Camera di Commercio di Milano

3. Una unità da ridefinire 

Quale unità nazionale vogliamo salvare? Esistono modi differenti di concepire l'Unità politica di un Paese. Ognuno di questi dipende da come si pone il rapporto tra società e statualità: federalismo, centralismo, regionalismo sono oggi ampiamente presenti in Europa. Una statualità regionalista da ricomporsi a livello dell'Europa delle Regioni ad esempio sarà adeguata per quei popoli che presentano articolazione regionalistica, come il Belgio. L'Italia da questo punto di vista è in una posizione particolare: oltre alla sua tradizionale e spinta articolazione regionalista o urbana (il Paese delle cento città) essa presenta anche una sua tipica dicotomia tra Nord e Sud.

Per salvare l'Unità della Nazione, per comporre in vera sintesi l'insieme dei temi culturali, sociali, economici e soprattutto istituzionale, occorre un'idea di unità che paradossalmente non può riguardare solo noi italiani; ma che anche da noi, anzi soprattutto da noi, deve nascere. 

Secondo me le idee forza per cominciare a precisare ed esaltare il senso di una nostra unità nella prospettiva europea ci sono. 

Comincerò dalla più politica delle dimensioni: l'idea di "polis".

L'Europa ha nella sua essenza un grande valore storico e culturale, una vera nuova prospettiva di cittadinanza comune, una identità aggiuntiva alle nostre identità nazionali. L'Europa, insomma, può essere proposta come una vera nuova Patria. E presentare alla storia d'Europa la storia d'Italia è cosa ben diversa che presentarle i parametri della Padania.

Chi veramente vuole oggi l'Unità deve saper rispondere in modo convincente a due ideali - e reali - interlocutori, l'imprenditore del Nord Est e il disoccupato del Sud, ovviamente non minacciando i Finanzieri al primo e un corso di cultura europeista al secondo: occorre cioè un argomento compiutamente politico di vero interesse nazionale, buono per il Sud come per il Nord. 

In casi del genere, la prima cosa che viene in mente è un compromesso, per cui alle prime apparizioni leghiste nelle valli del Nord il cinico "comprateli" non era affatto una proposta assurda. 

Ma non ostava solo la cassa; ostava bensì, e assai più tenacemente, quell'intreccio di interessi, collusioni, modi tradizionali di raccolta del consenso che fanno l'essenza stessa del Palazzo. E dunque, proprio perché il compromesso è impossibile, si deve avere il coraggio di abbandonare le soluzioni "mediate", tipiche dell'impostazione monista, per tentare invece di far leva sul pluralismo che è tipico dell'Europa.

Andare in Europa uniti non vuol necessariamente dire trovare una cosa unica da fare, noi, tutti insieme secondo il classico approccio da governo centrale. Andare nell'Europa pluralista con un'Italia pluralista vuol dire poter chiedere cose diverse alle diverse realtà del Paese.

Quello che dice Sarcinelli del diluirsi della "disponibilità" al sostegno delle situazioni svantaggiate con il passaggio a un'economia più vasta è già in atto: il nostro Nord non ce la fa da solo a sollevare il Sud. L'Europa, invece, è in grado farsi carico dei problemi dei diversi Meridioni della Comunità comparandoli semmai con quelli dell'Est. Così si pensa ad una vera dimensione di solidarietà fra tutti i ricchi o meno poveri d'Europa coi poveri o meno ricchi della stessa Europa.

Il nostro, come altri Sud, deve essere aiutato a mobilitare tutte le risorse in grado di assicurare una complementarità vantaggiosa per tutti. Il Sud, insomma, deve diventare di per sé "attraente" per le proprie risorse, per le proprie potenzialità, per il proprio ruolo nell'area mediterranea. E sta qui la funzione del Settentrione: pensare un nuovo tipo di coinvolgimento nel Sud che abbia i caratteri di intermediazione, di brokeraggio, di servizi terziari avanzati che diano un contributo ad accompagnare il Sud d'Europa non solo verso gli sbocchi europei, ma dovunque nel mondo.

Oggi quello che sembra in corso è proprio il contrario e a chi obiettasse che tutto questo è già stato vanamente auspicato, teorizzato e proposto risponderei che una cosa certo è mancata: una convinta, adeguata ed innovativa proposta politica.

