Impresa & Stato n°41
NATURA E RUOLO DELLA MEDIA IMPRESA
I risultati di una ricerca per spiegare le ragioni di un successo e cercare di capire come lo si può ripetere
di
FEDERICO BUTERA
Questo articolo presenta i principali risultati di
una ricerca promossa dalla Camera di Commercio di Milano, condotta
dall'IRSO (Istituto RSO) e diretta da Federico Butera. Vi hanno
collaborato MassimoSaita, Andrea Beretta Zanoni, Alessandra Miata,
Francesco Nesci.
La ricerca è in corso di stampa nel volume:
Federico Butera (a cura di), La media impresa costruita per durare,
Franco Angeli, Milano 1997.
B
isogna prendere la media impresa sul serio. Le medie
imprese in Italia, anche definite nel modo più semplificato
(come imprese con dipendenti fra i 100 e i 500) sono un fenomeno
rilevante in termini di numerosità (circa 7.000), in termini
di persone occupate (1,3 milioni di occupati) e in termini di
fatturato (550 mila miliardi). Fra queste le medie imprese performanti,
ossia quelle che hanno avuto più alti tassi di redditività
e di crescita di fatturato, dimostrano che tassi di sviluppo del
20% annuo del fatturato e dell'occupazione sono in molti casi
possibili.
Una politica di sostegno e di sviluppo delle medie
imprese che punti ad un aumento del 20% (nel numero o nelle dimensioni
delle medie imprese) potrebbe portare ad un incremento di occupazione
di 250.000 occupati e ad una maggiore produzione lorda di 11.000
miliardi. Se si considera che esse spesso rappresentano "locomotive"
di aree regionali, di sistemi di imprese, di settori o nicchie
di mercato e che sono un esempio per le imprese di simili dimensioni
anche in settori diversi, gli effetti potrebbero essere ancora
più marcati.
L'IRSO (Istituto RSO) - Istituto di Ricerca Intervento
sui Sistemi Organizzativi - ha svolto, per conto e in stretta
collaborazione con la Camera di Commercio di Milano, una ricerca
per approfondire le caratteristiche e i tratti distintivi delle
medie imprese, con particolare riferimento a Milano e provincia.
Scopo della ricerca è stato quello di contribuire a individuare
le caratteristiche distintive delle medie imprese di successo,
la natura e la durevolezza di tale successo, i fattori interni
che lo hanno favorito e quelli che potrebbero assicurarne la riproducibilità,
il potenziale ruolo di guida dello sviluppo locale, il ruolo in
una economia globalizzata. La domanda finale e più importante
era: quante sono le medie imprese, quante potrebbero diventare,
quali azioni di promozione e supporto possono essere offerte per
il loro successo e la loro diffusione?
L'IMPORTANZA DELLA MEDIA IMPRESA
La media impresa (M.I.) merita una attenta considerazione
perché:
a) è tipica della realtà italiana
e delle economie europee più sviluppate;
b) è un fenomeno economicamente rilevante.
Inoltre alcune medie imprese di successo hanno avuto
straordinari risultati economico-finanziari e commerciali e una
visibilità internazionale che le grandi e le piccole spesso
non hanno avuto. Quando sono cresciute in tempo relativamente
breve sono diventate grandi imprese nazionali o "piccole
multinazionali" (Merloni, Riello, Natuzzi, Luxottica, etc.).
Quando sono rimaste di medie dimensioni si sono distinte per la
qualità dei prodotti e servizi e per la continuità
e stabilità economica e organizzativa.
In ogni caso le medie imprese di successo sono un
obiettivo di riferimento per le piccole imprese che crescono e
per i distretti, sono talvolta partner importanti delle grandi
imprese, hanno espresso una imprenditoria moderna fra le più
avanzate e innovative apparsa in Italia negli ultimi decenni (nuova
imprenditorialità familiare).
In sintesi le medie imprese:
- possono rappresentare aree di eccellenza e
competitività a livello nazionale e internazionale;
- possono garantire una visibilità internazionale
elevata per il sistema Paese;
- possono essere un riferimento per lo sviluppo
di una imprenditoria italiana nuova, efficace e moderna;
- sono il simbolo di un nuovo capitalismo italiano
moderno spesso familiare, che si differenzia sia dal modello in
profonda trasformazione delle grandi imprese nazionali (sia quelle
private a tradizionale proprietà familiare sia quelle pubbliche
che si stanno privatizzando), sia da quello delle piccole imprese
polverizzate o che fanno parte di aree sistema;
- sembrano poter offrire stimolo all'innovazione
strategica e all'animazione dei distretti industriali di cui sono
parte.
ESISTE DAVVERO LA MEDIA IMPRESA?
La letteratura e la pubblicistica economica parlano
spesso di Piccole e Medie Imprese (PMI in italiano, PME in francese,
small and medium business in inglese). La linea di demarcazione
viene di solito fissata per mezzo delle dimensioni di personale
e di fatturato; per media impresa si intende generalmente l'impresa
con un numero di dipendenti da 100 a 500 e con un fatturato che
va da 50 a 400 miliardi. Le dimensioni di personale e le dimensioni
di fatturato sono però variabili non completamente significative
se non sono messe in relazione a variabili di mercato e di settore.
