Intervento al Forum Verso una nuova statualità?
I&S N° 39 : Federalismo e federalismi
15/7/1997
Il nuovo numero di Impresa & Stato, appena uscito, offre un interessante
serie di articoli e prospettive sul federalismo.
La sezione ‘Dibattito istituzionale’ si intitola non a caso ‘Federalismo e
federalismi’ , dati i diversi punti di vista offerti dai contributi di
Ettore Albertoni (docente di Storia delle Dottrine Politiche all’Un. degli
Studi di Milano), Marcello Pacini (direttore della Fondazione Agnelli),
Gianfranco Pasquino (già Senatore della Repubblica, doecnte di Scienza
della Politica a Bologna), Mario Unnia e Paolo Bertaccini del movimento
‘Milano Citta-Stato’ e Enzo Balboni (docente di Diritto Pubblico alla
Cattolica di Milano).
La sezione si apre con l’articolo di Balboni, ‘Dal federalismo utopico al
federalismo possibile’. Balboni insiste su cio’ concretamene e
fattibilmente realizzabile in tema di riforma dell’amministrazione, di modo
da dare un nuovo volto allo stato :
‘Non e’ il caso di soffermarci sulla lunga marcia che e’ stato necessario
compiere per avvicinarci - avvicinarci solamente - ad un risultato che
resta in ogni caso non ancora pienamente raggiunto. Questo e’ pacifico, ma
e’ anche, d’altronde, nell’ordine naturale delle cose laddove
l’inappagamento e’ un dato costante dell’imperfezione delle umane cose...Va
tuttavia riconosciuto subito che, pur con i suoi limiti, il paesaggio che
abbiamo di fronte appare costellato piu’ di luci che di ombre. Voglio dire
che l’operazione che adesso si e’ avviata contrassegnerà certamente questo
scorcio di secolo essendo potenzialmente capace di produrre un mutamento di
strutture e di mentalità paragonabile, ed anzi superiore, a quello che si
ebbe 22 anni fa con la legge di delega n. 382/1975 che produsse poi, due
anni dopo, i decreti delegati n. 616, 617 e 618, a mezzo dei quali avrebbe
dovuto trasformarsi l’amministrazione regionale, e con essa ed attraverso
di essa, un largo comparto dell’amministrazione pubblica del nostro
Paese.(...). Anche restando all’interno di uno ‘Stato regionale’ (modello
spagnolo piuttosto che tedesco) l’apertura verso il nuovo potrebbe prendere
la strada, ben piu’ modesta delle tanto abusate proclamazioni, della
riscrittura degli attuali articoli 117, 118 e 119 Cost. (per fermarci
all’ambito delle funzioni legislative ed amministrative e della finanza
regionale) se la via di un federalismo serio e completo (e dunque con
presenza delle Regioni nel cuore costituzionale della Repubblica) non
risultasse matura e dunque politicamente praticabile (cosa che io,
personalmente, non auspico, ma temo). (...) Per memoria del lavoro fatto e
del lavoro da fare, usando volutamente un linguaggio basso ma concreto
pongo vanno ricordate quelle che, con linguaggio giornalistico, sono state
chiamate ‘le deleghe in pillole’. (...)La riforma profonda
dell’amministrazione, che poi significherebbe rivoluzione nello Stato e
nuovo volto della Repubblica democratica, comincia umilmente, ma assai
concretamente, da qui’
L’articolo di Marcello Pacini, invece, rilegge le proposte della Fondazione
Agnelli (di cui e’ e’ presidente) in tema di federalismo.
Scrive Pacini nel articolo intitolato ‘Revisione costituzionale e ridisegno
delle regioni’: ‘centralità del movente geoeconomico, centralità dei
principi di sussidiarietà, responsabilità e solidarietà, centralità infine
della dimensione regionale come architrave della riforma federale. Sono
questi dunque i punti piu’ importanti della proposta della Fondazione
Agnelli che mi pare oggi di dover riportare all’attenzione del dibattito
politico. (...) La proposta di ridisegno delle regioni, formulata nel 1992
e che suscito’ molte discussioni e anche molte polemiche, resta ancora
valida. Non e’ infatti venuto meno, anzi semmai con il tempo si e’
rafforzato, l’argomento secondo il quale la marcia verso l’autogoverno e
la reale autonomia delle risorse, e lo sforzo per partecipare con successo
alla competizione europea e globale, vede le regioni piu’ piccole
oggettivamente svantaggiate.(...) o si riesce ad avviare una concreta
ipotesi di riforma federale nei prossimi mesi come frutto dell’elaborazione
della Bicamerale, oppure prende corpo il timore che l’intero disegno di
riforma possa essere messo nel cassetto per chissà quanto tempo, con delle
conseguenze che e’ difficile immaginare’.
Gianfranco Pasquino mette invece il dito nella piaga, sottolineando le
incongruenze del dibattito.
