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Impresa & Stato N. 26 - Rivista della Camera di Commercio di Milano
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LA SEDE DELLA BORSA DI MILANO: DA PIAZZA CORDUSIO A PIAZZA AFFARI

di Gian Alberto dell'Acqua


Nella Borsa valori di Milano una attivita' tecnologicamente molto esigente e sofisticata e' stata inserita in un edificio di grande interesse storico e di particolare significato per la Borsa stessa. Una esperienza progettuale che ha coinvolto temi fondamentali della problematica architettonica.

A. Belgiojoso - La Borsa di Milano: dalle origini a Palazzo Mezzanotte, p. 137.

Edito dalla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura, il volume La Borsa di Milano: dalle origini a Palazzo Mezzanotte, comprende, dopo la presentazione del Presidente Piero Bassetti e il testo introduttivo di Ezio Antonini, saggi di Gianni Mezzanotte, Anna Maria Galli, Pietro Cafaro e Alberico Barbiano di Belgiojoso, corredati da un'attraente documentazione illustrativa. Senza azzardarmi a toccare i temi trattati dalla Galli (Milano capitale finanziaria tra Ottocento e Novecento) e da Cafaro (La Borsa di Milano: origini, vicende e sviluppi), vorrei soffermarmi soprattutto sulle pagine di Gianni Mezzanotte (La Borsa di Milano: architettura e urbanistica nella citta' in espansione) e in particolare, nella mia qualita' di testimone di anni ormai lontani, ricordare qui la singolare, complessa personalita' dell'architetto Paolo Mezzanotte, progettista del Palazzo della Borsa o, come allora usava dire, delle Borse (Merci e Valori).

Per la verita' i ripetuti incontri che ebbi in passato con lui non riguardavano tanto la sua gia' ben nota attivita' edilizia quanto piuttosto i suoi interessi di eminente studioso di storia dell'architettura milanese e di erudito ricercatore del passato storico e artistico della nostra citta'. Per tali sue doti Paolo Mezzanotte aveva ricevuto l'incarico di Ispettore onorario della Soprintendenza lombarda, e in quella veste ebbe tra l'altro il merito di assicurare a Brera i progetti e i disegni dell'archivio di Luigi Cagnola, conservati nella Rotonda di Inverigo; un materiale di cui il nostro architetto, da eccellente conoscitore del primo neoclassicismo lombardo, bene aveva valutato l'importanza e il pregio.

In quel tempo, e fin dal 1948, egli aveva gia' pubblicato, in collaborazione con Giacomo Bascape', l'importante volume Milano nell'arte e nella storia: informatissimo repertorio degli edifici sacri e civili della citta' preesistenti alle distruzioni dell'ultima guerra. Per il libro Mezzanotte scrisse un ampio ragguaglio introduttivo, Notizie di storia dell'edilizia milanese, nel quale, venendo ai tempi piu' recenti, ricordava anche il proprio Palazzo della Borsa, in termini che riportero' tra breve. Quelle pagine anticipavano i capitoli sull'architettura, dal Cinque e Seicento al neoclassicismo e all'eta' moderna _ fino all'inizio della prima guerra mondiale _, apparsi in piu' volumi della grande Storia di Milano promossa da Giovanni Treccani degli Alfieri. Agli stessi anni risalgono anche gli Itinerari sentimentali per le contrade di Milano, nostalgiche rievocazioni tra leggenda, cronaca e storia del volto di una citta' in gran parte scomparso. In questi tardi scritti erano naturalmente confluite alcune delle ricerche precedenti, pubblicate in sedi specialistiche quali la Rassegna d'arte e l'Archivio Storico Lombardo, ad esempio sulla Cappella Trivulzio e sulla raccolta Bianconi. Sull'esempio illustre di Luca Beltrami, Paolo Mezzanotte riuniva dunque in se' le qualifiche di architetto militante e di storico nel campo della sua disciplina; e proprio quest'ultimo aspetto era quello che piu' mi era familiare: non gia' le sue prove di pittore e di fine incisore _ piu' volte presente, dal '20 in poi, alle Biennali veneziane _ e neppure la sua produzione di architetto bene affermato, comprendente la chiesa del Sacro Cuore di Gesu' in viale Piave, il battistero presso San Vincenzo in Prato, interventi nel Cimitero Monumentale e soprattutto pubblici edifici quali la Casa del Fascio di via Nirone, del 1926, e il Palazzo della Borsa di poco successivo. Ne' vanno dimenticati il restauro della sede della Permanente, opera di Luca Beltrami, e i lavori compiuti per la Camera di Commercio nel Palazzo Turati di via Meravigli opportunamente collegato con la vicina Borsa. Debbo confessare che alla fine degli anni Trenta, per i miei personali contatti con l'ambiente della Triennale, con Giuseppe Pagano ed Edoardo Persico direttori di "Casabella" e architetti allora giovani come Franco Albini e Giovanni Romano, le mie preferenze erano rivolte in modo pressoche' esclusivo alla corrente razionalistica, in una direzione assai lontana da quella del neoclassicismo o Novecento milanese di cui Mezzanotte era un autorevole esponente. _ poi subentrata una piu' equilibrata considerazione del clima architettonico di quegli anni, in cui le moderate innovazioni dei nuovi neoclassici si confrontavano con quelle assai piu' radicali dei razionalisti. Un ulteriore impulso a tale riconsiderazione viene ora offerto da questo libro che colloca in prospettiva storica il Palazzo della Borsa, in coincidenza con l'avvenuto compimento dei lavori di ristrutturazione.