Infatti una impresa di 200 dipendenti che fattura 200 miliardi
in alcuni settori sarebbe una piccola impresa artigiana, in altri
casi questi dati sono inconsistenti, in altri l'impresa è
media, in altri ancora è grande.
La media dimensione nasconde infine due diverse e
opposte realtà imprenditoriali: da un lato l'impresa media
che combatte per la sopravvivenza e che non riesce a crescere,
operando contro competitori più grandi che producono a
costi più bassi e che hanno strutture distributive più
efficienti; dall'altro l'impresa media che opera con successo
entro la propria soglia critica per competere.
In realtà non è chiara la teoria sottostante
all'idea di media impresa. La nozione di grande impresa è
stata sviluppata sulla base della teoria economica di scala. Le
teorie sulle piccole imprese sono divenute recentemente parte
delle regional economics e della teoria dei distretti industriali.
Nulla di tutto questo è avvenuto per la media impresa.
Da qui appare legittima la domanda: esiste davvero
la media impresa come entità economica e organizzativa
distinta dalla grande e dalla piccola impresa? La media impresa
è spesso una allusione, un punto di fuga, un "non
è" (non è la piccola impresa, non è
la grande impresa, non è il distretto, ecc.). Ma che cosa
è?
La letteratura che scarsamente distingue la media
dalla piccola impresa, descrive tuttavia alcune caratteristiche
delle PMI che possono essere considerate "indizi" per
differenziare le medie imprese dalle altre.
a) La media impresa nasce nelle fasi di crescita
e di espansione del business e questo le richiede (in determinati
settori) la crescita dimensionale che la stacca dallo stardust
delle piccole imprese.
b) La media impresa si differenzia dalle piccole
imprese quando inizia a esportare di più: questo da una
parte spinge a una crescita dimensionale, ma dall'altra sviluppa
capacità di marketing, di gestione finanziaria e valutaria,
di relazioni internazionali che modificano profondamente le caratteristiche
imprenditoriali sia in senso oggettivo (l'impresa espande il controllo
della
propria catena del valore ai mercati esteri), sia
in senso soggettivo (l'imprenditore e i suoi collaboratori iniziano
a dover fare affari in un altro Paese, a viaggiare, ecc.).
c) La media impresa appare quando si sviluppa uno
stile e una pratica di management professionale a sostegno o a
integrazione della famiglia proprietaria.
d) Le PMI hanno capacità innovative che nel
passato sono state poco rilevate. In effetti solo alcune di esse
si rivelano capaci di sviluppare oltre a innovazioni di prodotto
o di processo basate sul raffinamento tecnico anche innovazioni
basate sull'impiego di rilevante conoscenza tecnico-scientifica
generata da knowledge-workers interni. La media impresa si differenzia
dalla piccola per la capacità innovativa e spesso per la
connessione con le comunità tecnico-scientifiche.
e) La media impresa - come la piccola - è
spesso parte di una rete: in essa svolge il ruolo di polo specializzato
operante sulla base di economie di scala o il ruolo di impresa
focale.
LA M.I. E I DISTRETTI INDUSTRIALI
Negli anni più recenti molti dubbi sono stati
avanzati sulla reale "tenuta" di un concetto come quello
di dimensione di impresa. Il dibattito sull'argomento ha visto
molti contributi senza riuscire a trovare soluzioni soddisfacenti.
La teoria economica tradizionale poneva la dimensione come parametro
chiave per spiegare la struttura economica, in base a due ipotesi
forti:
- che tra dimensione dell'impresa e livello
dei costi unitari vi fosse una relazione inversa, mediante una
qualche forma di economia di scala;
- che la dimensione potesse spiegare le condizioni
strutturali della concorrenza (grande dimensione=concentrazione
del mercato).
In altri termini, l'importanza della dimensione d'impresa
è legata alla presunta capacità di quest'ultima
di condizionare di per se stessa costi di produzione e tipo di
concorrenza.
Tali assunti, oggi, non risultano più attuali.
L'attenzione va fissata sullo sviluppo del sapere scientifico
e delle tecnologie dell'informazione come motore attivo dello
sviluppo capitalistico. Secondo Vaccà si ridimensiona radicalmente,
per effetto di questi processi, la capacità da parte della
grande impresa di generare al proprio interno il patrimonio informativo
necessario all'impresa stessa per produrre e svilupparsi. Essa,
inoltre, è sempre meno in grado di mantenere il controllo
esclusivo delle informazioni possedute.
Strategica, per le imprese, diviene la capacità
di situarsi all'interno e/o di porsi in connessione con le reti
di circolazione dell'informazione e del sapere scientifico e tecnologico
a livello globale. Sotto questo profilo, la dimensione della singola
impresa perde rilevanza, mentre ne va sempre più acquistando
la capacità di creare e di gestire reti interimprenditoriali
capaci di catturare i flussi informativi e di conoscenza che guidano
lo sviluppo scientifico, tecnologico e produttivo.
