Intervento al Forum Verso una nuova statualità?
Cittadini e gestione amminstrativa
Intervento inviato da PDM
e messo in rete il 28/10
dello stesso autore:
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La lega. Secessione e valori politici
L'argomento del federalismo sfugge, nel senso che in questo momento forse
andrebbe visto
da altre angolazioni, che sostanzialmente si ricollegano al
tema del mio primissimo intervento:
le istituzioni sono sicuramente un problema, ma ancora prima di questo
tipo di problemi
c'è quello della"qualità" degli elettori, dei cittadini, e dei loro criteri
di scelta
o di rifiuto.
In questo momento a Roma c'è il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale.
Quello che sta avvenendo - che non ha niente di eccezionale, sia chiaro-
scoraggia in effetti qualsiasi entusiasmo verso le virtù salvifiche
del "decentramento", federale o non federale che sia.
Tanto questa elezione di sindaco è povera, dal punto di vista del
dibattito "politico", che riamen difficile seguire con interesse i
particolari della campagna elettorale.
La mia attenzione si è fissata sul livello municipale non solo per
l'attualità romana del tema, ma anche perché mi sembra che il
"municipalismo" sia l'unico punto concreto di riferimento, ai fini di
un "federalismo" deciso a tavolino, quale quello che si prospetterebbe
in Italia.
Un municipalismo che vedesse come modulo amministrativo fondamentale
proprio la dimensione comunale, con aggrgazioni successive, anche di
tipo provinciale e regionale, ma sempre decise e liberamente e
variamente organizzate in base a deliberazioni municipali.
Ma purtroppo non mi pare che l'esempio delle grandi città sia davvero
incoraggiante.
La legge elettorale attuale garantisce sicuramente la governabilità, ma
non l'effettivo collegamento dei cittadini all'Amministrazione: a Roma,
generalmente i cittadini conoscono meglio la composzione del Parlamento
nazionale che non quella della Giunta comunale. Non c'è nessuna
informazione strutturata, né tanto meno istituzionale o obbligatoria
sulla gestione e i programmi degli amministratori. Non c'è nessuna
reale, semplice possibilità di intervento dei cittadini, neppure nei
consigli circoscrizionali.
In sostanza, succede che viene riproposto lo stesso schema politico
delle elezioni e della gestione governativa nazionale. La relativa
"limitazione" dell'ambito entro i confini di "pochi" milioni" di
persone non cambia un granché la questione del controllo, della
trasparenza gestionale, delle candidature e di altri aspetti.
Se consideriamo, poi, la Regione Lazio il discorso si fa ancora
peggiore. Non si capisce quale caratura possa avere ol presidente Badaloni
per un ruolo come quello che ricopre. Quanto al funzionamento della
burocrazia
regionale, facciamo ricorso alla facoltà del silenzio. Chiunque, come il
sottoscritto, abbia un'attività che costringe ad avere contatti frequenti e
tassativi con gli uffici
regionali si può rendere conto che lavorare in tempi e in modi accettabili
è pressoché
impossibile.
Queste rapide considerazioni - e le mille altre che si potrebbero fare
- mi inducono a pensare che il decentramento, o un vero e proprio
federalismo, dovrebbero essere accompagnati immediatamente da una
profondissima revisione del rapporto giuridico, organizzativo,
amministrativo, elettorale tra cittadini e Pubblica Amministrazione, e
governo politico.
Mi spiego: la riforma vera sarebbe proprio "questa" revisione, più che
l'ampliamento o la riduzione dell'ambito territoriale della
giurisdizione, che da solo non ha affatto quelle virtù salvifiche che
vengono prospettate. Lo dico ancora in altro modo: una riforma
federalista dovrebbe nascere già comprensiva di tutta la disponibilità,
anzi l'obbligatorietà, di una profonda revisione dei rapporti di
cittadinanza, nella quale c'è ben altro e ben di più del solo rapporto
fiscale.
In una tale ottica di revisione profonda, io credo che andrebbe
discussa la necessità di una diversa collocazione delle imprese come
soggetti di cittadinanza, distinti dalle persone fisiche, soprattutto
nella dimensione amministrativa, più che in quella politica. Questa
diversa collocazione si rifletterebbe non soltanto nell'ambito generale
della gestione amministrativa, ma anche nelle specifiche deliberazioni
riguardanti le aree industriali, le reti di trasporti e di
comunicazione, le destinazioni d'uso degli immobili e quant'altro.
Mi sembra infatti che sia piuttosto ipocrita e fuori dalla realtà
fingere che - a livello amministrativo - la popolazione sia formata da
ideali "persone fisiche", quando invece si tratta di soggetti in gran
parte dotati di precisi e concreti interessi economici, e necessità
professionali, sia come lavoratori autonomi, sia come lavoratori
dipendenti organizzati in sindacati, sia come imprenditori. Chiunque
segua minimamente una campagna elettorale locale sa benissimo che la
contrattazione dei voti - che possiamo anche denominare in modo più
nobile, senza che cambi la sostanza delle cose - avviene in base a
considerazioni molto concrete e spesso corporative, cercando di far
passare questa conciliazione di interessi diversi come una virtuosa
"programmazione" rivolta ad inesistenti "cittadini": quando invece si
tratta spessissimo di commercianti, imprenditori, lavoratori di varie
tipologie, i quali scelgono e votano in questa veste, e non in base a
considerazioni "civiche" astratte.
Bisognerebbe portare questa sfera di valutazioni e contrattazioni
dentro l'alveo esplicito e diretto della gestione amministrativa della
città, con tutta la relativa assunzione di titolarità e responsabilità.
Non è comunque possibile continuare in questa forma, e una revisione
davvero grande e davvero rapida di tutto il rapporto di cittadinanza
è assolutamente indispensabile.
PDM