Il sistema
delle imprese fra globale e locale sta andando verso una marcata differenziazione
Le trasformazioni tecno-economiche
(globalizzazione dei mercati e convergenza dei settori, nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, delocalizzazione produttiva, ecc.)
stanno modificando l’ambito di azione del sistema delle imprese. Il sistema
delle imprese viene proiettato con drammatica accelerazione nell’economia
globale e al tempo stesso viene attirato nello sviluppo delle economie
locali. La dimensione nazionale in gran parte dei casi non è più
il “teatro” principale delle imprese grandi, medie e piccole.
Queste trasformazioni tecno-economiche
modificano il sistema dei bisogni di associazionismo delle imprese: da
Associazioni di rappresentanza che raggruppino le imprese e le omologhino,
verso Associazioni che supportino le imprese a mettersi in rete. Le trasformazioni
in corso evidenziano che il sistema delle imprese si dispone lungo un continuo
che rende sfumate le tradizionali differenziazioni fra settori economici,
aree merceologiche e perfino fra ragioni sociali diverse. Industria, servizi,
commercio e artigianato, una volta caratterizzati da forti differenze al
loro interno, hanno oggi confini che si sovrappongono, rendendo di difficile
e dubbia efficacia il perseguimento di politiche di sviluppo legate al
solo settore di appartenenza di un’impresa. Il valore di servizio dei prodotti
industriali aumenta in modo esponenziale (la manutenzione, i servizi post-vendita
ecc.), la ingegnerizzazione dei servizi introduce forti elementi di industrializzazione
nei processi e nei risultati (servizi informatici, supermercati, servizi
sanitari ecc.). Aumenta la convergenza di imprese di diversa dimensione
e natura in reti imprenditoriali i cui confini sono più ampi di
quelli di una singola impresa. Vi è una crescente differenziazione
di aggregazione delle imprese: distretti, filiere, alleanze, reti di impresa
nazionali, reti di impresa internazionali. Imprese diverse operano entro
quasi-imprese rete di durata più o meno permanente, come è
indicato nella figura 1.
Se queste sono le trasformazioni
in corso ne consegue che il sistema delle imprese ha bisogno di associazioni
che offrano supporti per la promozione più che per la difesa. I
fattori cruciali degli interessi delle imprese si stanno differenziando:
una volta un fattore unificante era il contenimento del costo del lavoro
(e quindi l’interesse alle relazioni sindacali) oggi vi è una crescente
differenziazione dei fattori chiave come la capacità di affrontare
il contesto competitivo internazionale, le conoscenze, le infrastrutture
disponibili, la possibilità di fare “rete e alleanze”, la flessibilità
strategica e strutturale, ecc. Su scala locale e globale le imprese hanno
bisogno di cogliere opportunità spesso non visibili dalla singola
impresa, specie di dimensioni medio-piccole.
Ciò tende a rendere
obsolete le tradizionali dicotomie che hanno animato le Associazioni di
rappresentanza imprenditoriali nel passato come:
• la rappresentanza di settori
economici versus la rappresentanza territoriale;
• l’orientamento verso la
lobbying versus l’orientamento all’erogazione dei servizi.
La ricerca IRSO condotta
da P. Perulli e M. Catino esamina le tendenze italiane e gli sviluppi in
Europa, evidenziando alcuni fenomeni rilevanti che riguardano le Associazioni
e le Camere di Commercio.
Le implicazioni per le
Associazioni
Un primo livello del cambiamento
riguarda l’ambito associativo. Cambiano gli ambiti della rappresentanza
delle Associazioni imprenditoriali in Europa. Aumenta la dimensione locale
e regionale delle Associazioni di rappresentanza. Aumenta il peso della
dimensione europea: emerge anche quello che Philippe Schmitter chiama la
“comitologia” ovvero la creazione di norme europee e regole vincolanti
da parte di “comitati invisibili” costituiti da imprese private e soggetti
pubblici operanti a Bruxelles. Si attenua il peso ovunque il livello nazionale
viene ridefinito.