A questo tipo di interpretazione si associano anche
alcuni studiosi dei distretti industriali. Il filone "classico"
degli studi sui distretti industriali (nella formulazione datane
da Becattini) aveva individuato l'elemento chiave del distretto
nelle "economie esterne alla singola impresa, ma interne
all'aggregato", e nella specifica "industrial atmosphere"
del distretto. I propugnatori della nuova variante ritengono invece
che si debba operare una nuova transizione di livello di analisi,
dal distretto industriale inteso in modo indifferenziato, all'impresa
distrettuale. Questo approccio - senza negare le acquisizioni
operate dall'introduzione del concetto di distretto - muove dalla
considerazione di come in tempi recenti si sia assistito, all'interno
di molti distretti, a un intenso processo di decomposizione e
ricomposizione dei rapporti tra imprese (rapporti che peraltro,
considerati globalmente, tendono ad aumentare e rafforzarsi, non
certo a diminuire).
Come fanno osservare Ferrucci e Varaldo, il passo
obbligato verso una possibile rinascita dei distretti italiani
sembra passare dalla emersione di imprese leader che si distaccano
dalle altre per cultura, mezzi e capacità strategiche.
Altri contributi traggono alimento dalla iniziale
sollecitazione di Ferrucci e Varaldo. In particolare, questi lavori
giungono alla elaborazione di una teoria dinamica del ciclo di
vita del distretto (in analogia con quella dell'impresa) che si
propone di recuperare in un quadro teorico unitario le più
recenti acquisizioni di ricerca sui distretti e di tracciare una
mappa dei percorsi di evoluzione più probabili dato lo
stato attuale delle conoscenze. Prendendo atto del dato rilevato
empiricamente è stata messa a punto e successivamente testata
sul piano empirico una ipotesi di ciclo di vita dei distretti
industriali che individua:
- un primo momento di specializzazione di fase;
- una successiva fase di irrobustimento dei
rapporti tra imprese che porta alla nascita di quelle che vengono
definite aree sistema integrate;
- una terza fase di maturità, a cui corrisponde
una pluralità di percorsi evolutivi (vuoi in direzione
di un ulteriore sviluppo, vuoi verso una fase di declino o di
trasformazione del distretto).
Due sarebbero le opzioni più frequenti. Il
primo caso è quello della crescita per linee esterne, in
cui le imprese creano sistemi di accordi strutturati caratterizzati
da legami stabili di medio-lungo periodo. Il secondo caso è
quello della crescita per linee interne, che ha luogo quando le
imprese decidono di competere non più sui costi ma sul
controllo delle fasi critiche della catena del valore e sulla
qualità. Questo processo darebbe luogo all'emergere di
alcune imprese di dimensioni medie che vanno assumendo il ruolo
di capofila.
In entrambi i casi, i fenomeni di riordino e ricentratura
del tessuto imprenditoriale a livello di distretto aprirebbero
la strada all'emergere di imprese leader capaci di orientare sotto
il profilo direzionale e strategico l'agire di un gran numero
di imprese di minori dimensioni, a esse collegate da rapporti
di fornitura caratterizzati da gradi variabili di stabilità.
Si tratterebbe di imprese a rigore di termini non catalogabili
nella categoria delle medie imprese (perché spesso hanno
meno di 100 addetti), ma sovente da considerare tali a pieno titolo
qualora si prendano in esame altri parametri di tipo più
strettamente economico quali il livello del fatturato o degli
utili o ancora il valore aggiunto.
M.I. PERFORMANTI E BUILT TO LAST
Abbiamo detto all'inizio che una politica di sostegno
e di sviluppo delle medie imprese che puntasse in due anni a un
aumento del 20% nel numero (e/o nelle dimensioni delle medie imprese)
porterebbe a un incremento di occupazione fino a 250.000 occupati
e/o a un fatturato aggiuntivo fino a 11.000 miliardi: risultati
tendenzialmente permanenti e assai rilevanti in una fase di ricerca
di modalità per lo sviluppo dell'occupazione e della competitività
del sistema Italia.
E' possibile una simile crescita? La nostra ricerca
dà speranza a questo riguardo perché mostra che
alcune caratteristiche della media impresa sono:
a) identificabili (contro la tesi dell'inesplicabilità
dei processi di crescita della piccola impresa), b) riproducibili
(ossia azioni a basso costo possono favorire la moltiplicazione
e la crescita della media impresa). Un segmento di tali medie
imprese ha successo, stabilità e durata e ha caratteristiche
identificabili e riproducibili. Fra queste, le medie imprese performanti
(o di successo) sono quelle che hanno avuto più alti tassi
di redditività e di crescita di fatturato, ma nella nostra
ricerca abbiamo tentato di andare oltre la nozione di media impresa
in una accezione meramente dimensionale e anche a quella di media
impresa di successo, misurato solo sull'incremento di fatturato
e di utili. Abbiamo deciso di selezionare nell'insieme delle medie
imprese in senso lato (cioè identificate solo in base al
numero di addetti) un campione più ridotto, costituito
da imprese caratterizzate da solidità patrimoniale, da
stabilità istituzionale sul mercato e sul territorio, da
durevolezza nel tempo combinate al successo nella gestione economica.
Un primo screening sul totale delle medie imprese
definite dalle dimensioni degli addetti è stato fatto estraendo
le imprese caratterizzate da una elevata formalizzazione dell'assetto
societario (forma giuridica S.p.A.) e da un cospicuo tasso di
capitalizzazione (Capitale Sociale compreso fra 5 e 10 miliardi).
