di Angelo Rossi
MUTAMENTO STRUTTURALE ED EVOLUZIONE DELLE REGIONI URBANE
Chiudendo la parte del suo
interessante saggio sulle democrazie industriali dedicata
all'evoluzione del processo di urbanizzazione nel corso degli
ultimi decenni, G. Di Meo scriveva, alla fine degli anni Ottanta:
< LA CITTA' A MISURA D'UOMO La città a misura
d'uomo é lo slogan con cui nelle regioni urbane di lingua tedesca,
alla fine degli anni Settanta e all'inizio degli anni Ottanta si
cercò di definire un nuovo orientamento della politica urbana che
si staccava dai piani di sviluppo del periodo della ricostruzione
e del periodo di crescita immediatamente seguente, piani che
puntavano sulla separazione delle funzioni, in particolare sulla
separazione tra spazio residenziale e spazio produttivo, e
consideravano che la rete di strade e autostrade interne
all'agglomerato sarebbe bastata ad assicurare le relazioni tra le
diverse zone di specializzazione funzionale dello stesso. Nella
versione della fine degli anni Ottanta, inizio anni Novanta, la
città a misura d'uomo persegue come finalità principale il
miglioramento della qualità della vita. I cittadini devono
riappropriarsi della città che ridiventa un luogo nel quale vale
la pena vivere. LA CITTA IMPRENDITRICE Quando si passano
in rassegna le esperienze pratiche, si nota che l'esigenza di
dotare la città e, in particolare, la grande città di una politica
di sviluppo economico si é manifestata nel corso degli ultimi due
decenni come reazione a tendenze di sviluppo contrastanti. Vi é
dapprima la politica di rilancio e diversificazione delle attività
economiche con la quale si cerca di fronteggiare le conseguenze
negative sull'impiego provocate dal processo di
deindustrializzazione. Questo tipo di politica é osservabile in
particolare nelle regioni urbane tedesche, britanniche francesi, o
spagnole per non parlare dell'Italia che vivevano dell'acciaio,
del tessile o dei cantieri navali. Il problema in questo caso é
quello di trovare nuove attività al di fuori dei settori
tradizionali per riassorbire, almeno parzialmente, la forte
disoccupazione di queste città. R.
Burkhalter, U. Ramseier, Stèdtebauliche Entwicklungstrends in
Europa, Programma nazionale di ricerca Città e Trasporti, rapporto
n. 7, Zurigo, 1992.
In un periodo di transizione come quello nel
quale viviamo é in effetti difficile fare la giusta parte tra le
nuove tendenze che stanno modificando non solo l'assetto dei
sistemi urbani nazionali ma, addirittura, potrebbero concorrere a
creare una nuova gerarchia di centri a livello internazionale, e
le tendenze che avevano caratterizzato l'evoluzione dei sistemi
urbani nazionali nei primi tre decenni del dopoguerra.
Interpretazioni del fenomeno urbano che avevano per anni fatto
l'unanimità degli esperti sono ora rimesse in discussione senza
però che dalla critica emergano alternative che siano già state
sottoposte alla prova dei fatti.
Si critica l'idea di W.
Christaller che la città sia una località centrale ossia un punto
fisso all'interno di un'area, delimitata dai costi di trasporto,
nel quale sarebbero concentrate tutte le funzioni urbane, dal polo
direzionale all'università, dall'ospedale regionale ai musei e ai
teatri (W. Christaller, 1933). La critica di questa teoria tende a
mettere in evidenza le funzioni di motore o di relais che una
città si assume all'interno della struttura urbana nazionale e di
quella internazionale.
Per i critici della teoria delle località
centrali, le funzioni urbane tenderebbero oggi a dividersi in due
gruppi: le funzioni che si rivolgono all'area di
approvvigionamento e di mercato immediatamente adiacente al polo e
le funzioni che si rivolgono invece al resto del mondo. In molti
casi é difficile operare una separazione netta tra questi due
tipi. Anche la teoria del ciclo urbano, che era stata formulata
all'inizio degli anni Ottanta, per spiegare le caratteristiche
spaziali del processo di urbanizzazione viene oggi criticata.
