Intervento al Forum Verso una nuova statualità?
18/9/1997-Padania o Mediterraneo
Sintesi della tesi di Giancarlo Pagliarini al III Congresso Lega Nord
Milano 14-15-16 febbraio 1997
inviato al forum da Matteo Incerti
La seguente tesi ha lo scopo di dimostrare perche' dal punto di vista
dell'economia e' assolutamente necessario e conveniente per tutti che
la Padania si separi al piu' presto dall'Italia propriamente detta.
La premessa e' che per noi l'economia non e' la cosa piu' importante, e
che la politica non puo' e non deve ridursi solo a considerazioni
economiche. Le cose importanti sono altre: la solidarieta', la qualita'
della vita, la famiglia, la cultura, l'educazione dei figli, ect.: ma
quando proprio non si rispettano le basi piu' elementari dell'economia,
quando non c'e' lavoro, e non ci sono prospettive, ecco che questi
valori, che sono quelli veri, corrono il rischio di "saltare" e di
essere travolti da tensioni barbare, da risentimenti e da altri
sentimenti irrazionali.
In questo momento e' piu' che mai necessario ragionare ed essere
disponibili ad operare scelte coraggiose, avendo di fronte il seguente
scenario: dal 1° gennaio 1999 partira' l'Unione Monetaria, gli Stati
membri che ne faranno parte rinunceranno a battere la loro moneta ed
utilizzeranno una moneta unica che sara' l'Euro, cio' significa che
verra' accelerato il processo di formazione di una nuova nazione:
l'Europa, nascera' anche un nuovo grande "mercato interno", nel quale
non potranno esserci situazioni significativamente diverse, si
assistera' dunque ad una accelerazione dei processi di integrazione
fiscale, dei sistemi pensionistici, della sanita' e via dicendo.
1) Scenario se l'Italia rimane unita.
Potranno succedere solo due cose: o fara' parte dell'Unione Monetaria o
ne sara' esclusa.
* se sara' esclusa sara' una tragedia per l'economia, perche'
significherebbe disoccupazione, tensioni sociali, aumento del
potere della malavita, ecc. Rimanendo comunque unita sara'
sicuramente esclusa dall'UM perche' non ha una possibilita' su un
milione di rispettare i parametri di Maastricht.
* se verra' ammessa (supponendo un miracolo) nell'UM non entrera' un
paese, ma ne entreranno due, una e' la Padania, competitiva con il
resto dell'Europa, uno e' il Sud, che non e' competitivo (perche'>
mancano infrastrutture, mancano le imprese, manca la cultura
imprenditoriale). Ci troveremo che in Padania le imprese
continueranno a pagare circa il 65-70% di tasse per mantenere i
consumi e la qualita' della vita del Sud, che continuera' - essendo
non competitivo- a consumare ricchezza invece di generarla,
rispetto alle societa' europee che pagheranno il 35% di tasse sui
loro utili.
La stessa cosa vale per il costo del lavoro, che per le imprese
europee di Spagna, Germania o Francia, sara' di 150 o di 160 Euro,
mentre per le aziende padane continuera' ad essere superiore ai 200
Euro, poiche' non sara' possibile eliminare l'assistenzialismo, le false
pensioni di invalidita', ecc.
Il risultato sara' che le aziende padane saranno costrette a chiudere,
avendo un maggior costo del lavoro, una maggiore pressione fiscale e
un sistema-paese piu' irrazionale e peggio organizzato delle loro
concorrenti europee.
2) La nostra proposta.
* Si firma il trattato di separazione consensuale, e questo paese
si divide in due nazioni: la Repubblica Federale Padana e
l'Italia propriamente detta, o "Magna Grecia".
* La Repubblica Federale Padana aderisce da subito alla UM, usando
come moneta l'Euro.
* Il Sud rimane fuori dalla UM finche' non sara' risanato. E potra'
essere risanato, grazie alla separazione della Padania, perche':
o continuera' a ricevere la nostra solidarieta', con le
caratteristiche individuate dal trattato di separazione
consensuale;
o la vita economica, sociale e politica, sara' caratterizzata
da una maggiore responsabilita';
o avra' il vantaggio di una moneta svalutata, che consentira' di
attirare il turismo, capitali, di combattere la
disoccupazione e di aumentare le esportazioni.