Abbiamo pensato che entro questi confini istituzionali e patrimoniali
si trovassero quelle che abbiamo chiamato medie imprese costruite
per durare, medium sized firms built to last.
Ciò non vuol dire affatto che quelle che sono
rimaste fuori dalla nostra griglia non dureranno: abbiamo voluto
mettere in evidenza come la possibilità che la media impresa
svolga le tante, troppe funzioni che le vengono attribuite dipenda
da un fattore basilare: che la media impresa si qualifichi come
istituzione economica durevole.
Gran parte delle medie imprese italiane sono imprese
familiari, quelle che hanno avuto successo sono cresciute in termini
di fatturato e spesso di utili: solo alcune però hanno
rafforzato il patrimonio e hanno fatto investimenti. Alcune medie
imprese built to last, quelle cioè che hanno buoni risultati
di gestione associati alle caratteristiche patrimoniali e societarie
già dette, sono "normali" imprese di medie dimensioni
con una caratteristica speciale: si sono sviluppate in modo costante
nel tempo acquistando solide quote di mercato e riuscendo a fare
utili anche in momenti bui dell'economia italiana.
Le imprese che noi abbiamo selezionato hanno la caratteristica
di essere insieme società di persone e capitali. Sono società
di capitali non solo formalmente: infatti la proprietà
ha dotato l'impresa di mezzi economici sufficienti a svilupparsi
in autonomia senza diventare dipendente dall'indebitamento bancario
(in ciò diverse dalla piccola impresa). Sono anche società
di persone nel senso che è forte la componente professionale
e sociale costituita dalla creazione di conoscenze (knowledge
creation), coesione (cooperation), e dall'impegno (effort) dell'imprenditore,
dei dirigenti, dei tecnici e dei lavoratori (fattori che in letteratura
vengono considerati decisivi per il successo, l'innovazione e
la durata e difficili da creare nella grande impresa). Esse hanno
quindi caratteristiche di istituzioni economiche durevoli.
Abbiamo formalizzato i criteri per identificare queste
imprese built to last: esse sono S.p.A. ad alto tasso di capitalizzazione,
sono in utile da almeno 5 anni e hanno un rapporto utile/fatturato
non inferiore all'1%.
Fra tali imprese built to last estratte dallo screening
abbiamo poi ulteriormente selezionato 10 "best in class",
quelle con migliori risultati di bilancio, "casi" eccellenti
per risultati economici e finanziari. Sono certamente ottime imprese
che vale la pena di studiare per cogliere qualche segreto del
loro successo e trasmetterlo alle altre o a chi fa politiche di
sostegno alle imprese.
L'analisi effettuata su queste medie imprese best
in class di Milano e provincia rivela che molte spiegazioni sul
successo durevole risiedono nella organizzazione interna, altre
spiegazioni si trovano all'esterno di queste imprese, in particolare
nella loro capacità di attivare una rete di altre imprese
e operatori economici.
La ragione sociale delle 10 imprese selezionate come
best in class è riportato di seguito in ordine
alfabetico:
Artemide, Aster Associate Termoimpianti, Calzaturificio
F.lli Rossetti, Editoriale Domus, Giuffrè Editore, Italsilva,
Redaelli Tecna, Ricordi, Schindler, Union Fotomarket.
Abbiamo infine svolto studi di caso in profondità
su 4 di tali 10 imprese in base alla loro disponibilità
a concederci un po' di tempo e qualche informazione confidenziale.
LE RAGIONI DEL SUCCESSO
La nostra ricerca si è concentrata solo sulle
ragioni organizzative del successo e della solidità istituzionale:
altre ricerche potranno illuminare altri fattori quali strategie,
il vantaggio dato dalle tecnologie, le politiche di prezzo o di
costo, la diversificazione e il portafoglio commerciale e altri
fattori contestuali come le opportunità del mercato o le
condizioni dei cambi.
Nello studio di queste imprese sono emersi con chiarezza
i tratti organizzativi più fortemente associati al loro
successo:
- le strategie, le risorse, le strutture di
tali imprese sostengono una posizione rilevante quando non addirittura
di leadership nel proprio settore o in un segmento di esso in
virtù di qualità, flessibilità e customer
orientation;
- i fattori interni (organizzazione, tecnologia,
sistemi di gestione) di tali imprese sono fra loro consonanti
e sono appropriati alla strategia: la più armonica politica
di impiego delle risorse e il più accurato e ricorsivo
aggiustamento di strategia e struttura fanno premio sulle scelte
astrattamente innovative come, per esempio, l'adozione della tecnologia
più moderna o della strategia di marketing più aggiornata;
- insieme a una organizzazione razionale e all'impiego
di tecnologie moderne che fanno assomigliare queste imprese di
successo alla grande impresa, lo sviluppo di regole di condotta
dettate dalle tecnologie informatiche e le cosiddette custom and
practices, le fanno assomigliare alle piccole. Ma gli strati organizzativi
che coesistono non si fermano a questi: lo strato organizzativo
invisibile di maggior importanza è l'organizzazione professionale
(in cui eccellenza del prodotto/servizio e competenze sono patrimonio
sia dell'impresa sia di figure professionali eccellenti). L'organizzazione
sociale (o organizzazione percepita) ha un grande valore, ma non
è semplice informalità bensì cooperazione
spontanea o autoregolata (né burocratizzazione né
informalità nelle medie imprese, ma ricchezza di forme
organizzative e fonti normative coesistenti);
- nelle medie imprese best in class si rileva
una relazione positiva a due vie fra attore (imprenditore e dirigente)
e sistema (strutture organizzative e tecnologia): la leadership
è forte ma nel tempo ha costruito strutture dotate di autonomia;
- le medie imprese best in class sono parte
di una rete: o sono l'agenzia strategica di una rete di subfornitori
o sono esse stesse parte di una rete sovraordinata. Spesso sono
l'agente di orientamento di un distretto territoriale (la media
impresa come componente di una rete organizzativa).