Questa teoria considerava la città come una regione polarizzata,
distinguendo all'interno della stessa il polo urbano dalla sua
corona o dalle sue corone (van den Berg e altri, 1982).
L'evoluzione della città nello spazio é caratterizzata da fasi
alternanti di concentrazione e di deconcentrazione.
All'inizio del
processo di industrializzazione la città conosce una forte
crescita per l'operare congiunto di diverse tendenze alla
concentrazione. Una volta che un certo livello di sviluppo viene
raggiunto, si nota però una tendenza alla suburbanizzazione della
popolazione e delle attività economiche che porta allo sviluppo
delle corone degli agglomerati. Al suo apice questo processo é
caratterizzato dalla decadenza del centro (in termini demografici
e di occupazione) e dallo sviluppo sempre più marcato della
periferia dell'agglomerato e delle aree situate oltre la frontiera
dello stesso. Nella maggioranza dei Paesi europei, il processo di
urbanizzazione ha seguito nel dopoguerra l'evoluzione dalla
concentrazione alla suburbanizzazione. Si può anche affermare che
il ritmo di successione delle fasi si sia trasmesso almeno per
quel che riguarda i primi tre decenni dalle città maggiori a
quelle di dimensioni inferiori. La critica sostiene tuttavia che
questa interpretazione presenta almeno tre punti deboli:
-in primo
luogo essa non é in grado di precisare le cause del ciclo
spaziale;
-in secondo luogo essa non sembra essere in grado di
razionalizzare alcuni nuovi aspetti del processo di
urbanizzazione, manifestatisi a partire dalla metà degli anni
Settanta, con l'apparire del processo di deindustrializzazione;
-
infine l'interpretazione in questione non é in grado di
pronunciarsi sulla fattibilità dell'ultima fase del ciclo: la fase
di riurbanizzazione.
Secondo noi il senso generale di queste
critiche alle interpretazioni del processo di urbanizzazione é che
queste teorie non riescono più a dare una visione apprezzabile
dello sviluppo urbano perchè il quadro di riferimento socio-
economico in relazione al quale queste teorie erano maturate é
oggi sostanzialmente cambiato. Si parla a questo proposito di
mutamento strutturale e nella maggioranza dei casi ci si riferisce
alla perdita di peso del settore industriale e all'importanza
crescente del settore terziario (in termini di quote
nell'occupazione), con la conseguente decadenza di regioni urbane
come la Ruhr, la regione mineraria del Belgio, quella del Nord
della Francia, le città del Massiccio centrale francese, quelle
del Nord dell'inghilterra e della Scozia, che furono, nel periodo
della ricostruzione, le regioni trainanti delle economie dei
rispettivi Paesi. Ma il mutamento nella struttura dell'occupazione
é legato a un fascio di cause e concause che hanno giocato e
giocano un ruolo nell'evoluzione del processo di urbanizzazione,
nel corso degli ultimi anni. Nell'impossibilità di costruire un
modello che ne dia una rappresentazione in termini di relazioni
causali, ci accontenteremo di elencare alcuni di questi fenomeni
qui di seguito, il cui impatto sullo sviluppo urbano viene tra
l'altro approfondito in altri contributi in questa rivista:
1-a
livello dell'economia:
-la tendenza dell'economia alla
globalizzazione;
-l'intensificarsi della concorrenza a livello
internazionale e nazionale; una concorrenza che dipende più dalle
capacità organizzative e dalle competenze che dai costi di
produzione;
-lo svilupparsi dell'economia dei servizi e le
trasformazioni nel processo di produzione;
-la ricerca di tipi di
organizzazione meno gerarchica e maggiormente flessibile
all'interno delle organizzazioni dell'economia;
-l'aumentato grado
di incertezza e la ricerca di maggiore flessibilità e
reversibilità nelle organizzazioni produttive (Veltz, 1993).
