBANIZZAZIONE

di Angelo Rossi


Se i segni premonitori reperibili attualmente in tutti i Paesi sviluppati non ingannano, negli anni Novanta assisteremo a un rilancio della politica urbana che cercherà di mediare soluzioni atte a soddisfare da un lato le legittime aspirazioni dei cittadini a una qualità della vita più elevata e dall'altro le altrettanto legittime esigenze degli operatori economici assillati dalla concorrenza sempre più intensa a livello nazionale e a livello internazionale. Delle caratteristiche di questo rilancio e di alcuni dei suoi contenuti parleremo in questo articolo. Nella parte che segue cercheremo di riassumere la situazione in materia di sviluppo urbano, così come essa si presenta all'inizio dell'ultimo decennio di questo secolo.

MUTAMENTO STRUTTURALE ED EVOLUZIONE DELLE REGIONI URBANE

Chiudendo la parte del suo interessante saggio sulle democrazie industriali dedicata all'evoluzione del processo di urbanizzazione nel corso degli ultimi decenni, G. Di Meo scriveva, alla fine degli anni Ottanta: <> (Di Meo, 1988). Questa citazione ci sembra esprima più di un lungo discorso l'incertezza che attualmente prevale in molte analisi del processo di urbanizzazione.
In un periodo di transizione come quello nel quale viviamo é in effetti difficile fare la giusta parte tra le nuove tendenze che stanno modificando non solo l'assetto dei sistemi urbani nazionali ma, addirittura, potrebbero concorrere a creare una nuova gerarchia di centri a livello internazionale, e le tendenze che avevano caratterizzato l'evoluzione dei sistemi urbani nazionali nei primi tre decenni del dopoguerra. Interpretazioni del fenomeno urbano che avevano per anni fatto l'unanimità degli esperti sono ora rimesse in discussione senza però che dalla critica emergano alternative che siano già state sottoposte alla prova dei fatti.
Si critica l'idea di W. Christaller che la città sia una località centrale ossia un punto fisso all'interno di un'area, delimitata dai costi di trasporto, nel quale sarebbero concentrate tutte le funzioni urbane, dal polo direzionale all'università, dall'ospedale regionale ai musei e ai teatri (W. Christaller, 1933). La critica di questa teoria tende a mettere in evidenza le funzioni di motore o di relais che una città si assume all'interno della struttura urbana nazionale e di quella internazionale.
Per i critici della teoria delle località centrali, le funzioni urbane tenderebbero oggi a dividersi in due gruppi: le funzioni che si rivolgono all'area di approvvigionamento e di mercato immediatamente adiacente al polo e le funzioni che si rivolgono invece al resto del mondo. In molti casi é difficile operare una separazione netta tra questi due tipi. Anche la teoria del ciclo urbano, che era stata formulata all'inizio degli anni Ottanta, per spiegare le caratteristiche spaziali del processo di urbanizzazione viene oggi criticata.
Questa teoria considerava la città come una regione polarizzata, distinguendo all'interno della stessa il polo urbano dalla sua corona o dalle sue corone (van den Berg e altri, 1982). L'evoluzione della città nello spazio é caratterizzata da fasi alternanti di concentrazione e di deconcentrazione.
All'inizio del processo di industrializzazione la città conosce una forte crescita per l'operare congiunto di diverse tendenze alla concentrazione. Una volta che un certo livello di sviluppo viene raggiunto, si nota però una tendenza alla suburbanizzazione della popolazione e delle attività economiche che porta allo sviluppo delle corone degli agglomerati. Al suo apice questo processo é caratterizzato dalla decadenza del centro (in termini demografici e di occupazione) e dallo sviluppo sempre più marcato della periferia dell'agglomerato e delle aree situate oltre la frontiera dello stesso. Nella maggioranza dei Paesi europei, il processo di urbanizzazione ha seguito nel dopoguerra l'evoluzione dalla concentrazione alla suburbanizzazione. Si può anche affermare che il ritmo di successione delle fasi si sia trasmesso almeno per quel che riguarda i primi tre decenni dalle città maggiori a quelle di dimensioni inferiori. La critica sostiene tuttavia che questa interpretazione presenta almeno tre punti deboli:
-in primo luogo essa non é in grado di precisare le cause del ciclo spaziale;
-in secondo luogo essa non sembra essere in grado di razionalizzare alcuni nuovi aspetti del processo di urbanizzazione, manifestatisi a partire dalla metà degli anni Settanta, con l'apparire del processo di deindustrializzazione;
- infine l'interpretazione in questione non é in grado di pronunciarsi sulla fattibilità dell'ultima fase del ciclo: la fase di riurbanizzazione.
