h9652152@miraculix.wu-wien.ac
.at (indirizzo valido fino al 30/6)
c1100010@univ.trieste.it
Gli studi sulla crisi dello Stato-Nazione si vanno moltiplicando e prestano
attenzione a cause, fattori e aspetti sempre nuovi e complessi; da qui la
difficolta' a presentare un trattato organico e completo e la necessità di
fornire contributi parziali.
Fra questi merita attenzione quello di Leonard Dudley, docente di economia
all' Universita' di Montreal e pubblicato sul Sole-24Ore il 27 ottobre
1992. ("L' efficienza perduta dello Stato-Nazione", di L. Dudley,
Sole-24Ore, 27 ottobre 1992, pag. 7).
La crisi dello Stato Nazionale e' innanzitutto crisi della civilta'
occidentale e delle forme di organizzazione: e' un declino inesorabile che
ha gia' attraversato gli imperi coloniali dell' 800, l' Impero
Austro-Ungarico, l' URSS e l' ex- Jugoslavia e che sta ora interessando la
Gran Bretagna (v. questione scozzese, irlandese e gallese), la Francia
(v.Corsica, Savoia e Bretagna), la Spagna (v. Paesi Baschi e Catalogna), l'
Italia (v. Padania, Sud-Tirolo e Sardegna), il Canada (v. Quebec), gli USA
(v. debole ma pur sempre esistente "questione sudista", lo strisciante
indipendentismo texano e californiano) e l' elenco potrebbe continuare con
Cina, India, Paesi del Centro-Africa, ecc.
Appurata che la crisi e' mondiale, Dudley ne intravede una possibile chiave
di lettura nel peso sempre crescente dei costi per il controllo del
territorio: negli ultimi 200 anni ogni potenza dominante ha esteso troppo
il territorio sotto il suo controllo; alla lunga, il costo per controllare
questo spazio ha indebolito la sua base economica provocando il declino del
suo potere militare. Cosi' l' Impero Austro-Ungarico cedette il passo alla
Francia, che lo cedette all' Inghilterra, che lo cedette agli USA,...
E' innegabile infatti che l' equazione politica di un tempo era "piu'
terre= piu' prestigio": si pensi alle "imprese" militari dei Savoia, che
estesero il loro domino su tutta la penisola italiana per salire al rango
delle "grandi potenze" europee. Ma anche la politica deve fare i conti con
l' economia e, se anche fosse stato vero che "piu' terre= piu' prestigio",
altrettanto vero era ed e' che "più terre = più controlli" , "più controlli
= più burocrazia", quindi "più costi": alla fine del cerchio cio' significa
più tasse sulle sane attivita` produttive di un Paese.
L' estensione oltre la dimensione ottimale ha quindi fatto e fa tuttora
saltare i bilanci di molti Stati (v. l' esplosione del debito pubblico
italiano, schizzato alle stelle proprio in seguito alla necessita' di
controllare il territorio sotto forma di appalti, false pensioni,
assunzioni pubbliche, tangenti,...).
Ma, dice Dudley, prima di capire come lo Stato-Nazione entra in crisi,
bisogna chiedersi che cos' e' lo Stato. Uno Stato è sovrano se ha il
monopolio di due poteri:
1) il diritto esclusivo di utilizzare la forza all' interno del territorio
(monopolio militare);
2) il potere di prelevare coattivamente ricchezze al suo interno
(monopolio fiscale).
Il limite all' esercizio del monopolio militare e' la frontiera: li' cessa
il potere di praticare la violenza da parte di uno Stato e inizia il
monopolio di un altro.
Ma l' applicazione della forza e' limitata solo esternamente? No, essa
dipende anche dalla tecnologia militare ( e quindi dal costo-beneficio): il
Capo di uno Stato che debba far fronte ad una sollevazione popolare dovra'
valutare non solo la probabilita' di vittoria ma anche il suo costo; anche
l' uso della forza deve percio' realizzare "economie di scala": il
beneficio apportato dalla "neutralizzazione" di un ribelle deve superare il
costo aggiuntivo sopportato per neutralizzarlo. Quando percio' il costo
eguagliera' il beneficio, lo Stato non sara' piu' interessato a spingere
oltre i suoi confini: un ulteriore allargamento del territorio imporrebbe
costi di controllo superiori ai benefici.
E' il caso dei piccoli principati medievali: all' epoca gli stati tendevano
ad essere piccoli anche (ma non solo, ovviamente!) perche' le battaglie
consistevano in duelli alla pari: il costo per l' armatura di un guerriero
equivaleva al beneficio dell' eliminazione di un avversario (rapporto 1:1).
L' introduzione della polvere da sparo sbilancio' questo rapporto,
permettendo di ammortizzare il costo di un' arma su un numero maggiore di
"neutralizzati". La riduzione dei costi di controllo e di trasporto permise
cosl agli Stati e ai loro bilanci di allargare la loro dimensione ottimale
(negli ultimi 7 anni tuttavia la preponderanza delle spese militari ha
fatto saltare i bilanci di tutti gli Stati Comunisti dell' Est: incapace di
generare le risorse richieste per finanziare l' apparato militare, l' URSS
non ha potuto fare altro che sciogliersi...).
Anche la sovranita' fiscale aveva come suo limite fisico la frontiera: al
di qua di essa lo Stato prelevava in regime di monopolio le ricchezze
prodotte dal lavoro. Ma la globalizzazione dell' economia, l' apertura dei
mercati nazionali, la sempre piu' libera e incontenibile circolazione dei
beni, dei servizi,dei capitali, delle persone e delle informazioni ha tolto
allo Stato questa prerogativa: ora il frutto del lavoro prodotto in Italia
viene tassato in Lussemburgo o a Monaco o alle Bahamas; l' economia sta
quindi inghiottendo la politica: lo Stato non riesce a seguire e tassare
tutti i redditi perchè, mentre il diritto e la legge si fermano alla
frontiera, i capitali e l' economia la scavalcano.
L' agonia e la lenta fine dello Stato-Nazione e' quindi leggibile come
implosione, come progressivo prosciugamento di due monopoli (militare e
fiscale) che, sebbene esercitabili fino alla frontiera, di fatto non
riescono piu' a coprire l' intero territorio nazionale.