Impresa & Stato n°39
MILANO-STATO: FEDERALISMO E INNOVAZIONE
di
PAOLO BERTACCINI
Un progetto-sfida, quello di dare formula giuridica
ad una proposta
che nasce dalle emergenze della globalizzazione
Il dibattito
sul federalismo, nei suoi aspetti di teoria e di prassi, sta lentamente
giungendo, all'estero come in Italia, alla sovrapposizione fra tematiche
relative al rapporto fra poteri dislocati territorialmente e tematiche
relative al rapporto fra società civile e ordinamenti politici.
Di questa convergenza può essere controverso il peso specifico di
ciascuna componente (se sia centrale cioè la questione federalista
o il rapporto di cittadini, associazioni, imprese con lo Stato), ma non
la ragione profonda che sta dietro ad entrambe: la globalizzazione dei
mercati. Qualunque confronto di idee sul federalismo (a fini esplicativi,
descrittivi o di applicazione) non può prescindere da questo processo
di fondo della storia contemporanea. In questo quadro, è sempre
più appropriato riflettere sul federalismo in quanto chiave di lettura
privilegiata per l'innovazione istituzionale, più che come modello
archetipo da perseguire. Il progetto "Milano Città-Stato"1 muove
per l'appunto da queste premesse, riprendendo e arricchendo i lineamenti
teorici che spiegano i rapporti fra economia globale e ruolo delle città.
La sfida istituzionale per il progetto "Milano Città-Stato"
è la sua traduzione/conversione in formulazioni giuridiche, obiettivo
che concerne sia la legislazione costituzionale, sia quella ordinaria.
A questo riguardo, il disegno di legge costituzionale "Milano Città-Stato
nella Repubblica delle Autonomie", indirizzato alla Commissione Bicamerale
in un ottica di praticabilità e di innovazione al tempo stesso,
rappresenta un primo tentativo in tale direzione.
Muovendo dalle crisi del modello classico duale di matrice hamiltoniana
e dei modelli di tipo cooperativo, il disegno di legge per "Milano "Città-Stato"
propone un modello federale imperniato sull'esempio tedesco per quanto
concerne la composizione del Senato delle Regioni - con membri designati
dai Governi regionali - e per l'autonomia amministrativa e tributaria delle
Regioni, ma più fortemente legittimato "dal basso", con in aggiunta
poteri legislativi regionali esclusivi e concorrenti. Si configura in questo
modo un impianto sia duale, sia cooperativo, sia competitivo.
DIMENSIONI, FUNZIONALITÀ / SPECIFICITÀ,
AUTOSOSTENIBILITÀ
La proposta più innovativa del disegno di legge concerne la
riformulazione del criterio fondativo e definitorio delle Regioni, laddove
si stabiliscono tre requisiti (dimensionali minimi di popolazione di funzionalità
o specificità, di auto-sufficienza finanziaria) per la creazione
di nuove Regioni: si inserisce cosi un forte elemento processuale e modulare
che conduce a una riarticolazione spontanea dei poteri territoriali. A
partire da essa, la Grande Milano di circa tre milioni di abitanti avrebbe
i titoli per candidarsi ad essere Regione ("Città-Stato"), in piena
autonomia dalla Regione Lombardia, la quale manterrebbe comunque un importante
peso specifico in ragione dei suoi circa cinque milioni di abitanti.
Nel disegno di legge, che fa esplicito riferimento alle proposte presentate
in Bicamerale da Ettore Rotelli e dalla Conferenza delle Regioni, si definiscono
inoltre la pubblica amministrazione come corpo di civil servants e si differenziano
le procedure di revisione costituzionale, al fine di renderle più
praticabili.
Emerge da questo disegno di legge l'importanza delle ibridazioni a
fini innovativi, sia pure nella consapevolezza dei rischi sperimentali
che esse comportano (molto alti, ovviamente, qualora esse siano il frutto
di mero interesse di fazione o di corpo: si pensi alla vicenda dei sistemi
elettorali italiani). Va infine sottolineato come il disegno di legge costituzionale
"Milano Città-Stato", al pari di qualsivoglia proposta che intenda
muovere verso un federalismo innovativo, è strettamente correlato
al processo di unificazione europea. Nel quadro di riferimento qui esposto
per sommi capi, è peraltro la stessa unità europea ad essere
in cerca di un modello federale innovativo, modello che quasi certamente
non potrà uniformarsi su alcuna versione storica esistente, pur
dovendo al tempo stesso fornire in ambiti specifici performance di tipo
unitario ( si pensi alla moneta unica).
Nella continua relazione che intercorre fra processi storici ed evoluzione
giuridica, la sfida dell'innovazione istituzionale pare oggi assumere una
dimensione pari alla lunga gestazione (secoli XII-XIX) da cui emersero
lo Stato moderno e la sua fattispecie nazionale, sino a poter parlare di
"nuova statualità" emergente. L'interrogativo di fondo a questo
riguardo è comprendere se i caratteri dei nascenti ordinamenti politici
saranno tali da configurare una nuova fattispecie dello Stato moderno,
o se sarà la specie Stato moderno stessa a decadere.
ETEROGENEITÀ, PROCESSUALITÀ,
MODULARITÀ, CONTRATTUALISMO
Per la scienza giuridica, soprattutto nel diritto pubblico, l'obiettivo
è riuscire a riconcepire molti istituti giuridici secondo principi
di eterogeneità (territoriale, di graduazione di poteri - sia in
verticale che in orizzontale -, di modelli), processualità (dinamismo
sistematico nella riarticolazione di poteri, soggetto e territori), modularità
(variabilità delle aggregazioni possibili a seconda degli ambiti
o dei fini) e contrattualismo (accordi rescindibili), principi che in parte
possono complementare quelli di matrice positivista, in parte vi sono però
inevitabilmente antitetici. Si tratta di criteri ordinativi che l'epistemologia
contemporanea, e in particolare le teoria delle complessità, hanno
già ampiamente studiato, mostrando come esse siano costitutivi dell'età
storica presente. Il loro accoglimento teorico in ambito giuridico è
la premessa indispensabile per tradurli in leggi, normative e regolamenti
che assecondino i processi di crescita economica e di evoluzione culturale
nell'età globale, ed evitino al contempo sviluppi involutivi.
In questo quadro il disegno di legge costituzionale "Milano Città-Stato",
sia pure in una ottica di forte praticabilità e dunque di prudente
innovazione, è un tentativo di dare formulazione giuridica a istanze
che le scienze epistemiche e sociali già da tempo delineano e propugnano.
Se si considera che gli assetti economici da sempre si condizionano reciprocamente
con gli assetti istituzionali (permeandosi, modificandosi, inibendosi o
rafforzandosi, ossia coevolvendo), e se si considera che la globalizzazione
dei mercati porta con sè un mutamento profondo delle economie nazionali
- di cui la variabile tempo è assai importante -, risulta chiara
l'importanza di innovare e rendere competitivi in modo tempestivo e continuo
gli ordinamenti giuridici. Perchè se è vero che per molti
versi i processi economici by-passano o elidono le norme esistenti, è
altrettanto vero che extra-iure possono assumere forme indesiderabili,
oppure esserne compressi o atrofizzati. Per la crescita economica, l'innovazione
istituzionale è un passaggio-cardine in cui la ricerca di nuovi
modelli federali è uno degli aspetti più qualificanti.
 
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