Tutti sembrano ormai d'accordo nel ritenere l'edificio come un rilevante esempio del neoclassicismo novecentesco milanese. Ma vediamo come nel '48, a quasi vent'anni dall'inizio della progettazione, lo giudicava il suo stesso autore: «dopo un breve periodo di disperato interesse agli stili storici, si forma a Milano, annunciata dall'apparire della "Ca' brütta" di Muzio _ maligno battesimo di una concezione intelligente _ una tendenza che cercava una modernita' di espressione in una linea di chiarezza classica: esperienza che si conclude col Palazzo della Borsa. Ma la maggioranza degli architetti si accostava a quel movimento internazionale che giovandosi dei materiali e mezzi costruttivi nuovi rimetteva a nuovo le forme enunciate dal razionalismo veneto settecentesco». Chiudo qui la citazione, aggiungendo che nel suo saggio Gianni Mezzanotte, oltre a ricostruire nel contesto dello sviluppo urbanistico della citta' la vicenda dei precedenti progetti per la Borsa, fornisce precise notizie degli studi preliminari condotti da Paolo Mezzanotte sulle Borse di varie citta' europee: Zurigo, Amsterdam, Parigi, Londra. Ne derivarono la configurazione amplissima del salone centrale e l'atrio con la scala circolare, mentre la facciata, concepita inizialmente con richiami agli stilemi viennesi di Otto Wagner, fini' con l'assumere grazie anche all'impiego del travertino un aspetto monumentale "alla romana", adattando forme desunte dal Vignola e dall'antico neoclassicismo lombardo alla chiarezza allora richiesta per gli edifici cittadini piu' rappresentativi.

Appena inaugurato nel 1931 _ contemporaneamente alla sede dell'Universita' Cattolica, di Giovanni Muzio e poco prima del Palazzo dell'Arte al Parco, dello stesso architetto, e di quello di Giustizia dovuto a Marcello Piacentini _ il Palazzo di Mezzanotte suscito' diverse reazioni. Valutato positivamente dal critico d'arte Raffaello Giolli, fu per contro avversato dai razionalisti, Pagano in testa, il quale ne denunciava tra l'altro l'ordine assiale, simmetrico, prospettico in quanto incompatibile coi canoni della nuova architettura. Le contestazioni non impedirono pero' che il Palazzo della Borsa divenisse presto per il grande pubblico la sigla stessa e il simbolo dell'attivita' a cui era destinato. Puo' dunque stupire che il suo autore non figuri col giusto rilievo in alcuni testi relativamente recenti. Ad esempio, studiando l'architettura dal 1915 al '43 nel catalogo della mostra Milano 70/70 allestita presso il Museo Poldi Pezzoli, Vittorio Gregotti elencava Muzio, Gigiotti Zanini, Fiocchi, Pizzigoni, Ponti, Lancia e De Finetti tra gli esponenti piu' significativi della linea neoclassica o, come lo stesso Gregotti preferiva dire, del Novecento milanese, per certe loro affinita' coi pittori dell'omonimo raggruppamento, patrocinato da Margherita Sarfatti, che amavano anch'essi "mescolare un naturale passatismo a un prudente senso del-l'avanguardia".