2-Per
quel che concerne la società:
-l'invecchiamento della popolazione;
-la ripresa delle migrazioni a livello internazionale e, in
relazione a questo fenomeno, l'acuirsi del fenomeno di
intolleranza religiosa e razziale;
-la perdita di importanza del
nucleo familiare tradizionale;
-il peggioramento della qualità
della vita nei centri urbani dovuto all'aumento della criminalità
e all'intensificarsi dell'inquinamento e del degrado ambientale;
-
il rapido aumento della mobilità e la tecnologizzazione della
comunicazione e i loro effetti sul grado di anomia e sul grado di
compattezza delle società urbane.
Per effetto di questi fenomeni e
tendenze, sia il principio di organizzazione gerarchica dei centri
di Christaller, sia il principio del ciclo urbano sembrano avere
perso una parte della loro rilevanza. Nelle analisi più recenti,
che insistono sull'importanza dell'innovazione tecnologica nello
sviluppo dei centri urbani, si fa di frequente appello alla
nozione di reti di centri urbani. La rete di centri urbani si
sviluppa o per generazione spontanea come effetto del prolungarsi
dei fenomeni di suburbanizzazione oltre i limiti dell'agglomerato,
oppure come fenomeno organizzato dai poteri pubblici, o da
operatori del settore privato, che intendono con la creazione
della rete rafforzare le complementarità e dar vita a nuove
sinergie tra i centri urbani di una stessa regione o nazione
(Camagni, 1993).
E' in questo quadro di nuove tendenze e di
incertezze quanto alla possibilità di interpretare l'evoluzione in
atto e anticipare il futuro che vogliamo inserire il discorso
sulle politiche di riurbanizzazione che svilupperemo nel resto di
questo articolo. Nella teoria del ciclo urbano la riurbanizzazione
dovrebbe costituire la fase finale del ciclo, o, se vogliamo, la
fase iniziale di un nuovo ciclo di lungo termine, caratterizzata
dal riaffluire della popolazione e delle attività economiche nel
polo della regione urbana. Come é già stato ricordato, gli autori
della teoria del ciclo urbano non spiegano in che modo la fase di
riurbanizzazione potrebbe essere attuata. Alla luce
dell'evoluzione in corso in diverse aree urbane europee, ci sembra
tuttavia di poter affermare che la riurbanizzazione, nel senso di
un ritorno della popolazione e delle attività economiche nel polo
urbano, non si realizzerà per effetto delle forze di mercato come
era stato il caso delle altre fasi del ciclo ma solo in seguito a
un deciso intervento di politica urbana, promosso e sostenuto
dall'Ente pubblico e, in primis, dalle autorità locali.
Nuovi
indirizzi di politica urbana saranno necessari per ottenere che il
nucleo centrale dell'agglomerato venga rivalorizzato come
localizzazione per le attività economiche e, in particolare, per
le attività del settore dei servizi.
D'altra parte, senza
un'attenzione accresciuta alla qualità della vita nei centri
urbani, il ritorno in città della popolazione non si realizzerà.
Da questo punto di vista saranno importanti i passi che le
autorità regionali e locali saranno disposte a compiere sia in
materia di politica dell'abitazione, sia in materia di politica di
protezione ambientale. Della politica di riurbanizzazione come
politica di rivalorizzazione della città parleremo nelle prossime
pagine.
Nella parte che segue, La città a misura d'uomo, ci
occuperemo delle politiche della città a misura d'uomo, ossia di
quelle misure e iniziative con le quali si intende migliorare la
qualità della vita nei centri urbani. Seguirà La città
imprenditrice che sarà invece dedicata all'esame delle misure che
intendono promuovere lo sviluppo delle attività economiche nella
città, politiche che noi abbiamo definito della città
imprenditrice. Prima di entrare in materia precisiamo che questa
suddivisione é stata scelta per dare una visione organica dello
stato attuale del dibattito sulle politiche urbane. Nelle
esperienze pratiche le strategie scelte dalle autorità locali e
regionali assommano di frequente misure intese a migliorare
l'attrattività della città per i suoi abitanti a misure di
promovimento economico.
