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Impresa & Stato N°27 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

MILANO NELLA COMPETIZIONE TRA LE CAPITALI ECONOMICHE EUROPEE

di Gavino Manca


Per la sua vocazione imprenditoriale, per la presenza di industrie all'avanguardia in tutti i settori, per gli sforzi di ammodernamento e ristrutturazione compiuti dal suo sistema produttivo, per la sua forte concentrazione di attività d'affari, Milano é al centro di un bacino industriale tra i maggiori in Europa.
Ma di quale Milano si parla? Non certo di quella chiusa entro i confini amministrativi che hanno smesso da molto tempo di delimitare una realtà territoriale di qualche significato.
Quando penso a Milano, non posso fare a meno di riferirmi a uno spazio molto ampio rispetto al quale il capoluogo svolge una funzione baricentrica di down town, generando e attraendo nello stesso tempo consistenti flussi di persone, di merci, di informazioni.
Per questa ragione, qualunque problema si consideri relativamente a Milano, non ha più senso ricercare soluzioni sul piano locale: il livello di intervento, pur tenendo adeguatamente conto delle specificità che si manifestano sul territorio, dovrà necessariamente essere più ampio.
A questa stregua, la scala di pianificazione e governo del sistema territoriale va ricondotta alla effettiva dimensione dei fenomeni di relazione che vi si svolgono. Ed é a tale livello, a mio avviso, che devono essere ricercate nuove strategie di competitività per Milano.
Vediamo allora, dal punto di vista imprenditoriale, qual é il contesto dal quale questa ricerca deve partire.
La competitività, in primo luogo, é un fattore che le imprese non possono ormai limitarsi a perseguire al loro interno. L'operatore economico, infatti, é sempre più in osmosi con l'ambiente in cui opera: variabili un tempo riconducibili a un ambito strettamente aziendale sono oggi legate in misura crescente al manifestarsi di condizioni esterne sulle quali il controllo non é ovvio o possibile.
La competitività si gioca quindi sul piano territoriale e, soprattutto, tra contesti metropolitani, dove si concentrano più massicciamente che altrove fattori localizzativi qualificanti, una domanda locale più sofisticata e stimolante, un qualificato tessuto di interdipendenze tra settori produttivi diversi, un elevato grado di internazionalizzazione.
Come le più recenti ricerche su questi temi hanno ampiamente ribadito, perchè un'area sia concorrenziale e abbia un adeguato potenziale di sviluppo, essa deve quantomeno possedere un prerequisito fondamentale: tutte le economie esterne devono esservi presenti.
In altre parole, i fattori di competitività che permettono a una città di essere vittoriosa sullo scenario internazionale riguardano innanzitutto le infrastrutture e i servizi.
E' su questo terreno che Milano é chiamata a confrontarsi, ed é su questo terreno che essa deve andare alla ricerca di quella qualità che dovrà farne una città effettivamente vivibile e competitiva.
Qual é la situazione da cui Milano parte? Specie rispetto alle alternative poste dagli altri poli urbani del Paese, Milano presenta sempre dal punto di vista delle imprese un quadro complessivo per certi aspetti promettente. Ma lo stesso quadro é nel contempo fortemente inadeguato rispetto a quello delle città europee con cui ci troviamo in competizione.
Milano, infatti, alimenta il suo processo circolare di crescita non perchè offre fattori localizzativi di particolare richiamo, ma perchè in Italia rappresenta per molti versi la migliore tra le scelte possibili.
Per gli operatori Milano rischia di costituire dunque una scelta ampiamente soddisfacente, ma non certo di eccellenza.
L'unico, impalpabile ma percepito, vantaggio competitivo da più parti riconosciuto a Milano coincide con il suo clima (non certo quello atmosferico) e il suo tessuto industriale: cié dinamismo di iniziative, cié competizione tra i fornitori, ci sono possibilità di cooperazione tra aziende dello stesso settore e, se si vuole, si possono tenere sotto controllo da vicino i concorrenti insieme ai quali é più difficile lavorare.Ma se si analizzano i servizi, reali e finanziari, si riscontra uno standard di qualità buono per quelli di routine (commerciali, legali, gestionali), molto più basso per quelli strategici (ricerca, supporto all'innovazione).
Venendo, poi, alle infrastrutture fisiche, ad esempio quelle per la mobilità, certo Milano é l'area più dotata del Paese, dalla quale é accessibile nel migliore dei modi ogni altra località italiana, ma le infrastrutture esistenti, se anche non rappresentano diseconomie critiche, neppure offrono particolari economie esterne strategiche.Su un altro piano é da valorizzare (perchè potrebbe rappresentare una vera economia esterna specifica) un aspetto peraltro già apprezzato come hanno dimostrato analisi recenti anche dalle imprese multinazionali insediate a Milano, ovvero il fatto di trovarvi una elevata qualificazione delle risorse umane, soprattutto quelle direzionali e manageriali.
