Camera di Commercio di Milano

Un terzo punto:

Emerge qui un terzo punto: una nuova statualità deve sapere regolare e interfacciare, oltre alle popolazioni di persone, la popolazione delle imprese e il sistema di istituzioni che le imprese stesse richiedono su ambiti spaziali indifferenti ai confini nazionali e perfino europei. 

Ecco perché occorre riflettere ulteriormente sul Federalismo.

Mentre il Regionalismo propone di rispondere alla inefficienza o rappresentatività di "questo" Stato articolandolo e decentrandolo, il Federalismo parte dall'assunto che oggi per salvare l'unità della Nazione occorre liberarsi di questo Stato e rifarne uno nuovo, non meno unitario ma legato dal basso attraverso a serie di patti su cose da fare insieme e nelle quali ritrovare le ragioni di una vera Unità. 

L'idea Federalista, più di altre, richiede un processo di legittimazione che viene dal basso, dalle basi pluralistiche e poliarchiche della società. Caratteristica costitutiva questa, per la quale ha senso parlare appunto di un accordo tra diversi nel quadro di una "Nuova Statualità". 

Un federalismo così inteso viene a configurarsi innanzitutto come un sistema "in movimento" ed "aperto". Un sistema nel quale ciascun soggetto territoriale, per esempio una regione italiana, non guarda necessariamente soltanto ad altre regioni italiane; ma guarda a tutte le altre in Europa o nel mondo. Se si pensa invece che ciascun soggetto da federare deve avere, al di fuori di sé, come suo unico mondo di riferimento, la sola patria nazionale, allora ecco che, fatalmente, ogni tentativo di allargare e accrescere le proprie appartenenze finisce nell'alternativa secca "o rientrare o secedere". Inutile pensare che tutta la ricchezza delle relazioni coinvolte da una grande tradizione di pluralismo come quella italiana o europea possano essere assunte e mediate da un unico centro nazionale. 

Se invece l'idea di pluralismo alla quale si ritiene di potersi ispirare include un pluralismo delle appartenenze, delle funzioni, delle specificità, delle patrie per cui si può essere nello stesso tempo intrisi e partecipi di tradizioni e interessi mediterranei, artistico - culturali, finanziari, mittel-europei e rimanere italiani, allora sì che la rete di relazioni multilaterali potrà alimentare un federalismo vero. 

Perché la contraddizione possa essere risolta, è indispensabile che proprio nella estroversione di parti del nostro Paese verso altre parti d'Europa possano trovare espressione tutte le potenzialità di convergenza latenti nella nostra lunghissima vicenda di unità reale. Potenzialità che sapranno farsi valere per l'intrinseca forza degli interessi e dei valori coinvolti, piuttosto che per convenzioni giuridiche ormai superate. 

Il ruolo di un rinnovato centro nazionale e della sua espressione politica unitaria sarà di interpretare tutti gli obiettivi di unità nazionale non perseguibili a livello periferico, di interpretare e proporre quelle ragioni di intesa, quei "foedera" che se chiari, concreti, suggestivi e storicamente centrati possono rivelarsi vere e sufficienti ragioni per restare uniti. 

Forse che non ci sono questioni sulle quali rimane indispensabile un approccio "italiano" in attesa che l'integrazione europea proceda ulteriormente? Basta evocare la difesa, le grandi infrastrutture peninsulari, la tutela del nostro retaggio culturale e artistico, la nostra presenza nello sviluppo della ricerca e della scienza mondiale, un'azione perequativa interregionale, la rappresentanza concreta degli interessi italiani nelle questioni delle migrazioni e della multiculturalità nel Mediterraneo... Proviamo a chiederci se in questioni del genere un approccio "padano" avrebbe senso! Allo stesso tempo, che cosa impedisce di immaginare uno Stato che mentre conserva l'unita della sua diplomazia , della sua Università , dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo degli Alpini, ha il coraggio di abolire gran parte dei suoi Ministeri per sostituire ai loro compiti attuali convenzioni con agenzie nazionali o europee? In teoria niente. Ma in pratica?


Sintesi da "L'Italia si e' rotta?" di Piero Bassetti, Laterza,1996

  

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