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FOCUS

La rappresentanza degli interessi economici e il ruolo delle CCIAA di Federico Butera*

Il sistema delle imprese fra globale e locale sta andando verso una marcata differenziazione

Le trasformazioni tecno-economiche (globalizzazione dei mercati e convergenza dei settori, nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, delocalizzazione produttiva, ecc.) stanno modificando l’ambito di azione del sistema delle imprese. Il sistema delle imprese viene proiettato con drammatica accelerazione nell’economia globale e al tempo stesso viene attirato nello sviluppo delle economie locali. La dimensione nazionale in gran parte dei casi non è più il “teatro” principale delle imprese grandi, medie e piccole.
Queste trasformazioni tecno-economiche modificano il sistema dei bisogni di associazionismo delle imprese: da Associazioni di rappresentanza che raggruppino le imprese e le omologhino, verso Associazioni che supportino le imprese a mettersi in rete. Le trasformazioni in corso evidenziano che il sistema delle imprese si dispone lungo un continuo che rende sfumate le tradizionali differenziazioni fra settori economici, aree merceologiche e perfino fra ragioni sociali diverse. Industria, servizi, commercio e artigianato, una volta caratterizzati da forti differenze al loro interno, hanno oggi confini che si sovrappongono, rendendo di difficile e dubbia efficacia il perseguimento di politiche di sviluppo legate al solo settore di appartenenza di un’impresa. Il valore di servizio dei prodotti industriali aumenta in modo esponenziale (la manutenzione, i servizi post-vendita ecc.), la ingegnerizzazione dei servizi introduce forti elementi di industrializzazione nei processi e nei risultati (servizi informatici, supermercati, servizi sanitari ecc.). Aumenta la convergenza di imprese di diversa dimensione e natura in reti imprenditoriali i cui confini sono più ampi di quelli di una singola impresa. Vi è una crescente differenziazione di aggregazione delle imprese: distretti, filiere, alleanze, reti di impresa nazionali, reti di impresa internazionali. Imprese diverse operano entro quasi-imprese rete di durata più o meno permanente, come è indicato nella figura 1.
Se queste sono le trasformazioni in corso ne consegue che il sistema delle imprese ha bisogno di associazioni che offrano supporti per la promozione più che per la difesa. I fattori cruciali degli interessi delle imprese si stanno differenziando: una volta un fattore unificante era il contenimento del costo del lavoro (e quindi l’interesse alle relazioni sindacali) oggi vi è una crescente differenziazione dei fattori chiave come la capacità di affrontare il contesto competitivo internazionale, le conoscenze, le infrastrutture disponibili, la possibilità di fare “rete e alleanze”, la flessibilità strategica e strutturale, ecc. Su scala locale e globale le imprese hanno bisogno di cogliere opportunità spesso non visibili dalla singola impresa, specie di dimensioni medio-piccole. 
Ciò tende a rendere obsolete le tradizionali dicotomie che hanno animato le Associazioni di rappresentanza imprenditoriali nel passato come:
• la rappresentanza di settori economici versus la rappresentanza territoriale;
• l’orientamento verso la lobbying versus l’orientamento all’erogazione dei servizi. 
La ricerca IRSO condotta da P. Perulli e M. Catino esamina le tendenze italiane e gli sviluppi in Europa, evidenziando alcuni fenomeni rilevanti che riguardano le Associazioni e le Camere di Commercio.