La politica della città a misura d'uomo o della
città nella quale prevale un orientamento di crescita qualitativa
non si traduce in un programma predefinito di misure applicabili a
ogni situazione, ma riceve da nazione a nazione, da città a città,
interpretazioni diverse, a seconda della gravità dei problemi che
le autorità locali e regionali devono risolvere e a seconda della
loro sensibilità e inclinazioni in materia di politica urbana.
Si
può affermare arrischiando di cadere nella generalizzazione
grossolana che nei Paesi latini le politiche urbane che si
propongono finalità del tipo della città a misura d'uomo portano
un'attenzione particolare al problema dell'abitazione, mentre nei
Paesi di lingua tedesca queste politiche insistono maggiormente
sui problemi dell'inquinamento e del degrado ambientale.
Nel
settore della politica dell'abitazione, l'inizio della
trasformazione strutturale coincide con una modificazione
essenziale delle politiche statali di sostegno, una modificazione
che si é manifestata, in misura più o meno grande, a seconda del
grado di coinvolgimento del settore pubblico nella costruzione di
appartamenti, in tutti i Paesi europei. I casi del Regno Unito e
della Francia sono, forse più di quelli di altri Paesi,
rappresentativi della natura di questa trasformazione. Di nuovo
arrischiando la generalizzazione, possiamo affermare che la
modificazione in questione é caratterizzata da un sostanziale
spostamento di accento nei confronti di alcune tra le finalità
perseguite dalla politica urbana dell'alloggio. Questo spostamento
di accento riguarda in primo luogo il tipo di unità residenziale:
mentre la politica dell'immediato dopoguerra e degli anni Sessanta
era orientata verso la realizzazione di grandi complessi
residenziali, localizzati spesso alla periferia della città,
complessi che pongono oggi numerosi problemi non solo dal profilo
della manutenzione, ma anche dal profilo sociale, il nuovo
orientamento vede l'Ente pubblico in conseguenza anche del venir
meno delle risorse da destinare agli investimenti ritirarsi, per
così dire, dalla fase di costruzione per concentrare il suo aiuto
su misure che dovrebbero facilitare l'accesso alla proprietà e,
quindi, la costruzione di unità residenziali più piccole, sia in
città che alla periferia della stessa, nella corona
dell'agglomerato. In relazione a questa tendenza si parla anche di
privatizzazione della politica dell'alloggio.
E' giusto però
osservare che nella maggioranza dei casi non si tratta tanto di
privatizzazione quanto di un processo nel quale allo Stato e alla
sua burocazia si sostituiscono, specie nella gestione del
patrimonio immobiliare, nuovi tipi di organizzazione mista,
(cooperative e associazioni varie) che di regola sono fortemente
ancorate nella realtà politica e sociale locale. Lo spostamento di
accento di cui si é detto riguarda in secondo luogo le aree di
intervento dell'Ente pubblico. Mentre nel periodo della
ricostruzione lo Stato finanziava la costruzione nei nuovi
quartieri alla periferia della città, oggi l'aiuto pubblico si
orienta in egual misura verso il risanamento e l'ammodernamento
dei quartieri storici del centro cittadino come pure dei quartieri
cittadini sorti, alla fine del secolo scorso o all'inizio di
questo secolo, in quello che fu il periodo di maggior espansione
edilizia delle grandi città europee, prima del secondo
dopoguerra.Questo nuovo orientamento della politica dello Stato
nel settore abitativo non si é attuato e non si attua senza
opposizioni perchè vi é chi considera la promozione dell'accesso
alla proprietà e il risanamento dei quartieri storici del centro
come una politica dell'abitazione nell'interesse esclusivo dei
ceti abbienti e sfavorevole alle cerchie di popolazione meno
ricche, in particolare agli immigrati che, in molti casi,
rappresentano la componente di popolazione più importante sia nei
grandi complessi residenziali sorti alla periferia delle città,
sia nei quartieri storici del centro, destinati al risanamento. In
qualche caso queste tensioni (si veda in particolare l'esempio
dell'Olanda, della Danimarca e del Regno Unito) hanno portato
anche a vere e proprie battaglie politiche nelle quali l'interesse
delle cerchie di popolazione meno abbiente era rappresentato e
difeso dalle autorità locali che si schieravano contro i progetti
di risanamento integrale o le proposte di modificazione
dell'intervento statale in favore dell'alloggio avanzate dal
governo centrale.
