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ARGOMENTI

Il programma Sabbatini e lo spirito della Bocconi

di Carlo Secchi

*Rettore Universita' Bocconi di Milano


Ad un secolo di distanza dalla sua nascita, la celebre istituzione meneghina ricorda l'impegno e il ruolo di chi ha ispirato con la sua carica innovativa i valori che ancora oggi caratterizzazno e animano "la prima liberta' università" del nostro Paese

Con la giornata bocconiana del 2001, Milano vede aprirsi il centesimo anno accademico dell’Università Bocconi. Non è questa la sede per trattare la storia secolare della nostra istituzione; esistono ottime storiografie della prima libera università italiana, cui si rimanda1. L’intento è invece di ripercorrere qui l’avventura intellettuale ed etica che portò alla fondazione della Bocconi, di rivisitare la matrice ideale che continua ad alimentare la spinta innovativa della nostra università. Si intende insomma delineare i tratti salienti di ciò che, per analogia spuria con Max Weber, possiamo definire "lo spirito della Bocconi". Esercita infatti ancora forte richiamo, a un secolo di distanza, la carica di innovazione che Leopoldo Sabbatini – nostro primo presidente e rettore, nonché segretario della Camera di Commercio di Milano – seppe infondere al progetto che istituiva la prima università in Italia per lo studio delle discipline economiche ed aziendali.
Il programma Sabbatini era talmente in anticipo sui tempi da servire da modello a tutte le facoltà universitarie di economia che nei primi decenni del XX secolo presero a sorgere in Italia sull’esempio dell’istituzione fortemente voluta da Ferdinando Bocconi. Inizialmente Ferdinando intendeva commemorare il figlio Luigi, scomparso ad Adua, con l’istituzione di una Scuola Superiore di Commercio affiliata al Politecnico di Milano. Vi erano allora in Italia tre Scuole Superiori di Commercio con sede a Venezia, Genova e Bari. Diplomavano quadri intermedi per l’industria e il commercio offrendo corsi biennali o triennali dal taglio eminentemente pratico, in cui ragioneria e "banco modello" dominavano i curricula.
I sanguinosi eventi del 1898 spinsero Ferdinando ad accantonare il progetto di una Bocconi inserita nel Politecnico. Dopo i cannoneggiamenti di Bava Beccaris sulla folla di Milano, il circolo di industriali e accademici di cui si era circondato dovette apparirgli troppo autoritario sulle questioni sociali e al contempo troppo cedevole col protezionismo sulle questioni economiche, per poter imprimere l’indirizzo pienamente liberaldemocratico che desiderava all’impresa didattica in gestazione. Inoltre l’imprenditore dei grandi magazzini Bocconi non condivideva l’impostazione di tipo eccessivamente professionale del primo progetto: "D’accordo di bandire il dottrinarismo (…). Ma si vivifichi l’insegnamento pratico con una coltura larga, coltura positiva di tutto quanto ha rapporto alla via e alle manifestazioni economiche dei popoli"2.
La nuova amministrazione di fede democratica, insediatasi alla fine del 1899 a Palazzo Marino, salutava con favore l’orientamento del commendator Bocconi. Il progetto di una facoltà commerciale autonoma avveniva sotto l’egida della Camera di Commercio di Milano. Oltre al segretario Sabbatini, sarebbero entrati nel primo Consiglio direttivo della Bocconi il suo presidente Angelo Salmoiraghi, il consigliere Cesare Mangili, che andavano ad aggiungersi al membro di diritto nominato dalla Camera di Commercio, il suo vicepresidente Carlo Vanzetti. Del vecchio gruppo del Politecnico continuava a dare la sua collaborazione al progetto un industriale d’eccezione, Giovanni Battista Pirelli, il fondatore della transnazionale italiana.
Dopo le convulsioni politiche successive al 1898, Ferdinando Bocconi decise quindi di rivolgersi per la progettazione della nuova università a un innovatore, a un sincero progressista che appartenesse alla Milano democratica e condividesse idealmente la politica illuminata che Zanardelli e Giolitti stavano avviando: l’avvocato Leopoldo Sabbatini, appunto. Il frutto dell’incontro fra un mecenate e un public intellectual è il programma Sabbatini, lucida testimonianza della fede nel possibile connubio fra pragmatismo dell’impresa e la scientificità degli studi economici.
Nelle parole dell’ideatore della Bocconi, l’obiettivo precipuo della nuova facoltà commerciale doveva essere "una scientifica conoscenza dei fenomeni economici e delle leggi che li governano, una completa preparazione dei giovani alla soluzione di tutti i più difficili e complessi problemi della vita sociale". Secondo Sabbatini, tale conoscenza e preparazione poteva essere perseguita solo mediante lo studio "di un complesso organico di insegnamenti tutti preordinati al medesimo fine e larghi così da abbracciare ogni manifestazione, ogni lato dell’attività economica"3.
Agli inizi del XX secolo il mondo era ancora aperto e libero, le comunicazioni rapide, gli scambi intensi; l’avanzare della ragione e della democrazia parevano un processo inarrestabile. Di fronte alla prima globalizzazione economica che animava la belle époque liberale, era convincimento di Sabbatini che l’investimento nella formazione e nell’educazione dei giovani italiani si sarebbe rivelata la principale leva di crescita economica, scientifica e civile per un Paese che voleva modernizzarsi e concorrere con le altre nazioni illuminate all’intervento cosciente e progressivo sulle vicende del mondo: "In questi ultimi anni è avvenuto un profondo mutamento nelle condizioni generali dei Paesi civili. (…) Le relazioni economiche tra popolo e popolo in tutto il mondo hanno acquistato tale complessità, tale intensità che costituiscono un fenomeno veramente nuovo e grandioso. La scuola deve seguire dappresso questo mutamento; per rispondere ai propri fini deve soddisfare alle nuove necessità della vita. (…) La vita economica odierna non è dato padroneggiarla per sola esperienza personale o col sussidio soltanto di cognizioni professionali. Per avere in essa parte effettiva, specialmente per concorrere con efficace influenza al movimento internazionale, è oggi indispensabile essere in grado di conoscere, di valutare, di interpretare le leggi che governano il mondo economico. A questo risultato può giungere solo una cultura strettamente scienti-fica"4.
Stilato nel 1901, il programma di Sabbatini attribuiva con decisione e preveggenza lo statuto di scienza all’economia politica, la quale doveva costituire il perno della formazione dei futuri dottori in scienze economiche e commerciali (titolo di cui i primi bocconiani poterono fregiarsi a partire dal 1906). Dobbiamo ricordare che quelli erano gli anni in cui le enunciazioni teoriche degli studiosi italiani – figure del calibro di Maffeo Pantaleoni, Vilfredo Pareto e dei suoi seguaci, il cosiddetto "paretaio", nonché del giovane Luigi Einaudi – stavano rivoluzionando il modo di fare economia in tutto il mondo, adottando una metodologia rigorosa in grado di farla evolvere come scienza normativa capace di proposizioni empiricamente verificabili. Nelle intenzioni del primo rettore e presidente della Bocconi, l’economia doveva essere "l’insegnamento più importante", a cui doveva "essere data la maggiore estensione e attribuito il maggior tempo"5.
L’esame del primo programma dei corsi della neonata Bocconi, tenutisi nella prima sede di via Statuto, fornisce prova tangibile dei propositi di Sabbatini, così come della sua capacità, assai rappresentativa dello spirito della Bocconi, di compiere la transizione dalle audaci enunciazioni di principio agli aspetti, anche minuti, della progettazione e realizzazione di un’istituzione accademica. 6