A questo punto il Sud sara' risanato, sara' competitivo e potra' aderire
all'UM.
Molti dicono che questo progetto avrebbe degli effetti negativi sulle
aziende della Padania, perche' subirebbero la concorrenza delle aziende
del Sud. Questo non fa che confermare l'onesta' della nostra proposta,
perche' il Sud oltre alla solidarieta' deve ottenere due cose che
l'unita' del paese non gli consente di avere: piu' responsabilita' e lo
strumento della moneta svalutata.
In Padania resteranno e nasceranno nuove aziende ad alto valore
aggiunto, con processi produttivi piu' sofisticati e tecnologie piu'
complesse, ma cio' potra' avvenire solo se gli imprenditori potranno
continuamente investire. e' ovvio che se la pressione fiscale sulle
aziende della Padania continuera' ad essere vicina al 70%, per
mantenere l'inefficienza di questo assurdo Stato, anche queste aziende
dovranno chiudere o si trasferiranno in paesi meno inefficienti e
caratterizzati da un minor tasso di assistenzialismo. Il nostro
progetto consente alle aziende della Padania di competere ed al
Mezzogiorno di combattere la disoccupazione e di svilupparsi.
Dunque siamo ad un bivio, e di fronte abbiamo due strade: quella della
recessione e delle tensioni sociali, e quella pragmatica della
secessione, da cui verranno sicuramente vantaggi molto significativi
per tutta la nostra area geografica.
Purtroppo ci sono ben sei motivi che si oppongono a questo
cambiamento, perche' cambiando la struttura e l'organizzazione del
paese cambierebbe anche la "mappa del potere", e certi signori non
vogliono, anche a costo di trascinare il paese in una recessione
drammatica. E sono:
* la burocrazia dello Stato centrale, non che siano tutti
disonesti, ma la loro mentalita' e la loro cultura sono lontane
anni luce dalla cultura e mentalita' padana. Questi signori hanno
notevoli privilegi, tutti finanziati con le tasse pagate dai
cittadini della Padania, ed e' quindi logico che stiano cercando
in tutti i modi di bloccare il nostro progetto, anche
arrampicandosi sugli specchi;
* le grandi industrie, che fino ad oggi non dovevano fare altro che
volare a Roma e discutere con i segretari di partito e con i
leaders sindacali per ottenere progetti come quello di Melfi, che
ha creato posti di lavoro a Melfi, ma che li ha eliminati a
Chivasso. Il nostro progetto li obbligherebbe ad un serio
confronto con il mercato, ad una maggiore efficienza e
competitivita', oppure a chiudere per lasciare il passo ad
imprenditori piu' preparati, piu' attenti alla fabbrica e al
mercato e meno alla politica;
* la mafia;
* i politici di professione, che in uno paese in cui tutti i soldi
delle tasse vanno a Roma e da li ridistribuiti alle varie parti
del paese, hanno sviluppato un know-how del tutto particolare, e
cioe' quello di riuscire ad indirizzare, con metodi legali, le
risorse finanziarie da Roma ai loro collegi elettorali;
* i sindacati, che nel corso del 1995 hanno incassato dallo Stato
poco piu' di 1.300 miliardi, tra finanziamenti ai patronati, per
le quote sindacali sulle prestazioni di disoccupazione agricola,
per le ritenute sulle pensioni e dalla quote associative del
tesseramento sindacale dei lavoratori in attivita', aggiungendo
poi il costo per i distacchi sindacali. Pensate che per arrivare
alla cifra di 1.300 miliardi e' necessario sommare l'utile netto
consolidato dell'Ina (412), quello della Pirelli (304), quelli
della Banca Commerciale Italiana (362), della Sai (90), della
Parmalat (143), della Italcementi (53).
Perfino la Corte dei Conti ha rilevato "l'eccessiva entita' del
finanziamento destinato ai Patronati, tenuto anche conto della
difficile situazione delle gestioni previdenziali dalle quali si
attinge per il loro finanziamento";
* gli uomini della Chiesa (non la Chiesa, perche' la Fede e' una cosa
seria, riguarda le nostre coscienze, e non la politica), che
l'unico interesse a che lo Stato italiano resti unito risiede nel
fatto che la Repubblica Italiana destina l'8 per mille alla
Chiesa, mentre la Cecoslovacchia non devolvendo nulla alla Chiesa
di Roma, quest'ultima non ha avuto niente da dire sulla sua
separazione.