DIVERSIFICAZIONE E FLESSIBILITÀ
La media impresa ha successo non in base a criteri
di economia di scala, ma a criteri di economia di diversificazione
e di flessibilità. La media impresa built to last o vitale
è quella che - entro dimensioni costituite da più
parametri (fatturato, dipendenti, ampiezza nelle subforniture,
etc.) e variabili (a seconda del settore di appartenenza) -, dispone
di strategie, risorse, strutture che sostengono una posizione
competitiva rilevante. La ricerca di una posizione di vantaggio
competitivo è guidata da esigenze di generazione di risorse
per finanziare l'espansione e per remunerare il capitale investito.
La media impresa - secondo questa ipotesi - è
simile alla grande impresa perché tende alla dominanza
sul mercato, alla stabilità strutturale, all'innovazione,
all'autofinaziamento dello sviluppo, ecc. é simile alla
piccola impresa perché di solito dà lavoro all'imprenditore
e alla sua famiglia, e perché remunera il capitale come
componente del reddito dell'imprenditore che lavora nell'impresa.
Non rischia tuttavia di diventare una istituzione "condannata
all'immortalità" come la grande impresa e di conseguenza
ogni tentazione di influenzare o soggiogare il sistema politico
e istituzionale è estranea al proprio codice genetico:
la media impresa vive prevalentemente nel mondo dell'economia
e non in quello delle istituzioni del Paese. Non rischia neanche,
come la piccola impresa, di essere la "cassaforte del titolare"
o la forma giuridica assunta dal lavoro autonomo del titolare
e della sua famiglia. La media impresa è una organizzazione
complessa, i cui partner sono ben più numerosi e influenti
che non i soli proprietari-prestatori d'opera e i cui fattori
(risorse economiche, tecnologia, competenze, ecc.) sono tutti
rilevanti per il successo.
La media impresa ha certamente un ruolo nella attuale
customer revolution ossia nel superamento del modello centrato
sul prodotto del tipo "Ford T" che ha caratterizzato
lo sviluppo economico del nostro secolo. La media impresa rappresenta
probabilmente una delle più efficaci strutture di modello
industriale (e non neo-artigianale) centrato sul servizio.
APPROPRIATEZZA DELLE RISORSE
Lo sviluppo industriale che abbiamo conosciuto ci
ha abituati a pensare che la crescita e il successo economico
fossero legati alla scelta di soluzioni organizzative ottime:
l'adozione intensiva di tecnologia avanzata, l'impiego delle metodologie
gestionali più aggiornate, ecc: in una parola il mito della
modernità. Lo shock giapponese subìto dall'Occidente
è stato fondato su criteri diversi: non è la modernità
dei singoli fattori d'impresa, ma la loro combinazione e la loro
appropriatezza alle strategie prescelte che assicura il successo.
La letteratura è concorde nel ritenere che
il successo dell'impresa venga conseguito da formule imprenditoriali
competitive dotate di un elevato grado di consonanza fra un segmento
di mercato, il prodotto che l'impresa offre, l'organizzazione
interna e il sistema di controllo. L'impresa di successo non è
quindi sempre quella che dispone di uno straordinario prodotto
esclusivo o che è leader del mercato o che produce a costi
più bassi rispetto ai competitori: è invece più
spesso l'impresa che dispone di una "conoscenza superiore"
o di una "abilità superiore" del mercato, del
suo prodotto/servizio e delle proprie condizioni interne di produzione
e sviluppo. Per una parte della letteratura le medie imprese hanno
avuto successo per ragioni strategiche, ma vi sono alcuni motivi
organizzativi a esse associate. Le medie imprese hanno probabilmente
sviluppato sistemi di coordinamento e controllo, forme organizzative,
soluzioni tecnologiche, modalità di gestione delle risorse
umane che presi isolatamente non sono spesso i più avanzati
in assoluto, ma che sono fra loro internamente coerenti. Inoltre
un non allineamento fra strategia e struttura può essere
un elemento positivo di cambiamento; "un pregio e non un
difetto" quando fa scattare e guida processi di cambiamento.
La media impresa tende ad avere un buon livello di appropriatezza
strategica, ma è anche in grado di sostenere livelli moderati
di non appropriatezza, di inconsistenza tra strategia e struttura,
utilizzandoli come elementi propulsori.
L'implicazione pratica che ne consegue è che
la media impresa di maggior successo è quella capace di
fare system integration dei suoi fattori interni e di sviluppare
in modo appropriato la propria formula imprenditoriale.