Un secondo livello riguarda
l’adesione alle Associa-zioni. Diminuisce l’adesione alle Associazioni
in ragione della sola ricerca di identità e del bisogno di appartenenza
mentre ciò che spinge maggiormente l’impresa ad associarsi è
l’attesa di un supporto significativo nella promozione dello sviluppo commerciale
e produttivo e nell’innovazione. Emergono anche nuove aree di interessi
non ancora rappresentati verso i quali va orientandosi l’interesse delle
Associazioni. Tipico il caso del “lavoro autonomo di seconda generazione”.
Un terzo livello riguarda
l’erogazione dei servizi. Il futuro delle Associazioni non sarà
quello di trasformarsi in imprese di servizi per gli associati. Prevale
la dimensione della rappresentanza degli interessi. I servizi offerti dalle
Associazioni in ogni caso sono di tipo nuovo: cala già ora il peso
dei servizi tradizionali (adempimenti amministrativi, fiscali e contabili)
e cresce quello dei servizi “avanzati”: ricerca, progettazione ed erogazione
di servizi di credito, sicurezza, marketing, qualità, consulenza
organizzativa, ecc. Vi è contemporaneamente una importanza crescente
della qualità e del monitoraggio dei servizi.
Un quarto livello riguarda
la promozione dello sviluppo delle imprese. Tendono ad emergere nuove logiche
dell’azione associativa che vedono l’Associazione come una creatrice e
attivatrice di reti di imprese. L’Associazione diventa un intermediario
strategico e proattivo di sistemi reticolari di imprese.
Creando e attivando reti
di imprese, le Associazioni si configurano come agenzie strategiche di
coordinamento di imprese diverse (in particolare quelle delle piccole e
medie imprese) e come creatrici di strutture consortili e di patti a livello
territoriale: questo consente una crescita delle imprese non solo per aumento
di dimensioni ma anche e soprattutto per reti esterne.
Spesso lo “spazio associativo”
diviene per gli associati un’area di business, al cui interno si trovano
opportunità di business con altri associati; le Associazioni diventano
business groups e si orientano a sostenere strategicamente questo processo
(Associazione come partner di business per le imprese associate e come
creatore di opportunità di affari per gli associati).
Una delle principali forze
di molte Associazioni sta nel governo dei buchi strutturali che esistono
nelle reti tra imprese e altre organizzazioni (clienti, fornitori, istituzioni,…)
e che nessun altro soggetto è in grado di (o si candida a) colmare.
Tali buchi strutturali –
dicono Perulli e Catino – rappresentano una opportunità imprenditoriale
per le Associazioni e il nuovo spazio strategico nel quale esse si posizionano
ed operano.
Il ruolo delle Camere di
Commercio nella rappresentanza degli interessi
Dalle trasformazioni in atto
nelle Associazioni emerge la necessità di una definizione del ruolo
anche delle Camere di Commercio, che la legge di riforma (580/1993) individua
come i soggetti pubblici chiamati ad una rappresentanza generale degli
interessi economici di un territorio dato (solitamente di livello provinciale).
In primo luogo, appare superato
il ruolo delle Camere di Commercio come erogatrici di servizi diretti alle
imprese che salti a piè pari la mediazione delle Associazioni di
rappresentanza. Non è in linea con lo spirito della legge del 1993,
che assegna loro un ruolo di mediazione di secondo livello degli interessi
delle imprese, riconoscendo di fatto alle Associazioni un ruolo di mediazione
di primo livello. Inoltre, essendo gli organi di governo delle Camere di
Commercio eletti dalle Associazioni (vedi i nuovi meccanismi di designazione
della dirigenza camerale da parte dei rappresentanti associativi), la legge
di riforma rende assai improbabile per le Camere operare senza il consenso
del livello associativo.
Alla luce del fatto che
la Camera di Commercio tuttavia è e resta una istituzione locale
– e non una “Associazione di associazioni” – Perulli e Catino individuano
per le Camere un ruolo di attivatore e promotore di policies interassociative
orientate alla crescita e allo sviluppo generale del tessuto economico
di una provincia (Camera di Commercio come policy community). La Camera
si posiziona in uno spazio – quello della costruzione di policies complesse
a vantaggio di un intero territorio – che nessuna Associazione, per quanto
potente, è in grado di controllare, anche per via di un deficit
di legittimazione a svolgere un ruolo di interesse generale. La Camera,
in quanto istituzione, dispone invece della legittimazione necessaria per
assolvere a questo ruolo. Per questo la Camera di Commercio diventa un
luogo di rappresentanza unitaria del mondo delle imprese che non oscura
ma supera le singole posizioni associative.