L'inquinamento é invece all'origine di altre
battaglie politiche. Raccolta e distruzione dei rifiuti solidi,
inquinamento dell'aria, rumore sono costi sociali particolarmente
elevati nelle zone ad alta densità. Rispondendo agli imperativi
dell'efficienza economica le autorità locali e regionali
promuovono politiche il cui fine é l'nternalizzazione di questi
costi. Per quel che riguarda i rifiuti ci si orienta verso
l'adozione di tariffe che internalizzano il costo sociale (forte
aumento del prezzo della raccolta con l'aumento della quantità di
rifiuti), mentre sia nei riguardi del rumore che in relazione
all'inquinamento dell'aria, l'orientamento prevalente é quello di
promuovere il trasporto pubblico, discriminando, con misure di
vario tipo, l'automobile privata. La strategia in favore del
trasporto pubblico comporta l'adozione di misure su scala diversa
e fa intervenire poteri pubblici ai diversi livelli istituzionali.
Mentre la creazione di zone pedonali, le misure di gestione delle
aree di parcheggio in città, intese a discriminare i pendolari e a
favorire i residenti, le misure di rallentamento del traffico
all'interno della città e lungo gli assi di accesso alla stessa,
fanno parte normalmente delle politiche di lotta all'inquinamento
e al degrado ambientale di competenza delle autorità cittadine, la
realizzazione delle infrastrutture di trasporto pubblico
nell'agglomerato (metropolitane, reti ferroviarie intraurbane) e
la creazione di organizzazioni per il trasporto pubblico a livello
dell'agglomerato, che devono assicurare l'esercizio delle
infrastrutture e dei mezzi di trasporto, domandano la creazione di
Enti a livello dell'agglomerato, ai quali parteciperanno non solo
i comuni dello stesso, ma anche la regione e, in molti casi, il
governo centrale o le aziende nazionali di trasporto (ferrovie,
compagnie aeree).
Il problema della promozione dei trasporti
pubblici a livello dell'agglomerato incontra nei Paesi nei quali
si sta procedendo alla privatizzazione delle ferrovie difficoltà
supplementari perchè con la privatizzazione viene a mancare
immediatamente, o a medio termine il sostegno finanziario del
governo centrale. Conciliare la finalità delle autorità locali e
regionali in materia di lotta contro l'inquinamento in area urbana
mediante la promozione del trasporto pubblico con la finalità
dello Stato centrale orientato verso la privatizzazione delle
ferrovie, per poter ridurre il carico dei sussidi ai mezzi di
trasporto pubblico, é la sfida che le organizzazioni di trasporto
pubblico urbano dei Paesi europei dovranno affrontare durante gli
anni Novanta.
Il terzo aspetto importante della politica della
città a misura d'uomo é la lotta contro la criminalità e la
violenza. Si sa che il tasso di criminalità aumenta con
l'aumentare della densità e della dimensione degli agglomerati
urbani. Le grandi città europee sono da sempre state confrontate
con questo tipo di problema. Nel corso degli ultimi due decenni,
tuttavia, la criminalità é aumentata ovunque, anche in città che
in precedenza si ritenevano sicure e al riparo da questa piaga. In
parte questa tendenza é dovuta al propagarsi della criminalità
organizzata a livello internazionale, uno degli aspetti poco
piacevoli dell'aumentata mobilità della popolazione.
In buona
parte tuttavia l'aumento della criminalità é da mettere in
relazione con il peggioramento della situazione economica. Le
città non sono solo i motori delle economie nazionali. Esse non
sono solo le sedi delle attività economiche di maggiore
importanza, i luoghi di produzione ad alta produttività che
occupano la manodopera più qualificata del Paese.
