Camera di Commercio di Milano

2. Uniti e divisi

"Questione settentrionale", cioè l'attrazione dell'Europa sul Nord-Italia, e "Questione istituzionale" non sono, in verità, per il nostro Paese questioni recenti. 

La Pubblica Amministrazione è percepita ormai come il luogo di tutte le possibili inefficienze - a volte anche al di là del giusto - mentre il suo costo, in termini di pressione fiscale, è ritenuto da tutti assolutamente eccessivo. 

Quando nel Risorgimento si è fatta l'Italia, quelli che la facevano, anche se erano pochi, sapevano benissimo il perché.. E lo sapevano, pur con le divisioni tipiche di qualunque azione politica, da Torino a Milazzo. Poi a poco a poco abbiamo progressivamente imparato a crederci tutti.

Allora unirsi in Nazione sotto uno Stato monista era praticamente il solo modo per crescere da posizioni marginali e subalterne e tentare l'avventura sulla scena mondiale. Si discusse anche allora sulla forma da dare a tale Stato. C'era chi non credeva nella costruzione di uno Stato unitario, ma come non riconoscere nei federalisti di allora un afflato unitario altrettanto, se non addirittura più convinto, di quello dei centralisti? 

Indipendentisti convinti come Cattaneo avevano forti dubbi sull'espansione da dare allo Stato unitario, ma il punto centrale per tutti era l'Unità. 

Oggi non più: è diventata un luogo comune l'affermazione che gli Stati nazionali sono insieme troppo grandi e troppo piccoli, e che la loro ragione d'essere è venuta meno. Semmai la dimensione ideale è quella continentale, come l'edificazione in corso dell'Europa dimostra. 

Che cosa vuol infatti unità nazionale oggi? Si è Nazione, oggi, in Europa, solo perché sottoposti all'unico ordinamento di un vecchio Stato centralista (tra l'altro nemmeno più sovrano)? O in quanto si appartiene a una stessa cultura, a una stessa storia, a istituzioni e ordinamenti economici, sociali, politici simili e si vuol partecipare insieme alla costruzione di una nuova unità europea? In altri termini, ha senso sentirsi uniti solo se chiusi dentro uno stesso Stato-nazione? 

Le disposizioni del Trattato di Maastricht sull'unificazione economica, monetaria e politica dei quindici Stati membri si fondano di fatto sulla possibilità di ricorrere a strutture con "geometrie variabili". Come tali esse configurano già oggi un modello di Stato senza confini, la cui estensione reale può variare a seconda degli ambiti funzionali - di regolazione e di intervento - di volta in volta considerati. 

Solo di recente si è diffusa la consapevolezza che le modalità di costruzione dell'Unione Europea hanno fortissime implicazioni di carattere costituzionale in quanto limitano le decisioni degli stessi Parlamenti, estromettono l'esecutivo dai compiti di governo della moneta e possono persino esplicitare, come avviene in Gran Bretagna (e in parte in Francia), limiti alla sovranità nazionale. 

Il criterio della geometria variabile in materia di autonomie funzionali è già vigente e con la sanzione del principio di sussidiarietà il Trattato prefigura un ruolo più ampio per le Regioni e gli Enti locali. E dunque stanno già emergendo nuove sfide a quel sacro principio dello Stato Nazione che era la sovranità sul territorio. Basterebbe a questo proposito richiamare le annose diatribe tra Stato e Regioni italiane in materia di apertura di uffici di rappresentanza a Bruxelles per averne conferma. Non dimentichiamo che ben più della Lombardia, che non ha tradizioni e interessi di separatismo, ci sono ben altri casi di possibile fuga autonomistica: la Sicilia o la Val d'Aosta, o ancora l'Alto Adige. 

In verità oggi i parametri di riferimento sono ben più complessi che ai tempi di Cavour e di Mazzini (che pure già ne avevano di ben diversi!) e il primo vero tema che l'Unione Europea ha già proposto a tutte le vecchie nazioni è proprio il superamento dell'idea dello Stato-nazione, che costringe dentro il sacro confine della patria persone, lavoro, ricchezza, relazioni, potere e persino valori.


Sintesi da "L'Italia si e' rotta?" di Piero Bassetti, Laterza,1996
 

  

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