Impresa
&Stato n°43
LAVORO
TEMPORANEO
di
Pier Antonio Varesi
Dopo un lungo dibattito,
protrattosi per alcuni anni, il lavoro temporaneo (o interinale)
è stato ammesso e disciplinato anche nel nostro Paese. Gli artt.
1-13 della legge 24 giugno 1997, n. 196 hanno infatti aperto anche alle
imprese e ai lavoratori italiani la possibilità di utilizzare uno
strumento consolidato nel panorama europeo.
Sono state recentemente
emanate le disposizioni attuative della legge (v. D.P.R. 3 settembre 1997,
n. 382, e la relativa circolare Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale
del 5 novembre 1997) e sono state inoltre già autorizzate a svolgere
l'attività di fornitura di lavoro temporaneo circa una dozzina di
imprese (e altre seguiranno fra poco), sia nazionali che multinazionali.
L'istituto è quindi
ormai nella fase di concreta attuazione e può essere utile per le
imprese familiarizzare con questa nuova forma di lavoro.
UN RAPPORTO TRIANGOLARE
Per il soddisfacimento di
esigenze di carattere temporaneo, le imprese possono ricorrere a questa
particolare forma di lavoro fondata sul rapporto tra tre soggetti: l'impresa
utilizzatrice, l'impresa fornitrice e il lavoratore. Il lavoratore viene
assunto dall'impresa fornitrice ma presta la propria attività, per
un periodo di tempo determinato, presso l'impresa utilizzatrice, agendo
sotto la direzione e il controllo di quest'ultima.
L'impresa fornitrice può
assumere il lavoratore con contratto a tempo determinato, usualmente pari
alla durata della "missione" presso l'impresa utilizzatrice; può
anche decidere di assumere il lavoratore a tempo indeterminato, inviandolo,
di volta in volta, sulla base di specifici contratti di fornitura, presso
imprese utilizzatrici diverse. In questo secondo caso al lavoratore spetterà,
oltre alla retribuzione pattuita per le giornate di
lavoro prestate, anche una
indennità di disponibilità per le giornate in cui, pur restando
a disposizione, non è stato utilizzato.
FINALITÀ
E COSTO DEL LAVORO TEMPORANEO
L'impresa fornitrice (usualmente
definita agenzia) svolge dunque un'opera di intermediazione tra domanda
e offerta di lavoro che non solo non è soggetta al divieto di cui
alla legge 23 ottobre 1960, n. 1369, ma è apprezzata dal legislatore
per i particolari servizi che essa offre alle imprese utilizzatrici e ai
lavoratori: servizi di reclutamento, di selezione e, ove necessario, di
formazione, a cui va aggiunto il pregio della tempestività nel soddisfacimento
delle richieste.
Per i servizi offerti, l'agenzia
ovviamente richiede alle imprese un compenso che va ad aggiungersi al mero
costo del lavoro e allo specifico contributo per la formazione professionale
dei lavoratori temporanei. Per queste ragioni il lavoro temporaneo è
più oneroso, per l'impresa utilizzatrice, rispetto all'assunzione
diretta a tempo determinato.
Ne consegue, come l'esperienza
degli altri Paesi insegna, che le imprese sono indotte ad utilizzare il
lavoro temporaneo per brevi periodi (in Francia la durata media delle "missioni"
è di quindici giorni); superata una certa soglia di durata, il maggior
onere rende particolarmente gravoso il ricorso a questa forma di lavoro.
Se al termine della "missione" l'esigenza aziendale continua, è
opportuno per l'impresa assumere direttamente il lavoratore. In proposito
va segnalato che l'assunzione da parte dell'impresa utilizzatrice è
ben vista dal legislatore; infatti la legge vieta ogni clausola volta a
limitare la facoltà dell'impresa utilizzatrice di assumere direttamente
il lavoratore al termine del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo.
Nel costo del lavoro va
inoltre ricompreso un contributo, pari al 5% della retribuzione corrisposta
ai lavoratori, che dovrà essere versato dalle imprese fornitrici
al fine di costituire un fondo per la formazione professionale dei lavoratori
temporanei.
QUANDO È
POSSIBILE IL LAVORO TEMPORANEO
Le imprese possono ricorrere
al lavoro temporaneo quando ciò sia previsto dai contratti collettivi
nazionali di lavoro o allorquando vi sia la necessità di manodopera
da utilizzare temporaneamente in qualifiche non previste dai normali assetti
produttivi aziendali o, infine, per sostituire lavoratori assenti.
È invece espressamente
vietata la fornitura di lavoro temporaneo nei seguenti casi:
- qualifiche di esiguo contenuto
professionale, individuate dai contratti collettivi nazionali di lavoro;
- sostituzione di lavoratori
in sciopero;
- assegnazione ad unità
produttive nelle quali si sia proceduto nei dodici mesi precedenti a licenziamenti
collettivi, oppure nelle quali sia in atto l'intervento della cassa integrazione
guadagni per lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce la fornitura
di manodopera;
- imprese che non dimostrino
di aver effettuato la valutazione dei rischi di cui all'art. 4 del decreto
legislativo n. 626/94;
- lavorazioni che richiedono
sorveglianza medica speciale e lavori particolarmente pericolosi (da definirsi
con decreto ministeriale).