La preminenza degli studi economici è evidente dalla collocazione gerarchica di Sabbatini, anche se alle discipline aziendali veniva accordata una leggera preponderanza in termini quantitativi. Sull’arco dei quattro anni, il ramo economico pesava per il 39 per cento sulle ore complessive di lezione, mentre il ramo aziendale ammontava al 44 per cento del carico didattico, con il ramo giuridico a coprire il restante 17 per cento. Questi insegnamenti erano i "corsi generali" che tutti i bocconiani dovevano affrontare; era altresì prevista – altra grande innovazione di Sabbatini inedita per l’Italia – l’istituzione di "corsi speciali" scelti dallo studente sulla base delle proprie inclinazioni riguardanti la carriera futura oppure in svolgimento7. La modernità delle scelte didattiche non potrà mancare di colpire il lettore8.
Azzardando una metafora architettonica, se nei propositi di Sabbatini l’economia è l’arco di volta della nuova università commerciale, gli studi aziendali ne sono i pilastri e gli studi giuridici i capitelli. È evidente che il progetto di Sabbatini mirava a un’istituzione universitaria che potesse fondere al meglio ciò che gli anglosassoni chiamano business administration con quello che definiscono economics. Per chi conosce la storia delle menti che hanno fatto crescere nei decenni il nostro Ateneo, si può dire che in embrione c’era già la grande sintesi bocconiana personificata da Luigi Einaudi da una parte e Gino Zappa dall’altra, i due giganti rispettivamente dell’economia e della ragioneria italiane. Pratica e teoria, scuola e vita dovevano entrambe nutrire la formazione del bocconiano, così da renderlo in grado, per esempio, sia di riclassificare un bilancio di una grande impresa, sia di applicare l’analisi macroeconomica alla performance di una nazione.
Mi preme di notare che la sintesi disciplinare di Sabbatini ha dato vita a un’istituzione pressoché unica al mondo per la contemporanea eccellenza dei suoi dipartimenti di economia aziendale e di economia politica. Certo, la London School of Economics dell’amico Dahrendorf eccelle nell’economia e nelle scienze sociali, ma non nelle discipline aziendali. Senza dubbio Harvard dispone di uno dei migliori dipartimenti di economia al mondo, ma la sua omonima e antonomastica Business School è a tutti gli effetti un’istituzione separata, tanto da dare vita a una university press a sé stante. Mentre in Bocconi vige la compenetrazione più stretta fra le discipline aziendali, economiche, giuridiche, sociali e quantitative, frutto di un modello formativo integrato che ha pochi rivali al mondo e che deve la sua ispirazione a Leopoldo Sabbatini.