Le implicazioni per le Associazioni

Un primo livello del cambiamento riguarda l’ambito associativo. Cambiano gli ambiti della rappresentanza delle Associazioni imprenditoriali in Europa. Aumenta la dimensione locale e regionale delle Associazioni di rappresentanza. Aumenta il peso della dimensione europea: emerge anche quello che Philippe Schmitter chiama la “comitologia” ovvero la creazione di norme europee e regole vincolanti da parte di “comitati invisibili” costituiti da imprese private e soggetti pubblici operanti a Bruxelles. Si attenua il peso ovunque il livello nazionale viene ridefinito.
Un secondo livello riguarda l’adesione alle Associa-zioni. Diminuisce l’adesione alle Associazioni in ragione della sola ricerca di identità e del bisogno di appartenenza mentre ciò che spinge maggiormente l’impresa ad associarsi è l’attesa di un supporto significativo nella promozione dello sviluppo commerciale e produttivo e nell’innovazione. Emergono anche nuove aree di interessi non ancora rappresentati verso i quali va orientandosi l’interesse delle Associazioni. Tipico il caso del “lavoro autonomo di seconda generazione”.
Un terzo livello riguarda l’erogazione dei servizi. Il futuro delle Associazioni non sarà quello di trasformarsi in imprese di servizi per gli associati. Prevale la dimensione della rappresentanza degli interessi. I servizi offerti dalle Associazioni in ogni caso sono di tipo nuovo: cala già ora il peso dei servizi tradizionali (adempimenti amministrativi, fiscali e contabili) e cresce quello dei servizi “avanzati”: ricerca, progettazione ed erogazione di servizi di credito, sicurezza, marketing, qualità, consulenza organizzativa, ecc. Vi è contemporaneamente una importanza crescente della qualità e del monitoraggio dei servizi.
Un quarto livello riguarda la promozione dello sviluppo delle imprese. Tendono ad emergere nuove logiche dell’azione associativa che vedono l’Associazione come una creatrice e attivatrice di reti di imprese. L’Associazione diventa un intermediario strategico e proattivo di sistemi reticolari di imprese. 
Creando e attivando reti di imprese, le Associazioni si configurano come agenzie strategiche di coordinamento di imprese diverse (in particolare quelle delle piccole e medie imprese) e come creatrici di strutture consortili e di patti a livello territoriale: questo consente una crescita delle imprese non solo per aumento di dimensioni ma anche e soprattutto per reti esterne. 
Spesso lo “spazio associativo” diviene per gli associati un’area di business, al cui interno si trovano opportunità di business con altri associati; le Associazioni diventano business groups e si orientano a sostenere strategicamente questo processo (Associazione come partner di business per le imprese associate e come creatore di opportunità di affari per gli associati). 
Una delle principali forze di molte Associazioni sta nel governo dei buchi strutturali che esistono nelle reti tra imprese e altre organizzazioni (clienti, fornitori, istituzioni,…) e che nessun altro soggetto è in grado di (o si candida a) colmare.
Tali buchi strutturali – dicono Perulli e Catino – rappresentano una opportunità imprenditoriale per le Associazioni e il nuovo spazio strategico nel quale esse si posizionano ed operano.
Il ruolo delle Camere di Commercio nella rappresentanza degli interessi