Le principali obiezioni rivolte al progetto dell'indipendenza della
Padania sono state ad esempio:
* che la Germania dell'Est era come il Mezzogiorno, ma li' non hanno
mai parlato di secessione: pero' li' in pochi anni hanno
privatizzato oltre 300.000 aziende, e adesso sono piu' forti e
competitivi, mentre noi nello stesso periodo abbiamo fatto 4 o 5
privatizzazioni.
* che e' una proposta antistorica, perche' si va verso una moneta
unica, e noi invece proponiamo tante monete: non e' vero , perche'
in Europa si utilizzera' l'Euro, che noi proponiamo di utilizzare
in Padania, mentre il mezzogiorno potra' continuare ad utilizzare
l'attuale lira, che si svalutera' per consentire lo sviluppo del
turismo, delle esportazioni e per attirare capitali.
* che una proposta antistorica, perche' si va verso l'Europa unita,
e noi proponiamo invece di tirar su nuove divisioni, dogane e
confini: non e' vero, perche' siamo in Europa, ed in Europa c'e' la
libera circolazione delle merci, dei capitali e del lavoro.
Quindi nessun muro e nessun confine. I confini, caso mai, ci
saranno per gli extra comunitari, che in Padania, per effetto
dell'armonizzazione all'interno dell'UM, saranno trattati come
nel resto d'Europa, senza le follie delle varie leggi Martelli.
* la maggioranza degli abitanti della Padania non vuole la
secessione, e in Padania abitano tanti meridionali: la
maggioranza degli abitanti della Padania non vuole la secessione?
Bene, facciamo un referendum e poi vediamo.
Rimane ancora qualcuno che in buone fede dice: "federalismo si', ma
secessione mai". Supponendo che per miracolo domani mattina l'Italia
unita realizzi un federalismo serio, dopodomani mattina ci sarebbero
drammatiche tensioni sociali. Il motivo e' molto semplice: con il
federalismo gli enti locali avranno molte piu' responsabilita', e si
tratterranno in misura molto superiore ad oggi le tasse pagate dai
loro cittadini. Questo significa meno soldi a Roma, e meno finanza
derivata: al Sud arriverebbero molti meno soldi di oggi, senza avere
niente in cambio. Con il nostro progetto invece il Sud avrebbe in
cambio lo strumento della svalutazione della moneta, e questo
significa maggiori flussi di turismo, maggiori capitali in cerca di
investimenti e maggiori esportazioni.
Purtroppo, state tranquilli il miracolo non ci sara', perche' il
federalismo serio in realta' a Roma non lo vuole nessuno.
Nel DPEF (Documento di programmazione economica e finanziaria) del
1994, quando eravamo al governo, nella premessa c'era che la linea di
intervento piu' importante era "l'avvio di un processo di decentramento
dello Stato in senso federale". Ma poi non ci fu niente da fare, una
buona parte di quella maggioranza voleva, se possibile, uno Stato
centrale ancora piu' forte.
Nella proposta di soluzione al DPEF del 1995 ci abbiamo riprovato, e
dopo lunghissime discussioni siamo riusciti a far approvare a quella
maggioranza, il 27 giugno 1995, il principio di "porre al centro della
politica di bilancio per il prossimo triennio. nonche' della piu'
generale azione governativa i temi dell'occupazione e del
decentramento dello Stato in senso federale..."
Ma ancora una volta non c'e' stato niente da fare: nella finanziaria
del governo Dini non c'era praticamente nessuna seria e significativa
proposta di decentramento, ed i parlamentari che il 27 giugno 1995
avevano firmato con noi la proposta di soluzione hanno poi bocciato in
aula tutti i nostri emendamenti finalizzati ad iniziare quel processo.
Dunque non sono le frasi gridate e le polemiche, ma i resoconti dei
lavori parlamentari a dimostrare che il federalismo il partito unico
di Roma-polo-Roma-ulivo lo ha solamente sulle labbra, quando serve, ma
non lo ha certamente nella testa, nel cuore, e negli obiettivi, che
sono e restano quelli di mantenere e gestire il potere da Roma.
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