ORGANIZZAZIONE VISIBILE E NON
In virtù di quali caratteristiche organizzative
la media impresa eccellente ha successo? Su quali occorre puntare
per aumentare la sua capacità di successo: l'organizzazione
formale, l'innovazione nelle metodologie di lavoro, le procedure,
il clima, l'integrazione o che altro?
La piccola impresa può permettersi di non
formalizzare la propria organizzazione, anche se ha in ogni caso
un'organizzazione. La media impresa si sviluppa in base alla combinazione
fra azione imprenditoriale (forte) e struttura organizzativa (meno
forte). L'organizzazione di ogni singola media impresa è
caratterizzata - in misura assai maggiore della grande - non da
una sola organizzazione, ma da diversi sistemi di regolazione
e governo ossia da un pacchetto (package) di diverse organizzazioni
coesistenti.
Come la grande, la media impresa ha spesso una struttura
burocratica: ma in essa il ruolo organizzante della tecnologia,
l'organizzazione di fatto, l'organizzazione professionale, l'organizzazione
data dalla cultura, l'organizzazione informale (concetti che definiremo
meglio più avanti) hanno più spazio relativo e maggiore
integrazione e sinergie le une con le altre. Una parte rilevante
dell'organizzazione della media impresa è costituita da
una struttura latente alla vista di tutti e raramente compresa
nella sua vera essenza: l'organizzazione tecnica. Un ciclo di
montaggio, una distinta base, una procedura di prelievo a magazzino
sono a prima vista regole tecniche, ma in realtà sono anche
e soprattutto sistemi per regolare comportamenti umani. Ipotizziamo
che nella media impresa di successo, l'organizzazione tecnica
sia spesso l'area della modernizzazione: essa dovrebbe conferire
all'impresa efficacia ed efficienza, modernità, flessibilità
e qualità.
La maggior parte dell'organizzazione della media
impresa è rappresentato dall'organizzazione di fatto, quella
serie di norme, pratiche, valori, culture non scritte, ma fortemente
riconoscibili che rappresentano il modo di fare le cose nella
produzione, nell'attività commerciale, nell'amministrazione,
ecc. Questa organizzazione in primo luogo appartiene alle capacità
pratiche degli operai, degli impiegati, dei dirigenti, dell'imprenditore:
scaturisce dalle persone, piuttosto che da una organizzazione
che fissa regole alle persone. Una media impresa ha una organizzazione
di fatto, ma in gran parte è la sua organizzazione di fatto.
Reputazione e competenza distintiva da una parte, limiti all'innovazione
e alle traiettorie di sviluppo dall'altra sono radicate in tale
organizzazione di fatto.
Il sistema di regolazione e governo più importante
è quello professionale. Le persone sembrano operare in
base ai dettami di una istituzione sovraordinata che detta regole,
criteri, valori. é la situazione delle imprese costituite
da professionals e da knowledge-workers: questi ultimi hanno una
doppia lealtà, all'impresa e alla loro corporazione spesso
operante su base internazionale. In gran parte del terziario avanzato
le regole di condotta sono fissate non dentro la singola impresa,
ma dentro queste più ampie istituzioni e corporazioni.
L'organizzazione percepita è molto di più
che la cultura dell'organizzazione: è quel particolare
sistema organizzativo in cui valori, credenze, accomunamenti,
sistemi di senso, flussi affettivi (che costituiscono una struttura
rappresentativa del mondo) producono fra una popolazione definita,
una o più specifiche letture delle regole organizzative.
Nella media impresa a base familiare ad esempio la famiglia come
struttura sociale e come sistema culturale è potentissima.
La media impresa opera sulla base di una grande metafora familiare
che dà senso a una realtà produttiva e razionale,
ma che da un certo punto in avanti diviene una realtà essa
stessa.
L'implicazione operativa di questa lettura è
che la media impresa ha bisogno non di trasferimento di soluzioni
organizzative eccellenti e astratte, ma di essere accompagnata
in processi di sviluppo organizzativo che facciano evolvere armonicamente
e in modo chiaro tutte le componenti o strati organizzativi: progettazione
di organizzazioni flessibili, introduzione di tecnologie "organizzanti",
training on the job, formazione professionale e manageriale, accesso
facile a metodologie di gestione flessibili, eccetera.
LEADERSHIP E STRUTTURA
Che tipo di relazione esiste tra leader (imprenditori
e dirigenti) e strutture tecnologico-organizzative? La letteratura
indica che nella media impresa che ha avuto successo esiste una
relazione virtuosa fra leader (imprenditori e dirigenti) e strutture
tecnologico-organizzative: i primi sono innovatori nel senso schumpeteriano,
la seconda è flessibile e adattiva. I primi creano, la
seconda consente ai primi di continuare a essere creativi. Senza
leader non nasce e non si sviluppa la media impresa. Ma il leader
ha successo perché sviluppa una "impresa vitale",
una struttura che ha vita in sé perché dispone di
caratteri intrinseci di vitalità.