Dalle trasformazioni in atto nelle Associazioni emerge la necessità di una definizione del ruolo anche delle Camere di Commercio, che la legge di riforma (580/1993) individua come i soggetti pubblici chiamati ad una rappresentanza generale degli interessi economici di un territorio dato (solitamente di livello provinciale).
In primo luogo, appare superato il ruolo delle Camere di Commercio come erogatrici di servizi diretti alle imprese che salti a piè pari la mediazione delle Associazioni di rappresentanza. Non è in linea con lo spirito della legge del 1993, che assegna loro un ruolo di mediazione di secondo livello degli interessi delle imprese, riconoscendo di fatto alle Associazioni un ruolo di mediazione di primo livello. Inoltre, essendo gli organi di governo delle Camere di Commercio eletti dalle Associazioni (vedi i nuovi meccanismi di designazione della dirigenza camerale da parte dei rappresentanti associativi), la legge di riforma rende assai improbabile per le Camere operare senza il consenso del livello associativo.
Alla luce del fatto che la Camera di Commercio tuttavia è e resta una istituzione locale – e non una “Associazione di associazioni” – Perulli e Catino individuano per le Camere un ruolo di attivatore e promotore di policies interassociative orientate alla crescita e allo sviluppo generale del tessuto economico di una provincia (Camera di Commercio come policy community). La Camera si posiziona in uno spazio – quello della costruzione di policies complesse a vantaggio di un intero territorio – che nessuna Associazione, per quanto potente, è in grado di controllare, anche per via di un deficit di legittimazione a svolgere un ruolo di interesse generale. La Camera, in quanto istituzione, dispone invece della legittimazione necessaria per assolvere a questo ruolo. Per questo la Camera di Commercio diventa un luogo di rappresentanza unitaria del mondo delle imprese che non oscura ma supera le singole posizioni associative.
Una conferma dell’attualità di una vista della Camera come attore di policy community è confermata dal dato che molti tra gli intervistati nella ricerca di Perulli e Catino dichiarano che, in caso di conflitto con l’Associazione di provenienza, farebbero prevalere il punto di vista generale della Camera di Commercio. Questo indicatore rivela come sia in atto una tendenziale trasformazione nella cultura dei nuovi amministratori camerali (provenienti dalle Associazioni), che passano da un punto di vista associativo ad uno più istituzionale.
In questa situazione, la Camera di Commercio va assumendo un ruolo di forum dell’economia territoriale, dove si formulano e si elaborano linee di azione strategica per la promozione del territorio, che diventano poi l’oggetto dell’interlocuzione con il sistema politico e di governo locale: quindi le Camere diventano un luogo decentrato di articolazione tra sistema economico e sistema politico, una “Camera di compensazione” istituzionale, che potrebbe sostituire altri modelli di articolazione dei due sistemi, tuttora vigenti, basati sulla lobbying sezionale e particolare. 
Se quanto precede è vero allora il punto critico di questo nuovo assetto di rappresentanza istituzionale degli interessi economici sembra presentarsi in merito al ruolo delle Unioni Regionali. Sembra manifestarsi a mio parere un gap tra il modello di riarticolazione delle competenze tra Stato e Regioni (come previsto dalle leggi Bassanini) e il modello della legittimazione all’interno del sistema camerale, definito dalla legge 580 del 1993. Nella nuova articolazione dei poteri dello Stato sono le Regioni che ereditano gran parte dei poteri precedentemente accentrati a livello statale. Nel sistema camerale, invece, le istituzioni realmente legittimate sono le Camere di Commercio, che hanno invece dimensione e capacità di azione a livello provinciale. Mentre le Camere sono soggetti di diritto pubblico, le Unioni Regionali sono Associazioni di Camere di Commercio con personalità giuridica privata. Esiste quindi una asimmetria tra distribuzione della legittimazione e dei poteri all’interno del sistema di rappresentanza degli interessi economici (Camere di Commercio) e del sistema politico e di governo. Ciò rende difficile articolare la relazione e l’interlocuzione tra Camere di Commercio con il loro ruolo potenziale di policy community da una parte e il sistema politico e di governo che ha il proprio baricentro, invece, a livello regionale, dall’altro. Questa asimmetria istituzionale potrebbe finire per limitare la capacità di mediazione delle Camere di Commercio menzionata prima.
Le Unioni Regionali potrebbero costituire al contrario il punto di articolazione giusto tra i due sistemi, ma questo comporterebbe necessariamente una modifica della natura istituzionale di questi soggetti e una riarticolazione dei poteri e dei ruoli tra Camere e Unioni Regionali che al momento non mi pare sia all’orizzonte. In definitiva, a me questo appare come un punto debole della costruzione istituzionale su cui lavorare nel prossimo futuro per articolare adeguatamente le relazioni tra sistema economico e degli interessi con il sistema politico e di governo. 

Riferimenti bibliografici

Butera F. (1990), Il castello e la rete, Milano, Angeli. 
IRSO (1996), Il sistema delle Camere di Commercio: una rete di amministrazioni pubbliche al servizio delle imprese, Rapporto sullo stato di consolidamento della strategia del sistema camerale, Unioncamere, Roma. 
Perrow C. (1990), “Small-Firms Networks”, in N. Nohria and R.G. Eccles (eds.), Networks and Organizations, Harvard Business School Press. 
Perulli P., Catino M. (1998), Tra organizzazione e istituzioni. La riforma delle Camere di Commercio e le nuove tendenze del sistema di rappresentanza degli interessi: i casi della Lombardia e dell’Emilia Romagna, Documento di Lavoro, n. 12, IRSO. 


Docente di sociologia dell’organizzazione presso l’Università La Sapienza di Roma e Presidente di Irso-Butera e partners.