Nelle città si
concentrano anche la disoccupazione e i casi sociali, cosicchè
l'immagine della società divisa in due o in tre classi, che é
stata coniata per descrivere il rafforzarsi, nel corso degli
ultimi due decenni, di quello che viene definito il fenomeno della
nuova povertà, si applica soprattutto alle città. La città degli
immigrati extra-comunitari, dei ghetti, la città dei poveri, dei
disoccupati, la città delle persone sole, degli emarginati,
l'altra faccia della città insomma é l'ambiente nel quale la
criminalità nasce e si sviluppa. Osserviamo che anche in relazione
al problema della criminalità l'esempio più calzante, da questo
profilo, é quello della lotta contro la droga le autorità locali
sono chiamate a sviluppare nuovi programmi e strategie che non di
rado si urtano a legislazioni repressive esistenti a livello
nazionale, che si rivelano inadatte per combattere il problema
laddove si concentra, ossia nei grandi agglomerati urbani.
L'esperienza di questi ultimi anni insegna che combattere la
criminalità con misure di polizia repressive non basta: per
ottenere risultati veramente efficaci occorre trovare i mezzi per
un rilancio economico della città. Di questa esigenza vogliamo
occuparci nella parte che segue, dedicata alla politica urbana
della città imprenditrice.
Diverso é invece il caso delle
capitali economiche dei diversi Paesi, o delle città ad alto tasso
di specializzazione terziaria nelle quali la politica economica é
concepita per rafforzare la posizione concorrenziale di queste
città che, di solito, sono quelle economicamente più fiorenti,
posizione che é, o potrebbe essere minacciata nel futuro, in
seguito all'avanzare dei processi di liberalizzazione e di
integrazione economica, da altre città situate in altre regioni
europee.
Gli strumenti con i quali queste finalità
ristrutturazione della base economica, rafforzamento della
posizione concorrenziale vengono perseguite sono in qualche caso
comuni: si pensi all'esempio delle enterprise zones britanniche
che furono create per rilanciare le attività economiche in aree
urbane degradate e furono utilizzate sia nelle regioni in via di
ristrutturazione, sia nella capitale. In generale però le due
strategie si differenziano anche a livello operativo. Notiamo che
se la politica di ristrutturazione delle regioni urbane di vecchia
tradizione industriale si basa quasi sempre su programmi
finanziati dal governo centrale la sua attuazione si fa con il
concorso di organizzazioni regionali e locali.
Da questo profilo
le esperienze forse più interessanti sono quelle delle agenzie di
sviluppo regionali si vedano in particolare i casi di Leeds,
Birmingham e Manchester create in diverse regioni urbane di
vecchia tradizione industriale per cercare di insediare nuove
attività, atte a rigenerare il tessuto industriale della città.
Non di rado queste agenzie o organizzazioni di sviluppo urbano si
costituiscono e operano associando l'Ente pubblico a
organizzazioni del settore privato.
La politica di rafforzamento
della posizione concorrenziale segue invece altre vie. Essa si
basa su un complesso di misure che vengono concepite e attuate a
livelli istituzionali diversi. Un elemento sempre più importante
di questa politica é rappresentato dalle infrastrutture nazionali
e internazionali di trasporto. Per la sua realizzazione esso
domanda di coinvolgere il governo centrale. Si tratta delle
prospettive relative all'evoluzione del trasporto aereo
(costruzione di nuovi aeroporti) e della rete stradale, ma anche,
con importanza crescente, dei piani relativi alle reti ferroviarie
ad alta velocità e alla localizzazione delle stazioni su queste
nuove linee di trasporto rapido internazionale. Si tratta ancora
del problema dei nuovi mezzi di telecomunicazione e dei piani
nazionali mediante i quali le reti di supporto di tali mezzi
saranno realizzate. In relazione a queste infrastrutture la
politica di sviluppo urbano é ancora fortemente dipendente dal
governo nazionale.