Secondo noi il senso generale di queste critiche alle interpretazioni del processo di urbanizzazione é che queste teorie non riescono più a dare una visione apprezzabile dello sviluppo urbano perchè il quadro di riferimento socio- economico in relazione al quale queste teorie erano maturate é oggi sostanzialmente cambiato. Si parla a questo proposito di mutamento strutturale e nella maggioranza dei casi ci si riferisce alla perdita di peso del settore industriale e all'importanza crescente del settore terziario (in termini di quote nell'occupazione), con la conseguente decadenza di regioni urbane come la Ruhr, la regione mineraria del Belgio, quella del Nord della Francia, le città del Massiccio centrale francese, quelle del Nord dell'inghilterra e della Scozia, che furono, nel periodo della ricostruzione, le regioni trainanti delle economie dei rispettivi Paesi. Ma il mutamento nella struttura dell'occupazione é legato a un fascio di cause e concause che hanno giocato e giocano un ruolo nell'evoluzione del processo di urbanizzazione, nel corso degli ultimi anni. Nell'impossibilità di costruire un modello che ne dia una rappresentazione in termini di relazioni causali, ci accontenteremo di elencare alcuni di questi fenomeni qui di seguito, il cui impatto sullo sviluppo urbano viene tra l'altro approfondito in altri contributi in questa rivista:
1-a livello dell'economia:
-la tendenza dell'economia alla globalizzazione;
-l'intensificarsi della concorrenza a livello internazionale e nazionale; una concorrenza che dipende più dalle capacità organizzative e dalle competenze che dai costi di produzione;
-lo svilupparsi dell'economia dei servizi e le trasformazioni nel processo di produzione;
-la ricerca di tipi di organizzazione meno gerarchica e maggiormente flessibile all'interno delle organizzazioni dell'economia;
-l'aumentato grado di incertezza e la ricerca di maggiore flessibilità e reversibilità nelle organizzazioni produttive (Veltz, 1993).
2-Per quel che concerne la società:
-l'invecchiamento della popolazione;
-la ripresa delle migrazioni a livello internazionale e, in relazione a questo fenomeno, l'acuirsi del fenomeno di intolleranza religiosa e razziale;
-la perdita di importanza del nucleo familiare tradizionale;
-il peggioramento della qualità della vita nei centri urbani dovuto all'aumento della criminalità e all'intensificarsi dell'inquinamento e del degrado ambientale;
- il rapido aumento della mobilità e la tecnologizzazione della comunicazione e i loro effetti sul grado di anomia e sul grado di compattezza delle società urbane.
Per effetto di questi fenomeni e tendenze, sia il principio di organizzazione gerarchica dei centri di Christaller, sia il principio del ciclo urbano sembrano avere perso una parte della loro rilevanza. Nelle analisi più recenti, che insistono sull'importanza dell'innovazione tecnologica nello sviluppo dei centri urbani, si fa di frequente appello alla nozione di reti di centri urbani. La rete di centri urbani si sviluppa o per generazione spontanea come effetto del prolungarsi dei fenomeni di suburbanizzazione oltre i limiti dell'agglomerato, oppure come fenomeno organizzato dai poteri pubblici, o da operatori del settore privato, che intendono con la creazione della rete rafforzare le complementarità e dar vita a nuove sinergie tra i centri urbani di una stessa regione o nazione (Camagni, 1993).