Nel medio periodo Milano dovrà, inoltre, preoccuparsi di un insieme di fattori che in prospettiva potrebbe dirottare altrove alcune importanti scelte insediative, e che già oggi ha i suoi effetti su coloro che vi abitano e vi lavorano: si tratta dei fattori riconducibili alle condizioni di vivibilità generale della città e che concernono la sicurezza, l'ordine pubblico, l'ambiente, la qualità dei servizi sociali e alla persona.
In conclusione, le potenzialità di Milano non sono ancora esaurite, ma l'urgenza di tradurle in concreti punti di forza si fa sempre più cogente.Quello accennato fin qui é il quadro di riferimento generale.
Prima di addentrarmi nell'individuazione di specifiche linee di intervento, vorrei soffermarmi sul tipo di organizzazione territoriale che serve a Milano per essere competitiva e, ancora prima, vivibile.
Non ci si può illudere, certo, di riproporre il modello di grande città monocentrica largamente smentito dalla proliferazione disordinata e per stratificazioni successive del tessuto e delle funzioni urbane cui abbiamo assistito nei decenni passati.
Si dovrebbe piuttosto pensare a una città riorganizzata intorno a una pluralità di centri che ospitino attività decentrate qualificate e qualificanti, secondo un disegno multipolare capace anche di raccogliere e valorizzare ciò che già vi é di fecondo e di potenzialmente ricco nelle specifiche diverse vocazioni presenti sul territorio.E si dovrebbe adottare una progettazione urbana che orienti e assecondi la localizzazione di attività e funzioni in grado di divenire nel tempo veri e propri poli di attrazione.
Non siamo nel campo dell'utopia, ma di possibilità alla nostra portata e nemmeno tanto differite. Basti pensare, a titolo di esempio, a come lo stesso nodo annoso delle aree dismesse potrebbe tradursi, se sciolto in questa direzione, in interessantissime opportunità di riqualificazione di interi ambiti urbani oggi degradati.
Restando alle considerazioni di metodo, vale la pena di sottolineare che da più parti negli ultimi anni é stato condotto un grosso lavoro di analisi sulla città e sulle sue trasformazioni. La realtà su cui si deve intervenire é già stata di fatto ben scandagliata nel dettaglio.
E oggi Milano, ricca per vocazione e per tradizione di capacità e di pragmatismo, esprime ad alta voce la sua voglia di mettere in circolo energie e risorse perchè il nuovo che tutto il Paese si attende possa finalmente essere costruito: perchè, in altre parole, si mettano in moto i necessari processi attuativi, lavorando a quelle condizioni di fiducia e quelle convergenze di intenti che permettano di passare finalmente dai progetti ai cantieri.
La volontà di recuperare un ruolo forte e autorevole nello scenario europeo e nella competizione sempre più serrata tra aree urbane avanzate, dunque, a Milano non é venuta meno. E questa spinta, questo slancio é fondamentale, se é vero che la città come polis é il contesto sociale ed economico organizzato in cui tutti ci riconosciamo. Lo specchio e il teatro di una comunità e della sua civiltà. E anche il luogo di riferimento da cui una comunità può interagire su scala più vasta con il resto del mondo.
Il rilancio della città va allora assunto da un vasto insieme di soggetti, pubblici e privati, che vi contribuiscano con risorse e competenze specifiche capaci di cooperare in progetti di partnership in una cornice di ampio respiro.
E' quindi venuto il momento, per tutti quanti, di tornare a lavorare con rinnovato impegno.
Da parte degli operatori e delle imprese, perchè non cessino di mettere a disposizione della città le loro idee, le loro persone, i loro strumenti e il loro entusiasmo.
Da parte dell'Amministrazione, perchè rompa il silenzio e proceda per quanto le compete sulle non poche iniziative ferme.
Da parte di entrambi, perchè un rapporto positivo, chiaro e trasparente tra il centro politico e amministrativo della città e le sue forze politiche e sociali é la base indispensabile per il lavoro di ricostruzione che ci aspetta.
A partire da dove? Come ho già sottolineato, il sistema imprenditoriale milanese considera la città un fattore di successo nella competizione. Per questo in più sedi e occasioni ha avanzato alcune proposte e individuato una serie di azioni volte a soddisfare le esigenze del mondo produttivo e nello stesso tempo utili per chi a Milano vive, si sposta, lavora: in una parola, la collettività.
Gli ambiti sui quali, secondo gli operatori economici, é necessario e urgente intervenire sono numerosi, e a molti di essi ho già accennato. Ad alcuni vale la pena di dedicare ancora qualche parola.