In altri campi di intervento, invece, essa si
rende sempre più indipendente dagli interessi politici nazionali e
assume identità e caratteristiche regionali o locali. Questa
costatazione é confermata anche dalla Tabella 1, che abbiamo
tratto da un libro, recentemente pubblicato da Kresl, e dedicato
alle politiche urbane di rafforzamento della posizione
concorrenziale.
Anche da questa tabella emerge in primo luogo
l'importanza delle infrastrutture di trasporto e di quelle per la
comunicazione, la cui realizzazione si eccettuano i sistemi di
trasporto intraurbani é quasi sempre di spettanza del governo
centrale.
Ma accanto a queste politiche anche la politica in
favore dell'insediamento di servizi per le imprese e la politica
per il miglioramento dell'attrattività, domini nei quali
l'iniziativa delle autorità locali e regionali può assumere un
ruolo decisivo, risultano egualmente molto importanti (Burkhalter,
Ramseier, 1992). Lo dimostrano sia gli sforzi di molte città
(Parigi, Londra, Barcellona, Milano, ma anche Francoforte e Monaco
di Baviera, per non parlare del piano di sviluppo di Berlino)
orientati verso la creazione di nuovi centri direzionali situati
spesso in prossimità, o addirittura sopra le stazioni ferroviarie
(si vedano i casi della Part-Dieu a Lione, della stazione Kings
Cross a Londra, o della stazione Garibaldi a Milano) oppure verso
la costruzione di singoli edifici o di gruppi interi di edifici e
quartieri di grande qualità architetturale nei quali dovrebbero
inserirsi attività culturali o sportive di importanza
internazionale (teatri, musei, sale di concerto, stadi eccetera).
Esempi recenti di questo secondo tipo di strutture per il
miglioramento dell'attrattività sono l'Opera della Bastiglia a
Parigi, la riva dei musei a Francoforte, il Centro Barbican a
Londra, le nuove piazze di Barcellona, gli stadi di calcio delle
città italiane. L'urbanistica si mette al servizio di queste
politiche che vogliono incrementare l'attrattività della città,
offrendo opere di grande qualità architettonica che contribuiscono
a migliorare l'immagine della città o a crearne una nuova, laddove
la stessa finora era praticamente inesistente.
In conclusione
possiamo ricordare che gli anni Ottanta e Novanta di questo secolo
sono caratterizzati, dal profilo economico, ma anche in relazione
a numerosi fenomeni di natura sociale, dal mutamento delle
strutture che si erano sviluppate durante il periodo della
ricostruzione bellica. La perdita di importanza di attività
industriali tradizionali da un lato e l'emergere in relazione ai
progressi della politica di liberalizzazione e di integrazione
europea di un fenomeno di concorrenza tra localizzazioni urbane a
livello internazionale sembrano aver messo parzialmente fuori
gioco le interpretazioni tradizionali dello sviluppo urbano nello
spazio. Alla teoria delle località centrali si sostituisce oggi il
concetto di reti di centri urbani, la deconcentrazione della
popolazione e delle attività economiche prevista dalla teoria del
ciclo urbano si vorrebbe sostituire con la riurbanizzazione delle
stesse in forza di una politica di rivalorizzazione della città.
Come abbiamo fatto rilevare nel testo di questo articolo questa
politica di rivalorizzazione si propone da un lato di migliorare
la qualità della vita, l'attrattività residenziale della città,
mentre dall'altro essa cerca di rilanciare le attività economiche
o di migliorare la posizione concorrenziale della città nel quadro
della concorrenza internazionale. I pochi esempi che abbiamo
citato dimostrano due cose:
-in primo luogo che la politica di
riurbanizzazione é possibile ma che essa impegna in misura sempre
maggiore le autorità locali e regionali e le organizzazioni di
tipo misto nelle quali si realizza la collaborazione tra il
settore pubblico e il settore privato;
-in secondo luogo che
finalità e mezzi di questa politica variano a seconda della
struttura di produzione della città, ma anche e soprattutto a
seconda della sua vocazione internazionale.
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