E' in questo quadro di nuove tendenze e di incertezze quanto alla possibilità di interpretare l'evoluzione in atto e anticipare il futuro che vogliamo inserire il discorso sulle politiche di riurbanizzazione che svilupperemo nel resto di questo articolo. Nella teoria del ciclo urbano la riurbanizzazione dovrebbe costituire la fase finale del ciclo, o, se vogliamo, la fase iniziale di un nuovo ciclo di lungo termine, caratterizzata dal riaffluire della popolazione e delle attività economiche nel polo della regione urbana. Come é già stato ricordato, gli autori della teoria del ciclo urbano non spiegano in che modo la fase di riurbanizzazione potrebbe essere attuata. Alla luce dell'evoluzione in corso in diverse aree urbane europee, ci sembra tuttavia di poter affermare che la riurbanizzazione, nel senso di un ritorno della popolazione e delle attività economiche nel polo urbano, non si realizzerà per effetto delle forze di mercato come era stato il caso delle altre fasi del ciclo ma solo in seguito a un deciso intervento di politica urbana, promosso e sostenuto dall'Ente pubblico e, in primis, dalle autorità locali.
Nuovi indirizzi di politica urbana saranno necessari per ottenere che il nucleo centrale dell'agglomerato venga rivalorizzato come localizzazione per le attività economiche e, in particolare, per le attività del settore dei servizi.
D'altra parte, senza un'attenzione accresciuta alla qualità della vita nei centri urbani, il ritorno in città della popolazione non si realizzerà. Da questo punto di vista saranno importanti i passi che le autorità regionali e locali saranno disposte a compiere sia in materia di politica dell'abitazione, sia in materia di politica di protezione ambientale. Della politica di riurbanizzazione come politica di rivalorizzazione della città parleremo nelle prossime pagine.
Nella parte che segue, La città a misura d'uomo, ci occuperemo delle politiche della città a misura d'uomo, ossia di quelle misure e iniziative con le quali si intende migliorare la qualità della vita nei centri urbani. Seguirà La città imprenditrice che sarà invece dedicata all'esame delle misure che intendono promuovere lo sviluppo delle attività economiche nella città, politiche che noi abbiamo definito della città imprenditrice. Prima di entrare in materia precisiamo che questa suddivisione é stata scelta per dare una visione organica dello stato attuale del dibattito sulle politiche urbane. Nelle esperienze pratiche le strategie scelte dalle autorità locali e regionali assommano di frequente misure intese a migliorare l'attrattività della città per i suoi abitanti a misure di promovimento economico.

LA CITTA' A MISURA D'UOMO

La città a misura d'uomo é lo slogan con cui nelle regioni urbane di lingua tedesca, alla fine degli anni Settanta e all'inizio degli anni Ottanta si cercò di definire un nuovo orientamento della politica urbana che si staccava dai piani di sviluppo del periodo della ricostruzione e del periodo di crescita immediatamente seguente, piani che puntavano sulla separazione delle funzioni, in particolare sulla separazione tra spazio residenziale e spazio produttivo, e consideravano che la rete di strade e autostrade interne all'agglomerato sarebbe bastata ad assicurare le relazioni tra le diverse zone di specializzazione funzionale dello stesso. Nella versione della fine degli anni Ottanta, inizio anni Novanta, la città a misura d'uomo persegue come finalità principale il miglioramento della qualità della vita. I cittadini devono riappropriarsi della città che ridiventa un luogo nel quale vale la pena vivere.
La politica della città a misura d'uomo o della città nella quale prevale un orientamento di crescita qualitativa non si traduce in un programma predefinito di misure applicabili a ogni situazione, ma riceve da nazione a nazione, da città a città, interpretazioni diverse, a seconda della gravità dei problemi che le autorità locali e regionali devono risolvere e a seconda della loro sensibilità e inclinazioni in materia di politica urbana.
Si può affermare arrischiando di cadere nella generalizzazione grossolana che nei Paesi latini le politiche urbane che si propongono finalità del tipo della città a misura d'uomo portano un'attenzione particolare al problema dell'abitazione, mentre nei Paesi di lingua tedesca queste politiche insistono maggiormente sui problemi dell'inquinamento e del degrado ambientale.