Come si creano e si formano gli imprenditori e i
dirigenti della media impresa vitale? Cosa questi devono fare
per sviluppare organizzazioni dinamiche? Dietro questa domanda
si nasconde l'interrogativo della riproducibilità della
classe dirigente e della progettabilità e sviluppo pianificato
dell'organizzazione nelle imprese piccole e medie, riproducibilità
che ha assicurato per oltre un secolo lo sviluppo della società
industriale. L'implicazione operativa è che l'imprenditore
va formato insieme ai suoi dirigenti e ai suoi lavoratori in un
rapporto forte con azioni per lo sviluppo dell'impresa. La formazione
individualizzata è meno utile di sistemi di sviluppo organizzativo
e di action learning diffusi in tutta l'impresa.
LA M.I. E LE RETI ORGANIZZATIVE
La media impresa per avere successo non deve necessariamente
crescere di dimensioni. Come scrive Vaccà "è
ormai riconosciuto che il successo dell'impresa non dipende solo
dall'acquisizione di dimensioni aziendali crescenti (concentrazione)
o dalla formazione di posizioni di mercato, quanto dalla capacità
di saper organizzare il coinvolgimento di risorse che si formano,
al suo esterno e che sono controllate da altri soggetti economici,
attraverso accordi o intese di collaborazione". La natura
della media impresa è rinvenibile anche nel contesto (nazionale
e internazionale) di cui la media impresa fa parte. Sono caratteristiche
sistemiche quelle che permettono di classificare e progettare
interventi di sviluppo e di sostegno alla media impresa. L'organizzazione
riguarda prevalentemente il regolamento dei rapporti o reti fra
le imprese, fra le strutture, fra le persone. Ma tale contesto
deve essere comprensibile e governabile: "savane imprenditoriali"
e atmosfere regionali non lo sono.
Le nuove teorie dell'impresa hanno fornito strumenti
per spiegare e interpretare il fenomeno della diffusione di nuove
forme di impresa. Queste sono caratterizzate dalla circostanza
che l'azione imprenditoriale, organizzativa e gestionale si effettua
sempre più entro confini che non sono solo quelli giuridico-organizzativi
o formali dell'impresa centrale.
Sei componenti costituiscono tali forme di impresa:
- I processi interfunzionali, interaziendali
e interistituzionali attraversano imprese e unità organizzative
diverse. L'impresa rete opera al di fuori dei confini giuridici
dell'impresa. I processi di ricerca e sviluppo, i processi di
produzione, i processi logistici, i processi distributivi oggi
coinvolgono spesso diverse imprese che si trovano a cooperare
lungo tali processi.
- La valorizzazione avviene attraverso una doppia
catena del valore: il valore economico e il valore sociale. Esse
si rinforzano a vicenda attraverso il ciclo "redditività
- investimento - visibilità - supporto sociale interno
e esterno - strategie compatibili". Ciò implica la
collaborazione tra imprese e istituzioni sul territorio e nell'economia
globale.
- I "nodi o sistemi" sono le strutture
componenti queste nuove forme di impresa: esse sono entità
grandi o piccole orientate ai risultati, relativamente autoregolate,
capaci di cooperare con gli altri e di interpretare gli eventi
esterni. Il "nodo" per eccellenza è l'impresa
stessa che insieme ad altre imprese costituisce spesso reti di
imprese. Nodi componenti possono essere interni o esterni ai confini
giuridico-amministrativi di una singola impresa. Sono nodi in
una azienda, una divisione, una unità organizzativa, un
gruppo di lavoro, un ruolo e - perché no - una persona.
Ogni nodo - se è vitale - è per definizione parte
di un sistema e ne aumenta il valore. La media impresa è
quasi sempre un nodo fra i più autonomi e autoregolati
di sistemi sovraordinati e sottordinati e genera al suo interno
nodi autoregolati.
- Una proprietà fondamentale della rete
è che essa è costituita dalle connessioni o legami
fra i nodi. Le connessioni burocratiche sono quelle tradizionalmente
più visibili, quelle cioè che più danno la
sensazione di un sistema organizzato: ordini, norme, procedure.
In una impresa esse esistono e sono importanti, ma non sempre
primarie. Contano sempre di più anche altri tipi di connessioni:
per esempio le regole e le pratiche della cooperazione lavorativa,
le transazioni economiche, le informazioni formalizzate nei sistemi
informativi, le comunicazioni scritte, verbali e non verbali che
avvengono nelle riunioni, negli incontri, nelle telefonate.
I sistemi di medie imprese sono spesso assai efficaci
nel gestire tali connessioni, soprattutto le più soft.
- La configurazione dei nodi e delle connessioni
dà luogo a strutture. Ipotizziamo che la media impresa
vitale sia caratterizzata da strutture dure (sistemi razionali,
descrivibili e razionalmente progettabili) e strutture morbide
(strutture naturali che riposano su razionalità diverse
e che possono essere influenzate, ma non pienamente progettate).
é difficile spiegare che cosa è un'impresa (soprattutto
una media impresa) senza descrivere l'insieme delle sue strutture:
organigrammi, comitati, task force, reti locali e geografiche,
mercati interni ed esterni dell'impresa, mercati del lavoro, culture,
clan, parentele, etnie, eccetera.