 I valori dell’Università Bocconi: modernità, cosmopolitismo, scientificità, pragmatismo

I valori del programma Sabbatini sono ancora attuali a un secolo di distanza. Sono valori di fiducia e curiosità verso il nuovo che avanza e di confronto costante con l’esperienza internazionale. L’Università Bocconi non è mai venuta meno, anche durante il regime fascista, alla propria vocazione europea e cosmopolita. La recente Convenzione della Sorbona con Francia, Germania e Regno Unito fornisce finalmente le basi per la creazione di un sistema universitario europeo. L’eccellenza della Bocconi si misurerà da come i suoi programmi undergraduate, graduate o postgraduate sapranno raccogliere la sfida del nuovo mercato accademico europeo, attirando docenti e studenti da tutte le regioni dell’Unione. L’imperativo della Bocconi è sempre stato contribuire al progresso materiale e politico del Paese, aprendosi ai flussi di conoscenza che attraversano Milano e l’Europa.
I valori che animano lo spirito Bocconi sono l’impegno a fornire una solida e ampia formazione culturale a generazioni di studenti, attraverso standard rigorosi di apprendimento e di ricerca applicati allo studio dell’economia e delle imprese. Sono il contatto con la vita concreta e i suoi tempi e problemi non rinviabili. Sono infine la missione di formare una classe dirigente che all’eccellenza intellettuale e gestionale coniughi una caratura morale ineccepibile.
Su tutto il sistema universitario italiano pesa la responsabilità di trattenere nel nostro Paese i giovani talenti che la nostra insipienza e la nostra miopia negli indirizzi della spesa pubblica fanno sì che siano tentati di migrare all’estero, impoverendo il nostro tessuto scientifico e la nostra vita intellettuale. Perché i giovani con le migliori potenzialità, da qualunque classe sociale o provenienza geografica, vengano attratti e incitati dalle nostre università, dobbiamo essere in grado di dare vita nelle nostre metropoli a bacini di capitale umano in cui università, imprese, istituzioni territoriali e collettività urbane creino esternalità positive nella ricerca, nella formazione, nella diffusione di saperi e tecniche a imprese e individui.
Confido che le future generazioni di studiosi, amministratori e professionisti che si formeranno in via Sarfatti incarneranno con ancor più determinazione la validità delle tradizioni bocconiane di libertà e conoscenza. Il capitale umano è la vera fonte della ricchezza delle nazioni. Leopoldo Sabbatini l’aveva ben compreso molti anni prima che Gary Becker ne fornisse una teoria compiuta.

 Note

1. Marco Cattini, Enrico Decleva, Aldo De Maddalena, Marzio A. Romani, Storia di una libera università: l’Università Commerciale Luigi Bocconi dalle origini al 1914, Milano, EGEA, 1992; Storia di una libera università: l’Università Commerciale Luigi Bocconi dal 1915 al 1945, Milano, EGEA, 1997. Per una survey della nostra storia, si veda: Enrico Resti, L’Università Bocconi: dalla fondazione a oggi, Milano, EGEA, 2000.

2. Ferdinando Bocconi, "Per un Istituto Superiore di Commercio", L’industria, XII, n. 25, 1898.

3. Citato in Marco Cattini, Enrico Decleva, Aldo De Maddalena, Marzio A. Romani, Storia di una libera università: l’Università Commerciale Luigi Bocconi dalle origini al 1914, Milano, EGEA, 1992.

4.Programma Sabbatini.

5.. Programma Sabbatini.

6.Programma Sabbatini.

7. In retrospettiva, appare tanto pionieristica l’enfasi sull’economia, quanto misteriosa la ritrosia del nostro primo rettore nei confronti della scienza del diritto, da cui egli pur proveniva (si era laureato in Legge a Pisa). Si noti anche l’entità dell’impegno settimanale richiesto a studenti e docenti. Con spirito tutto positivista, le ore complessive settimanali di lezione nell’Ateneo sarebbero ammontate esattamente a 100.

8. Come da minuta conservata nell’Archivio storico dell’Università Bocconi.