Dal canto suo Cesare De Seta, nel suo volume del '72 Cultura architettonica in Italia tra le due guerre includeva Paolo Mezzanotte, con Ponti, Lancia, Magistretti, Muzio tra gli uomini di punta epigoni del neoclassicismo lombardo. Di lui veniva ricordata, non senza riserve di ordine stilistico, la Casa del Fascio di via Nirone (non gia' il Palazzo della Borsa), mentre si riconosceva all'intero gruppo una capacita' di semplificazione e razionalizzazione del lessico neoclassico e accademico idonea a preparare il campo perche' maturassero un linguaggio e una poetica moderna in senso europeo. Stranamente ignorato nel voluminoso catalogo della mostra milanese sugli anni Trenta (1982), il Palazzo della Borsa figura invece con puntuale segnalazione _ sia pure con la qualifica di "greve" riferita alla facciata _ nell'ultima edizione della Guida di Milano del Touring Club Italiano. Si tratta della medesima facciata di cui molti anni prima un grande scrittore lombardo, Carlo Emilio Gadda, aveva percorso i gradini, come si legge in un suo scritto giornalistico poi raccolto nelle Meraviglie d'Italia. Da bravo ingegnere Gadda, si sa, teneva molto al decoro dei palazzi milanesi e amava le costruzioni fatte a regola d'arte, con materiali duraturi. Tuttavia della Borsa milanese non gli interesso' l'assetto architettonico quanto invece la frenetica attivita' che vi si svolgeva, con le connesse risorse della tecnologia. «Una volta entrato alle grida _ cosi' egli scrisse _ non fu piu' possibile capirci. Appena la bussola si vuoto' di noi nella sala che con gli orecchi intronati levai l'anima alla tavola delle quotazioni: dove, bianchi o scarlatti nelle caselle, numeri luminosi trascorrevano e cangiavano con una mobilita' di lucertole. Il pandemonio consueto era in quel momento all'esasperazione: "cati'ni, cati'ni". Questa coda paróssitona d'un nome di citta' termale che non riusciva a emergere nella sua interezza nacque a un tratto, furibondo urlo a dominare il baccano».

La vivida rievocazione gaddiana ci richiama alla funzione passata e presente del Palazzo: funzione che e' al centro del referto finale di Alberico Belgiojoso sui lavori di ristrutturazione ora conclusi. Premessa la permanenza della Borsa, almeno per il momento, nell'odierna sede, il progetto dei lavori stessi ha obbedito ad alcuni criteri essenziali: riesame, tenuto anche conto delle nuove sofisticate attrezzature telematiche, dei modi con cui vengono oggi svolte le attivita' borsistiche nel mondo; ricerca di una flessibilita' tale da consentire l'uso del Palazzo anche per altre finalita', affini o di diversa natura; conservazione per quanto possibile, a cominciare dalle superstiti vestigia del teatro romano, di un impianto architettonico, facciata compresa, che va ormai considerato come un documento di importanza storica del Novecento milanese e, al tempo stesso, volonta' di attuare nelle parti nuove un efficace rapporto con l'architettura preesistente e una immagine rappresentativa della funzione specifica dell'edificio.

Ma e' un argomento, o meglio una serie di argomenti, che richiederebbero ben altri sviluppi, fuori dei limiti di competenza di chi scrive. Conviene dunque rimandare in proposito il lettore alla lucida relazione del responsabile dei lavori di ristrutturazione, Alberico Belgiojoso, e all'esauriente corredo iconografico che la accompagna.