Nel settore della politica dell'abitazione, l'inizio della trasformazione strutturale coincide con una modificazione essenziale delle politiche statali di sostegno, una modificazione che si é manifestata, in misura più o meno grande, a seconda del grado di coinvolgimento del settore pubblico nella costruzione di appartamenti, in tutti i Paesi europei. I casi del Regno Unito e della Francia sono, forse più di quelli di altri Paesi, rappresentativi della natura di questa trasformazione. Di nuovo arrischiando la generalizzazione, possiamo affermare che la modificazione in questione é caratterizzata da un sostanziale spostamento di accento nei confronti di alcune tra le finalità perseguite dalla politica urbana dell'alloggio. Questo spostamento di accento riguarda in primo luogo il tipo di unità residenziale: mentre la politica dell'immediato dopoguerra e degli anni Sessanta era orientata verso la realizzazione di grandi complessi residenziali, localizzati spesso alla periferia della città, complessi che pongono oggi numerosi problemi non solo dal profilo della manutenzione, ma anche dal profilo sociale, il nuovo orientamento vede l'Ente pubblico in conseguenza anche del venir meno delle risorse da destinare agli investimenti ritirarsi, per così dire, dalla fase di costruzione per concentrare il suo aiuto su misure che dovrebbero facilitare l'accesso alla proprietà e, quindi, la costruzione di unità residenziali più piccole, sia in città che alla periferia della stessa, nella corona dell'agglomerato. In relazione a questa tendenza si parla anche di privatizzazione della politica dell'alloggio.
E' giusto però osservare che nella maggioranza dei casi non si tratta tanto di privatizzazione quanto di un processo nel quale allo Stato e alla sua burocazia si sostituiscono, specie nella gestione del patrimonio immobiliare, nuovi tipi di organizzazione mista, (cooperative e associazioni varie) che di regola sono fortemente ancorate nella realtà politica e sociale locale. Lo spostamento di accento di cui si é detto riguarda in secondo luogo le aree di intervento dell'Ente pubblico. Mentre nel periodo della ricostruzione lo Stato finanziava la costruzione nei nuovi quartieri alla periferia della città, oggi l'aiuto pubblico si orienta in egual misura verso il risanamento e l'ammodernamento dei quartieri storici del centro cittadino come pure dei quartieri cittadini sorti, alla fine del secolo scorso o all'inizio di questo secolo, in quello che fu il periodo di maggior espansione edilizia delle grandi città europee, prima del secondo dopoguerra.Questo nuovo orientamento della politica dello Stato nel settore abitativo non si é attuato e non si attua senza opposizioni perchè vi é chi considera la promozione dell'accesso alla proprietà e il risanamento dei quartieri storici del centro come una politica dell'abitazione nell'interesse esclusivo dei ceti abbienti e sfavorevole alle cerchie di popolazione meno ricche, in particolare agli immigrati che, in molti casi, rappresentano la componente di popolazione più importante sia nei grandi complessi residenziali sorti alla periferia delle città, sia nei quartieri storici del centro, destinati al risanamento. In qualche caso queste tensioni (si veda in particolare l'esempio dell'Olanda, della Danimarca e del Regno Unito) hanno portato anche a vere e proprie battaglie politiche nelle quali l'interesse delle cerchie di popolazione meno abbiente era rappresentato e difeso dalle autorità locali che si schieravano contro i progetti di risanamento integrale o le proposte di modificazione dell'intervento statale in favore dell'alloggio avanzate dal governo centrale.