Una conferma dell’attualità
di una vista della Camera come attore di policy community è confermata
dal dato che molti tra gli intervistati nella ricerca di Perulli e Catino
dichiarano che, in caso di conflitto con l’Associazione di provenienza,
farebbero prevalere il punto di vista generale della Camera di Commercio.
Questo indicatore rivela come sia in atto una tendenziale trasformazione
nella cultura dei nuovi amministratori camerali (provenienti dalle Associazioni),
che passano da un punto di vista associativo ad uno più istituzionale.
In questa situazione, la
Camera di Commercio va assumendo un ruolo di forum dell’economia territoriale,
dove si formulano e si elaborano linee di azione strategica per la promozione
del territorio, che diventano poi l’oggetto dell’interlocuzione con il
sistema politico e di governo locale: quindi le Camere diventano un luogo
decentrato di articolazione tra sistema economico e sistema politico, una
“Camera di compensazione” istituzionale, che potrebbe sostituire altri
modelli di articolazione dei due sistemi, tuttora vigenti, basati sulla
lobbying sezionale e particolare.
Se quanto precede è
vero allora il punto critico di questo nuovo assetto di rappresentanza
istituzionale degli interessi economici sembra presentarsi in merito al
ruolo delle Unioni Regionali. Sembra manifestarsi a mio parere un gap tra
il modello di riarticolazione delle competenze tra Stato e Regioni (come
previsto dalle leggi Bassanini) e il modello della legittimazione all’interno
del sistema camerale, definito dalla legge 580 del 1993. Nella nuova articolazione
dei poteri dello Stato sono le Regioni che ereditano gran parte dei poteri
precedentemente accentrati a livello statale. Nel sistema camerale, invece,
le istituzioni realmente legittimate sono le Camere di Commercio, che hanno
invece dimensione e capacità di azione a livello provinciale. Mentre
le Camere sono soggetti di diritto pubblico, le Unioni Regionali sono Associazioni
di Camere di Commercio con personalità giuridica privata. Esiste
quindi una asimmetria tra distribuzione della legittimazione e dei poteri
all’interno del sistema di rappresentanza degli interessi economici (Camere
di Commercio) e del sistema politico e di governo. Ciò rende difficile
articolare la relazione e l’interlocuzione tra Camere di Commercio con
il loro ruolo potenziale di policy community da una parte e il sistema
politico e di governo che ha il proprio baricentro, invece, a livello regionale,
dall’altro. Questa asimmetria istituzionale potrebbe finire per limitare
la capacità di mediazione delle Camere di Commercio menzionata prima.
Le Unioni Regionali potrebbero
costituire al contrario il punto di articolazione giusto tra i due sistemi,
ma questo comporterebbe necessariamente una modifica della natura istituzionale
di questi soggetti e una riarticolazione dei poteri e dei ruoli tra Camere
e Unioni Regionali che al momento non mi pare sia all’orizzonte. In definitiva,
a me questo appare come un punto debole della costruzione istituzionale
su cui lavorare nel prossimo futuro per articolare adeguatamente le relazioni
tra sistema economico e degli interessi con il sistema politico e di governo.
Riferimenti bibliografici
Butera F. (1990), Il castello
e la rete, Milano, Angeli.
IRSO (1996), Il sistema
delle Camere di Commercio: una rete di amministrazioni pubbliche al servizio
delle imprese, Rapporto sullo stato di consolidamento della strategia del
sistema camerale, Unioncamere, Roma.
Perrow C. (1990), “Small-Firms
Networks”, in N. Nohria and R.G. Eccles (eds.), Networks and Organizations,
Harvard Business School Press.
Perulli P., Catino M. (1998),
Tra organizzazione e istituzioni. La riforma delle Camere di Commercio
e le nuove tendenze del sistema di rappresentanza degli interessi: i casi
della Lombardia e dell’Emilia Romagna, Documento di Lavoro, n. 12, IRSO.
Docente
di sociologia dell’organizzazione presso l’Università La Sapienza
di Roma e Presidente di Irso-Butera e partners. |