Aree dismesse e politica urbanistica

Le aree dismesse costituiscono un'occasione strategica per risolvere alcuni problemi di Milano, non ultimo quello della riqualificazione di interi ambiti urbani oggi degradati, perchè possano fungere da incubatori di nuove e diversificate iniziative.
Il riuso di tali aree é stato oggetto, in questi ultimi anni, di un acceso dibattito che, di fatto, non si é tramutato in possibilità effettive di intervento.
Gli strumenti normativi e di pianificazione esistenti e quelli appositamente approntati forse più per ragioni politico-decisionali che per le loro caratteristiche intrinseche non hanno fin qui consentito il decollo di significativi progetti di riutilizzazione del tessuto cittadino.
Si é così persa un'occasione per dare quell'impulso all'occupazione locale che sarebbe derivato dall'apertura dei nuovi cantieri e, più in generale, all'occupazione indotta sul sistema economico nel suo complesso.
Senza contare che la situazione che si é creata costituisce per chi già vi opera un forte disincentivo a continuare a investire a Milano, nè favorisce certo l'attrazione di nuovi capitali.
Rispetto alla delicata e complessa questione delle aree dismesse, i problemi sul tappeto dovrebbero essere affrontati congiuntamente su due piani.
Da un lato occorre procedere facilitando il riutilizzo delle aree a scopo produttivo. Una via praticabile a condizione che venga adottata una nuova disciplina della zona industriale, in particolare con la definizione dell'attività produttiva come attività di produzione di beni e servizi (riferendosi così al disposto dell'art. 2195 del Codice Civile).
Dall'altro, rispetto alle aree considerate strategiche é necessario un disegno di pianificazione territoriale che parta da un'adeguata analisi economica del tessuto urbano e che tenga conto degli effettivi problemi della città, nonchè di interessi, orientamenti e disponibilità già ampiamente manifestati e consolidatisi in lunghi anni di dibattito sulla trasformazione di Milano.In proposito, a livello operativo, va ricordato che numerosi progetti di trasformazione e riqualificazione di una quota elevata delle grandi aree dismesse (interventi che potrebbero dare impulso allo sviluppo di Milano, incentivando e consolidando la localizzazione di nuove iniziative imprenditoriali e delle attività di servizio a esse collegate) sono di fatto ancora bloccati proprio in vista di uno strumento di indirizzo organico.