- Una rete organizzativa per funzionare ha bisogno
di sistemi operativi e sistemi di gestione. Le procedure di progettazione,
pianificazione e controllo delle risorse sono fondamentali per
il successo del sistema, così come la creazione e manutenzione
dei servizi. I sistemi operativi sono sempre più determinanti
nella nascita e nello sviluppo di nuovi sistemi di impresa. I
sistemi di remunerazione e di incentivazione sono altri sistemi
operativi di crescente importanza. La media impresa fa, quasi
sempre, parte di un sistema sovraordinato dai confini più
vasti di quelli giuridici della singola impresa e si avvale di
collaboratori e di fornitori, con cui hanno luogo contemporaneamente
fenomeni di competizione e di collaborazione che possono configurare
nuove tipologie di sistemi economici.
L'implicazione operativa è che gestire la
media impresa comporta il governo e la progettazione di reti in
cui l'organizzazione focale sia una agenzia strategica che faccia
animazione, strategia, protezione senza interferire con la condotta
delle singole imprese.
LE M.I. COSTRUITE PER DURARE
Le imprese su cui abbiamo svolto gli studi di caso
sono riuscite a mantenersi in attivo e a consolidare il proprio
mercato anche in anni duri, di recessione, combattendo con le
armi dell'orientamento al cliente e della qualità del prodotto.
Sono imprese che fondate in anni d'oro dell'economia italiana
hanno investito denaro ed energie, uomini e mezzi per "mantenersi
al passo". Sono imprese che hanno saputo attivare relazioni
nazionali e internazionali con partner, fornitori, concorrenti
e regolare finemente il contributo di ciascuno verso un unico
risultato.
Queste imprese, come molte tra le imprese built to
last, hanno alcune specifiche caratteristiche:
A) Caratteristiche economiche: sanno attivare capitale
(essere una S.p.A.); sono in grado di remunerarlo (ROE); hanno
una autonomia finanziaria.
B) Caratteristiche imprenditoriali: valorizzano impreditorialità
e managerialità; hanno una organizzazione flessibile e
moderna; sono orientate al cliente; tendono all'innovazione; tendono
a una prospettiva internazionale; sono "in rete".
C) Caratteristiche di business: hanno un prodotto
o più prodotti di successo; eccellono nel core process;
hanno un mercato focalizzato; esportano.
D) Caratteristiche organizzative chiave: mostrano
consonanza dei fattori interni e appropriatezza al mercato; armonizzano
organizzazione visibile e non visibile; costruiscono sinergie
tra leadership e struttura; sono nodi di reti organizzative.
E) Criteri di successo: garantiscono un rapporto
utile/fatturato superiore all'unità; durano oltre la prima
generazione dell'imprenditore.
F) Connotazione tipica da istituzione economica:
partecipano a sistemi di democrazia economica e del mercato, sistemi
di formazione di risorse umane e di generazione di conoscenze
che consentono loro di svolgere un ruolo di esempio e di traino
sul territorio, creando ricchezza per i loro stackholder e perdurando
nel tempo.
INTERROGATIVI E PROPOSTE DI POLITICHE INDUSTRIALI
Tutto questo apre qualche interrogativo: come replicare
e diffondere queste esperienze di successo? come offrire dei servizi
adatti o rendere più accessibili quelli che già
esistono? come aiutare nuove imprese ancora giovani o "piccole",
che intraprenderanno la strada dello sviluppo e del consolidamento?
Questi quesiti restano aperti e costituiscono una sfida che forse
può essere raccolta da strutture istituzionali di democrazia
delle imprese sul territorio come le rinnovate Camere di Commercio
ancor più che da centri di politica industriale a livello
nazionale o dalle associazioni di categoria. Infatti ciò
che la nostra analisi individua è non solo il bisogno di
finanziamenti, di sgravi fiscali o di servizi (pur importanti)
o di difesa degli interessi, ma anche e soprattutto l'esigenza
di supporto alla identità, al riconoscimento, alla cittadinanza,
alla ulteriore istituzionalizzazione delle medie imprese. Sono
possibili politiche pubbliche che supportino tali caratteristiche
e virtù organizzative così "artistiche "
e irripetibili? Riteniamo di sì.
In particolare queste sono le proposte formulate
al termine della ricerca:
- un sistema di sostegno all'azione di marketing
internazionale;
- un sistema di formazione specifico non convenzionale
di imprenditori, manager e professional della media impresa che
potenzi conoscenze e abilità indispensabili per la crescita,
il successo e l'istituzionalizzazione della impresa stessa;
- un sistema professionale nazionale di nuovi
manager, professional e technician che trovino sfidante e ricompensatorio
impegnarsi nelle medie imprese, un sistema sviluppato e certificato
dai pubblici poteri e sostenuto dalle forze economiche (Confindustria,
sindacati, etc.);
- il sostegno tecnico e finanziario per l'acquisizione,
l'impianto e l'ottimale utilizzazione di tecnologie primarie,
dell'informazione e della comunicazione e di metodologie di gestione
di facile uso e di basso costo;
- la diffusione di cultura della media impresa
e di "storie delle medie imprese" nelle scuole, sui
giornali, nei media;
- il potenziamento dei luoghi di democrazia
delle imprese nei quali tali imprese partecipino attivamente,
nelle funzioni di regolazione del mercato, promozione economica,
fornitura di servizi, di certificazione e legittimazione.
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