L'inquinamento é invece all'origine di altre battaglie politiche. Raccolta e distruzione dei rifiuti solidi, inquinamento dell'aria, rumore sono costi sociali particolarmente elevati nelle zone ad alta densità. Rispondendo agli imperativi dell'efficienza economica le autorità locali e regionali promuovono politiche il cui fine é l'nternalizzazione di questi costi. Per quel che riguarda i rifiuti ci si orienta verso l'adozione di tariffe che internalizzano il costo sociale (forte aumento del prezzo della raccolta con l'aumento della quantità di rifiuti), mentre sia nei riguardi del rumore che in relazione all'inquinamento dell'aria, l'orientamento prevalente é quello di promuovere il trasporto pubblico, discriminando, con misure di vario tipo, l'automobile privata. La strategia in favore del trasporto pubblico comporta l'adozione di misure su scala diversa e fa intervenire poteri pubblici ai diversi livelli istituzionali. Mentre la creazione di zone pedonali, le misure di gestione delle aree di parcheggio in città, intese a discriminare i pendolari e a favorire i residenti, le misure di rallentamento del traffico all'interno della città e lungo gli assi di accesso alla stessa, fanno parte normalmente delle politiche di lotta all'inquinamento e al degrado ambientale di competenza delle autorità cittadine, la realizzazione delle infrastrutture di trasporto pubblico nell'agglomerato (metropolitane, reti ferroviarie intraurbane) e la creazione di organizzazioni per il trasporto pubblico a livello dell'agglomerato, che devono assicurare l'esercizio delle infrastrutture e dei mezzi di trasporto, domandano la creazione di Enti a livello dell'agglomerato, ai quali parteciperanno non solo i comuni dello stesso, ma anche la regione e, in molti casi, il governo centrale o le aziende nazionali di trasporto (ferrovie, compagnie aeree).
Il problema della promozione dei trasporti pubblici a livello dell'agglomerato incontra nei Paesi nei quali si sta procedendo alla privatizzazione delle ferrovie difficoltà supplementari perchè con la privatizzazione viene a mancare immediatamente, o a medio termine il sostegno finanziario del governo centrale. Conciliare la finalità delle autorità locali e regionali in materia di lotta contro l'inquinamento in area urbana mediante la promozione del trasporto pubblico con la finalità dello Stato centrale orientato verso la privatizzazione delle ferrovie, per poter ridurre il carico dei sussidi ai mezzi di trasporto pubblico, é la sfida che le organizzazioni di trasporto pubblico urbano dei Paesi europei dovranno affrontare durante gli anni Novanta.
Il terzo aspetto importante della politica della città a misura d'uomo é la lotta contro la criminalità e la violenza. Si sa che il tasso di criminalità aumenta con l'aumentare della densità e della dimensione degli agglomerati urbani. Le grandi città europee sono da sempre state confrontate con questo tipo di problema. Nel corso degli ultimi due decenni, tuttavia, la criminalità é aumentata ovunque, anche in città che in precedenza si ritenevano sicure e al riparo da questa piaga. In parte questa tendenza é dovuta al propagarsi della criminalità organizzata a livello internazionale, uno degli aspetti poco piacevoli dell'aumentata mobilità della popolazione.
In buona parte tuttavia l'aumento della criminalità é da mettere in relazione con il peggioramento della situazione economica. Le città non sono solo i motori delle economie nazionali. Esse non sono solo le sedi delle attività economiche di maggiore importanza, i luoghi di produzione ad alta produttività che occupano la manodopera più qualificata del Paese.
Nelle città si concentrano anche la disoccupazione e i casi sociali, cosicchè l'immagine della società divisa in due o in tre classi, che é stata coniata per descrivere il rafforzarsi, nel corso degli ultimi due decenni, di quello che viene definito il fenomeno della nuova povertà, si applica soprattutto alle città. La città degli immigrati extra-comunitari, dei ghetti, la città dei poveri, dei disoccupati, la città delle persone sole, degli emarginati, l'altra faccia della città insomma é l'ambiente nel quale la criminalità nasce e si sviluppa. Osserviamo che anche in relazione al problema della criminalità l'esempio più calzante, da questo profilo, é quello della lotta contro la droga le autorità locali sono chiamate a sviluppare nuovi programmi e strategie che non di rado si urtano a legislazioni repressive esistenti a livello nazionale, che si rivelano inadatte per combattere il problema laddove si concentra, ossia nei grandi agglomerati urbani. L'esperienza di questi ultimi anni insegna che combattere la criminalità con misure di polizia repressive non basta: per ottenere risultati veramente efficaci occorre trovare i mezzi per un rilancio economico della città. Di questa esigenza vogliamo occuparci nella parte che segue, dedicata alla politica urbana della città imprenditrice.