Il sistema della mobilità

La difficile accessibilità dei luoghi e delle funzioni sparse nel tessuto urbano, e il conseguente eccesso di domanda di mobilità, fanno aumentare a loro volta a dismisura il traffico e i tempi di percorrenza, incidendo negativamente su una delle principali variabili della competitività cittadina.
E' quindi indifferibile la realizzazione di un efficiente sistema di interventi per la mobilità e di collegamenti infrastrutturali, sia all'interno della città che tra essa e i suoi bacini di utenza, più o meno vicini, già esistenti e potenziali.
Mi riferisco, in particolare, ai parcheggi e alle aree di sosta, ai trasporti collettivi e alla gestione del traffico, al Passante ferroviario, al sistema aeroportuale e alle porte di accesso di Milano stazioni ferroviarie, sistema autostradale, interporti ecc. nonchè ai loro collegamenti con le funzioni presenti in città.
Gran parte di questi temi é stata affrontata, almeno sulla carta, dal Piano Urbano del Traffico completato nel mese di luglio: un documento che ha finalmente reso disponibile una puntuale ricognizione dei problemi sul tappeto e dello stato di attuazione delle iniziative già avviate, oltre che una sistematizzazione e riorganizzazione della programmazione degli interventi.
Si tratta ora, rispetto alle indicazioni avanzate, di definire tempi certi entro i quali la città possa finalmente vedere realizzate le opere infrastrutturali e i mutamenti organizzativi dalla cui attuazione ci si attende un salto di qualità per l'intero sistema della mobilità urbana.

Formazione e ricerca per l'innovazione tecnologica: il sistema universitario

Per una valorizzazione delle positività di Milano, occorrono poi adeguati interventi nel campo della formazione, specie a livello universitario.Con un adeguato supporto da parte del ricco tessuto dei centri di ricerca scientifica a essi collegato, gli atenei cittadini rappresentano infatti interlocutori privilegiati per mettere in moto i necessari processi di reindustrializzazione del tessuto produttivo milanese.
Rispetto a questa variabile del successo di Milano nella competizione internazionale, da un lato la città é penalizzata da problemi di sovraffollamento delle sedi accademiche, da un rapporto numerico docenti/studenti che influisce molto negativamente sulla qualità didattica, dal mancato decollo di alcuni corsi per diplomi universitari in materia tecnico- scientifica (un tipo di preparazione, invece, fortemente richiesto dal sistema economico e produttivo, che nel futuro avrà necessità di disporre di personale con un più elevato livello di istruzione e con la capacità di adattarsi rapidamente al cambiamento).
Dall'altro, sicuramente funzionale a colmare questa lacuna é stato, da parte dell'Amministrazione, lo scioglimento dei nodi che da tempo ostacolavano le possibilità di adeguamento e ampliamento delle sedi di alcuni atenei cittadini.E' ora necessario che il processo avviato di razionalizzazione e ampliamento degli spazi universitari arrivi a completamento in tempi estremamente brevi, se davvero vogliamo recuperare il divario esistente in questo settore rispetto agli altri Paesi europei.
Per la stessa ragione bisogna attivare risorse locali dirette e indirette per promuovere la realizzazione di parchi scientifici in grado di incubare, attraverso un'offerta di servizi di eccellenza, nuove iniziative imprenditoriali di elevato valore innovativo; di promuovere il trasferimento tecnologico tra le aziende medio-piccole e quelle grandi; di rompere il circolo per cui le imprese non investono in ricerca e l'Università non fa ricerca per l'industria.