Le iniziative e i progetti falliti avevano, infatti, un'unica matrice culturale e politica nazionale, decisa a Roma, figlia della "grande programmazione", affidata agli strumenti di quel centralismo che ha sempre messo avanti le debolezze locali per giustificare il permanere di una accentrata, inefficace e talvolta dannosa politica meridionalista. 

Un discorso politico che sia valido per il Nord e il Sud passa invece dalla visione che si ha dell'Europa.Un'Europa che tende fatalmente a spostare gli equilibri nazionali del potere verso la Padania e del Nord-Est in funzione del Centro-Europa e che, lungi dall'attenuare i problemi del Mezzogiorno, fatalmente li aggraverebbe a dispetto di qualche maggior sovvenzione come pannicello caldo.

Va, invece, pensata e proposta alla dirigenza meridionale una sfida non tanto sul piano del richiamo ai settentrionali ad astratti doveri di solidarietà nazionale, bensì sul terreno di una controproposta di forte rivendicazione di ruolo in Europa anche per il Sud, di ritorsione concreta all'evidente miopia dell'ingenuo egoismo leghista, di richiesta di coinvolgimento del Nord nella costruzione di una proposta comune di autonomia e rinnovamento. 

Per questo è importante che emerga proprio nel Sud un movimento politico capace di proporre un nuovo discorso sul significato dell'unità nazionale così da affrontare i veri problemi del Mezzogiorno, come quello della criminalità economica e del pieno controllo del territorio, condizioni imprescindibili per proporsi all'Europa come un valida occasione localizzativa di industrie e soprattutto di servizi. 

Sono forse così sicuri al Sud che gli indirizzi giusti per affrontare temi come quello dei rapporti tra mafia e finanza siano a Palermo e a Roma e non invece - via Milano e Londra - presso qualche Commissario a Bruxelles?

Quello che la nostra classe politica centrale avrebbe dovuto proporre, ma finora non ha proposto, è un insieme di grandi obbiettivi nazionali, di patti capaci di dare corpo e sostanza alle ragioni di una nostra unità aggiornata in termini europei. E' quello che la Germania unificata ha invece saputo fare.

Un'Europa meno settentrionale e più euro-mediterranea non è oggi interesse solo del nostro Meridione o al più di una Padania dedita alla sua tradizionale funzione di cerniera tra Nord e Sud d'Europa. Ci sono problemi che vanno da quello strategico a quello geoeconomico dei rapporti col medio-oriente islamico e con l'area centro-asiatica turca, a quello demografico (immigrazione), a quello ecologico del Mediterraneo che non consentono all'Europa tutta, ma in primo luogo alla cerniera padana, disattenzione o disinteresse. 

Solo un impegno a fondo di tutta la Comunità nei prossimi anni sul problema del Mediterraneo può evitare un aggravarsi ulteriore della crisi del nostro Mezzogiorno, ma anche una riduzione al ruolo di mero vassallo della Germania e della Francia per la Padania, integrata o "secessionata" che dovesse essere. 

Le idee forza per esaltare - ridefinendolo - il senso della nostra unità sono innanzitutto una nuova unità nazionale concepita fin dall'inizio per l'Europa e non contro gli altri Stati europei. 

E poi un'unità che fa della patria europea un referente democratico esplicito, un'unità che sa di dover fare dell'azione politica ed istituzionale italiana un capitolo di quella europea. 

Un'unità costruita sull'esaltazione delle nostre autonomie e sul loro raccordo diretto e senza mediazioni centrali alla rete delle autonomie europee. 

Un'unità che fa della partecipazione al mercato comune europeo e a quello globale l'occasione di vero protagonismo politico anche per le imprese. 

Un'unità, infine, che trova i contenuti della solidarietà e di un nuovo meridionalismo nella riproposizione alla storia del continente della centralità euromediterranea. 

Tutto questo a condizione che le forze politiche nazionali trovino la capacità di aggregare i soggetti sociali ed economici (prima fra tutte le imprese) su un progetto di "nuova statualità" che possa strumentare tale proposta.


Sintesi da "L'Italia si e' rotta?" di Piero Bassetti, Laterza,1996

  

Per intervenire al Forum scrivete a: forum.statualita@mi.camcom.it