LA CITTA IMPRENDITRICE

Quando si passano in rassegna le esperienze pratiche, si nota che l'esigenza di dotare la città e, in particolare, la grande città di una politica di sviluppo economico si é manifestata nel corso degli ultimi due decenni come reazione a tendenze di sviluppo contrastanti. Vi é dapprima la politica di rilancio e diversificazione delle attività economiche con la quale si cerca di fronteggiare le conseguenze negative sull'impiego provocate dal processo di deindustrializzazione. Questo tipo di politica é osservabile in particolare nelle regioni urbane tedesche, britanniche francesi, o spagnole per non parlare dell'Italia che vivevano dell'acciaio, del tessile o dei cantieri navali. Il problema in questo caso é quello di trovare nuove attività al di fuori dei settori tradizionali per riassorbire, almeno parzialmente, la forte disoccupazione di queste città.
Diverso é invece il caso delle capitali economiche dei diversi Paesi, o delle città ad alto tasso di specializzazione terziaria nelle quali la politica economica é concepita per rafforzare la posizione concorrenziale di queste città che, di solito, sono quelle economicamente più fiorenti, posizione che é, o potrebbe essere minacciata nel futuro, in seguito all'avanzare dei processi di liberalizzazione e di integrazione economica, da altre città situate in altre regioni europee.
Gli strumenti con i quali queste finalità ristrutturazione della base economica, rafforzamento della posizione concorrenziale vengono perseguite sono in qualche caso comuni: si pensi all'esempio delle enterprise zones britanniche che furono create per rilanciare le attività economiche in aree urbane degradate e furono utilizzate sia nelle regioni in via di ristrutturazione, sia nella capitale. In generale però le due strategie si differenziano anche a livello operativo. Notiamo che se la politica di ristrutturazione delle regioni urbane di vecchia tradizione industriale si basa quasi sempre su programmi finanziati dal governo centrale la sua attuazione si fa con il concorso di organizzazioni regionali e locali.
Da questo profilo le esperienze forse più interessanti sono quelle delle agenzie di sviluppo regionali si vedano in particolare i casi di Leeds, Birmingham e Manchester create in diverse regioni urbane di vecchia tradizione industriale per cercare di insediare nuove attività, atte a rigenerare il tessuto industriale della città. Non di rado queste agenzie o organizzazioni di sviluppo urbano si costituiscono e operano associando l'Ente pubblico a organizzazioni del settore privato.
La politica di rafforzamento della posizione concorrenziale segue invece altre vie. Essa si basa su un complesso di misure che vengono concepite e attuate a livelli istituzionali diversi. Un elemento sempre più importante di questa politica é rappresentato dalle infrastrutture nazionali e internazionali di trasporto. Per la sua realizzazione esso domanda di coinvolgere il governo centrale. Si tratta delle prospettive relative all'evoluzione del trasporto aereo (costruzione di nuovi aeroporti) e della rete stradale, ma anche, con importanza crescente, dei piani relativi alle reti ferroviarie ad alta velocità e alla localizzazione delle stazioni su queste nuove linee di trasporto rapido internazionale. Si tratta ancora del problema dei nuovi mezzi di telecomunicazione e dei piani nazionali mediante i quali le reti di supporto di tali mezzi saranno realizzate. In relazione a queste infrastrutture la politica di sviluppo urbano é ancora fortemente dipendente dal governo nazionale.
In altri campi di intervento, invece, essa si rende sempre più indipendente dagli interessi politici nazionali e assume identità e caratteristiche regionali o locali. Questa costatazione é confermata anche dalla Tabella 1, che abbiamo tratto da un libro, recentemente pubblicato da Kresl, e dedicato alle politiche urbane di rafforzamento della posizione concorrenziale.
Anche da questa tabella emerge in primo luogo l'importanza delle infrastrutture di trasporto e di quelle per la comunicazione, la cui realizzazione si eccettuano i sistemi di trasporto intraurbani é quasi sempre di spettanza del governo centrale.