La valorizzazione del patrimonio culturale

La valorizzazione delle risorse culturali é un'altra operazione fondamentale per il rilancio dell'offerta città.
E Milano questa l'opinione del mondo industriale ha parecchie carte da giocare anche su questo piano, grazie alla presenza di un patrimonio monumentale, artistico e museale tanto ricco quanto, purtroppo, sottoutilizzato e caratterizzato da uno stato di conservazione deprecabile.
E' questo un campo nel quale si potrebbe agevolmente riconfermare l'opportunità e la validità del ricorso a modelli di collaborazione tra pubblico e privati, sia per una gestione più efficace di quanto già la città offre, sia per la realizzazione di nuove strutture dedicate alla fruizione della cultura nelle sue diverse forme.
Un approccio che ben si concilia con le indicazioni contenute nelle dichiarazioni programmatiche dell'attuale Giunta cittadina, secondo le quali la cultura deviessere considerata non un costo ma un investimento.
In questa direzione vanno anche alcune proposte formulate da Assolombarda in funzione di una rivitalizzazione del patrimonio culturale milanese. Mi riferisco, in particolare, a due iniziative, il progetto per il recupero e il rilancio del Castello Sforzesco e quello relativo alla creazione, a Milano, di un Centro per il design industriale.
In entrambi i casi le ipotesi avanzate puntano ad attivare forme di collaborazione pubblico-privato che non abbiano costi aggiuntivi per il pubblico, ma si traducano nell'ottimizzazione di quanto già viene speso e prevedano un ruolo attivo da parte dei privati. Così come, in entrambi i casi, la prevista valorizzazione del patrimonio artistico e culturale é stata pensata come restituzione alla città di luoghi, oltre che espositivi, anche di vita per i cittadini.
L'auspicio, dunque, é che queste opportunità offerte dalla businness community per attrezzare un'offerta aggiuntiva di cultura siano colte dall'Amministrazione, e inserite in un più vasto programma di iniziative finalizzato a trasformare Milano da città mordi e fuggi a centro culturalmente appetibile.

Il rapporto pubblico-privato

Nel processo di rilancio dello sviluppo della città é auspicabile che anche i soggetti privati concorrano al finanziamento, alla realizzazione e alla gestione di nuovi interventi infrastrutturali. Una prospettiva percorribile perchè siano rispettate alcune specifiche condizioni di partenza.
Da un lato, infatti, l'investitore privato offre in genere garanzie di contenimento dei costi e dei tempi di realizzazione delle opere entro limiti prefissati con margini di efficienza maggiori.
Ma dall'altro esso si impegna in un'operazione solo se ha la certezza (che non significa garanzia) che l'operazione preveda un ritorno economico.
Ciò premesso, bisogna quindi far sì che il rapporto tra pubblico e privato sia tale per cui ciascuno recuperi il proprio ruolo naturale.
Il finanziamento, la realizzazione delle opere e la loro gestione ai privati, la programmazione e il controllo al soggetto pubblico.
E' indispensabile, però, che i privati possano far riferimento a un quadro di regole certe che consenta di effettuare un corretto calcolo economico dell'investimento.
Da questo punto di vista, occorre dunque innovare sia sul piano legislativo che su quello amministrativo.
Quelli citati non sono che alcuni degli ambiti di possibile intervento per il rilancio e la valorizzazione della città.
Un intervento sempre più urgente per una duplice ragione: da un lato, la necessità di adeguare più in fretta possibile l'area metropolitana milanese al livello competitivo delle città europee con le quali si confronta; dall'altro, l'importanza che la messa in moto di iniziative concrete può assumere per il rilancio dell'occupazione a livello locale.
Ma l'urgenza, ben diversa dalla frettolosità, non può a sua volta far dimenticare che qualsiasi strategia, anche quella apparentemente meno incisiva, deve mantenere il suo carattere strumentale ed essere finalizzata al profilo che desideriamo dare alla città di Milano: una città multifunzionale, di elevata appetibilità e vivibilità, in grado di attrarre capitali e risorse umane qualificate; una città europea nel vero senso del termine.