Comunque, nell'ambito di
una stessa impresa, i lavoratori temporanei non possono superare una data
percentuale rispetto al totale dei dipendenti a tempo indeterminato; tale
percentuale è stabilita dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
Per i settori dell'agricoltura
e dell'edilizia il legislatore detta norme particolari. Il lavoro temporaneo
potrà essere introdotto dalla contrattazione collettiva nazionale
di lavoro in via sperimentale, individuando le aree territoriali e definendo
le modalità della sperimentazione.
LE IMPRESE DI
FORNITURA DEL LAVORO
La legge ha stabilito criteri
severi per la selezione dei soggetti ammessi ad esercitare l'attività
di fornitura di lavoro temporaneo, criteri peraltro mutuati in larga parte
dalla legislazione straniera (in specie quella belga).
L'attività di fornitura
di lavoro temporaneo può essere svolta solo da società (di
capitali o cooperative) autorizzate dal Ministero del lavoro e che abbiano
tale attività come fine esclusivo.
Inoltre è richiesto
il possesso di specifici requisiti, volti a garantire la solidità
economica e finanziaria dell'impresa fornitrice nonchè la sua affidabilità
sul piano professionale, organizzativo e sociale: sul primo versante le
agenzie devono avere un capitale sociale di almeno un miliardo di lire
ed effettuare un deposito cauzionale di almeno settecento milioni a garanzia
dei crediti dei lavoratori e degli enti previdenziali; sul secondo versante
devono assicurare la disponibilità di strutture e competenze professionali,
devono esercitare l'attività in un ambito territoriale non inferiore
a quattro regioni e devono avere amministratori, direttori generali e dirigenti
che non si siano macchiati di reati di particolare rilievo.
DIRITTI DEL LAVORATORE
La legge tende ad assicurare
al lavoratore temporaneo, compatibilmente con le caratteristiche dell'istituto,
la parità di trattamento con i dipendenti dell'azienda utilizzatrice.
Ciò risponde all'evidente esigenza di scongiurare un utilizzo non
genuino del lavoro temporaneo e alla necessità di rassicurare i
lavoratori di fronte ad una nuova forma di lavoro.
In primo luogo il legislatore
si cura della retribuzione del lavoratore temporaneo. Per quanto riguarda
la misura, viene stabilito che essa non possa essere inferiore a quella
a cui hanno diritto i dipendenti di pari livello dell'impresa utilizzatrice.
Inoltre il lavoratore gode di un'importante garanzia: l'impresa utilizzatrice
risponde in solido per le retribuzioni e i contributi eventualmente non
pagati dall'agenzia.
In secondo luogo il lavoratore
temporaneo può esercitare i diritti sindacali riconosciuti ai dipendenti
dell'impresa utilizzatrice (ad esempio partecipando alle assemblee sindacali).
Infine va segnalato che
il lavoratore temporaneo può usufruire di tutti i servizi sociali
e assistenziali di cui godono i dipendenti dell'impresa utilizzatrice.
OBBLIGHI IN MATERIA
di salute e sicurezza Particolare
cura è dedicata alle norme in materia di tutela della salute e prevenzione
degli infortuni. La complessità dell'istituto rende infatti necessaria
una puntuale ripartizione degli obblighi che, nei normali rapporti di lavoro,
ricadono sul datore di lavoro ai sensi del decreto legislativo n. 626/94.
Sono quindi specificati
gli obblighi dell'impresa fornitrice e quelli dell'impresa utilizzatrice.
L'impresa fornitrice deve
informare il lavoratore sui rischi riguardanti la sicurezza e la salute
e deve formarlo e addestrarlo all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie
allo svolgimento dell'attività lavorativa a cui sarà adibito.
Nel contratto di fornitura può però essere previsto che tale
obbligo sia adempiuto dall'impresa utilizzatrice; in effetti appare verosimile
che in molti casi, specie nel settore industriale, possa prevalere questa
seconda ipotesi. In presenza di attrezzature particolari, non comuni o
sofisticate, può infatti essere più efficace e più
semplice che gli obblighi sopra indicati (informazione, formazione e addestramento
al fine di prevenire i rischi per la sicurezza e la salute del lavoratore)
siano assolti dall'impresa utilizzatrice; in casi del genere quest'ultima
dovrebbe essere in grado di svolgere un'azione più completa e puntuale
sui rischi derivanti da macchinari e attrezzature che conosce molto meglio
di chiunque altro.
L'impresa utilizzatrice,
in aggiunta agli obblighi eventualmente assunti nel contratto di fornitura
e di cui si è detto, deve informare il lavoratore nel caso in cui
le mansioni richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino rischi
specifici e deve osservare tutti gli obblighi di protezione previsti per
i propri dipendenti. Ed è comunque l'impresa
utilizzatrice ad essere
responsabile della eventuale violazione degli obblighi di sicurezza stabiliti
dalla legge o dai contratti collettivi.
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