Ma accanto a queste politiche anche la politica in favore dell'insediamento di servizi per le imprese e la politica per il miglioramento dell'attrattività, domini nei quali l'iniziativa delle autorità locali e regionali può assumere un ruolo decisivo, risultano egualmente molto importanti (Burkhalter, Ramseier, 1992). Lo dimostrano sia gli sforzi di molte città (Parigi, Londra, Barcellona, Milano, ma anche Francoforte e Monaco di Baviera, per non parlare del piano di sviluppo di Berlino) orientati verso la creazione di nuovi centri direzionali situati spesso in prossimità, o addirittura sopra le stazioni ferroviarie (si vedano i casi della Part-Dieu a Lione, della stazione Kings Cross a Londra, o della stazione Garibaldi a Milano) oppure verso la costruzione di singoli edifici o di gruppi interi di edifici e quartieri di grande qualità architetturale nei quali dovrebbero inserirsi attività culturali o sportive di importanza internazionale (teatri, musei, sale di concerto, stadi eccetera).
Esempi recenti di questo secondo tipo di strutture per il miglioramento dell'attrattività sono l'Opera della Bastiglia a Parigi, la riva dei musei a Francoforte, il Centro Barbican a Londra, le nuove piazze di Barcellona, gli stadi di calcio delle città italiane. L'urbanistica si mette al servizio di queste politiche che vogliono incrementare l'attrattività della città, offrendo opere di grande qualità architettonica che contribuiscono a migliorare l'immagine della città o a crearne una nuova, laddove la stessa finora era praticamente inesistente.
In conclusione possiamo ricordare che gli anni Ottanta e Novanta di questo secolo sono caratterizzati, dal profilo economico, ma anche in relazione a numerosi fenomeni di natura sociale, dal mutamento delle strutture che si erano sviluppate durante il periodo della ricostruzione bellica. La perdita di importanza di attività industriali tradizionali da un lato e l'emergere in relazione ai progressi della politica di liberalizzazione e di integrazione europea di un fenomeno di concorrenza tra localizzazioni urbane a livello internazionale sembrano aver messo parzialmente fuori gioco le interpretazioni tradizionali dello sviluppo urbano nello spazio. Alla teoria delle località centrali si sostituisce oggi il concetto di reti di centri urbani, la deconcentrazione della popolazione e delle attività economiche prevista dalla teoria del ciclo urbano si vorrebbe sostituire con la riurbanizzazione delle stesse in forza di una politica di rivalorizzazione della città.
Come abbiamo fatto rilevare nel testo di questo articolo questa politica di rivalorizzazione si propone da un lato di migliorare la qualità della vita, l'attrattività residenziale della città, mentre dall'altro essa cerca di rilanciare le attività economiche o di migliorare la posizione concorrenziale della città nel quadro della concorrenza internazionale. I pochi esempi che abbiamo citato dimostrano due cose:
-in primo luogo che la politica di riurbanizzazione é possibile ma che essa impegna in misura sempre maggiore le autorità locali e regionali e le organizzazioni di tipo misto nelle quali si realizza la collaborazione tra il settore pubblico e il settore privato;
-in secondo luogo che finalità e mezzi di questa politica variano a seconda della struttura di produzione della città, ma anche e soprattutto a seconda della sua vocazione internazionale.R. Burkhalter, U. Ramseier, Stèdtebauliche Entwicklungstrends in Europa, Programma nazionale di ricerca Città e Trasporti, rapporto n. 7, Zurigo, 1992.
R. Camagni, Organisation èconomique et rèseaux de villes, in A. Sallez, Les villes lieux d'Europe, datar/editions de l'aube, Parigi, p. 107-128, 1993.
W. Christaller, Die zentrale Orten in Sƒddeutschland, Fischer, Jena, 1993.
G. Di Meo, Les dèmocraties industrielles: crise et mutation de l'espace, Masson, Collection Gèographie, Parigi, 1988.P.K. Kresl, The urban economy and Regional Trade Liberalization, Praeger, Londra, 1992.
L. Van den Berg, R. Drewett, L. H. Klaassen, A. Rossi, C. H. T. Vijverberg, Urban Europe, A Study of growth and decline, Pergamon Press, Oxford, 1982.
P. Veltz, Logiques d'entreprise et territoires, in M. Savy, P. Veltz, Les nouveaux espaces de l'entreprise, datar/editions de l'aube, Parigi, p. 47-80, 1993.