In ‘Federalismo difficile, forse indesiderabile’ scrive : ‘Nel confuso
dibattito italiano sul federalismo che, per molti leghisti e’ oramai
diventato richiesta di indipendenza della Padania, ovvero di secessione, si
sono persi di vista i punti essenziali. Senza pretese di completezza,
questi punti mi sembrano essere tre : 1) il procedimento con il quale si
perverrebbe ad uno Stato italiano organizzato secondo modalità federale ;
2) gli attori che sarebbero impegnati in questo procedimento e i loro
compiti ; 3) gli esiti perseguibili e conseguibili sia in termini politici
che in termini socio-economici. (...)Che cosa stanno davvero cercando i
federalisti in buona fede (e quelli in mala fede) ? Quali sono gli esiti
che tutti coloro che parlano di federalismo intendono perseguire e
conseguire ? Vedere come vengono utilizzate le proprie tasse puo’ essere
interessante, ma non e’ entusiasmante. Riportarle tutte o quasi nel
giardino di casa propria, comunque, significa impedire egoisticamente
qualsiasi riequilibrio delle diseguaglianze. D’altronde, e’ vero che gli
Stati federali tollerano alti squilibri, non sempre efficaci, al loro
interno, e affidano al potente governo federale il compito di ridurre le
difformità intollerabili. Decidere direttamente su molte tematiche e’ una
legittima richiesta, ma a soddisfarla sarebbe sufficiente un decentramento
politico approfondito con una ben riuscita riforma amministrativa. Tutto
questo non cambia la qualità della vita che e’, invece, l’unico vero esito
che vale la pena perseguire e conseguire nei sistemi politici, che e’ uno
degli esiti che, unitamente alla liberta’, le democrazie promettono. E che
garantiscono anche molti degli stati Unitari. (..)Allora, lasciare perdere,
dimenticare il federalismo ? Probabilmente, si’. Purche’ si tenga in gran
conto il fatto che la sovranita’ nazionale e’ gia’ stata, piu’ o meno
consapevolmente, ceduta all’Unione europea, e sara’ sempre piu’ cosi’. Ed
e’ sfidata dai processi di globalizzazione, molti dei quali positivi.
Cosicche’, la risposta piu’ efficace ai guai e ai guasti dello Stato
italiano consiste nell’andare in Europa, con strutture burocratiche snelle,
flessibili, agili, che per essere tali debbono essere decentrate e non
imbalsamate, e con un governo decisionista. Per quanto difficili queste
riforme sono molto piu’ semplici del federalismo e sicuramente molto piu’
promettenti’.
Gli articoli di Unnia e Bertaccini insistono invece sulla dimensione
‘cittadina’ del federalismo, rovesciando il ‘regionalismo’ di Pacini.
‘Ritengo -scrive Unnia in ‘Federalismo polis-centrico e citta’-stato’- che
il modello del Federalismo polis-centrico gia’ oggi, e maggior ragione
domani, al dispiegarsi della globalizzazione e del sistema urbano
trans-nazionale, si collochi correttamente ne concetto di ‘nuovo
federalismo’ elaborato da Friederich, che lo intende come il prodotto del
declino della forma-stato dominante nell’epoca moderna (...) Nel sistema
urbano trans-nazionale e’ difficile immaginare una modalita’ di convivenza
e di collaborazione che non sia fondata su processi negoziali che
assicurano il diritto a conservare e sviluppare le proprie identita’.’
Bertaccini, in ‘Milano-stato : federalismo e innovazione’, spiega i cardini
del progetto: ‘Il dibattito sul federalismo sta lentamente giungendo,
all’estero come in Italia, alla sovrapposizione fra tematiche relative al
rapporto fra poteri dislocati territorialmente e tematiche relative al
rapporto fra societa’ civile e ordinamenti politici. (...) la ragione
profonda che sta dietro ad entrambi e’ la globalizzazione dei mercati.
Qualunque confronto di idee sul federalismo non puo’ prescindere da questo
processo di fondo della storia contemporanea In questo quadro, e’ sempre
piu’ appropriato riflettere sul federalismo in quanto chiave di lettura
privilegiata per l’innovazione istituzionale, piu’ che come modello
archetipo da perseguire. Il progetto ‘Milano citta’-stato’ muove per
l’appunto da queste premesse, riprendendo e arricchendo i lineamenti
teorici che spengano i rapporti fra economia globale e ruolo delle citta’ ’.
Infine, l’ultimo articolo della sezione, ‘Ex uno plures, il federalismo
reale e’ radicale’, di Ettore Abertoni cerca di spiegare ‘lo spirito delle
proposte della Lega’ :
‘cio’ che oggi e’ nuovo nell’approccio della Lega Nord e’ certamente lo
spirito radicale di una proposta che condanna quindici anni di cartacea
quanto inoperosa elaborazione in materia di riforma dello stato. Ci
vorrebbe, come la Lega Nord chiede, una forte, alta e coraggiosa
dialettica. Invece l’intero nostro sistema (costituzionale e politico) piu’
che mai e’ statico e anchilosato giacche’ risulta incapace di mostrare la
sua essenza liberale e democratica proprio alla luce della terribile crisi
di credibilita’ e della tentazioni autoritarie che lo caratterizzano. E’
senz’altro una sfida molto stimolante e difficile quella che proviene dal
radicalismo federalistico ed autonomistico, ma le risposte che per ora sono
pervenute stanno a dimostrare che in fatto di spinte liberalizzatrici ed
innovative l’Italia e’, purtroppo, solo in controtendenza.’
Gianni Sibilla
Redazione di "Impresa & Stato"
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